AGGIUS (1833) di Vittorio Angius

a cura di Guido Rombi

NOTA. Altre informazioni su Aggius e i suoi abitanti sono alla voce Gallura, cui si fa necessariamente rimando.

Per la versione originale:

AGGIUS, paese del Regno di Sardegna, nella provincia di Ozièri, distretto di Tempio. Faceva parte dell’antico dipartimento Gèmini del giudicato di Gallura.

Come feudo di Gallura apparteneva ad un barone spagnolo. (Per i diritti di vassallaggio cui erano obbligati, si veda l’articolo Gallura). Anticamente c’era anche la curia, ora invece dipende da quella di Tempio.

Clima e posizione geografica. È situato alla falda meridionale d’un alto colle, che lo lascia esposto a tutti i venti dal ponente al levante, e soprattutto di quest’ultimo. Il clima tende al freddo e la temperatura è spesso variabile. Pioverà approssimativamente 150 volte l’anno; ci sono talvolta nebbie ma senza gran danno, essendo quasi sempre basse nuvole in movimento. L’aria è salubre.

Le terre di dotazione di questo comune sono vastissime, mentre contengono il territorio di quasi tre degli antichi dipartimenti del giudicato di Gallura; che comprenderà in superficie 192 miglia qu. Per due terzi questa estensione è montuosa, per uno ha delle pianure che, come lo porta la qualità delle rocce granitiche, è piuttosto sabbioso.

Il paese sta all’estremità verso scirocco. Dista un’ora da Tempio, capoluogo del dipartimento e mandamento, tre quarti d’ora da Bortigiadas, 2 ore da Luras per strade pessime.

Le case sono 195, le strade irregolari.

Popolazione. La professione tipica è l’agricoltura o la pastorizia, le attività e professioni manuali sono poco praticate: per necessità e quanto basta ai bisogni del paese.

Le donne al solito attendono alla tessitura ed ogni casa ha un telaio e qualcuna anche più.

Vi è un consiglio di comunità, una giunta locale sul monte granatico e nummario (di soccorso), ed una scuola normale, dove concorrono circa 40 fanciulli. […]

Il numero delle famiglie residenti nel paese e di quelle sparse nelle varie cussorge del suo territorio, oltre che in quelle di Coghinas e del Sassu, è di 452, delle quali 200 dimorano in Aggius. Il numero totale delle anime è 1850.

Dai registri della Chiesa si apprende che si celebrano 15 matrimoni all’anno, che nascono circa 56, che muoiono 35 persone. Questi numeri però sono inferiori al vero, per il fatto che alcuni ricevono i sacramenti in altri paesi più vicini a dove abitano. L’ordinario corso della vita nel paese è oltre i 60 anni, e le malattie ordinarie sono infiammazioni principalmente polmonari, e qualcun’altra periodica e talvolta grave contratta in siti insalubri.

Il modo di vestire è quello generale della Gallura (per cui si veda quest’articolo).

Il pubblico divertimento è il ballo, accompagnato o dal canto, o dal suono degli strumenti. Si gioca molto con la palla.

Nei funerali i congiunti vanno dietro al feretro, facendo gran baccano di pianti.

In questo comune scoppiavano spesso discordie tra abitanti accompagnate da frequentissime stragi. Gli abitanti si lasciano trasportare facilmente dal furore, e cadono in eccessi; ma ciò avviene soprattutto quando sono abbandonati a se stessi. Colpevoli d’un delitto, solitamente di vendetta, fuggono nei monti, e là vivono una vita dura, difficili da acciuffare anche ad una forza imponente. Quindi creava stupore vedere come una quadriglia di banditi resistesse alle truppe di soldati che li cercavano, mentre l’intera popolazione viveva tranquilla e perseverava nel buon ordine sotto la vigilanza di soli cinque o sei carabinieri reali.

La pace tornò appena furono messi di stanza dei militari; si cessò dall’armeggiare e ci si dedicò all’agricoltura. Il carattere di questo popolo sarebbe degno d’ogni lode, se meno fosse propenso a farsi giustizia da sé.

La generosità degli animi a volte è ammirabile. Li si vede talvolta proteggere e salvare dalle persecuzioni persone che a ragione consideravano nemiche e – non smentendo la fiducia e le umili preghiere in loro riposte – si espongono essi a rischio in favore di quegli stessi ai quali sparerebbero senza esitare se li ritrovassero in campagna.

Sono persone di spirito, di buon criterio e raziocinio, con una bella pronuncia ed un modo di esprimersi che non è da idioti.

Chiese. Il popolo di Aggius è tra i componenti l’antica diocesi di Civita.

La chiesa parrocchiale è intitolata a Santa Vittoria ed è governata da un rettore e tre vice-parroci.

