SARDEGNA E CORSICA

di Giovanni Bognetti

[Presidente del Touring Club e condirettore responsabile della Rivista]

FOTO DI VITTORIO SELLA

in

Rivista mensile del TOURING CLUB ITALIANO ⇒

Settembre 1929

Porto Conte, di Vittorio Sella

Porto Conte e le sue torri antiche dalla strada per Alghero

Il 15 settembre del 1918, sugli Altipiani, poco prima che l’Esercito italiano scattasse per l’ultima volta dalle trincee per non arrestarsi se non oltre i ricuperati confini, una semplice ma commovente cerimonia si svolgeva al fronte, presso il comando della Brigata Sassari.

L.V. Bertarelli, appena condotto a termine il lavoro per la Guida della Sardegna, lavoro compiuto in difficilissime condizioni, ne aveva fatto comporre e rilegare, col concorso finanziario di una delle grandi Banche, una speciale edizione destinata agli Ufficiali e ai Soldati dell’eroica brigata, il cui nome era stato, nei lunghi anni della guerra, di terrore al nemico, di ammirazione e di orgoglio agli Italiani. Che meravigliosi fanti quelli che l’Isola aveva espresso dal suo duro seno, per mandarli alla difesa del Piave e all’assalto vittorioso! A loro parlò il Presidente del Touring, commentando la dedica che aveva premesso al volume, e quella speciale per gli ufficiali e i soldati della Brigata, che si conchiudeva così: «Nella insurrezione del mondo contro la barbarie provocatrice, nella prova meravigliosa dell’Italia, sublime il tuo impeto, o Brigata Sassari! Veglia un Eroe a Caprera. Mille altri eroici militi gli formano ora d’intorno una legione immortale».

La commozione dell’oratore si diffuse tra quegli intrepidi.

Bertarelli tornò alla Sardegna, a guerra finita: vi tornò per ritrarre in un libro dal titolo biblico «Terra promessa» le opere di bonifica che si svolgevano colà, come a Coltano e a Licola, per opera dell’Associazione Nazionale dei Combattenti. E vide poi l’iniziarsi e lo svolgersi di tutto quel programma di rinnovamento, di cui l’Italia era debitrice alla generosa e fin allora trascurata isola e volle che i suoi Consoci del Touring vi si recassero, per conoscerla e per renderle omaggio: onde l’Escursione Nazionale indetta dal nostro Sodalizio nel maggio 1921 e che ha lasciato, in quanti vi parteciparono, ricordi incancellabili.

Bastioni di Alghero, di Vittorio Sella

Quella prima edizione della Guida, nata in tempi eroici (le ultime migliaia di copie si distribuivano nei giorni dell’armistizio), appariva dunque ora fortemente e, possiamo aggiungere, felicemente arretrata perché non poteva tener conto di tutto quello che la rinnovata coscienza italiana ha compiuto e va compiendo nell’ordinamento stradale, nelle vaste opere di bonifica, nella messa in valore del patrimonio idrico e minerario, in ogni campo della vita economica e spirituale dell’Isola. Questa forma la parte propriamente originale della nuova edizione: ma l’occasione fu colta per sottoporre ad accuratissima revisione tutto il testo primitivo ed aggiornarlo e perfezionarlo in ogni sua parte, non esclusa la cartografia e soprattutto quello Sguardo d’insieme che è sempre una raccolta sintetica ma ricca di nozioni interessantissime: tanto che, proprio di questi giorni, un egregio professore di una scuola media superiore di Bologna ci manifestava il vivissimo desiderio che venissero raccolti in un solo volume tutti gli «Sguardi d’insieme delle singole parti della Guida (fot. cav, uff. V. Sella, Biella) ciò che avrebbe formato, a suo dire, un testo prezioso per le scuole nello studio della geografia d’Italia.

Fra le tante cose cresciute vertiginosamente in Italia in questi ultimi anni, c’è l’escursionismo, a cui si dedicano ormai con passione non soltanto piccole aristocrazie di intellettuali, ma ampie e sempre crescenti masse. Si offre ad esse un bellissimo campo in questa Sardegna, così varia nei suoi aspetti, così caratteristica nella sua gente, così originale nei suoi costumi: la Sardegna che bisogna sempre più avvicinare (e ora vi concorre felicemente anche l’aviazione) al resto d’Italia.

