Feste pastorali

di Vittorio Angius – a cura di Guido Rombi

Feste pastorali. Otto giorni prima di una festa campestre questa viene annunciata nel paese nel cui territorio è la chiesa, se non appartenga a un’altra parrocchia. Un incaricato va per le contrade accompagnato da alcuni altri per avvisare i devoti su un cavallo adornato di una bella collana da cui pendono molte campanelle, tenendo nella sinistra una bandiera dipinta dell’immagine del Santo che si vuole onorare. I fondatori della chiesa e quelli che fecero le spese per la bandiera sacra, o i loro discendenti, nominano gli operai per la festa i quali solitamente sono tanti quanti sono i capi delle famiglie patrone. Questi operai sono detti soprastanti ed obbligati ad andare nei luoghi indicati per prendere il bestiame necessario ai banchetti festivi e preparare tutto per questi. Il cappellano verso la fine del pranzo pubblica i nomi di quelli che dovranno rendere lo stesso servizio l’anno seguente.

Le spese sono divise tra le famiglie patrone e a turno uno dei capi è incaricato di provvedere a tutto. Di bestie vaccine, secondo la prevista o solita partecipazione, se ne macellano da quattro a dodici, ma si tengono pronti piccoli animali di riserva se mai sia maggiore il numero delle persone. Quando si uccidono solamente becchi o montoni non bastano pur nelle feste meno celebri cinquanta capi per il lesso e l’arrosto. Seguono grandi quantità di pane, pasta, vino, formaggio, e i soliti latticini, il migiuratu, la brociata, li tuaddoli, e i favi di miele.

O nella vigilia, o nella festa, secondo la distanza del luogo, i padroni si incamminano con un grande corteo dal paese alla chiesa in allegria e gala con le loro donne in groppa e preceduti dalla bandiera sacra. E lungo la via se incontrano qualche drappello di pastori ricevono molti onori con saluti festivi e scoppio di archibugi, ai quali essi rispondono nello stesso modo. Quando giungono nel luogo della festa sono accolti con simili saluti e con ripetute acclamazioni da quelli che vi si trovano già radunati e disposti intorno con le loro famiglie sotto alberi frondosi, o sotto alcune capannine coperte di frasche.

Il portabandiera seguito dai padroni e da alcuni altri principali fa i soliti caracollamenti girando tre volte intorno alla chiesa. Dopo che, scesi da cavallo, entrano a venerare la sacra effigie e a deporre la bandiera presso l’altare.

Cominotti - Gonin - Lallemand, Festa campestre, ca 1839-1840
In corteo a cavallo, coll. Serafino - Tempio
festa di Arzachena, coll. Francesco Cossu

Quindi incominciano i divertimenti: certi si svagano nel ballo mescolati alle pastorelle vestite con grande semplicità, altri si dispongono intorno ai cantori o improvvisatori di versi, se il coro sia formato di voci armoniche, mentre i più giovani si dilettano gareggiando al bersaglio in disparte dove il terreno sia un po’ concavo.

Qua e là intorno alla chiesa, sotto l’ombra di qualche albero, o sotto una tenda, sono alcuni botteghini di liquori e dolcerie, e i padri e gli sposi e gli innamorati presentano ai loro piccoli e alle belle ciò che loro più desiderano e gradiscono. Si svuotano mille bottigliette e si consumano grandi quantità di torroni.

Gli operai non tardano quindi a invitare la gente alla colazione, e in un momento è consumato tutto il viscerame che si era arrostito in spiedi di legno verde.

Si ritorna subito alle danze interrotte e ai canti sino allora dei divini uffici. Tra questi si sente da fuori della chiesa uno che al suo interno mette in vendita i cuoi e le pelli delle bestie uccise, e pubblica i prezzi che gli si vanno offrendo da molti, i quali per questa licitazione si erano posti in una delle due parti della cappella. Quando la messa è a un certo punto l’acquisto si intende fatto dall’ultimo offerente.

Compiute le cose sacre si prepara il pranzo. Per tavola si ha il suolo coperto di fronde, felci o erbe tenere. I convitati si dispongono in due grandi linee, a capotavola stanno i patroni e il cappellano: una volta benedetta da quest’ultimo la mensa, tutti si accosciano e cominciano a mangiare, e si vede e si sente una gioia meravigliosa…

Ma e quei pochi che dritti spuntano tra i seduti, e sembrano scuri in volto e hanno in mano il fucile? Alcuni sono banditi, altri sospettano vi siano alla festa dei loro nemici. Nessun timore però: essi non turberanno in alcun modo l’allegria e sciolto il voto se ne ritorneranno alle loro cussorge. Intanto gli operai sono impegnati nei loro compiti. Si dispensa a tutti dai bollenti pentoloni la zuppa, il lesso, e poi si portano le lunghe verghe di corbezzolo o leccio cariche di carni, sotto le quali il fuoco fumava e fremeva.

