Passatempi e divertimenti

di Vittorio Angius – a cura di Guido Rombi

Cominotti-Gonin-Lallemand - Graminatoggiu, 1826-1839
Cominotti-Gonin-Lallemand - Ballo sardo, capo di Sassari, ed. 1826, 1839

Teatro. Presso la Curiedda c’è un teatrino fatto costruire da Pietro Giganti tra il 1838-39. È sufficientemente spazioso e ha due ordini di logge. Nel suo palco recitano talvolta giovani dilettanti, più spesso qualche compagnia comica. A carnevale si ballano i balli di moda.

Stupisce e insieme piace vedere con quanta scioltezza e grazia le figlie del popolo eseguono i balli più difficili, anche solo visti una o un paio di volte. Respingono però quei modi di danzare in cui vi sia troppo contatto coi ballerini e respingerebbero con indignazione l’invito.

Società filarmonica. È composta da 20 soggetti, ciascuno dei quali è pratico di qualche strumento, solo pochi del canto. Suonatori e cantanti servono l’orchestra della cattedrale nelle maggiori solennità, e servono pure nel teatro. L’opera è gratuita. La società apre qualche volta le sue sale per veglie od accademie di musica, ed anche per balli. I dilettanti del canto sono cinque o sei ed impararono dallo sfortunato Jok («di cui abbiamo fatto menzione nell’articolo Gallura, p. 195»), ucciso da alcuni che erano stati mandati per bastonarlo, e vendicare un certo comandante militare di qualche presa in giro «frizzo pubblico» che quel poveraccio («misero») gli aveva fatto.

Così su Jok nell’articolo Gallura: Non pochi esperti di musica il numero dei quali crebbe di molto dopo che un giovane straniero di molti lumi e di cuor magnanimo, gratuitamente, insieme con le altre molte cose da lui ben conosciute, prese a insegnarla ai giovani tempiesi. E poi in Nota, testualmente: «Costui, che aveva nascosto studiosamente l’essere suo: ma che per le ottime qualità era ben veduto da’ galluresi, fu da uno o più corsi traditori barbaramente trucidato. Non si può spiegare il cordoglio di tutti i cittadini per la sventura di quest’ospite carissimo. Nominavasi Pietro Cesare Jok, e il sospetto che fosse nato d’alto lignaggio, come facea credere la sua cultura e gentilezza singolare, confermavasi da certe carte che furon trovate presso di lui, e da alcune voci che il diceano uno de’ figli di Murat, o d’un illustre personaggio di Aquisgrana. Qualunque egli fosse, era certamente un uomo stimabilissimo, e meritò che i tempiesi dessero molte lagrime alla sua disgrazia. Consentendo a questi animi grati, scrivo queste poche parole perché la sua virtù sia pure onorata da’ posteri».

Corsa di cavalli [carnevale]. Nelle domeniche e negli ultimi tre giorni di carnevale i giovani che hanno abilità a governare il cavallo vanno in buon numero, mascherati e scoperti, nelle strade principali, dove si affolla il popolo, e corrono nella Carrera-longa, nel Runzatu e nel Carmine: o soli, o a due, o tre. Dopo che si è corso in una strada si corre nelle altre e poi si ricomincia.

Nel sabato e nel lunedì di carnevale si suol fare una grande cavalcata dai giovani portando in groppa le loro spose o le sorelle.

Le donne fanno sfoggio dell’antico vestiario, delle gonnelle e giubbotti di scarlatto, e avvolgono la faccia e la testa con grandi fazzoletti bianchi ricamati. In questo modo vestite, e in lunghe file ordinate, passeggiano lentamente tra la folla per le maggiori vie, e i giovani passando vicino al balcone o alla porta di qualche bella lanciano su di lei pugni di confetti.

Nei suddetti e in altri giorni escono mascherati molti uomini e donne, in brigate di venti o trenta, tenendosi uniti al braccio e seguendo alcuni suonatori. Si fermano sempre dove c’è qualche fanciulla di insigne beltà, e si comincia la sinfonia.

La fanciulla deve presentarsi al balcone o alla porta ed aspettare finché, terminata la serenata, la brigata la saluta e parte. Se si presenta è onorata di molti pugni di confetti sparsi ai suoi piedi; se non si presenta allora si rompe la musica, si gettano contro l’abitazione alcuni pugni di crusca e si va altrove.

A carnevale, come in tutti gli altri tempi, i giovani innamorati escono a tarda notte e, ponendosi presso la porta della bella, suonano la cetra e cantano le loro canzoni. Non dispiace agli altri l’interruzione del sonno se l’innamorato suona e canta bene.

Corsa del palio. Nelle feste popolari si corre il palio, ma fuori della città, e il percorso è su un terreno difficilissimo da San Giuseppe fino a San Lorenzo.

Le principali feste popolari sono San Paolo primo eremita, la Madonna del Buoncammino, e i santi patroni di certe arti. In queste occasioni si va a far la spesa da quelli che esercitano professioni come viandanti, fabbri ferrai, orefici, scarpari ecc., sebbene non formino corpo d’arte. Quella di San Paolo è a spese del municipio. In quasi tutte, la sera si bruciano polveri artificiali. Eccettuati quelli per le feste di San Paolo e della Madonna di Buoncammino, i premi non sono molto preziosi, cosicché la gara si fa coi ronzini del paese; ma per le due suddette vengono da altre parti famosi cavalli da corsa.

Balli pubblici. Da molto tempo si è smesso a Tempio, anche per le maggiori feste, di danzare nelle piazze del paese, mentre invece lo si fa dentro le case nelle varie occasioni di allegria.

Solo nelle feste campestri si continua il divertimento del ballo tra il canto a quattro voci.

Bartolomeo Pinelli - Costumi di Tempio, 1828
Biasi festa con organetto
Manca di Mores - Danza al suono delle launeddas, 1861-1876
Manca di Mores - Lascia tranquilla mia sorella
Condividi Articolo su: