IV.2 – Auspici di nozze

di Maria Azara

I giovani e più ancora le ragazze da marito sono però ansiosi di conoscere preventivamente la loro sorte in merito al matrimonio e ricorrono ad ogni sorta di auspicio.

Indicherò qui quelli che mi sono stati segnalati come più frequenti.

La maggior parte di questi presagi si traggono alla vigilia di S. Giovanni. La giovane lega con un nastro multicolore un rametto di tasso barbasso (la truédda); se, il giorno dopo, al sorgere del sole, il rametto è già in fiore, la giovane sposerà entro l’anno. Nella stessa vigilia si getta nell’acqua un poco di piombo fuso; gli auspici si traggono dalle forme che assumono le gocce in cui il piombo si fraziona. Se vi sono corna lo sposo sarà agricoltore, se il piombo sciolto prende la forma di una nave la ragazza sposerà un marinaio o un pescatore; se la forma di piombo somiglia a una bestia, per esempio un cavallo, il marito sarà un merciaio ambulante, se invece la forma sembra una vacca o una pecora sposerà un pastore; se somiglia ad una bella casetta avrà per sposo un signore.

Altro uso della vigilia di S. Giovanni è questo: la ragazza prende tre fave secche, sbuccia la prima interamente, la seconda a metà, la terza la lascia senza sbucciare. Mette poi le fave in un piccolo recipiente o sotto il cuscino e all’indomani, a occhi chiusi, ne estrae una: se prende quella che non è sbucciata avrà un marito ricco; se quella sbucciata a metà, il marito sarà mezzo agiato; se quella completamente sbucciata, il marito sarà povero.

Sempre nella stessa sera a Santa Teresa Gallura si usa buttare un uovo nell’acqua: se al mattino sarà a galla la ragazza si sposerà subito, se va a fondo passerà ancora molto tempo.

Ancora a S. Giovanni la giovane, nelle campagne limitrofe alla chiesa, segna con un nastro una pianticella. La mattina della festa all’albeggiare, ritorna ad osservare quali insetti si siano posati sulla pianta. Se vi trova una coccinella la ragazza sposerà un professionista; se c’è una farfalletta il marito sarà di poco giudizio; se c’è una formica la ragazza sposerà un contadino; se c’è un’ape sposerà uno che ha molti alveari; se trova insetti grossi e panciuti significa che sposerà un porcaro o un vaccaro; se trova un ragno sposerà un mercante ecc.

Infine alla vigilia di S. Giovanni si gettano in un bicchiere d’acqua due chicchi d’orzo, che devono essere un po’ sbucciati all’estremità e la buccia non staccata rivolta in su, in modo da formare una forchettina. Col dito si mescola poi fortemente l’acqua e i due chicchi girano vorticosamente: se quando l’acqua si cheta i due chicchi si incontrano è segno manifesto che la ragazza si sposerà.

Con questo mezzo si può anche indovinare se due giovani si sposeranno. Si dà ad un chicco d’orzo il nome del giovane e all’altro il nome della giovane, se i chicchi si incontrano si pronostica che i giovani si sposeranno, se rimangono divisi vuol dire che non si sposeranno.

Questo esperimento è fatto dalla ragazza anche per sapere se l’innamorato è fedele.

Le ragazze nel mattino di S. Giovanni buttano dalla finestra un garofano rosso o un fazzoletto od altro oggetto e spiano da chi viene raccolto. Se lo raccoglie un giovanotto, sposeranno uno scapolo; se lo raccoglie un ammogliato dovranno sposare un vedovo; se lo raccoglie una donna per tutto l’anno dovranno restare zitelle. Inoltre il futuro marito avrà il nome di chi raccoglie il garofano.

La mattina di S. Giovanni e il primo giorno dell’anno le ragazze, quando escono, osservano il nome del primo uomo che incontrano perché quello sarà il nome del futuro marito.

Ad Aggius, Telti e Luogosanto, la vigilia di S. Pietro o di S. Giovanni la ragazza mangia abbondantemente casciu furriatu (formaggio fresco cotto con un po’ di miele) e non beve. Poi va a letto. È tanta la sete che sogna che un giovane o un uomo qualunque vada a porgerle un bicchiere d’acqua. Dal nome di quell’uomo si indovina il nome del futuro marito.

Si possono trarre auspici anche da lu sònniu di Sant’Aléna (il sogno di Sant’Elena). Si recita, per esempio nella zona presso l’Anglona, per tredici sere consecutive, prima di prendere sonno, una devozione speciale: «Sant’Aléna imperatrici, mamma di Santu Custantinu imperadóri, in Roma intresi, una banca agattési, tutta canta appariccjáta, cun tre pesci di mari e tre cultéddi pa taddà». Dal sogno o dai sogni che si vedono nell’ultima notte di questa devozione si ricavano gli oroscopi. Talvolta il sogno non riesce ed allora bisogna ripeterlo a distanza di tempo.

Altri modi di trarre auspici sono questi: si prende in primavera un fióri di salpi (fiore di serpe, letteralmente, ma ignoro il nome italiano) dopo che, caduti i petali gialli, resta sullo stelo una specie di lanuggine bianca contenente i semi. Quante soffiate occorrono per far volare via fino all’ultimo seme, altrettanti anni occorreranno per sposarsi. È superfluo aggiungere che le soffiate sono fatte con quanto maggiore fiato si ha.

