LURAS (1841) di Vittorio Angius

a cura di Guido Rombi

NOTA. Altre informazioni su Luras e i suoi abitanti sono alla voce Gallura, cui si fa necessariamente rimando.

Per la versione originale:

LURAS, anche detta Lauras, paese della Sardegna nella provincia e prefettura di Tempio, compreso nel dipartimento Gemini dell’antico regno di Gallura (vedi articolo Gallura, fasc. 25).

Geomorfologia e clima. La sua situazione geografica è 40°56’30” nella latitudine, e 0°3′ nella longitudine orientale di Cagliari. Siede sopra l’altipiano di Tempio, in esposizione a tutti i venti, in un suolo secco, dove il freddo domina sul caldo, piove spesso, e anche la neve è frequente. L’aria è molto salubre.

Gli abitanti sono frequentemente soggetti a malattie polmonari e a febbri periodiche, contratte in altri siti.

Il territorio di Luras è molto esteso e quasi in tutte le parti montuoso, sebbene non manchino spazi larghi e piani.

Tra le vette la più notevole è quella che dicono Serra de Canahini, dalla cui sommità si ha una grande vista del territorio e di questo paese pittoresco. Le rocce sono graniti di molte varietà.

Vi sono qua e là caverne (concas) naturali, dove i pastori e i coloni si ricoverano nelle

inclemenze atmosferiche. Le più considerevoli sono Sa conca de Pabadalzu, Sa conca de Monti-lvu, Sa conca de Valeri, Sa conca de Juanne Porcu.

Le selve e i boschi coprono tutte le zone non coltivabili. La sughera, il leccio e l’ulivastro sono le specie comuni, sebbene non curate tanto che le fronde intrecciate dei rami arrivano fino a terra. I peri selvatici, dei quali si cibano molto i porci, sono numerosi.

Le zone dove predomina l’olivastro e il pero sono nella cussorgia di Carana, e nei territori verso nord-est. Tra i grandi olivastri del Carana è molto notevole quello che si vede a 50 passi dalla chiesa campestre di San Bartolomeo presso le rovine dell’antica terra di Carana. Otto uomini non cingerebbero il suo tronco, pur aprendo al massimo le braccia; e tanto sono frondosi i suoi rami che la pioggia fatica a penetrarvi.

La parte più bassa del tronco misura 56 palmi sardi, 43 un po’ più sopra.

Acque. Le fonti sono frequentissime in tutte le parti del territorio, limpide e salubri le loro acque; quindi sono molti i ruscelli che irrigano le bellissime valli. I più considerevoli sono Sa bena o vena de Silonis, Sa ena de Carana, Sa ena de pische, Sa ena de Ludinosu, Sa ena de Terrabella, Sa ena de Morighentis, Sa ena dess’esca, Sa ena de Buscione, Su riu de Molineddu.

Scorre in questo territorio il maggior fiume della Gallura superiore, il Carana, tra sponde incantevoli, ricco di trote e anguille, ed esce da queste regioni più grosso di quanto vi era entrato per i tanti tributi perenni che vi riceve, ai quali si debbono aggiungere nella parte superiore il fiume di Coxigana, a metà corso quello di Manisfaladis, e nella parte inferiore il Riu Pedrosu. Quando piove molto straripano facilmente per la poca capacità del letto e danneggiano le coltivazioni.

Non pochi lurisinchi si dedicano alla pesca e ottengono un considerevole profitto vendendo nei paesi vicini e a Tempio, e il guadagno sarebbe maggiore se si cessasse dal mal vezzo di infettare le acque con la tassia.

Gli animali selvatici che più abbondano in questo territorio sono i cinghiali, le lepri e le volpi; e queste sono molto odiate dai pastori per la strage continua che fanno delle greggi.

Nei volatili le specie più diffuse sono le pernici, i merli, i tordi, le gazze e in quantità enorme i passeri. I fiumi sono frequentati da varie specie di uccelli acquatici.

