Le chiese

di Vittorio Angius – a cura di Guido Rombi

La cattedrale ha per titolare e patrono l’apostolo San Pietro. Sebbene abbia una sola navata, è molto ampia. La sua architettura è piuttosto semplice.

La cappella maggiore col coro dei canonici è ben elevata. Ad un lato sono tre cappelle, all’altro due, essendo il luogo della terza cappella aperto per secondo ingresso.

La facciata è semplicissima, costruita con grandi pietre di granito nereggiante. Il menzionato ingresso laterale ha un’altra facciata architettata con più arte che la prima.

Non c’è molta abbondanza di marmi: questo materiale non si vede che nell’altare maggiore, nella balaustrata del presbiterio, nel pulpito, nel pavimento, dove è mescolato all’ardesia.

Sono presenti in questa chiesa diverse sculture, sei o sette statue di marmo, fra le quali la più lodata è quella di San Pietro, posta nella cappella maggiore, quindi quella di San Michele, ed il gruppo che si ammira nel nuovo battistero, opera dell’attuale vescovo [mons. Diego Capece, vescovo di Ampurias e Tempio dal 1833 al 1855], come il pulpito.

Ci sono alcuni dipinti, ma nessuno che lodi il suo artista.

La sacristia è sufficientemente fornita di paramenti, ed alcuni sono belli e vistosi.

Gli argenti però sono pochissimi. Tra essi l’espositorio, coperto di lamine d’argento, e la sfera, la quale però ha un piede che pare piuttosto quello d’un semplice candeliere. L’antica sfera era sostenuta da un cherubino d’argento solido, opera ben progettata e cesellata, che fu distrutta per far posto alla nuova.

Gli stalli canonicali nel coro sono di olivastro intagliato.

Degli archivi della cattedrale non si sa che dire, forse nemmeno gli archivisti ne sanno qualcosa.

Si ha nella cattedrale a disposizione di quei canonici che volessero occuparsi di studi seri una biblioteca di opere teologiche, legali e storiche, donate da monsignor Pes (Michele) vescovo d’Ampurias e Civita, e dal vicario Biancareddu. Se si fossero segnati ogni volta i nomi di quelli che vi sono entrati a studiare, si vedrebbe quanto si studi.

Il campanile quadrilatero è di un’altezza notevole. Ha un orologio che sbaglia le ore e inganna sempre tutti.

Le campane sono tre: una di fabbrica tempiese, le altre due ordinate dal vescovo in continente, che si considerano per il suono inferiori alla prima. Perché essendoci nel paese chi poteva farle, furono fatte fuori?

San Francesco d’Assisi, chiesa officiata dai frati minori dell’Osservanza, ampia, di semplice architettura e di una sola navata. Ha subito il rifacimento della volta che ‒ essendo costruita con pietre di granito ‒ minacciava di crollare, e per miracolo non schiacciò frati e popolo.

Ha sette cappelle, compresa la maggiore, alcune sculture e pitture senza pregio. La sacristia è bellina, coperta di una cupola, l’unica in Tempio. Le feste principali sono per il titolare e per Sant’Antonio da Padova.

Gli osservanti o frati zoccolanti sono a Tempio sin dal 1543, quando fondarono il loro convento a spese del comune e di donna Giovanna di Portugal.

Il convento è servito da 15 frati, il maggior numero dei quali è di laici professi. I sacerdoti mancano della scienza necessaria e sono ritenuti inetti a prestare buoni servizi alla chiesa; anzi si dice che facciano del male, e non poco, mantenendo e diffondendo nel popolo della città e nelle campagne molte superstizioni, specialmente quelle che sono loro utili.

Vivono di elemosina e non hanno altro obbligo che quello di dare un predicatore quaresimale che declami dei discorsi morali nella sera delle prime quattro domeniche di quaresima.

Con i popolani più rozzi si affollano in chiesa le persone che vogliono divertirsi della quantità di spropositi che essi dicono.

Dopo aver cantate o borbottate le salmodie passano il resto del tempo come vogliono, spesso intanati in umili casucce.