Ad Aggius e Bortigiadas in un bicchiere d’acqua si versa una chiara d’uovo sbattuta e donne esperte in materia, dalle forme che prende la chiara traggono auspici sull’avvenire della ragazza. La chiara può anche essere messa in una bottiglia piena d’acqua, in cui si lascia riposare per qualche giorno.

Usanza generale (come nel rimanente dell’isola e, da per tutto) è quella di interrogare il cuculo e contare con ansia i suoi cu, cu.

Quanti sono questi, altrettanti sono gli anni di attesa. I modi di interpellare il cuculo sono molti e talvolta improvvisati.

Riproduco qui alcuni fra i più comuni:

Cuccu di bèddi pédi
Cuculo dai bei piedi
Cuccu di bèddi mani,
Cuculo dalle belle mani
Cant’anni àggju a istà
Quanti anni starò
A cuiuàmmi?
A sposarmi?

Cuccu di bèddi mani
Cuculo dalle belle mani
Chi vidi li mé pèni
Che vedi le mie pene
Dimmi tu, si mi ’oi bèni
Dimmi tu, se mi vuoi  bene
Si m’àggju a cuiuàni
Se mi sposerò

Cuccu di bèddi pédi,
Cuculo dai bei piedi
Si a li mé lagni credi
Se credi ai miei lamenti
Dimmi si è russu o niéddu
                              Dimmi se è rosso o nero                             
Lu spósu méu cioanéddu
Lo sposo mio giovinetto

Cuccu méu, cuccu méu
                            Cuculo mio, cuculo  mio                             
Dimmi tu si la sai
Dimmi tu se lo sai
Di spusà l’ora suài
Di sposare l’ora soave
Chi m’ha signatu Déu
Che mi ha segnato Dio

Ad Aggius dicono
:
Cuccu di bèddi dì
Cuculo di bei giorni
Cuccu di bèddi anni
Cuculo di begli anni
Cant’anni àggju a istà
Quanti anni starò
A cuiuàmmi?
A sposarmi?

Alla Maddalena
:
Cuccu di bèddu ditu
Cuculo di bel dito
Quantu staràggju a piddà maritu
Quanto starò a prendere marito?
Cuccu di bèddu pédi
Cuculo di bel piede
Quantu staràggju a piddà mudderi
Quanto starò a prendere moglie?

Nelle zone presso l’Anglona:
Cuccu méu bellu a cantare
Cuculo mio bello a cantare
Cantos annos bi chered a mi cogiuare?
Quanti anni ci vogliono a sposarmi?

Se il cuculo tarda assai a cantare vuol dire che la ragazza rimarrà zitella, ed essa se ne dispera; ma non si stanca di interpellare altri cuculi, magari cambiando poesia.

È pure frequente – come per sapere se l’innamorato è fedele – l’uso di sfogliare le margherite dicendo ad ogni petalo: «mi sposo, non mi sposo». Se all’ultimo petalo si dice «mi sposo», allora l’interpellante si sposerà. Si interpella anche il «sarà, non sarà» che è una spiga selvatica di questo nome. Si comincia da fondo a contare le spighe dicendo: «sarà, non sarà». Dalla risposta si avrà un pronostico per il fidanzamento.

In tempo di vendemmia i giovani e le ragazze pigliano un grappoletto d’uva e ognuno ne strappa un acino; a chi rimane l’ultimo acino, gli altri danno uno sposo o una sposa.

Un altro metodo a cui si ricorre per sapere, in genere, qualcosa sull’avvenire, e, in particolare, sul futuro matrimonio, sono li calti (le carte). Anche per fare li calti assai spesso gli interessati si procurano un oggetto personale della donna amata o del giovane amato.

A Luogosanto d’inverno, vicino al camino, una ragazza con la paletta fa tre segni sulla cenere e dice alle compagne: «Quale vi pigliate?». Una risponde: «Il primo segno». L’altra dice: «Io il terzo, ossia l’ultimo». Il segno di mezzo rimane a quella che l’ha fatto, la quale soggiunge: «Il primo è Tizio, lo conosci e te lo pigli, il secondo è Caio ed è mio». Poi rivolta all’altra compagna dice il nome, che aveva dato all’ultimo segno. Lo stesso gioco fanno i giovanotti.

Le ragazze contano cento cavalli bianchi che incontrano, il primo uomo che pure incontrano dopo aver contato i cento cavalli, ha il nome del futuro marito.

Si fanno i bigliettini nei quali vengono messi i diversi nomi più comuni. Il nome scritto nel biglietto estratto sarà quello del futuro marito.

A Telti si prende una foglia d’olivo o di mirto verde e le si dà il nome d’un giovane, poi si getta sul pavimento caldo del focolare, se la foglia scoppietta quel giovane sarà il marito.

Da altre si prendono contemporaneamente due foglie, si gettano nel pavimento caldo del focolare. Se le due foglie, per il calore si avvicinano, i due si sposeranno. Quando, nel mese di agosto, una stella filante, dopo aver rigato il cielo, cade sopra un tetto, se è rossa o comunque colorata è presagio di matrimonio.

Condividi Articolo su: