TEMPIO
di Gaston Vuillier
Le isole dimenticate. La Sardegna, impressioni di viaggio
Parigi 1893, Londra 1896
Prefazione di Antonio Romagnino, traduzione Marco Maulu
Nuoro, Ilisso, 2002 (Bibliotheca sarda, 77)
Quando arrivo a Tempio, si fa già buio.
Questa città è la più popolata di tutta la Gallura. Le case sono strane. Costruite con blocchi regolari di granito cementati dall’argilla, generalmente alte, esse avrebbero l’aspetto sinistro di fortezze, senza gli enormi balconi di legno che vi si trovano sospesi a ciascun piano. Questi balconi proiettano sulle strade ombre capricciose. È su di essi, piuttosto che nelle camere, che le donne lavorano e ciangottano durante il giorno.
Le larghe lastre sonore di cui la città è pavimentata risuonano sotto gli zoccoli dei cavalli.
Gli uomini passano vestiti di nero, incappucciati; solo la vista di qualche giovane serva, con l’anfora sulla testa, dissipa il sentimento di malinconia da cui ci si sente colti a Tempio, malgrado la bellezza di un cielo pressoché costantemente limpido.
Non lungi da questa città si eleva la catena granitica dei monti del Limbara, la cui più alta cima, il Giugantinu, raggiunge i 1300 metri sopra il livello del mare.
Questa massa rocciosa ha una grande caratteristica; la parte che guarda verso Tempio, essendo faccia a nord, non riceve il sole che al tramonto: per questo il clima è relativamente freddo.
La città stessa, situata a 600 metri circa d’altitudine, gode di un’aria salubre, fresca, vivificante.
I dintorni sono disseminati di capanne di pastori (stazzi), una sorta di “gurbi” africani, dai muri costruiti grossolanamente con pietre a secco nella parte inferiore, mentre la parte superiore della capanna è fatta di rami e foglie intrecciati.
Qualche centinaio di famiglie raggruppate in una specie di federazione naturale che si chiama cussorge vive là, di una vita pastorale, e si dedica alle arti dei latticini, ai formaggi di capra e di pecora. Questi pastori passano per cacciatori assai abili.
Risorta l’aurora, getto un ultimo sguardo sul grandioso Limbara, e riparto.
Si ringrazia la casa editrice Ilisso per la concessione dell’utilizzo della traduzione
FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI
Disegni, dipinti e litografie dell’800
Gaston Vuillier, “Il Limbara visto da Tempio”, [litografia incisa da Charles Barbant] ca 1890-1893, immagine IN questo libro.
Nicola Benedetto Tiole, Tempiese, ca 1819-1826, IN Nicola Tiole, Album di costumi sardi riprodotti dal vero (1819-1826), saggi di Salvatore Naitza, Enrica Delitala, Luigi Piloni, Nuoro, Isre 1990.
Jean Baptiste Barla, Viandante tempiese, 1841 (coll. Angelino Mereu).
Nicola Benedetto Tiole, “Donne di Tempio viste da dietro”, ca 1819-1826, IN Album di costumi sardi riprodotti dal vero (1819-1826), saggi di Salvatore Naitza, Enrica Delitala, Luigi Piloni, Nuoro, Isre 1990.
Alessio Pittaluga, “Pastore della Gallura”, ca 1826, IN Royaume de Sardaigne dessiné sur les lieux. Costumes, par A. Pittaluga, [litografia incisa da Philead Salvator Levilly], Paris, chez Marino; Firenze, Antonio Campani, 1826 (rist. Carlo Delfino 2012).
Cartoline e foto dell’800 e primi ’900
Collezione Erennio Pedroni, Gianfranco Serafino, Vittorio Ruggero.
Foto contemporanee
Antonio Concas, Vittorio Ruggero, Alessandro Penduzzu, Giacomo Sanna, Salvatore Solinas
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