Carattere fisico-morale degli Aggesi

di Francesco De Rosa

Gli Aggesi sono generalmente di media statura, anche se buona parte di essi superiore all’ordinaria.

Di maschio aspetto, di corporatura slanciata, muscolare nelle donne e tutto nervi negli uomini, gli uni e gli altri resistenti alla fatica, pieni di coraggio e di baldanza, vigorosi, alteri, indomiti, temerari, sono i veri rappresentanti di quei popoli che, condotti schiavi a Roma, non trovavano compratori, perché preferivano morire anzi che piegarsi a servire e a secondare i voleri e i capricci dei loro tiranni.

Di pronto e acutissimo ingegno, di mente aperta, pieni d’accortezza, sagaci, astuti, arguti, satirici, sono gli abitanti più nobili e più capaci di grandi cose di Gallura: per cui non v’è arte, mestiere, ramo del sapere in cui gli Aggesi, dedicandovisi, non riescano perfettamente e mirabilmente.

Non hanno ambizione, né cupidigia di danaro: per cui, contenti di vivere dai frutti del loro campicello, vigneto e sughereto, non si dedicano al commercio, né all’industria, e perciò non sono intraprendenti, né laboriosi.

Frugalissimi per natura, si accontentano d’un parco e modesto cibo: composto per lo più d’erbaggi e di legumi, conditi solamente col sale, finocchio e prezzemolo ed anche per buona parte dell’anno di solo pane.

Alteri e dignitosi, per quanto poveri siano, sdegnano palesare la loro miseria e stendere altrui la mano. La loro alterezza è tale, che non solo nascondono la propria miseria, ma anche le loro infermità, a meno che per grave malore non siano costretti a stare a letto.

Allo stesso modo se vengono colpiti da disgrazia o da danneggiamento negli averi, non mostrano debolezza, non piangono, non si lamentano, ma vivono nel proprio animo il proprio dolore.

Essi perciò, la domenica sera all’ora dei balli, di cui sono più che ogni altro popolo di Gallura appassionatissimi, che siano a stomaco pieno o digiuni, sani o infermi, allegri o afflitti – salvo che non ne siano impediti da cordoglio o da grave infermità – accorrono sulla piazza a ciò destinata a intrecciare danze fino all’imbrunire.

Il forestiero che vi è presente crede di trovarsi in mezzo al popolo più beato d’Italia: eppure quante miserie, quanti dolori, quante passioni ardenti, quante trepidanze covano sotto quella cera di apparente felicità!

Facili all’odio e all’amore, che nei loro cuori ardono potenti e inestinguibili, amano quanto mai cuore umano possa amare; odiano fino alla morte ferocemente, e anche dopo morti, le loro ceneri ardono d’un odio inestinguibile.

Terribile è la storia dei loro odi, delle loro vendette, delle loro inimicizie! Pieni d’amor proprio, gelosi custodi del loro onore, non sopportano che sia loro recato il minimo affronto, la minima lesione: neppure quella che tocchi lontanamente la propria suscettibilità. Chi osa farlo non tarderà a pentirsene, ammesso che gli sia lasciato il tempo materiale di farlo.

Prediligono l’amicizia, che circondano delle maggiori attenzioni, accordandogli piena libertà e confidenza nelle case loro: ma guai a chi ne abusi, poiché in tal caso l’ingrato pagherebbe assai cara la sua audacia!

La promessa è per loro cosa sacra, e, se questa è di matrimonio e non si compie, diventa origine di guai infiniti, d’uccisioni, di stragi, che si perpetuano per molte generazioni.

Sono alieni dagli alterchi e dal trascendere in pubblico a vie di fatto; ma si dilaniano ferocemente per via di satire, ridendo, giocando, danzando, passeggiando, sbevezzando, senza dar segno d’offendersi, né di voler troncare le relazioni amichevoli; ché se a questo si giungesse non sarebbe allora questione di parole, ma cosa da aggiustare a miglior tempo, o ricorrendo ai tribunali, o alla gallurese giustizia, più spiccia e più terribile, perché basata sull’archibugio, o sul pugnale del sicario o dell’offeso.

Religiosi per convinzione profonda, formano il popolo più affezionato al romano pontefice (9); ma pretendono che i sacerdoti osservino le antiche tradizioni nella celebrazione dei sacri misteri e conducano una vita che sia di pieno loro gradimento.

  1. Pare al presente una parte, la gioventù, abbia defezionato, mirando più ai destini della patria e dei diseredati che a quelli del papato.

Di costumi patriarcali e primitivi, hanno l’anima così innocente che talvolta non solo le bambine, ma le fanciulle più che quindicenni, si spogliano alla presenza della famiglia, prima di salire sul letto.

La malizia, la corruzione, diffuse ovunque, finora non vi ha messo piede, e l’innocenza più perfetta, il candore virginale, la semplicità e la modestia regnano tuttavia nei buoni Aggesi.

In Aggius regna la più perfetta uguaglianza: qui nessuno potrebbe, per quanto esperto conoscitore delle genti, distinguere le diverse razze sociali; perché ricchi e poveri, servi e padroni si trattano reciprocamente colla massima dimestichezza: tutti si danno del tu, tutti vestono lo stesso costume, tutti siedono e ricevono ugual trattamento nei ritrovi, negli assembramenti, nei ricevimenti amichevoli e in qualunque altra felice o infelice occasione.

Solo ai forestieri, investiti di qualche carica civile o politica, e i piccoli ai grandi, si dà, come forma di massimo rispetto del voi.

Amano i forti ingegni, i benefattori dell’umanità e quanti sanno, con forti e civili virtù o col sapere, distinguersi e innalzarsi dal ceto comune, e tributano di cuore ad essi onori e lodi. Rifuggono dalla maldicenza, né si mostrano invidi o gelosi del benessere altrui, e non pretendono, né vogliono essere considerati più di quello che in realtà sono.

Per quanto sottomessi alle leggi dello Stato, non sopportano che i loro beni siano messi all’asta, e se lo sono, non permettono che altri – e guai se lo facciano – l’acquistino all’incanto; ed è perciò che ai messi esattoriali danno spesso la caccia, massacrandoli.

Così pure non accettavano un tempo che venisse sospesa la loro libertà individuale, arrestandoli o reclutandoli per la leva: meglio preferendo in questo caso mettersi al bando della legge.

Hanno per cosa sacrosanta il segreto, e benché vedano commettere un crimine alla luce del giorno, non c’è possibilità che il giudice possa strappargliene la rivelazione.

Ciononostante sono d’una schiettezza e una franchezza senza pari, per cui non hanno soggezione né temono di spifferare in faccia a chicchessia ciò che sentono.

Sono per altro irrequieti e litigiosi, e se punti da questione d’interesse o d’onore non hanno riguardo per nessuno.

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