È bello vedere le maniere agresti dei commensali e come maneggiano i grandi loro coltelli che fanno pure le veci della forcina. Si vedono alcuni mettere tra i denti grandi pezzi di carne, e così tenendola ferma tagliarla lasciando in bocca il pezzo che possono masticare. L’osservatore può temere che la ben affilata lama possa ferire il mento, ma le mani sono abili e l’arma cade innocente sulle lunghe barbe.

Qualche volta si comincia il banchetto dai maccheroni, qualche altra dalle fave coi loro baccelli freschi cotte con lardo o dalla zuppa gallurese che composta di molti strati distinti con formaggio sfarinato e prezzemolo si inumidisce a sufficienza.

Lo spettacolo di siffatti banchetti è ancor più bello nelle cene che in qualche luogo si fanno allo splendore di molti capannelli [lumi?].

Finito il pasto è il turno degli improvvisatori che devono fare le loro parti gareggiando fra loro in diverse rime. Uomini e donne stanno intorno ad essi in folta corona ascoltando in profondo silenzio, e dal sorriso si capisce il loro piacere per queste belle produzioni d’ingegno.

Poi si ritorna alle amate danze girando intorno a cantori scelti che ripetono antichi versi di amore. Per ultimo in certi luoghi si ha lo spettacolo della corsa dei cavalli.

Cominotti-Gonin-Lallemand - Ballo sardo, 1826
Luciano Baldassarre - Ballo tondo, 1841
Manca di Mores - Il ballo sardo nel piazzale della chiesa, ca 1861-1876
Marghinotti, festa campestre in Sardegna, 1861

Venuta l’ora della partenza i padroni rientrano nella chiesa e, fatti i sacri doveri, riprendono in consegna il sacro vessillo, ripetono il caracollamento intorno alla chiesa e ritornano per la stessa via al paese, facendo però, se il percorso è lungo, una sosta per far riposare i cavalli e far ristorare le persone che in vari capannelli consumano gli avanzi delle provviste.

I loro popolani gli vanno incontro fuori del paese e li accolgono con molta euforia. Il tutto termina con un nuovo banchetto presso uno dei padroni.

Perché si veda quanto frequenti siano questi sollazzi, principalmente nelle belle stagioni, indicherò tutte le feste che si celebrano ogni anno.

Nelle cussorge di Terranova (Olbia) 

  1. San Tommaso di Olevà, 30 aprile
  2. Lo Spirito Santo, 20 maggio
  3. Santa Maria di Cabuabbas, nel dì dell’Ascensione
  4. Santa Maria di Fìgari, nella prima domenica di maggio
  5. San. Vittorio, volgarmente san Ittaru, 14 maggio
  6. Santa Maria Chilintàna, 28 aprile
  7. San Simplicio nell’antica cattedrale di Civita, nel dì proprio

Nella cussorgia di Telti (Tempio) 

  1. Santa Anatolia, 1 maggio.
  2. Santa Vittoria, 2 maggio

Nell’Ultana calangianese 

  1. San Bacchisio, 10 maggio

Nello Scupetu 

  1. San Giacomo, 4 maggio

Nell’Arzachena Nuchese

  1. San Giovanni d’Arzachena, 3 maggio.
  2. San Michele, 6 maggio.
  3. San Pantaleo di Milmegjiu, ultima domenica d’aprile.

Nell’Arzachena tempiese 

  1. Santa Maria Maggiore, terza domenica di maggio.
  2. San Pietro, nel giorno seguente.

Nel Carana 

  1. San Antonio, immediatamente dopo s. Pietro.
  2. San Nicolò, prima domenica di giugno.

Nel Padru 

19, 20. San Biagio, 3 febbraio, 15 maggio.

  1. San Leonardo di Zighinoni… 

In Balaiana 

  1. San Leonardo, ultima domenica di maggio.
  2. San Pietro di la Cattrèa, 5 maggio.
  3. La N. D. del Rimedio, 4 giugno.
  4. Santa Maria di Loreto, 5 giugno.

