II.5 – Battesimo

di Maria Azara

Battesimo alla Chiesa del Pilar - Tempio Pausania

Non vi è un termine fisso per questo.

I sacerdoti raccomandano la maggiore sollecitudine per la preoccupazione che il bambino possa morire senza battesimo (40).

(40). Quando si presenta l’urgenza e l’indilazionabilità del battesimo, perché vi è pericolo per la vita del bambino, è consentito a chiunque di battezzarlo con un poco di acqua e di sale, pronunziando le parole: «Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figliolo e dello Spirito Santo». Si dice allora, come a Tempio, l’ému battisgiatu in ponti (“l’abbiamo battezzato in ponte”) forse volendo alludere che, essendo il bambino in fin di vita, era sul ponte di passaggio per l’altra vita. In tal caso, però, la cerimonia del battesimo, se il bambino sopravvive, è ripetuta con la funzione normale in chiesa, previo avvertimento al sacerdote che c’è stato il battesimo in ponti.

A Luras si ritiene che, battezzando regolarmente un bambino nelle ventiquattro ore dalla nascita, si libera l’anima di un parente dal purgatorio. E nel detto paese il battesimo, generalmente, è compiuto entro tre giorni dalla nascita.

Altrettanto avviene in Luogosanto e in Santa Teresa Gallura.

Nelle campagne di Loiri il termine consuetudinario è di cinque giorni.

In Tempio e in tutte le altre parti il battesimo deve avvenire entro otto giorni dalla nascita fino a quando cioè, la puerpera, normalmente, sta a letto.

Avviene, tuttavia, che per molte ragioni, principalissima quella della rigidità del clima nell’inverno, la cerimonia debba essere protratta oltre il termine consuetudinario. La puerpera, che nel frattempo si è alzata e ha ripreso le proprie faccende di padrona di casa, deve – in qualche luogo –, per omaggio alla tradizione, farsi trovare a letto quando il corteo battesimale ritorna a casa, perché il posto normale della madre in quel momento è a letto. In caso contrario essa deve sedere a capo del letto, e presso di lei siede il prete, poi il padrino, il padre, la madrina e poi ancora gli altri senza ordine stabilito. Il bambino è tenuto in braccio, per lo più, dalla madre o dalla madrina.

Poco prima che si formi il corteo il bambino è vestito per la cerimonia. Quasi sempre si tratta di biancheria, che comprende oppure no qualche indumento di lana, a seconda del luogo e della stagione, e di un abitino lungo bianco. Ma è frequentissimo l’uso di mettere, per distinzione del sesso, una cuffietta celeste per il maschio e una rosa per la femmina o almeno un fiocco dell’uno o dell’altro colore (41).

(41). Ad Olbia nel giorno del battesimo la madrina regala al bambino un nastro di seta, di circa un metro, del colore distintivo del sesso, e glielo lega al braccio.

Perché, peraltro, ci si possa formare un’idea della grande varietà che regna in questa materia trascrivo in nota alcune delle numerose risposte, che ho avuto circa il costume del bambino (42).

(42). Il bambino è vestito in bianco con abito lungo (Montelittu Loiri, Olbia).

– Il bambino è vestito con costume moderno senza differenza da quello di altri luoghi (Azzanì, Loiri).

– Se maschio è vestito in azzurro, se femmina in rosa, con una cuffietta finemente ricamata a mano (Aggius). È vestito con un vestitino lungo e la cuffia porta vistosi piccoli frutti finti come ciliege, acini di uva, fragole ecc. (Tempio).

– È vestito con un semplice, lungo camiciotto bianco (Calangianus). Aderente al corpo il bambino ha un pannolino bianco. Sopra questo altra stoffa più pesante e calda. Infine la fascia e un cappottino lungo di seta o di lana bianca, e una cuffietta di seta bianca (Nuchis).