Le feste popolari, frequentate da gran numero di pastori non solo del comune, sono una in onore della Vergine assunta, un’altra per la solennità del santissimo Rosario.

Di chiese rurali se ne annoverano tredici. La posizione delle medesime è dal greco al ponente (nord-est/ovest).

I. San Leonardo, distante ore 4.
II. San Pancrazio, distante ore 3.
III. San Antonio
IV. Santa Maria Maddalena, distante ore 4.
V. San Giuseppe patriarca, distante ore 3.
VI. Sant’Orsola, distante ore 3.
VII. San Pietro apostolo, distante ore 1.
VIII. San Pietro martire, distante ore 4
IX. San Giacomo apostolo, distante ore 1.
X. Santa Maria e Santa Elisabetta…
XI. San Lussorio, distante ore 1.
XII. La santissima Trinità di Agultu, nome di una cussorgia in un territorio molto grazioso. È questa una parrocchia filiale, dove vive un vice-parroco per 8 mesi, istituita nel 1813 da monsignor Stanislao Paradiso, a vantaggio dei molti pastori stanziati intorno a questo sito che è distante dal paese 3 ore.
XIII. Santa Maria de Vignòla presso il litorale.

Agricoltura. Tre sono le vidazoni, dove si fa la semina e occupano tra tutte rasieri 150, eguali ad ari 20929,50. Si semina grano per una quantità media di 2300 starelli cagliaritani (pari a 112260 litri), orzo per 1000 (pari 49200 litri ), legumi per 150 (litr. 7380), lino per 1000 libbre (chil. 465).

La coltura del granone non si è ancora adottata e poco si cura quella delle erbe ortensi.

Le vigne, a differenza di molte altre regioni della Gallura, vi prosperano, ma sono poche e piccole. Le uve per lo più sono bianche e di rado maturano bene. Il vino, siccome fatto con molta sapa, sembra assai robusto; se ne brucia gran parte per far l’acquavite.

Le piante fruttifere non sono che fichi, in totale circa un migliaio.

In cotanta estensione non vi sono più di 15 chiusi e 10 tanche, che servono ora al seminario ed ora al pascolo.

Le piante ghiandifere contenute in alcune di dette tanche e nel rimanente territorio sono numerosissime, tanto che forse in totale arrivano a 100.000,000: sono principalmente querce, sughere e lecci.

Nella foresta di Cincudenti gli alberi sono così densi che a malapena vi penetra il raggio solare. Questa regione – volta a settentrione verso Bonifacio – dista da Aggius 4 ore.

Pastorizia. I pastori allevano principalmente cavalle, vacche, pecore, capre, porci, all’incirca così ripartiti: 900 cavalle, 5000 vacche, 12000 pecore, 3750 capre, 7500 porci. Pascono questi armenti e greggi nei territori propri dei pastori, comunemente chiamati cussorge. Questi pastori abitano perlopiù, invece che in capanne, in case ben fabbricate e parecchie anche ben comode.

Le famiglie – circa 250 – vi risiedono quasi costantemente.

I frutti per bontà sono ottimi, per quantità sono corrispondenti all’andamento propizio o infausto delle stagioni. Quanto sopravanza all’alimento ordinario vendesi, e spesso in contrabbando ai corsi. Hanno gli aggesi non poca cura delle api, e ordinariamente raccolgono il frutto di 2500 arnie. Molti si approfittano del vantaggio che può presentare qualche tratto vicino coltivabile, e seminano quanto sia loro di bisogno in cereali, e lino.

Montagne. Non sono pochi i monti e colli che per la loro massa meritano menzione; e prima di tutti il colle che sorge quasi addosso al paese, detto della Croce, per esservi stata piantata nel secolo scorso da un zelante missionario. È alto, ma non di gran corpo.

A ponente di questo si vedono altre tre vette di considerevole altezza, cioè Monti Pinna, Monti Fraìli, e Punta di Spina.

Sopra Monti Fraìli vi è una piccola pianura con un pozzo detto la Sorgente dei banditi, che là si ricoveravano entro le molte caverne di cui è bucata la sommità, e vi riposavano senza timore, non essendovi che un solo difficilissimo sentiero per salire; anzi si dice che il nome di fraìli (fucina) al monte derivi dall’avere qui spesso i monetieri atteso alla falsificazione.

Punta di spina è piuttosto alto, rivestito di selve ghiandifere: il monte intero chiamasi l’Adde di la trai, perché da qui i galluresi traggono le travi per gli edifici. È distante un’ora e mezzo da Aggius.

A levante di Monte-Croce s’innalza la montagna di Tummèu Soza, altra celebre postazione dei fuorusciti. Si vedono intagliati nella rupe dei gradini per salirvi con comodità, vi sono molte caverne e molto bosco. Dalla sommità la vista spazia lontano all’orizzonte, vedendosi non solo la maggior parte della Gallùra, ma anche il golfo di Portotorres e quasi tutto il litorale settentrionale sino alla Maddalena. È distante dal paese un quarto d’ora.