In Luogosanto 

26, 27, 28. La Vergine di Luogosanto 25 maggio, nel giorno dell’Ascensione, e addì 8 settembre.

  1. San Trano, 7 giugno.
  2. San Quirico, 8 agosto.
  3. San Stefano, nella domenica ultima di maggio (ad Itzana)
  4. San Marco, 20 aprile.
  5. Sant’Antonio di Agliàgana, 13 giugno.
  6. La Vergine delle nevi, 5 agosto.
  7. Sant’Andrea, 30 novembre.

In Chivoni 

  1. Santa Reparata, nella vigilia dell’Ascensione.
  2. San Giacomo di Calcinagiu, 4 maggio.

In Muntagna 

  1. Santa Maria di Sùraca, prima domenica di maggio.
  2. San Simplicio, 15 maggio.
  3. San Giambattista del Liscia, 24 giugno.

Nel Liscia 

  1. San Michele, 8 maggio.
  2. San Giorgio, 9 maggio (a Monticano).
  3. San Michele, 10 maggio.

In Porto-pozzo 

  1. San Pasquale Baylon, 17 maggio.

In Longone [Santa Teresa di Gallura]

  1. La N. D. del Buon Cammino, 20 maggio.

Nell’Aglientu 

  1. San Francesco di Assisi, prima domenica di giugno.

In Montivagliu 

  1. Santa Maria, terza domenica di agosto.
  2. Sant’Elisabetta, nel dì seguente. 49. S. Brancazio… 

In Agultu 

  1. La santissima Trinità, nel dì proprio.
  2. San Pietro martire, 28 aprile.
  3. Sant’Orsola, 18 giugno.

In Cucurenza 

  1. San Giuseppe, 17 maggio.

In Colti 

  1. Sant’Antonio, 13 giugno.

In Viddalba 

  1. San Leonardo, 22 maggio.

In Santa Maria Coghìnas 

  1. Santa Maria Maddalena, 15 maggio.

In Pala di Monti 

  1. San Lussorio, terza domenica di agosto.

Nei Parisi 

  1. San Pietro di Rudas, 29 giugno.

In Padulu 

  1. San Giacomo, 26 luglio.
  2. San Saturnino, 24 maggio.
  3. 62. San Gavino, addì 4 maggio, e 25 ottobre.
  4. La Vergine delle Grazie… 

In Siulonis 

  1. San Pietro di la Cattrèa, 29 giugno.

In Riu-mannu 

65, 66. San Rocco, … maggio e 16 agosto.

In Tisiènnari 

  1. Lo Spirito Santo, nel dì proprio.

In Saialtu 

  1. San Brancazio, 22 maggio.

In Petra-màina

69, 70. San Gavino, 4 maggio e 25 ottobre

In lu Canali di Baldu 

71, 72. San Bacchisio, 10 maggio e 7 ottobre

In Oviddè 

  1. San Teodoro… 

Nel Prato di Tempio 

  1. La santissima Trinità, nel dì proprio.
  2. Santa Lucia, 20 maggio.

Queste feste si celebrano dai paesani, nel cui territorio si trova la chiesa rurale: le eccezioni cadono nei numeri 16 e 22, dove hanno le prime parti i lurisinchi, e nei numeri 17, 18 e 63, dove hanno patronato i tempiesi.

Delle sunnotate celebrazioni la più solenne è a Luogosanto l’8 settembre, nella quale sventolano le bandiere di tutti i popoli del Gemini e di tutte le confraternite. Le insegne dei comuni sono accompagnate da molta gente, e quando questi drappelli giungono sul fiumicello Bandera distante da Luogosanto circa tre quarti d’ora, vi si devono fermare finché arrivi la compagnia dei tempiesi, la cui bandiera deve precedere tutte le altre, che poi tra loro hanno un certo ordine. Giungendo queste compagnie nel recinto di Luogosanto, trotterellano ordinatamente intorno alla chiesa le une dopo le altre tra grandi applausi e spari, salutando i popolani la rispettiva insegna. A questa festa, come alle altre due che si svolgono nello stesso luogo, deve assistere la metà dei beneficiati e canonici della cattedrale; nelle altre basta invece per i divini uffici un cappellano. A Luogosanto ci sono diversi ricoveri per le persone dei diversi paesi. Ogni comune ha il suo operaio della bandiera, e le confraternite hanno ciascuna il proprio. Gli operai devono provvedere al banchetto.

Luogosanto, coll. Mario Scampuddu
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