L’alimentazione

di Vittorio Angius – a cura di Guido Rombi

Si mangia di rado carne vaccina, più spesso caprina, e nella rispettiva stagione montoni, capretti, agnelli;

si fa grandissimo uso di latticini, di piante ortensi, patate, frutta ed erbe campestri, tra le quali i poveri trovano delizioso il porro silvestre (la sàmbula) che se è dolce alla loro bocca emana però all’esterno un fetore che disgusta chi sente la loro respirazione.

Il pane è abbastanza saporito.

Nei paesi si è fatto finora grande uso di liquori, ma nel presente piace moltissimo il caffè.

Dolci galluresi. Li neuleddi sono fatti di pasta stirata in foglia, poi biscottata, polverizzata, e finalmente imbevuta nella sappa o nel miele, poi impastata e mescolata di spezierie. Si fanno dei panetti, che sono assai duri se si è adoperato il miele, tanto che a spezzarli ci vuole grande forza.

L’aranciata usata dai bortigiadesi si fa di miele, farina e scorza d’arancia trita in un mortaio.

Li cocciuleddi. Si frigge la farina nel miele o nella sappa, e quando si ha una pasta densa si fanno dei bastoncini che si rivestono per metà d’una pasta fatta come la manteca. Si curvano in cerchietti o in spire e si fanno altre figure.

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