Popolazione. Nell’articolo Gallura, in riferimento all’anno 1837 si erano indicate 172 famiglie presenti in paese con 850 persone, e in quelle degli stazzi 696 persone; in totale 259 famiglie e individui 1546. Da allora ad oggi, in questo 1842, ci sarà qualche variazione; ma non mi è nota, sebbene è probabile ritenerla ogni giorno in crescita. Bisogna essere in quei paesi per poter calcolare con precisione tutti i numeri statistici. I censimenti parrocchiali sono imperfettissimi e qualche volta fittizi.

Nei funerali degli adulti si fa il compianto con solenne mestizia, mentre le cantanti vestite a lutto, con velo bruno e la faccia circondata da una candida pezzuola nella foggia delle monache, disposte presso il feretro tra le parenti del defunto che versano lacrime di sincero dolore, esercitano il loro ingegno poetico encomiando in versi sciolti le belle qualità dell’estinto o dei suoi cari.

Col miglioramento dell’istruzione religiosa gli spiriti vanno liberandosi delle opinioni sbagliate e vanno anche moderandosi le forti passioni di quegli uomini irritabili. Lo spirito della vendetta comincia a venir meno, via via che si fa strada la fiducia e il dovuto rispetto verso coloro che sono preposti all’amministrazione della giustizia, e quando il giusto diritto trionfa, la vendetta resta appannaggio solo di uomini furiosi e brutali. Una maggior presenza dello Stato accelererebbe l’educazione di questi montanari.

Le danze col coro di quattro voci, il titolo a bersaglio e le gare degli improvvisatori sono gli svaghi più comuni.

Tra le famiglie conviventi, eccettuate quelle dei preti, dei maggiori proprietari e di quelli che si esercitano in qualche professione liberale, le altre sono addette all’agricoltura o all’artigianato. C’è un gran numero di fabbri-ferrari, e non pochi falegnami, quindi alcuni muratori, scarpari ecc. I fabbri mettono in commercio le loro manifatture.

I lurisinchi sono gente laboriosa. Seminano il campo, coltivano la vigna e, quando non sono impegnati nelle opere agrarie, allora commerciano e lavorano come conducenti e trasportatori.

Sono del pari operose le donne. Tessono la tela e il panno forese (l’orbace) per i propri bisogni e per il commercio, vendendone in quantità agli uomini d’Anglona, di Monti e di altri dipartimenti, e quando vanno o ai propri campi o nei vicini paesi non lasciano mai la rocca, e filano sempre, o passeggiando per le contrade e le piazze, o quando si fermano e parlano con qualcuno, senza mostrarsi impicciate del peso del canestro che pieno di qualche prodotto portano sul capo.

Alla scuola primaria sono iscritti circa venti fanciulli, dei quali spesso si loda l’istruzione. Molti uscendo da questo primo insegnamento passavano a imparare la grammatica latina, ed anche le belle lettere, in una scuola gratuita che si avrebbe voluto perpetuata.

Nel paese alcune contrade sono pavimentate, alcune piazze sono piuttosto pulite e molte case belline. Il circondario appare molto grazioso principalmente nella parte dove verdeggia il suo vastissimo vigneto verso Calangianus.

La vista è molto bella anche nelle altre parti della pianura intersecata da valli ben irrigate e ricche d’una superba vegetazione.

Agricoltura. I lurisinchi si ingegnano nella cultura dei cereali, e tanto l’hanno ampliata che, mancando oramai nel proprio territorio siti idonei, vanno in altri territori per seminare quei tratti che i proprietari lasciano incolti. Essi ora si dolgono che i vasti campi di Arzachena per sbagliato consiglio d’un sindaco siano passati nelle disponibilità di uomini tempiesi; ma forse, con un po’ più di conoscenza e mestiere, potrebbero amplificare le superficie cereali dell’attuale circoscrizione che potrebbe bastare a una popolazione dieci volte maggiore.

Le zone cereali o vidazzoni sono tre, nelle quali alternativamente si semina in ogni triennio.
Il Lurese in generale è più competente nella coltivazione delle viti e dell’orzo che del frumento. Si sogliono seminare annualmente 500 starelli di grano, ed altrettanti d’orzo. In una piccola parte degli orti si seminano fave, fagioli e ceci; nelle altre si coltivano cavoli, lattughe, cipolle, carciofi, aglio, porri, patate, pomodoro. Il frumento dà ordinariamente il sette per uno, l’orzo il dieci.

Le piante fruttifere più comuni sono peri, susini, pini, fichi, e pomodori, ma non in grande numero.

La vigna prospera meravigliosamente in molte varietà di uve. Il vino bianco riesce in generale dolce e vigoroso, ma forte per chi non è abituato, perché il vino si mescola quasi per metà con la sappa. Poiché nel cuocere il mosto per fare la sappa la quantità del liquido si riduce a meno della sua metà, tuttavia tanta è l’abbondanza dei vini che si possono di continuo riempire molti lambicchi per l’acquavite, e se ne può fare tutto l’anno un grande smercio con Aggius, Bortigiadas, Terranova, La Maddalena, Longone, Oschiri, Ozieri, Tula e i paesi dell’Anglona, perché si reputa comunque migliore di quello che si produce negli altri vigneti di Gallura.

Nel territorio non sono chiusi grandi tratti di terreno, tanto che se si sommassero tutte le aree cinte (le tanche) forse non si raggiungerebbe un miglio quadrato; ma sembra che in futuro tutti i proprietari siano orientati ad avere quei vantaggi di cui godono i padroni delle tanche, sia per la conservazione dei pascoli, sia per certe coltivazioni. Negli anni addietro nelle tanche si introducevano gli animali a pascolo, e mai si seminava, ora si alterna seminagione e pascolo.

Pastorizia. Nell’articolo Gallura, dove annotai le regioni pastorali, sono segnate quelle che appartengono a Luras, e il numero degli stazzi, come sono chiamate le case pastorali disperse nelle medesime, e quanto, come agli altri pastori galluresi, appartiene anche ai lurisinchi.
I numeri ordinari dei capi del bestiame nelle solite specie erano i seguenti nell’anno, nel quale furono da me fatte le necessarie esplorazioni:

Bestiame rude [che non lavora]. Cavalle 150, vacche 1000, pecore 3500, capre 4200, porci 1500.

Bestiame manso [che lavora]. Cavalli 80, buoi 400, giumenti 100, maiali 90.

Il bestiame manso pascola nelle tanche, nelle vigne, con gran nocumento delle medesime.

Commercio. Abbiamo già detto della vendita di vini e acquavite; ad essi si aggiungano i prodotti cereali, formaggi, pelli, cuoi, lane, capi vivi e porci salati, quindi il frutto delle manifatture e altri lavori.

La somma del guadagno potrebbe calcolarsi intorno a lire nuove 30000.

I trasporti sono sempre difficilissimi per le vie malconce, soprattutto presso il paese e spesso interrotte dai fiumi.

Il Carana non ha alcun ponte, cosicché i viaggi sono spesso interrotti, perché non c’è modo di attraversare senza pericolo la gran corrente.

Quando non è in proprio in piena, nei tratti dove l’acqua scorre fra sponde vicine, i pastori le collegano stendendovi delle travi.

Chiese. La parrocchia di Luras è sotto la giurisdizione del vescovo di Civita, ed è governata da un vicario perpetuo con l’assistenza di due o tre sacerdoti, ai quali si aggiunge l’opera di alcuni preti che non hanno cura d’anime.

La chiesa principale, che si vanta come una delle più belle della Gallura, è sotto l’invocazione della SS. Vergine del Rosario: edificio recente a tre navate che fu eretto per cura del sacerdote Giorgio Scano, il quale molto vi contribuì dal proprio.