Qualche volta tennero in questo convento lezioni di filosofia per i loro giovani chierici. In tali casi il paese dovette pensare a mantenerli aumentando la quantità delle elemosine, per avere in cambio nient’altro che ridicole esibizioni pubbliche, nelle quali discutevano animosamente per le più solenni stupidaggini, i più madornali spropositi, che essi invece ritenevano intelligenti.

Domanda: a che serve uno stabilimento religioso, che nulla giova alla religione, anzi le nuoce? Perché mantenerlo? Perché tenere obbligato il popolo alla contribuzione della questua?

La Madonna del Carmine, chiesa del collegio degli Scolopi, di una sola navata e cinque cappelle, piuttosto ampia. Ci sono due dipinti di qualche pregio, uno rappresentante la Maddalena, l’altro la Natività della Vergine; è poi pregevole il simulacro del Calasanzio.

La sacristia è poco ricca; tuttavia ha qualche bell’oggetto.

[NOTA. La chiesa è stata demolita nel 1927 per costruirvi l’attuale Teatro del Carmine inaugurato nel 1930.]

La fondazione delle scuole pie in Tempio data al 1665, anno in cui, il 20 febbraio, veniva stipulato in Cagliari l’atto di fondazione dal dottor Francesco Garruccio, poi arciprete di Bosa, come procuratore dei comuni di Tempio e di Terranova.

Gli scolopi sono normalmente otto tra sacerdoti, chierici e laici. Vivono di reddito, ma questuano per il vino e per il formaggio.

Oggidì non hanno molta reputazione per dottrina, e davvero non c’è nessuno tra loro che si distingua o nella letteratura o nelle scienze. Anch’essi in passato erano più rispettati per il merito.

Santa Croce, oratorio prossimo alla cattedrale, ufficiato dalla confraternita dello stesso titolo con tre cappelle. Ha un crocifisso bene scolpito, che pare tinto in nero.

L’antica chiesa delle monache è piccola ed oscura; dopo che sono venute meno le monache è stata tenuta aperta per poter soddisfare gli obblighi di due o tre cappellanie.

La Madonna del Rosario, oratorio ufficiato da una confraternita dello stesso titolo, con una sola cappella.

Le anime del Purgatorio, piccolo oratorio con una cappella ed un cappellano, dove si va a far suffragio ai trapassati.

La Madonna del Pilar, piccola chiesetta con una sola cappella ed un cappellano.

Fuori dell’abitato si trovano a diverse distanze:

Sant’Antonio a pochi passi dalla città verso ponente, eretta su di un rialzo presso le nuove carceri. Ha tre cappelle e vi si ammira la scultura di San Paolo primo eremita.

San Giuseppe a circa cento passi verso tramontana con una sola cappella. Vi festeggiano i falegnami e muratori.

San Sebastiano sorge al greco-levante in mezzo ad una bella spianata. È più grande delle precedenti dette, ha una sola cappella. Se ne è incominciata la riparazione da circa 20 anni, e l’opera è tuttora imperfetta. Ciò prova ancora le sollecitudini del municipio. Questa chiesa fu eretta per voto dopo qualche pestilenza.

San Giorgio dista mezzora. È una piccola chiesetta posta sopra una roccia con una sola cappella. Vi si festeggia due volte l’anno. Pare che questo sito da tempo antico sia stato dedicato al santo martire in memoria d’una battaglia vinta presso il medesimo.

San Bacchisio, a distanza di due ore dal paese verso libeccio. C’è una sola cappella, e vi si festeggia due volte all’anno, in maggio ed in settembre.

La Trinità, distante mezzora a greco-levante con una sola cappella. Vi si festeggia una volta all’anno.

Santa Lucia, chiesetta di una sola cappella, anch’essa a distanza di mezz’ora. Vi si festeggia una volta all’anno.

San Leonardo, a 25 minuti verso levante, già abbandonata ed esecrata da alcuni anni.

In altri tempi il numero delle chiese campestri di Tempio era più che triplo dell’attuale; poi, siccome servivano di rifugio ai malfattori, il vescovo, sotto il ministero del conte Bogino, le interdisse, per cui poi caddero in rovina. Un simile divieto fu allora pronunciato dagli altri vescovi in simili casi. Tante chiesupole della Gallura che ancora esistono, furono conservate dai pastori vicini.

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