Sicurezza e ordine pubblico

di Vittorio Angius – a cura di Guido Rombi

Carceri di Tempio, sec. XIX

Delitti. Il più comune fu la vendetta principalmente per ingiuria all’onore.

In altri tempi si formavano facilmente grosse fazioni contrapposte: i consanguinei e gli amici correvano subito all’offesa o alla difesa, fervevano ostinate guerre, fremevano frequenti battaglie, accadevano sanguinose stragi, poi si stabilivano tregue, si patteggiavano paci solenni.

La presente generazione è invece più mite, sia perché va perdendo forza l’opinione che possa vendicare l’ingiuria chi la patì, sia per gli opportuni provvedimenti del Governo che disperdendo i principali avversari in luoghi distanti, annulla la loro influenza e assicura la tranquillità.

L’altra colpa più frequente era il furto, di cui solitamente erano accusati gli aggesi finché non si dedicarono all’agricoltura, e molto più i lurisinchi, i quali, accompagnati da cani feroci, erano soliti cavalcare al chiaror di luna, e spesso in Padulu, a far caccia di vacche.

Inimicizie. Raccoltesi come si è detto le rispettive genti intorno a due avversari, si cominciano le ostilità, vanno a cercarsi in campagna, si tendono insidie, si affrontano […]. Sono piccole guerre […].

Banditi. Come uno diffida della giustizia per imputazioni vere o calunniose si arma e se ne va per monti e valli. Se cresce il timore della forza pubblica si fortificano con l’alleanza di altri inquisiti e formano squadriglie.

In altri tempi non usavano le armi se non nell’ora dell’assalto; ma da quando l’intimazione del fermo è accompagnata dagli spari delle carabine o delle pistole molti usano prevenire l’assalitore. Sono rari quelli che cedono subito o che si possano prendere senza pericolo. Il numero li rende tanto protervi che vanno nell’abitato, passano armati in faccia alla caserma, e accadde che finanche vi entrarono a visitarla. Che farebbero pochi uomini sorpresi incontro a molti temerari?

Il viaggiatore che si imbatte nei banditi li riconosce vestiti come pellegrini, armati di schioppo, pistole e un lungo coltello di traverso nella cartucciera. Anche quando sono nei loro stazzi tengono il fucile sotto il braccio e anche senza fare alcun lavoro, se mai giungano tra essi persone ignote. Essi sono diventati molto sospettosi da quando vanno vestiti camuffati a cercarli i loro persecutori.

Non dormono che di rado dentro le capanne, più spesso tra le macchie o in qualche caverna abbracciando il fucile, e dormono sonni così deboli che si svegliano a ogni piccolo rumore. Girano accompagnati da cani di buona razza e li hanno per guardie e veglie quando sonnecchiano, e per aiutanti quando sono assaliti.

Un tempo fra i galluresi non si trovava uno che volesse guidare i militari nell’oscuro rifugio dei banditi; e se qualcuno vi si presentava rischiava di essere additato alla vergogna, come accade tuttora dalle parti di Nuoro e di Orgosolo; successivamente la corruzione ha portato una diffusa immoralità e si è arrivati a non avere più riguardo nemmeno verso i parenti.

L’impunità promessa per l’arresto o per l’uccisione di altri delinquenti è stata un’altra causa di depravazione. In altri tempi il numero dei banditi sommava a più centinaia.

Fra le loro postazioni è celeberrimo il monte Cuccaro.

Prigioni. Sono un immondo ergastolo.

Siccome in altri tempi si temeva che le mura e le porte non reggessero alle spinte dei detenuti, si prese la barbara usanza di porre ogni sera un collare di ferro con una grossa catena intorno al capo dei detenuti, sia di quelli responsabili di gravi reati sia di quelli responsabili di reati minori; la quale catena veniva poi ben fissata, attraverso dei fori nelle mura, fuori della prigione.

Si può ben intendere la gravità del tormento per tutti, tranne per uno solo che si lasciava libero di fornire qualche servizio agli altri che dovevano restare tutta la notte nella stessa postura. Fremiti, imprecazioni, bestemmie si udivano risuonare nel silenzio; maledizioni alla notte, troppo veloce ad arrivare e troppo lenta a sparire, e maledizioni a quelli che poco si curavano della loro sorte.

Alla fine i corpi cadevano per stanchezza nel sonno che veniva interrotto dall’impazienza d’un altro, e dal dolore di chi si svegliava troppo oppresso dal peso.

Forza pubblica. A sostenere il buon ordine sono distribuiti in varie parti alcuni soldati di cavalleria leggera e di fanteria.

Hanno guarnigione a Tempio, Calangianus, Aggius, Longone (Santa Teresa di Gallura) e la Maddalena.

Di aiuto ai soldati sono i miliziani. La Gallura ha un battaglione formato da contingenti delle diverse sue popolazioni.

Prove dei delitti. Il più delle volte non si sa come istruire il giudizio su delitti commessi negli abitati e visti da molti.

Accade pure che uomini pieni di malizia, fingendo una puerile semplicità, accusino i folletti e altri spiriti; gli aggesi principalmente dicono siffatte stupidaggini, delle quali poi ridono tra loro alle spalle dell’istruttore della causa.

Lorenzo Pedrone, pastore della Gallura, ca 1841
Pittaluga-Levilly - pastore della Gallura, 1826
Giuseppe Cominotti - Saluto tempiese, 1825
Tiole, Banditi in campagna, 1819-1826
Cominotti-Gonin-Lallemand - Miliziani in servizio, 1826-1839
Luciano Baldassarre, miliziani in servizio, 1841
prime Carceri, poi primo Mercato di Tempio
Carceri di Tempio, sec. XIX
Panorama da San Lorenzo e carceri di Tempio, coll. Pedroni, sec. XIX

LIBRO: Enrico Costa, Il muto di Gallura, Milano, Brigola, 1885

2. ed. Tempio, Ditta Giacomo Tortu, 1912.

Nel 2022 FILM Il muto di Gallura, regia di Matteo Fresi

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