L’antica parrocchiale, della quale ci sono i resti fuori del paese, era sotto l’invocazione di san Giacomo. Fu distrutta nel 1765 per ordine del vescovo Pietro Paolo Carta, perché in quel sito era molto esposta alle profanazioni.

Le chiese minori sono quattro: l’oratorio di Santa Croce presso la parrocchiale; la cappella di San Giuseppe; quindi la chiesetta di San Pietro, e l’oratorio delle anime purganti.

La principale sacra solennità è per la titolare della parrocchia. Si corre il palio, si fanno fuochi artificiali, pubbliche danze, si disputa tra gli improvvisatori, e si preparano grandi banchetti per onorare gli ospiti che convengono dai vicini paesi.

Nella campagna sono altre quattro chiese.

Nella regione di Silonis, a un’ora e mezza dal paese, c’è San Pietro, fabbrica antica a tre navate; in Canaìli, a due ore, San Michele arcangelo; in Carana, a due ore e mezzo, San Bartolomeo, e nella stessa regione, ma a un miglio più di distanza, San Nicolò. Anche queste tre sono costruzioni antiche, e un tempo chiese parrocchiali delle popolazioni poi estinte.

Il parroco di Luras ha giurisdizione su varie chiese situate in territorio straniero: in San Leonardo, cussorgia di Balaiana; in San Pietro e in Sant’Andrea, cussorgia di Arzachena; in San Costantino ed Elena, cussorgia di Scopetu. La giurisdizione su quelle chiese che si trovano tra rovine di paesi distrutti, indica un fatto storico innegabile: i pochi abitanti che erano rimasti in quei villaggi devastati dalle pestilenze, non volendo restare in quella solitudine, si trasferirono a Luras, e così le antiche parrocchie vennero a essere amministrate dal nuovo loro parroco. I terreni di quei paesi furono in seguito venduti, ma la giurisdizione restò a chi la esercitava già. Una tradizione sempre viva vuole che i cittadini di Arzachena, dovendo lasciare la terra patria probabilmente per le infestazioni dei saraceni nel golfo omonimo, si ritirassero in Luras.

In queste chiese rurali si celebra tutti gli anni la festa del titolare, come si è raccontato nell’articolo sulla Gallura, a cui occorre fare riferimento per vedere le consuetudini tipiche. A dire il vero sono piuttosto sollazzi che altro, ad eccezione però di quelli che ci vanno per voto, e che stando nella chiesa non prendono alcuna parte ai soliti divertimenti.

Antichità. Sopravvivono ancora in questo territorio sei nuraghi che i luresi storpiano pronunziando runaghe. Sono indicati coi nomi del sito: Runaghe de sa minda de Nughes, Runaghe de sa Palea, che aveva intorno altre mura nuragiche, Runaghe de Baddighe, Runagone, Runagheddu,

Runaghe de Cattari. Presso il Nuragheddu si vede un arco di pietre, e nel suo mezzo una grande lapide alta e larga circa due metri denominata “Sa pedra fitta”.

Si vedono in altri siti non molto distanti dal paese simili monumenti, che qui sono chiamati sepulturas de Paladinos: piccole gallerie formate da due mura nuragiche, larghe a volte un metro, altre più, e lunghe a volte 4, altre 6, sebbene non intere, e coperte da enormi lapidi lunghe fino 5 metri, larghe 3,50, e spesse 0,80.

I lurisinchi non credono che la forza degli uomini comuni potesse comporle e sognano giganti che seppellivano altri giganti.

Degli antichi paesi, ora abbandonati, che sono nel dipartimento Gemini, abbiamo scritto nell’articolo Gallura; ora indichiamo quelli che sono compresi nel Lurese: Silonis, Astaina, Canaìli, Carana, e un altro nella regione di Carana di cui è ignorato il nome.

Castello di San Leonardo o di Balaiana. Si veda l’articolo Gallura (voce curatoria di Balaiana), dove c’è la descrizione di questa rocca.

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