Storia della popolazione

Demografica statica   link

di Silla Lissia

Dalla Presentazione di Guido Rombi

Il paragrafo è una rassegna dettagliata della composizione della popolazione gallurese in base all’età (la durata media della vita era di 30 anni nel 1862-65, e di 42 anni nel 1903), al sesso, al tasso di analfabetismo, ai matrimoni, alle nascite e ai morti: sono interessanti al proposito le note sui mesi in cui ci sposava di più (ottobre) o per nulla (agosto), le riflessioni sui figli illegittimi e sulla mortalità infantile (ci dice addirittura quale fosse la percentuale dei bambini che morivano entro l’anno di vita, e quanti tra 1 e 5 anni). Tali dati e percentuali vengono poi considerati in rapporto alla distribuzione della popolazione nelle campagne o nei piccoli agglomerati urbani.

Secondo il censimento del 1901 la popolazione presente oggi in Gallura è di 42143 abitanti, così composta: maschi 23105, di cui analfabeti 13384, celibi 15625, coniugati 6569, vedovi 911; femmine 19038, di cui analfabete 9931, nubili 11153, coniugate 6053, vedove 1632.

La densità di popolazione è di 21 per kmq.

Secondo l’età abbiamo:

0-5 anni

2923 maschi

2856 femmine

6-10

2372

2332

11-15

2370

2191

16-20

2478

2646

21-30

4762

2883

31-40

3146

2277

41-50

2174

1563

51-60

1577

1253

61-70

902

793

71-80

316

335

81-90

75

93

91-100

9

17

L’eccedenza totale dei maschi sulle femmine è di 4067 ed era di 758 nel 1857.

Questa eccedenza, piccola nei primi venti anni della vita, diventa grandissima tra i venti ed i cinquanta, e dai cinquanta in su va attenuandosi fino a diventare eccedenza femminile dai settantuno in su. Vale a dire che nei primi sessant’anni di vita muoiono più donne che uomini, perché la differenza iniziale tra maschi e femmine è di 33, e questa differenza si mantiene ancora piccola nei primi vent’anni ma sale a 1859 dai 21-30 anni, a 869 dai 31-40, a 611 dai 51-60.

Non è facile trovare la ragione di queste differenze, specialmente in un’età in cui l’uomo è più esposto alle fatiche fisiche e morali, se non in una minore resistenza fisiologica delle donne, minore resistenza determinata in massima parte dalla maternità. Perché in generale da noi la donna non partecipa o assai scarsamente ai lavori maschili e gravosi, essendo il suo ufficio limitato alle faccende domestiche.

Ed è difatti il periodo della fecondità dai 20 ai 50 anni quello che dà un maggior contingente di mortalità. Superato questo periodo la differenza va attenuandosi in favore della donna, fino a diventare un vantaggio positivo della donna su l’uomo. E ciò significa che l’uomo deve continuare a faticare fisicamente e moralmente fino alla più tarda età, mentre la donna, superato il periodo di maggior debolezza della fecondità, entra in uno stato di relativo riposo e diventa più resistente anche per una specie di selezione compiutasi negli anni precedenti.

L’analfabetismo è del 54%: la cifra non è bassa, ma pure è confortante, date le condizioni geografiche della popolazione, di fronte a quella del 1857, che era del 90%. In 43 anni l’analfabetismo si è ridotto di quasi la metà, e noi ne vedremo le ragioni particolari più avanti quando parleremo dell’istruzione. È confortevole però la lieve differenza d’alfabetismo tra maschi e femmine, perché diversa è l’educazione impartita da una donna ignorante e da una donna istruita. So benissimo che alfabetismo non vuol dire istruzione sufficiente e tanto meno educazione sociale compiuta; ma ad ogni modo la donna che sa leggere e scrivere guarderà la scuola con occhio più benevolo e curerà l’istruzione dei propri figli con maggior attaccamento che non la donna ignorante.

