I rivoluzionari Cilocco e Sanna

di Vittorio Angius – a cura di Guido Rombi

Il bandito Mamìa e i rivoluzionari Cilocco e Sanna. Nel 1801 approdarono in Corsica il Cilocco e il prete Sanna: mostrando supposte lettere del primo console di Francia chiamarono ad allearsi con loro Mamia sperando col suo aiuto di riuscire ad eccitare i popoli di Gallura alla ribellione.

Sbarcati in Sardegna avviarono l’opera di convincimento e riuscirono a portare dalla propria molti pastori facendo credere loro che di lì a non molto sarebbe approdata in Gallura una flotta con 5 mila uomini da sbarco.

Così il 7 maggio si radunò presso Noracu Polcu, a due ore da Tempio, un gran numero di armati; i quali però non erano molto convinti di marciare contro quella terra popolosa e fornita di armati.

Nel frattempo Mamia era stato assicurato dal cavaliere Giambattista Villamarina, comandante della piazza, della indulgenza del Re se avesse disperso quel gruppo di armati: ed egli accettò, ormai ben sapendo che la promessa degli aiuti della repubblica francese era una bugia.

E così fece sapere a Cilocco, che lo incitava a dar luogo all’impresa, che non si poteva perché rischiosissima in quanto a Tempio tutti erano sull’avviso e molti armati occupavano le entrate; d’altra parte Mamia pensava ormai essere un inganno anche la storia delle carte del console francese.

Da quel momento il raggruppamento si sciolse e tutti fecero ritorno alle proprie terre.

La triste fine dei rivoluzionari Cilocco e Sanna. Così Villamarina, liberato dal timore di vedere Tempio assalita, si concentrò contro il prete Sanna e dette ordine ad un distaccamento della Maddalena, aiutato dai pastori longonesi [santateresini], di assalirlo. Sanna morì combattendo con grande valore a piedi della torre di Longone [Santa Teresa] che aveva occupata e difesa per molte ore.

Sorte più triste toccò a Cilocco. Egli andò errando qualche tempo per quei monti, sfuggendo con difficoltà ai molti che lo cercavano. Infine fu accolto da Cieciello Muntoni-Decandia e da lui generosamente protetto nonostante gli si fosse promessa la liberazione di due figli già condannati al patibolo; e non solo non lo tradì e soffrì che morissero i suoi cari, ma ebbe danneggiata la casa e rapite le greggi. Sicché i suoi parenti, temendo peggiori danni, consigliarono Cilocco di andare altrove.

Lo sventurato rientrò nei boschi ma poi, uscitone dopo otto giorni esausto dall’inedia, si imbatté in un tale Giovanni Mazzoneddu a cui chiese un coco per carità. Il malvagio Mazzoneddu, deciso a tradirlo, lo accolse, lo consolò con parole amichevoli e tante promesse, e lo nascose nel luogo che dicono Pietrafarro dove, poco dopo, mandò invece i suoi perché lo sorprendessero e lo legassero mentre dormiva.

Cilocco dette prova di grande forza e indomabile coraggio; ma combattuto da dodici uomini e senza poter far uso delle sue armi più potenti, tramortito da un forte colpo sul capo ebbe infine la peggio. Il traditore patteggiò allora col Governo e glielo consegnò all’enorme prezzo della libertà di quattordici suoi parenti, uomini scelleratissimi.

Dopo otto giorni Cilocco venne portato a Sassari, sottoposto alle vergognose e crudeli frustate del boia, agli insulti di quelli che lo avevano vilmente adulato nella buona sorte, e al capestro. Cilocco sostenne tutto ciò con molta forza d’animo e forse si pentì; molti, dimenticando l’uomo pericoloso, versarono per lui lacrime di compianto.

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