– Sul giubbetto e sulla fascia è messo al bambino un vestitino bianco lungo (più o meno lussuoso dono della madrina) e in testa una cuffia un tempo di broccato a fioroni guarnita di pizzi e frutta oggi di seta bianca guarnita di pizzi e di merletti (zone presso l’Anglona).

Il corteo battesimale, da coloro che non intendono abbandonare le vecchie, care tradizioni (43), è così formato: precede un ragazzo o una ragazza che porta il cero, quando non è fornito dal parroco in chiesa (44).

(43). Purtroppo molti credono che, a seguire le antiche usanze, ci si perda qualcosa e si sia considerati parrucconi o gente poco civile, anche quando la costumanza è così dolcemente sentimentale e niente affatto incivile.

(44). In questo caso è sempre il sacrista che, con la veste candida, porta il cero accompagnando il corteo dalla porta della chiesa fino al fonte battesimale. Durante il battesimo poi il cero è tenuto con la destra dal padrino mentre il sacerdote pronuncia le parole: «accipe aquam ardentem ecc.».

Anche dal cero si può distinguere il sesso del bambino, perché, come al solito, il colore del fiocco del nastrino che lega a mezzo il cero, celeste per il maschio, rosa per la femmina. In qualche zona (es. presso l’Anglona) il cero non è portato a mano, bensì deposto nello stesso vassoio con l’acqua e il sale. In qualche altra (es. Loiri) il cero è portato dalla madrina, in qualche altra ancora (Calangianus) dal compare. Ad Olbia è portato dal padre che lo consegna in chiesa al sacrista.

Dopo il portatore del cero viene una ragazza (45) che, in un vassoio porta la caffettiera con acqua tiepida e la saliera col sale (46), che serviranno al parroco per il battesimo (47). L’insieme è detto l’affuenti (l’occorrente).

(45). Qualche volta può non essere giovane, e talvolta è la vecchia persona di servizio, oppure parente anziana; ma per lo più è una ragazza.

(46). A Bortigiadas un bambino porta il sale con una moneta da venti centesimi, il tutto avvolto in un panno.

(47). La caffettiera più che con la forma usuale caffittera è detta cicculattera (letteralmente cioccolattiera); ma di cioccolato non si usa mai servirne, se non nelle case signorili. A Tempio è detta, esclusivamente per la circostanza, lu cugnéddu (il vasetto). Dopo il battesimo si riporta a casa piena di acqua lustrale.

E finalmente viene la donna che porta il bambino, con a fianco o subito dopo, il compare, la comare e il padre del bambino. Dietro costoro seguono gli invitati.

La donna che porta il bambino può essere la levatrice; oppure quella che per prima ha dato il latte al bambino quando non riusciva ancora a succhiare dal seno materno; oppure, molto più spesso, una sorella maggiore o qualche altra giovane parente. Il bambino può anche essere portato da una delle ragazze che hanno aiutato a preparare il corredo. È un servizio che è fatto volentieri perché tanto la portatrice di l’affuenti quanto la portatrice del bambino ottengono doni in denaro dal padrino e dalla madrina, che regala la metà della somma regalata dal padrino, col quale prende accordi preventivi. I denari sono consegnati a mano oppure deposti rispettivamente nel vassoio o tra le fasce del bambino (48).

(48). Qualche volta i denari che il padrino e la madrina mettono nelle fasce del bambino sono per la madre.

Ma non sempre è possibile un simile ordinamento di corteo, che si ammira più spesso nei villaggi.

Negli stazzi, talvolta sperduti tra le gole dei monti e lontani dalla chiesa, le cose procedono diversamente. Raramente vi è la portatrice di l’afluenti. La portatrice del bambino inforca il cavallo (49), al quale è stato legato sull’arcione della sella (a dananzi àlcu) un grosso e morbido cuscino, e reca il piccolo in chiesa, scortata, sempre a cavallo, dal padre, dal compare e dalla comare, se questi non si recano, a loro volta, direttamente in chiesa, come avviene più spesso, con appuntamento a determinata ora.