La montagna di Petra Mània è tanto alta che dalla sua cima si vede gran parte del principato di Anglona: vi abitano alcuni pastori, ed vi è una chiesa “controllata” dai bortigiadesi.

Sono pure non poco alte le cime di Lu sàlizi, di Lasàna, di Lu caraligin, e di Petra culva, dalle quali si domina gran parte della Gallura e Anglona, e si vede anche Montestanto di Meilogu e le punte ad esso vicine.

È pure rimarchevole la montagna di Cugurenza, nella cui sommità è la già menzionata chiesa di san Giuseppe patriarca, dove si festeggia due volte all’anno. Intorno vi sono i casali di molti pastori, e selve ghiandifere di grande estensione.

A greco del Cugurenza c’è il monte Cùccaro di minor altezza, ma di maggior fama. Nel secolo scorso era questo il quartiere dei banditi, dove si radunavano le quadriglie di banditi, quando erano perseguitate. Avvenne talvolta che vi si ritrovassero più di 300 fuoriusciti sotto diversi capi di bande. Qui stanziava spesso la compagnia di Don Geronimo Delitala di Ittiri Cannedu, quella che obbediva ai fratelli Pintus di Nulvi, l’altra che seguiva i Cubeddu di Pozzomaggiore, la schiera di Giovanni Fais di Chiaramonti, ecc.

Il Fais vi fu assediato da truppe di ordinanza e da numerose schiere miliziane che presidiavano con attenzione tutte le uscite. Non potendo evadere per mare per mancanza di barche, come già un’altra volta si era salvato fuggendo dallo stesso monte in Corsica, concepì l’ardito disegno di rompere la linea di assedio, e la ruppe nella parte dove erano i ploaghesi, che egli riconosceva come i più accaniti suoi nemici, essendo loro gli istigatori della spedizione, e portò in salvo quasi tutti i suoi compagni e alleati.

Questa montagna sorge vicino al mare. È di considerevole massa, ben rivestita di elci e molto popolata di daini, cervi, cinghiali, lepri, martore, pernici, colombacci, aquile e varie altre specie di volatili.

Come in questo monte, così in tutto il restante territorio abbonda la selvaggina, ma sopra tutti nella selva di Cincudenti.

Acque. Sono numerosissime le sorgenti dell’aggese, e la loro bontà è tale che non le lascia posporre alle più pure e salubri e note della Gallura; però principalmente si vanta una fonte che sorge dal monte Tummèu Soza, di cui gli ammalati bevono con giovamento. Né sono poche quelle la cui temperatura è così bassa da far sbiadire in poco tempo il color del vino nelle bottiglie.

Si annoverano cinque ruscelli: il primo è il Riu-mannu vicino al paese 5 minuti; il secondo è il Sirèna, non lontano più di mezzora dall’abitato, che divide l’aggese dal tempiese; il terzo è il Conca-di-ciàra a egual distanza; il quarto è il Turràli distante 3/4; il quinto è il Fiuminaltu a distanza di ore 2. Non hanno ponti, però non sono pericolosi da guadare che nei più grossi temporali. Si prendono in queste acque anguille e trote.

Litorale. Il territorio aggese termina al mare per una linea di 16 miglia; i luoghi di sbarco sono l’Isola Rossa, la Crocetta, e Vignola; però la maggiore sicurezza si ha nel golfo di Vignola, ampio miglia 21/2 e lungo un buon miglio, con fondo di 5 e 7 tese vicino alla spiaggia e di 10 ad un miglio da terra. Vi domina la tramontana, ma è pericoloso starvi col vento maestro-tramontana, meno col maestro-ponente. Con tutti gli altri venti vi è calma.

In questo porto si vedono le rovine dell’antico paese, che è verisimile sia la Tuciola di Tolomeo. Il terreno degrada secondo la curva del lido in una vasta pianura molto fertile, popolata da un gran numero di pastori che vi hanno i loro casali ben costruiti e comodi, i quali sono a poca distanza gli uni dagli altri. A distanza di 3/4 d’ora dal mare vi è la chiesa di San Francesco de l’Argentu (de l’Aglientu) dove essi compiono i riti religiosi.

A sinistra di Vignola c’è una cala detta Lu Strettòni, famosa per i contrabbandi che vi si fanno coi corsi. È lunga, ma stretta quasi come il letto d’un fiume, cinta da tutte le parti da rupi scoscese.

Antichità. In un territorio pur tanto esteso non ci sono più di 7 nuraghi, e per la maggior parte distrutti. Si vedono in molti siti grandi rocce scavate, dove abitano i pastori, soprattutto d’estate.

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