Grande è la sproporzione tra celibi e nubili, e questa sproporzione si fa anche più grave se si confronta il numero dei celibi tra i 22-40 anni con quello delle nubili dai 18-30 anni. Di fronte a 5759 celibi abbiamo appena 1928 ragazze, e di fronte a 359 nubili che hanno oltrepassato il 40 anno di età, e che quindi hanno perduto ogni speranza di matrimonio, si trovano 1432 uomini che hanno oltrepassato il 50° anno d’età, e che non passeranno più a matrimonio. La differenza totale tra maschi e femmine si riduce di fronte al matrimonio di tre quarti: ciò dimostra che l’uomo aspetta molto tempo prima di passare a matrimonio, per le esigenze della vita matrimoniale rese più gravi dalla difficoltà dei tempi.

Ora dobbiamo studiare la popolazione gallurese nei suoi tre momenti culminanti della vita: nei matrimoni, nelle nascite e nelle morti. Il maggior numero dei matrimoni si compie fra celibi e nubili e sono scarsissimi quelli tra celibi e vedove, e viceversa, e quelli fra vedovi e vedove. È segno questo, come dice il Groppali[1], che una certa luce di poesia irradia ancora gli sponsali umani e che non tutto è calcolo e sordido interesse. Però il numero dei matrimoni va diminuendo dal 1890 a questa parte di oltre 9 per ogni mille abitanti nel triennio 1890-92 ed è di 7 nel triennio 1898-1900. Questa diminuzione è la conseguenza della cresciuta miseria del paese, per cui l’uomo si indugia più volentieri e più a lungo nella vita scapola, anzi che affrettarsi a metter su una famiglia alla quale non saprebbe più tardi provvedere degnamente.

L’azione meteorica ed economica delle stagioni esercita una influenza abbastanza manifesta sulla celebrazione dei matrimoni: la maggior parte dei quali si compie nella primavera tra aprile e giugno, ed in autunno tra settembre e novembre. Il massimo numero si celebra in ottobre e poi in ordine decrescente in settembre, maggio, giugno, novembre, aprile, luglio, dicembre, febbraio, gennaio, marzo, agosto. Vale a dire che l’amore si eccita con la certezza dall’avvenire come accade dopo il raccolto nei mesi di settembre e di ottobre, e coi tepori della stagione primaverile, in cui tutti gli organismi sono chiamati al tripudio dell’amore e della vita. In agosto solo di rado si celebra qualche matrimonio, perché v’ha presso di noi il pregiudizio che coloro che si sposano in questo mese hanno vita breve e travagliosa.

Per gli uomini il passaggio dalla vita scapola alla vita coniugale accade più frequentemente tra i 20-30 anni i due terzi degli sposi hanno infatti quest’età, mentre le donne si sposano più frequentemente fra i 18,25 (anni oltre due terzi delle spose hanno quest’età. Dai 30 anni in su gli uomini si sposano ancora in proporzione discreta, mentre le donne trovano marito difficilmente oltre i 25 anni appena un nono delle spose ha un’età fra i 25-30, ed un ottavo fra i 30-40. Quest’ultimo aumento è dato dalle vedove che si rimaritano. Mentre quindi per l’uomo cominciano a maturarsi le condizioni per il matrimonio, cominciano per la donna a passare le probabilità di esso; e mentre all’uomo si apre un periodo di vita fecondo e radioso, per la donna comincia ad apparire sull’orizzonte della vita l’alba grigia di un gelido zitellonato.

Tra i 20-25 anni l’età di entrambi gli sposi presso a poco corrisponde: al disotto dei 20 sono rari i matrimoni degli uomini e frequenti quelli della donna, al di là dei 25 sono meno frequenti quelli della donna e più numerosi quelli dell’uomo. L’età propizia per l’amore è proprio quella dai 20 ai 25 anni, più in là o più in qua intervengono le ragioni sociali a turbare le leggi fisiologiche.

La fecondità dei matrimoni si mantiene presso a poco uguale dal 1860 ad oggi, e la natalità oscilla tra i 37-40 per ogni mille abitanti. Si hanno oggi 4 nascite per ogni matrimonio e 23 per ogni mille donne al disotto dei cinquant’anni, e si avevano 4 nascite nel triennio 1863-65.

Oggi si hanno 8.2 illegittimi per ogni cento nati legittimi, mentre se ne avevano 3,5 nel 1863-65. Questo aumento di illegittimi non è però espressione di aumentata corruzione femminile e di accresciuta immoralità sessuale, ma piuttosto di un disordine di stato civile dovuto ad un non indifferente numero di matrimoni religiosi non susseguiti subito o mai dal matrimonio civile.

Nell’ultimo triennio 1899-02 in Tempio abbiamo avuto una media annuale di legittimazioni di 31 figli naturali per susseguito matrimonio. Specialmente fra i pastori è facile e forse è un po’ troppo frequente l’accoppiamento sessuale prima del matrimonio civile e religioso, dimodoché la prole figura fra gli illegittimi. E quest’abitudine di separare in due momenti diversi la celebrazione del matrimonio religioso e civile dà luogo a molte tristi situazioni ed a molti inganni, perché uomini di malafede compiono solo il matrimonio religioso o civile per poi poter passare ad altro matrimonio civile o religioso con altra donna. E che questo aumento di illegittimi non sia effetto di corruzione morale si deduce dal fatto che mentre è grande la differenza fra la quota degli illegittimi del periodo 1863-65 e quella del periodo 1899-1900, è uguale quella degli esposti, che è di 0,8 per ogni cento nati legittimi nel 1863-65 ed è di 0,8 nel periodo 1892-1900. Ed è precisamente la cifra degli esposti quella che ci può dare un indice più reale della corruzione femminile; la quale però si esercita oggi purtroppo largamente e sfacciatamente ma con molta prudenza maltusiana!

Aumenta sensibilmente il numero dei nati-morti, che è oggi di 3,6 per ogni 100 nati ed era di 1,1 nel 1863-65. Ciò io credo di poter attribuire alla peggiorata alimentazione delle classi povere, alla maggiore partecipazione della donna ai faticosi lavori durante la gestazione ed un pochino alle malattie infettive, ma forse un poco anche alla preoccupazione di non sopportare le conseguenze di un errore o di una colpa: mentre infatti nel 1863-65 non abbiamo nessun nato morto fra gli illegittimi, nell’ultimo periodo 1892-1900 un quinto dei nati morti è dato dagli illegittimi.

La mortalità in Gallura è di 20 ogni mille abitanti ed era di 25,8 nel periodo 1862-64: ha subito quindi una notevole diminuzione, nonostante le condizioni economiche della regione siano notevolmente peggiorate in questi ultimi dieci anni, la qual cosa bisogna attribuire al migliorato e più esteso servizio igienico-sanitario. È evidente pertanto che l’aumento della popolazione gallurese, esclusa La Maddalena, è dovuto quasi esclusivamente alla diminuita mortalità, più che all’aumentata natalità. Mentre infatti la natalità si mantiene oscillante tra i 37-40 per mille, la mortalità diminuisce da 25,8 a 20 determinando così un rilevante eccesso di nati sui morti.

Tuttavia la mortalità è ancora molto lontana dal raggiungere quel limite normale, che, secondo il Celli[2], non dovrebbe mai superare il 10 per mille.

Oltre le ragioni di indole economica già svolte ampiamente, a mantenere ancora così elevata la cifra della mortalità concorre la distribuzione geografica della popolazione. Quasi metà della popolazione gallurese vive disseminata nelle vaste campagne, negli stazzi e nelle frazioni, del tutto priva del sussidio sanitario. Solo da qualche anno Tempio ha provveduto a migliorare questa grave situazione stabilendo due condotte mediche per i poveri nelle frazioni di Luogosanto e di Arzachena. E tutti gli altri comuni dovrebbero fare altrettanto per salvare molta gente da una morte precoce e spesse volte non necessaria e risparmiare alla società la perdita di tanti valori.

Flügge[3] ha calcolato che di tutte le cause di morte il 28 % si deve alle malattie di infezione e di nutrizione dei bambini, il 12 % alla tubercolosi, l’8 % alle malattie da raffreddamento: quindi il 48% della mortalità si deve a queste evitabilissime cause di morte. E se si aggiunge l’alta mortalità per malaria, si vede che oltre il 50-60 sono morti evitabili.

Come vedremo più sotto, la mortalità è maggiore nelle campagne e specialmente fra i bambini, per cui il sussidio sanitario nelle campagne potrebbe evitare annualmente un grande numero di morti. E calcolando a 3500 lire il valore economico di ogni lavoratore, si vede quanti valori si perdono annualmente nelle campagne per il mancante servizio sanitario.

Il maggior contributo alla morte lo danno i bambini sotto l’anno, che a Tempio sono 25,6 per ogni cento morti, e poi immediatamente dopo i bambini da 1-5 anni pari a 17,5; nell’età adulta la mortalità maggiore è tra i 20-40 anni con una proporzione di 16,8 per ogni cento morti. La minore mortalità si ha invece tra i 10-15 anni con una percentuale di 2,5, e tra i 5-10 anni con una percentuale di 2,8. E si ha una mortalità maggiore in Tempio campagne che in Tempio città.

Nelle campagne si ha una mortalità maggiore nei bambini al disotto di un anno (26,2 su cento morti), e tra 1-5 anni (18,4), mentre negli adulti è maggiore in quelli tra i 20-40 (con una percentuale di 20,5). In città invece la percentuale è più alta fra gli adulti dai 40-60 anni.

In Gallura troviamo invertita quindi la legge sociologica, secondo la quale la mortalità sarebbe maggiore in città che in campagna. Ma è da osservare che la suddetta legge è vera solo per i grandi centri e che non è applicabile ai piccolissimi centri della Gallura. La durata di vita media tuttavia è andata crescendo dal 1860 ad oggi: era di 30 anni nel periodo 1862-65 ed è oggi di 42; ed è maggiore questa durata in città che in campagna. Tempio città ha una durata di vita media di 36, le campagne l’hanno di 31.

Sarebbe stato utile poter sapere le cause di morte per consigliare i rimedi opportuni; ma non mi è stato possibile. Per cui non sarebbe male che tutti i comuni tenessero per proprio conto un registro delle cause di morte, che formerebbe il pendant necessario al registro d’anagrafe. Conoscere il movimento di popolazione sotto tutti i punti di vista è una necessità imprescindibile della vita moderna, ed i signori ufficiali sanitari dovrebbero esser chiamati al disimpegno di questa funzione sociale così utile e così necessaria.

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[1] Alessandro Groppali fu filosofo del diritto e sociologo, docente in diverse università italiane. Su di lui si veda la voce scritta da Franco Tamassia, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 59 (2002).

[2] Angelo Celli (1857-1914), medico igienista e parlamentare, dette un significativo contributo allo studio della meningite cerebro-spinale, delle dissenterie, e della malaria di cui fu iniziatore e animatore in Italia della lotta per debellarla.

[3] Carl Georg Friedrich Wilhelm Flügge (1847-1923) è stato un batteriologo e igienista tedesco. A lui dobbiamo buona parte della comprensione della contagiosità per via aerea delle malattie, soprattutto della tubercolosi il cui bacillo Robert Koch aveva riconosciuto e isolato nel 1882. Nel 1897 pubblicò Riguardo ai prossimi compiti per lo studio del modo di diffusione delle Tisi, che creò molto fermento tra la classe medica del tempo. Cfr. https://ilbolive.unipd.it/index.php/it/news/lingegnoso-esperimento-flugge-studiare

e http://www.storiadellamedicina.net/carl-flugge-e-le-sue-goccioline/

Sulla popolazione oggi in Gallura link 1    link 2

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