Sull'altipiano di Campeda, di Vittorio Sella
Grotte di Nettuno, di Vittorio Sella
Sulla strada dell'altipiano basaltico di Orosei, di Vittorio Sella

Un’altra meta additiamo al turismo italiano: quella a cui appresta valido strumento la seconda parte del volume, dedicata alla Corsica. Questa non costituisce un ampliamento del programma originario della nostra Guida, che già comprendeva, oltre ai paesi appartenenti politicamente all’Italia anche gli altri di nazionalità italiana: e, di fatti, nel primo volume fu inclusa la descrizione del Canton Ticino. Il programma non poté subito essere totalmente attuato perché la guerra sopraggiunta rese già difficile di aver collaborazioni nell’interno del Regno: ma l’integrazione che non si poté compiere allora venne rimandata a quando si sarebbero fatte nuove edizioni di Guide delle regioni contigue.

Così, rifacendo la «Guida della Sicilia», abbiamo aggiunto l’Arcipelago Maltese e a suo tempo, cioè ben presto, pubblicheremo la «Guida delle città adriatiche e delle isole del la Dalmazia», o aggiungendola al terzo volume della «Guida delle Venezie» o facendone un quarto, se così consiglieranno criteri di distribuzione.

Intanto, come avevamo incluso nella Carta al 250.000, fino dal 1912, il foglio (25 bis) della Corsica, e l’abbiamo poi incluso nell’Atlante stradale, così ora ne diamo una Guida che, se non ci fa velo l’illusione, non è punto inferiore a quelle, non italiane, già diffuse; e, in ogni modo, ha carattere originale perché non informata al tipo delle preesistenti, bensì concepita secondo i criteri a cui si ispirano le altre parti della nostra lodata serie.

Il vecchio porto di Bastia, di A. Tomasi

La Corsica è, diversamente ma non meno della Sardegna, ricchissima di attrattive turistiche. Paese essenzialmente montuoso, offre all’alpinista provetto un campo di scoperte che gli permettono di legare il suo nome a nuove vie e a vette non ancor segnate negli annali delle ascensioni; e all’alpinista-turista non difficili né faticose salite, ma di grande rendimento perché i panorami verso l’interno quelli che hanno per sfondo il mare sono di bellezza non facilmente superabile.

Coloro che sdegnano la montagna troppo addomesticata, gli alberghi troppo inciviliti, i rifugi troppo somiglianti agli alberghi, quelli che amano il semplice e il primitivo, lontano dalle vie battute, trovano ancora nella Corsica il modo di appagare i loro gusti elementari. Dovranno spesso accontentarsi, ma per questo appunto saranno contenti, di riposare come i primi scalatori delle nostre Alpi in capanne da pastori, dove tuttavia saranno certi di trovare povera ma cordiale ospitalità, quando non preferiscano di valersi delle risorse dei nomadi, caricandosi sulle spalle la loro smontabile tenda.

E, se non troveranno guide patentate e tariffate, sarà pur sempre agevole per loro il procurarsi la compagnia di qualche perfetto conoscitore, fra gli indigeni della montagna, la cui conversazione può offrire tanti spunti e rivelare, a ritroso dei secoli, l’anima degli isolani.

Ma, se abbiamo cominciato dall’alpinismo, in omaggio alla conformazione prevalentemente orografica del paese, riconosciamo di essere caduti in una inversione d’ordine: è dal mare che si doveva cominciare, dal mare su cui sono tracciate le vie d’accesso, da qualunque parte il viaggiatore giunga all’isola, s’egli non è abbastanza secolo XX» da preferire la via aerea; nel qual caso (e speriamo ancora per poco tempo) gli sarà necessario di partir da Marsiglia.

Il mare può offrire incantevoli godimenti anche senza toccar l’isola, ma semplicemente facendone il periplo. Godimenti aristocratici, riservati a chi possa disporre di un motoscafo o di un yacht. Ma chi debba ricorrere ai mezzi ordinari potrà almeno valersi del servizio costiero di piroscafi, che unisce i porti di Ajaccio, Propriano, Bonifacio, Porto Vecchio. E se, per qualche congenita incompatibilità con Nettuno, divinità che patisce delle antipatie e le sfoga sui malcapitati che ne sono l’oggetto, non volesse aver a che fare con lui se non per il breve tratto che separa il nostro continente dall’isola o il brevissimo che la separa dalla Sardegna, egli potrà sempre per le vie interne godere degli spettacoli che offrono, raccolti nei loro tranquilli golfi e dominanti sulle azzurre baie, le città di Calvi, di Ajaccio, di Bonifacio; oltre a quella di Bastia a cui avrà approdato venendo da Livorno.

