La Gallura (1840) di Vittorio Angius

a cura di Guido Rombi

LA GALLURA di Vittorio Angius, in Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Torino, G. Maspero e G. Marzorati, 1833-1856.

La “Storia della Sardegna” redatta in più voci da Vittorio Angius per il Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, a cura di Goffredo Casalis (Torino, G. Maspero e G. Marzorati, 1833-1856), è uno studio che anche oggi lascia stupiti per la meticolosità e l’ampiezza dell’indagine.

Dal momento della sua comparsa, tale Storia si è imposta senza dubbio come “la storia” a cui devono fare riferimento tutti coloro che vogliano sapere e documentarsi in profondità sulle province e città e paesi della Sardegna dalle origini fino ai primi decenni dell’Ottocento, e soprattutto sulla loro situazione nei primi Trenta/Cinquanta anni del XIX secolo.

L’importanza del lavoro di Angius – padre scolopio cagliaritano e poi, lasciato l’ordine, deputato al Parlamento del Regno di Sardegna (eletto nel 1848 nel collegio di Lanusei) – è testimoniata d’altro canto dalle numerose ristampe ricevute negli ultimi decenni, e soprattutto da quelle recenti dell’Unione Sarda (a cura di Stefano Pira), in 32 volumi, nel 2004-2005, e dell’Ilisso in 3 ampi volumi (a cura di Luciano Carta) nel 2006. E alle ottime introduzioni di Pira e Carta si rimandano i lettori più interessati per capire l’importanza dell’opera e conoscere la figura del grande studioso.

L’Angius – scrive Pira (pag. 20) citando un giudizio di Loddo Canepa – «ci conduce in ciascun paese, fa la storia delle usanze, delle tradizioni, della lingua, non trascurando alcun dettaglio storico, archeologico, giuridico, economico, geografico o folcloristico”; e «compone il mosaico della Sardegna annotando le diversità, i pregi e i difetti dei moltissimi popoli sardi, quelle centinaia di villaggi il cui orgoglio di piccola patria doveva sfidare l’usura del tempo arrivando fino ai giorni nostri e facendo del Dizionario nelle sue voci sarde un’opera ancora insuperata».

Ma non solo: nell’economia di quest’opera poderosa, la Gallura è senza dubbio “la provincia” privilegiata. Di tutte le voci redatte per il Dizionario l’articolo Gallura provincia, licenziato alle stampe negli ultimi mesi del 1840 (il secondo dei due su questa regione) è considerato dagli studiosi «uno dei meglio riusciti e dei più ricchi di notizie su un territorio largamente sconosciuto» (L. Carta, p. 28), frutto dei suoi viaggi in loco del 1835-38. (La temporalità riferita da Angius per due volte nella «voce Gallura» è il biennio 1837-38; ma questa va retrodatata e raddoppiata collegandovi quella riferita nella «voce Tempio», e cioè che andò «peregrinando nel 1835 e 1836 per tutta la Gallura»; furono quindi ben quattro gli anni di viaggi e appunti di Angius in questa provincia).

E considerazioni simili riguardo la ricchezza delle informazioni – aggiungo io – valgono anche per Tempio. Basti pensare che la voce Tempio è lunga ben 55 pagine (la “prima” voce Gallura, quella diremo “geostorica” 90 pagine e la successiva Gallura provincia 66 pagine) a fronte delle 17 di Nuoro (Nuoro provincia 43 pagine e Barbagia 78 pagine), delle 61 di Ozieri (ma Ozieri provincia e Monte Acuto rispettivamente solo 12 e 17 pagine), e delle 29 di Iglesias (Iglesias provincia 101 pagine).

Per rendere più chiaro il rapporto, l’ammontare totale delle pagine dedicate solo alle voci Tempio e Gallura è di 211, contro le 138 di Nuoro e del Nuorese, le 130 di Iglesias e dell’Iglesiente, le 90 di Ozieri e Ozierese.

Un bel regalo e un privilegio quindi, questo che Angius regala alla Gallura ed a Tempio.

(Dei quattro anni sopraddetti 1835-1838, i primi due corrisposero col periodo di vita sassarese di Angius, che dal 1829 al 1835 fu prefetto, ossia preside, delle Scuole pie di Sassari, oltre che docente di spicco dell’ateneo turritano. Ed è quasi scontato che nei suoi quattro anni di viaggi in questo territorio le Scuole Pie di Tempio fossero la sede consueta di alloggio e di riferimento del loro illustre confratello).

Per questo progetto GalluraTour che si propone di favorire la conoscenza e valorizzazione della Gallura a partire dalle prime visite turistiche nel territorio non potevo non fare i conti infatti col grandioso lavoro dell’Angius. La sua redazione delle voci è infatti coeva ai racconti dei viaggiatori in Gallura. Angius conosceva i libri dei primi viaggiatori e viceversa essi dal suo apparire leggevano i testi di Angius pubblicati nel Dizionario.

La prima idea, facilissima quanto banale da realizzare, era di riproporre i testi originali, o direttamente trascrivendoli oppure facendo rimando ad essi con un link.

Però “la cosa” non mi persuadeva. Al di là della valenza storica e culturale, la scrittura di Angius è oggi ostica ad un medio lettore italiano, figurarsi agli eventuali stranieri con una conoscenza di base dell’italiano (ce ne sono) che fossero interessati. E così – essendo scopo di GalluraTour quello di proporre contenuti di qualità in forma godibile da un vasto pubblico, cioè in modo semplice e accessibile per tutti – ho pensato di attualizzare l’Angius con un intenso lavoro di editing che ha riguardato sia la forma e sia la struttura. (Un link di rimando all’opera originale comunque ci sarà, sia per permettere di effettuare a chi volesse un confronto, sia per soddisfare una curiosità anche solo da bibliofili).

Per quanto concerne la forma – ne ho accennato prima – non c’è dubbio che l’Angius originale sia per lettori diciamo di raffinata istruzione. La sintassi, il lessico e la punteggiatura, insomma il periodare, risentono ovviamente dei ben 170/180 anni di distanza che ci separano, sicché la lettura spesso scorre lenta e farraginosa; poi molti lemmi sono caduti in disuso e altri seppure fondamentali – specialmente nella toponomastica – non hanno più riscontro: e non si può chiedere al lettore di oggi di leggere una edizione che sta nel web col dizionario in mano. (Per quanto concerne la toponomastica nessuno oggi – dovendo cercare informazioni sui paesi di Aggius, Bortigiadas, Nuchis, Olbia e Santa Teresa – scriverebbe Agios, Bortigiata, Nughes, Terranova, Longone ecc.: la ricerca probabilmente non avrebbe successo o sarebbe assai scarsa di risultati).

Anche la struttura è profondamente innovata rispetto all’originale. Infatti, un limite delle voci di Angius, se proprio devo indicarne uno, è la non sempre migliore disposizione sequenziale degli argomenti, vale a dire dei capitoli e dei paragrafi. Non di rado, delle voci originali, si fa fatica a ricordare gli argomenti trattati e in quale dei due articoli/saggi, ossia sfugge la struttura d’insieme delle 50 pagine. (Limite ben giustificabile, si intende dato il monumentale lavoro intrapreso con mezzi di editing ben minori di quelli oggi alla nostra portata).

Ora invece la Gallura di Angius è stata assemblata secondo un nuovo ordine: non più due voci Gallura, ma una sola, con un suo indice generale, frutto di un nuovo ordine in cui i paragrafi e capitoli già esistenti (talvolta non del tutto chiari nella loro articolazione complessiva), sono stati diversamente strutturati. Identico procedimento riguarda le voci Tempio e dei paesi della Gallura.

Come detto sopra, la voce Gallura e quelle sui suoi paesi furono soprattutto il frutto dei personali viaggi dell’Angius in questo territorio per quattro anni, dal 1835 al 1838, ma anche di una serie di documenti e informazioni inviategli dai suoi corrispondenti. Poiché le voci erano per un Dizionario che veniva pubblicato in ordine alfabetico, ovviamente la loro cronologia è differente tra le prime e le ultime pubblicazioni. Va da sé che le voci in fondo all’alfabeto (Tempio e Olbia/Terranova) siano le più aggiornate e ricche di informazioni storiche (tra la prima voce Aggius e quelle di Tempio e Olbia trascorrono ben 17 anni!).

Ecco esattamente gli anni di pubblicazione:

  • Aggius, 1833 (nel vol. 1: Abbadia-Azzara);
  • Bortigiadas, 1834 (nel vol. 2: Baceno-Buttogno);
  • Calangianus, 1836 (nel vol. 3: Cabella-Casale provincia);
  • Gallura, 1840 (nel vol. 7: Gabiano-Genova);
  • La Maddalena, 1841 (nel vol. 9: La Balma-Luzzano);
  • Longone, 1841 (nel vol. 9: La Balma-Luzzano);
  • Luras, 1841 (nel vol. 9: La Balma-Luzzano);
  • Nuchis, 1843 (nel vol. 12: Noasca-Nurrui);
  • Olbia/Terranova, 1850 (nel vol. 20: Serrieres-Torgnon);
  • Tempio, 1850 (nel vol. 20: Serrieres-Torgnon).

Sebbene Angius si fosse trasferito a Torino dal 1840 e nelle voci sulla Gallura e i suoi paesi cristallizzasse gran parte degli appunti compilati nei viaggi dal 1835 al 1838 in cui aveva battuto personalmente palmo a palmo la Gallura, due paesi/città godettero di significativi aggiornamenti almeno per la parte storico-politica: caso volle, per l’ordine alfabetico di pubblicazione, che fossero proprio i due importanti centri della Gallura – Tempio e Olbia – e soprattutto Tempio che ne era il capoluogo politico, amministrativo e giudiziario, religioso.

Nel saggio su Tempio, infatti, sono molte le informazioni sul decennio 1840-1850, in ciò forse agevolato dall’avere egli in questa città buoni canali di informazione (potevano esserlo ancora i suoi ormai ex confratelli delle Scuole Pie: ex perché aveva lasciato l’ordine nel 1844).

PENSIERO A MARGINE. Riflettendo che il sottoscritto di professione è bibliotecario e storico, è per me motivo di personale soddisfazione riflettere che Angius fu storico e vicedirettore della Biblioteca universitaria di Cagliari, e che dediti agli studi e ricerche erano altri due bibliotecari (addirittura direttori) di quella biblioteca suoi contemporanei ed amici: Ludovico Baille e Giovanni Spano. Infine che io viva buona parte delle mie giornate di bibliotecario proprio presso le stesse Scuole pie di Tempio che probabilmente ospitarono lo stesso Angius il quale proprio qui probabilmente elaborò note e appunti per la stesura delle voci sulla Gallura.

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