IV.3 – Dichiarazioni e rifiuti di amore

di Maria Azara

Ho già accennato che sono lunghi gli amori, e prima di arrivare al fidanzamento, dirò così, ufficiale, non mancano patti preliminari fra li innamurati.

C’è, ad esempio, lu mani e fidi (mano e fede). I due giovani si stringono la mano giurandosi eterna fedeltà; oppure si scambiano un fiore o un fazzoletto come pegno di fedeltà reciproca (156).

(156). Un dono, messaggio gentile, consiste nell’invio, la domenica delle palme, di la luna, un intreccio di palme benedette, fatto dal giovane alla ragazza, la quale, se è contenta – ed è evidentemente d’accordo con la propria famiglia – ricambia il dono, inviando al giovane sei dozzine di uova dentro un canestro. Otto giorni dopo il ricambio del dono, normalmente, avviene la domanda di matrimonio.

Quando, poi, credono che sia venuto il tempo di fidanzarsi, parlano di questo nelle rispettive famiglie, le quali si accordano per la cerimonia del fidanza mento, di cui parlerò più avanti, che è seguita, (ma qualche volta anche preceduta) da lu palisugnu (palesamento) a tutti i conoscenti (157).

(157). I fidanzati, oltre che con questa parola, sono chiamati, li prumissi; li prumissi sposi; l’assigurati; l’appaggjati; l’innamurati gjà siguri oppure gjà liati (legati).

Non sempre, però, le cose procedono con tanto ordine soddisfazione. Si dà il caso che i genitori dell’uno o di entrambi gli innamorati siano ostili al loro fidanzamento, che essi non vogliano intendere ragione. Allora i giovani si accordano e un bel giorno o una bella notte si ni fuggjnini (fuggono insieme dalle loro case). Il più delle volte l’una o l’altra famiglia si arrende al fatto compiuto, accoglie in casa li fuggjti e provvede a farli sposare al più presto, sopprimendo le consuete cerimonie. Qualche volta il sentimento di amore dei due giovani appartenenti a famiglie nemiche ha riportato la pace e la felicità fra esse. Qualche altra volta, al contrario, l’autentico, non finto, rapimento della ragazza, anche se consenziente, ha determinato lo scoppio di ostilità fra le due famiglie, odi, vendette e lutti.

Vi è anche il caso che la ragazza non intenda corrispondere al sentimento d’amore del giovane. Ella rifiuta allora il fiore che le viene offerto, direttamente o indirettamente, dal giovane, evita di incontrarlo e di guardarlo; rifiuta con pretesti, di ballare con lui; non risponde alle sue parole o, qualche volta, risponde con frizzi e piccole sgarberie. Se egli insiste, un mezzo molto usato dalla ragazza per fargli comprendere che non è gradito, è quello di ritirarsi dalla porta o dalla finestra quando egli passa per la via.

In qualche luogo (es. Luras) la ragazza indica il rifiuto mettendo sul davanzale della finestra un gatto e mantenendovelo (mentre essa inchinata non si fa vedere) nel momento in cui il giovane solleva il viso per guardare verso la finestra. Raramente viene sbattuta la porta o la finestra, come suol dirsi, in faccia al giovane e più raramente ancora, soltanto da persone volgari, viene esposta, alla finestra o alla porta, una scopa al momento del passaggio del giovane.

Se questi è timido e non trova modo di assicurarsi dei sentimenti della ragazza ricorre agli intermediari (l’ambasciadóri oppure lu mandatàggju) (158), per mezzo dei quali chiede amore alla ragazza.

(158). Vi sono donne che sanno mettere bene in evidenza i pregi dei due giovani; ma, siccome esse si valgono anche di menzogne per riuscire nell’intento, sono chiamate intriccia li tusi (intreccia i tosati) per indicare che hanno tanta furberia da riuscire a fare le trecce anche a chi abbia capelli tagliati. Queste donne, però, sono tenute in cattiva considerazione e le persone per bene non si valgono mai di esse per trattative di matrimonio.

Più sopra, nel parlare di lu graminatoggju ho accennato all’uso dei fióri raccumandati; ma i graminatoggj sono rari e, secondo quanto mi è stato detto, le ambascerie sono molto più frequenti.

Quanto maggiore è l’autorità di l’ambasciadóri altrettanto più grave è la ripulsa che può qualche volta non restare priva di conseguenze (159).

(159). Un tempo si usava dare il segno di ripulsa esponendo sulla porta della ragazza un coggju (la pelle di capo vaccino od ovino). Dell’uso non rimane più traccia se non nel ricordo dei più vecchi e nella frase l’ha (oppure l’hani) datu lu coggju (gli ha – o gli hanno dato – il cuoio) per dire che la richiesta di un giovane è stata respinta dalla ragazza e dai parenti di essa.

Si facevano un tempo, e raramente ora, scherzi o serenate: sirinati di strau (di biasimo, di disprezzo) sia ai giovani, sia alle ragazze (160).

(160). Riporto un esempio di sirinata di strau favoritami dal Prof. Francesco Marielli,

Si cu mécu o sènza me
Se con me o senza me
Sigura pói drummì
Sicura puoi dormire
Nemmancu éu àggju a paldì
Nemmeno io perderò
Assai sònnu pa te
Assai sonno per te
L’agnulu tu più no sei
L’angelo tu più non sei
Chi strignía lu mé pèttu
Che stringevo al mio petto
Chi strignía a lu mé córi
Che stringevo al mio cuore
Più non sei lu mé amóri
Più non sei il mio amore

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