Analogamente, per visitare l’isola, se vi avrà fatto giungere un suo automezzo (vetturetta o motocicletta, o magari bicicletta che sarebbe l’ideale per veder bene, ma le strade son tutte un su e giù e le pendenze qualche volta terribilmente forti) avrà il piacere di combinarsi un proprio itinerario o di seguire quello, molto studiato e vario che la Guida gli insegna a percorrere in sedici giorni: cosa d’altronde perfettamente possibile anche a chi non sia iscritto al Pubblico Registro Automobilistico come possessore di automobile, perché in Corsica se ne trovano da noleggio a condizioni molto convenienti.

Corte, di A. Tomasi

E per chi deve curare ancor più l’economia, ferrovie e automezzi pubblici sono a sua disposizione, i secondi migliori delle prime; e anche per questi la guida traccia degli itinerari, l’uno di dieci e l’altro di venti giorni, che lo tolgono dal pericolo di commettere delle involontarie dimenticanze nel combinare il suo piano di viaggio. Sarebbero tra queste poco men che imperdonabili, oltre a quelle delle città marittime su ricordate, l’escursione ad Isola Rossa (che non è un’isola) e a Belgodere, a Corte, il giro del Capo Corso, il giro delle Calanche. Per quest’ultimo, il mezzo che consiglia la Guida è il più semplice e primitivo: percorrerlo a piedi, per goderne i mutabili ma sempre magnifici aspetti, così come sono ritratti in iscorcio da questo passo del nostro volume:

«La strada è tagliata nella roccia che si eleva ai lati e precipita in basso con blocchi, pinnacoli, guglie, spuntoni, speroni, contrafforti, dagli aspetti e dai profili più svariati e più singolari. Il colore che domina è il rosso sanguigno del granito, che armonizza stupendamente con l’azzurro cupo del mare, con quello più chiaro del cielo, con il verde dei pini e degli arbusti che qua e là spuntano. dalle fessure della roccia. Le forme si direbbero create da una inesauribile fantasia: gli elementi hanno modellato, scavato, tagliuzzato, arrotondato la pietra, così da ricavarne profili, piani, gruppi curiosissimi ed impensati. Prevale in genere la forma della piramide e della guglia, ora tozza, ora slanciata e appuntita, ora formata di un solo blocco, ora composta di massi minori sovrapposti, squadrati od oblunghi, cilindrici od informi; le superfici sono di rado piane, più spesso ricurve, talora a strati orizzontali, talora incise da fenditure in ogni senso, rigonfie e arrotondate oppure rientranti a guisa di nicchia, a volte ricadenti in pieghe come una cortina.

Qua e là cumuli di blocchi d’ogni forma e d’ogni misura, stranamente accatastati, fanno pensare agli avanzi di una grande rovina. Lunghi contrafforti, dalle creste tormentate ed aguzze, scendono al mare, ove l’acqua, penetrando e rimbalzando fra i massi, si colora della tinta rossa del granito. Le luci diverse secondo le diverse ore della giornata conferiscono al paesaggio mutevoli apparenze e offrono spettacoli sempre nuovi. Il tramonto del sole origina colorazioni meravigliose; al lume di luna le forme delle rocce assumono aspetti fantastici, creano paesaggi irreali».

Corte, di A. Tomasi

Si tratta di un percorso di due chilometri, possibile a qualunque modesto passeggiatore. Del resto la Corsica, a volerla ben visitare, esige questo contributo personale dal viaggiatore: perché, quantunque molte siano le strade che la intersecano, accessibili alle automobili, molte sono anche quelle che non possono essere percorse se non in vettura, o a cavallo, o a piedi, ed esse conducono a luoghi di tal bellezza da compensare largamente il tempo e il disagio. Mettiamo tra queste non sempre facilmente raggiungibili attrattive, le grotte e le rocche così numerose e così pittoresche.

Ma ci si può affidare semplicemente al servizio automobilistico della P. L. M. (Paris-Lyon-Méditerranée) per godere il tracciato della carrozzabile che da Eviso conduce alla strada Ponte Leccia-Corte, una delle più interessanti della Corsica, perché attraversa la foresta di Aitone, che si estende per circa 1700 ettari e poi quella di Valdoniello, di circa 4368: maestose entrambe soprattutto per le fitte piantagioni di pini della Corsica, la conifera caratteristica dell’isola; e si svolge poi nella gola chiamata la Scala di Santa Regina» dal nome del sentiero faticoso e difficile che, prima della costruzione della carrozzabile l’attraversava e del quale si scorge ancora il tracciato qua e là.

«La strada si svolge a poca altezza sul letto del fiume, ora scavata nella roccia, ora sostenuta da archi e muraglioni, dominata da pareti a picco o da massi enormi, fantasticamente accatastati, ove qualche raro albero mette una nota di verde fra il grigio della pietra. Il tracciato della carrozzabile è tortuosissimo e segue, insieme con il fiume, tutti i meandri della valle, con viste ad ogni istante nuove, se pur simili fra loro, mentre continua l’impressione di trovarsi chiusi d’ogni intorno in una gola senza uscita.