(49). Le donne degli stazzi della Gallura sono tutte ottime amazzoni. Stanno, per lo più, nelle solenni cavalcate, in groppa al cavallo, sedute al fianco al cavaliere, al quale si stringono con la mano destra (lo vedremo a proposito del matrimonio) ma si vedono anche spesso cavalcar da sole, non sedute, ma inforcanti la sella come i cavalieri, con i quali partecipano talvolta a gare di corse sfrenate, che richiedono molta abilità.

Prima del battesimo si suonano le campane con suoni argentini in segno di allegria. Le campane si suonano anche per avvertire che in chiesa è tutto pronto per il battesimo. A Luras e a Nuchis si suonano nove tocchi per il maschio e sei per la femmina. A Calangianus e a Telti l’avvicinarsi del corteo battesimale alla chiesa è invece annunziato da tre tocchi di campana se è un maschio, o da due tocchi se è una femmina. In qualche altro luogo (Palau e Luogosanto) invece dei tocchi di campana si spara qualche fucilata.

Durante la cerimonia in chiesa il bambino è tenuto in braccio dal padrino mentre la madrina deve quasi sempre tenergli la mano sul capo o sulla spalla. Le risposte al sacerdote, secondo il cerimoniale ecclesiastico, devono essere e sono date dal padrino. Non vi è per il padre un posto fisso, per lo più egli sta presso il padrino, un po’ arretrato e alla sinistra: qualche volta non si avvicina, perché, avvicinandosi in quel momento, potrebbe compromettere il buon destino del neonato (50); qualche altra volta non solo il padre, ma anche gli invitati, ad eccezione del padrino e della madrina, devono rimanere lontano dal fonte battesimale fino a quando la cerimonia non è finita.

(50). In alcuni luoghi, invece, il padre sta accanto al padrino e alla madrina ed è tenuto a recitare il Credo come il padrino.

Cominciano allora i primi auguri (51) e i primi abbracci, che si ripeteranno più tardi alla presenza della madre. Al ritorno a casa il corteo battesimale è ordinato quasi come all’andata.

(51). Le formule d’augurio sono le solite. Il padre, divenuto compare del padrino, della madrina e del sacerdote cumpari di battisgimu (compare di battesimo) rivolgendosi a tutti e tre dice Déu vi lu pàchia cun bòna saluti (“Dio ve lo ripaghi con buona salute”). E gli altri rispondono con una delle frasi di augurio per il bambino, che ho riportato sopra a proposito della nascita (cfr. pag. XX).

Non c’è il portatore del cero, lasciato in chiesa, e c’è, invece, il sacerdote che ha un posto d’onore (52).

(52). A Palau per il battesimo si fa anche un regalo al prete.

Egli sta fra il padre e il padrino, oppure a fianco della madrina che ha vicino, dall’altra parte, il padrino.

Entrando in casa il prete dà la benedizione, tutti prendono posto nel modo che ho sopra indicato, e comincia lu trattamentu più o meno ricco a seconda delle condizioni della famiglia (53).

(53). Nelle campagne qualche volta i padrini sostengono le spese dell’invito e perfino quelle dell’onorario della levatrice.

Non manca mai l’offerta del caffè, del rosolio, di mandorle, di noci e di biscottini o altri dolci sardi preparati in casa.

Quando lo spazio e il numero degli invitati lo consente si danza, e i motti di spirito si intrecciano con le frasi augurali, che non sono solo rivolte ora al bambino e ai genitori, ma reciprocamente fra gli invitati, particolarmente fra quelli di sesso diverso.

Spesso le danze si arrestano e si stabilisce il silenzio. Vi è qualche improvvisatore o qualche improvvisatrice che fa il suo brindisi. Più frequenti, però, sono i brindisi all’ora del pranzo, durante il quale sono servite pietanze di carne (per lo più agnello o capretto) e rivéa (arrosto allo spiedo di una specie di coratella intrecciata), di latticini, per esempio pulilgioni, ravioli imbottiti di verdura e formaggio fresco impastati insieme (di ottimo sapore) e vino in abbondanza (54).

(54). Negli stazzi di Olbia dopo il pranzo si usa sparare al bersaglio (a la miria).

Mi piace riportare qui un brindisi che ritengo inedito: (55)

(55). Mi è stato favorito dalla Signora Chiara Franco Michelini da Luogosanto.

Un brindisi, augurèndi
Un brindisi, augurando
Fultuna a la criatura
Fortuna alla creatura
Palchì la madre natura
Perché la madre natura
L’à voluta producì
L’ha voluta produrre
Cent’anni pudé viì.
Cent’anni poter vivere.
Lu stéddu e li genitori,
Il bambino e i genitori,
Lu nònnu di Salvadóri
Il padrino di Salvatore
Lu nònnu più adoratu
Il padrino più adorato
E lì chi l’éti battisgiatu
E quelli che l’avete battezzato
Aggíti bè illu mundu.
Abbiate bene nel mondo.
Passà un tèmpu giucùndu
Passare un tempo giocondo
Còmu vói disicéti
Come voi desiderate
E cantu battiscimi féti
E per quanti battesimi fate
Déu fultuna vi dia.
Dio vi dia fortuna.
E la Vergini Maria
E la Vergine Maria
Sia pal vói impignata
Sia per voi impegnata
Sia la ‘òstra avvocata,
Sia la vostra avvocata
Di favvi dugna diffesa.
Di farvi ogni difesa.
E illa tarra gadduresa
E nella terra gallurese
Fàcciti assai intaressu:
Destiate molto interesse:
Tuttu vi sia cuncessu
Tutto vi sia concesso
Lu chi séti disicèndi.
Ciò che state desiderando.
Un brindisi, augurèndi.
Un brindisi augurando.

Durante la festa e le danze c’è chi sorveglia il bambino almeno fino a mezzanotte, perché ha avuto col battesimo l’olio santo e per questa ragione non può essergli tolta la cuffietta che ne è stata intrisa prima che siano trascorse ventiquattro ore dal battesimo.

A festa finita vi è l’obbligo, per il padre, di accompagnare a casa il sacerdote, la madrina e il padrino (56).

(56). A Palau se il padrino e la madrina sono forestieri, prima di riaccompagnarli a casa, si fanno loro visitare i luoghi panoramici.

In qualche luogo anche il padrino, giunto nella propria casa, offre dolci e libagioni al padre e a quelli che li hanno seguiti. Quando il battesimo (lo stesso è da dire per il matrimonio) avviene in paese, è pure la festa dei ragazzetti non appartenenti alle famiglie degli invitati.

I piccoli monelli attendono il corteo presso la casa dei genitori del bambino e finché dura «il trattamento gridano in coro Ahiò! Ahiò Lampèti! Lampèti! Ahiò! (“Ahiò! Gettate”). Il richiamo non è fatto invano. Ogni tanto la finestra si apre, qualcuno si affaccia, tiene il pugno pieno, proteso, e fa l’atto di lanciare qualche cosa ora in una direzione ora in un’altra gridando: Piddéti! Piddéti (“Prendete”). I ragazzi, che stanno attenti al gesto, cercano di prendere buona posizione, ma il lancio avviene, di fatto, dopo due o tre finte, costringendo quelli a urtarsi rincorrendosi per afferrare il maggiore dei soldi o dei confetti o delle mandorle o delle castagne secche e delle canistréddi (57) che vengono gettati (58).

(57). Da non confondersi con li canistréddi, di palme in cui si mette il neonato. I canistréddi dei quali si parla nel testo sono piccole ciambelle di pane dolce con anice, dure come gallette.

(58). A Calangianus questo gettito è detto lu pidda pidda. A Santa Teresa Gallura il corteo getta ai bambini confetti e danari anche durante il percorso dalla chiesa a casa.

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