Commercianti e viandanti

di Vittorio Angius – a cura di Guido Rombi

Commercio di esportazione. Si vende molto bestiame grosso e minuto ai corsi, e la maggior parte si esporta clandestinamente dagli scali della Cruzitta, dello Strettone, dei Cannelli, di Monterosso, della Ficaccia e di Curighena, dal Capo dell’Orso, e da Arzachena.

I negozianti di bestiame corsi vengono senza passaporto e, fatto il contratto, stabilito il punto per la fumata e l’insenatura in cui si fa il caricamento, se ne ritornano ed aspettano l’avviso, guardando al comparire della prima stella se nel luogo indicato appaia il segno.

I formaggi si portano a Terranova (Olbia), Posada, Castelsardo e Sassari, e una parte si manda in Corsica senza farlo passare alla dogana, come pure si usa fare per pelli, cuoi, ed un poco di grano.

Gli ilvesi (abitanti della Maddalena) danno la mano ai pastori dell’Unale e praticano il commercio clandestino nel porto di Cannigione e in Cugnana. Fanno anche affari in Oviddè.

I longonesi (santateresini), che per la gran parte sono corsi, esercitano spesso il contrabbando e può dirsi che siano gli intermediari di tale commercio. E questo non solo nuoce alle finanze, ma pure alle proprietà private, giacché troppo spesso avviene che si esporti molto bestiame rubato in Gallura e nei dipartimenti di Montacuto e Anglona.

I galluresi vendono pure pelli e cuoi conciate, lardo, prosciutto ed altri salami, cera grezza e lavorata, tele, albagio, vino e acquavite, sugheri, erbalana, ecc.

Guadagnano dai capi vivi scudi sardi 39000, dai formaggi 30000, dalle pelli e cuoi 1600, dalla cera 600, dal grano 2000, dal vino ed acquavite 10000, dai sugheri 10000, dall’erbalana 2000, e circa 8000 dalle tele e dai panni.

Pertanto il ricavo che ricevono i galluresi nel commercio cogli stranieri, computando con i generi suddetti il guadagno di alcuni altri articoli, non si può immaginare maggiore di 110,000 scudi sardi.

Circa 200 viandanti tempiesi sono soliti girare per il regno a cavallo con carichi di vino, acquavite, panni di lana e lino, cera, miele, pelli, ecc.

Nella vendita del vino e dell’acquavite nei dipartimenti vicini sono occupati anche i lurisinchi mentre le loro donne viaggiano spesso a Tempio per vendere le loro derrate: donne laboriosissime, che filano anche per le vie e nelle contrade mentre portano sulla testa il peso delle cose da vendere.

Commercio di importazione. [I galluresi] comprano dalla Corsica quasi sempre in contrabbando, e dagli stranieri che approdano nella Maddalena panni, tele bianche e dipinte, sete, fazzoletti, pelli e cuoi di Francia, generi coloniali, pesci secchi, tavole, castagne, arme, polvere da fuoco e tabacco; da Sassari molti dei suddetti generi, e in più ferro e acciaio; e dal Logudoro e da altre parti olio, grano, legumi, lino, lane, vino, nei quali articoli forse spendono circa 60000 scudi.

Fiere. Se ne fanno due sole e di poca importanza, una a Tempio per san Paolo primo eremita, l’altra a Calangianus per il beato Lorenzo in settembre.

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