La roccia domina, strapiomba, urge da ogni parte; discende fin nell’alveo del fiume, che in molti punti la erode di sotto; sporge, rigonfia od aguzza, dalle scarpate che sostengono la strada e talora si innalza sulla destra di questa con massi e spuntoni.

La solitudine, l’assenza totale di abitazioni, la scarsità dei viandanti aumentano l’impressione quasi angosciosa che la lunghezza di questa gola, sempre ugualmente grandiosa e desolata, finisce per produrre in chi la percorre».

Ma lo spazio non consente, non che di seguire, neppur di segnalare tutti gli itinerari descritti dalla Guida; sono quindici e ognuno di essi presenta delle attrattive che il più spesso sono costituite dallo spettacolo naturale, ma moltissime volte anche da monumenti d’arte o di storia, senza contare quel tanto di ricordi napoleonici che ovunque s’incontrano, ma soprattutto in questa che fu la culla dei Buonaparte, hanno sempre un potere suggestivo.

Però, a chi voglia leggere chiaro in codesti tre volumi delle bellezze naturali, della storia e dell’arte in Corsica sarà, più che utile, indispensabile conoscer prima quello Sguardo d’assieme a cui ho già accennato a proposito della Guida della Sardegna.

Isole di Ajaccio

Esso ha importanza per tutte le altre regioni, ma specialmente per questa, dove tocca magistralmente e dilettevolmente di quel che la Corsica è per l’opera della Natura e di quel che è divenuta per l’opera degli uomini.

Studiosi del valore di Carlo Aru, soprintendente ai Monumenti della Sardegna, che compì per il Touring un apposito giro di ricognizione a integrazione dei suoi studi sull’arte in Corsica; storici della fama di Arrigo Solmi e di Gioachino Volpe, che concorsero nel darci un sommario palpitante delle vicende di quest’isola che, come la Sicilia e la Sardegna, è quasi un ponte attraverso cui i potentati stranieri avanzano alla conquista dell’Italia»; e Giotto Dainelli, che tracciò con la sua mano sicura e sperimentata le caratteristiche fisiche», ci fanno tutti avvertiti che, se credevamo di sapere con qualche esattezza dell’Isola, eravamo in inganno, perché molte delle cose da questi autori dette, le ignoravamo: parlo per novantanove su cento dei lettori, e naturalmente sono uno dei novantanove.

La Corsica dista dalla costa della Toscana, in linea retta ottantadue chilometri (meno che la metà di quel che disti dalla costa francese) e fra la Corsica e l’Elba non ci sono che cinquanta chilometri: non diciamo poi della Sardegna, a cui è congiunta dalle strette bocche di Bonifacio. E i mezzi di comunicazione sono facili, frequenti ed economici. Da Livorno parte ogni settimana un piroscafo italiano alla volta di Bastia e un altro, pure settimanale, congiunge i due porti per cura di una Società di navigazione francese.

Tra la Sardegna e la Corsica il servizio è giornaliero, nei giorni feriali. L’ospitalità in Corsica è tutt’altro che cara: la nostra lingua vi è intesa ovunque, i segni della nostra nazionalità ci sono, pure ovunque, quasi un permanente invito a riconoscerli, ammirarli, studiarli.

Eppure, non sono molti fra i nostri connazionali quelli che hanno visitato la Corsica. Perché? In una pagina di Alfonso Karr si descrive una capra legata a un palo in mezzo a un prato. L’innocente cornigera fa degli sforzi per raggiungere l’erba di là da quel circolo che le è consentito dalla corda che la tiene avvinta al palo. Per brucarla par non senta che minaccia di soffocare. Ebbene, erba non meno fresca e nutriente è li distesa ai suoi piedi ed essa non avrebbe che a curvar la testa per falciarla a tutto suo agio.

L’apologo di Alfonso Karr si può applicare in genere a una quantità di turisti, per cui pare sia bello soltanto ciò che è lontano e difficile e costoso da conquistare. Forse per questo pochi Italiani vanno in Corsica, anche di quelli che vantano le loro escursioni nelle regioni iperboree o nell’estremo oriente o almeno di là dall’Atlantico.

Amici turisti, leggete la Guida che è stata scritta per voi e poi andrete a vedere la Corsica. Ci sono troppe ragioni perché noi italiani sentiamo il desiderio di conoscerla e anche di amarla.

Corsica, colle di Bavella, di A. Tomasi

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