TOUR VALLEDORIA – BADESI

di Mario Piga

estratti dal libroValledoria, Badesi, Trinità e Aglientu

SENTINELLE SUL GOLFO

Dalla Foce del Coghinas a Rio Vignola

Sassari, Carlo Delfino Editore, 2019 ⇒

per gentile concessione dell’Autore

Valledoria - Foce del Coghinas
Valledoria - Foce del Coghinas

Dalla foce del Coghinas a Li Feruli

Una serie di spiagge e dune di sabbia, lungo il circondario di Badesi – che parte dalla spiaggia lunghissima di San Pietro a Mare nel territorio di Codaruina – fa invidia a quelle californiane, dove si praticano pesca e jogging. […]

Una fetta di territorio ricade all’interno del Sito d’Interesse Comunitario che, partendo dal fiume Coghinas, arriva fino al rio Vignola nel territorio dell’Aglientu. La presenza della foce di questo fiume conferisce al luogo un pregio di carattere ambientale unico nel suo genere.

Il clima mite, la presenza di fauna abbondante e l’incontro delle acque salmastre con quelle dolci sviluppano un eccezionale laboratorio della biodiversità. […]

Lasciata alle spalle la foce ci incamminiamo nel territorio di Badesi, toponimo derivante da Badu che significa guado. I residenti del luogo, infatti, anticamente abitando da questa parte del fiume erano costretti perennemente a guadare il fiume Coghinas per recarsi verso Sassari, capoluogo di provincia e centro importante per qualsiasi tipo di commercio.

Un percorso in mezzo alle dune contornate dalle foglie argentee dell’Achillea maritima (santolina delle spiagge), ci avviamo lungo queste collinette plasmate dal vento dove il brulichio delle api e dei bombi fa intuire la prelibatezza del fiore ancora fresco di li rosi marini, dal quale attingono il prezioso polline.

Lo sguardo si posa alternativamente una volta verso le dune un’altra verso il mare, dove il luccichio del sole mette in evidenza le sfumature verde-azzurro. Colori che sfumano tra il rosa pallido dei fiori della Calystegia soldanella (vilucchio marino o soldanella di mare) e il giallo delicato del calice del Glaucium flavum (papavero cornuto). Una zona ancora vergine e tranquilla, riservata a chi ama camminare e osservare, che dopo qualche chilometro porta a scoprire ambiti altrettanto interessanti, anche se più frequentati.

La località Pirottu di Li Frati stimola la falcata fino a Zilvara, toponimo verosimilmente riferito alla presenza di cervi in epoca antica. Di seguito Maccia boina (pianta del bue) nome che per alcuni sarebbe legato,  vista la copiosa presenza d’acqua, al fatto che gli allevatori vi si recassero a fare abbeverare i buoi, mentre altri  lo riconducono alla presenza di una pianta particolare, chiamata appunto linga boina (lingua bovina), che cresce soprattutto nei luoghi umidi. Un’erba molto apprezzata dagli animali, soprattutto da maiali e cinghiali, che ne sono ghiotti.

A Zilvara vi è un punto che veniva chiamato L’Imbalcatogghiu (il pontile), nome dovuto ad un tratto di facile accesso per imbarcare il carbone sui velieri che attraccavano nei paraggi. Si pensa che la zona pianeggiante di questo sito fosse ideale poiché la strada era priva di radda (duna), che sarebbe stata d’ostacolo per gli spostamenti dei carichi di carbone, proprio nel porto omonimo, poco più avanti.

Valledoria - San Pietro a Mare
Spiaggia di Zilvara

Di seguito troviamo l’Ea di La Lizza (l’acqua del leccio) dove l’abbondanza di la zinnia (il giunco) è un’ulteriore conferma della presenza di questo prezioso elemento, che era senz’altro indispensabile per chi soggiornava in quei luoghi. […] Nella zona, intorno la fine degli anni Cinquanta, costruivano le baracche estive poche famiglie […] Con l’avvento degli anni Sessanta inizia il vero boom turistico locale. […]

Passato Baizzìccaru (baia dove si pescava un pesce prelibato) si arriva alla parte mondana del litorale dove, una volta, gran parte della comunità di Badesi si trasferiva per tre mesi, costruendo alla buona delle capanne di frasche, come avveniva in quei momenti lungo molti litorali, poiché privi di abitazioni.

Superato Lu Stagnoni (lo stagno grande), luogo dove sfocia Riu Enas, arriviamo nella zona all’altezza di Lu Muddetu famoso per le sue antiche vigne, dove si producono ancora oggi vini di pregio. Una tipicità che ha dato a Badesi la qualifica di “città del vino”: un titolo meritatissimo, ormai riconosciuto anche dai più esperti del settore.

Spiaggia di Li Mindi

Il confine di Li Patimi (le sofferenze) sembra trasferisca, ad un certo punto, il testimone dal comune di Badesi a quello di Trinità, con il sito di Li Feruli (le ferule), sancito dalla presenza del grande albero di Li Banderi (le bandiere), icona di pace e tranquillità.

Un passaggio di consegne graduale poiché l’ultimo lembo della spiaggia di Badesi appartiene al comune di Trinità.

Un tratto di spiaggia bianchissima, Li Feruli, di circa due chilometri, battezzata così a causa della vegetazione spontanea della Ferula communis. Una pianta tossica per il bestiame, ma graditissima agli insetti.

Sui suoi fiori, infatti, si posano in tanti: dal grazioso Tenebrionidae Omophlus lepturoides, ai coloratissimi Graphosoma lineatum e Trichodes alvearius, al curioso coleottero Curculionidae, Larinus cynarae e al piccolissimo Cerambycidae Agapanthia cardui, dalle caratteristiche corna bifasciate, insieme a molti altri dell’ordine dei Rincoti, golosi della linfa che sgorga dal suo tronco.

Oltre a questa vasta gamma di insetti, una citazione a parte spetta alla magnifica farfalla endemica della Sardegna e della Corsica: il Papilio hospiton. Un lepidottero particolare poiché solitamente viene localizzato ad altitudini superiori ai 500 metri, ma che da noi si è acclimatato a quote più basse, grazie all’esistenza della ferula ancora verde durante il periodo della sua metamorfosi. Di vitale importanza, quindi, preservare questa pianta almeno nelle proprietà dove non pascola bestiame.

Il giallo delle sue corolle, che diventa sempre più intenso con l’avvicinarsi dell’estate, contrasta con i colori dell’acqua marina, tendente all’azzurro smeraldo, e con la sabbia bianchissima che si estende per oltre un chilometro sul territorio di Trinità d’Agultu.

Il toponimo è composto dal nome del santo patrono – La Santissima Trinità – insieme alla voce dialettale Agultu.

Sono diverse le teorie su questa seconda parte del nome: la più credibile sembrerebbe riferita a un villaggio medioevale chiamato, appunto, Agustu. La seconda ipotesi, più fantasiosa che veritiera, potrebbe riferirsi ai primi insediamenti intorno alla chiesa avvenuti nel 1730: starebbe a  significare infatti accultu (cioè vicino alla chiesa).

Il toponimo è composto dal nome del santo patrono – La Santissima Trinità – insieme alla voce dialettale Agultu.
Sono diverse le teorie su questa seconda parte del nome: la più credibile sembrerebbe riferita a un villaggio medioevale chiamato, appunto, Agustu. La seconda ipotesi, più fantasiosa che veritiera, potrebbe riferirsi ai primi insediamenti intorno alla chiesa avvenuti nel 1730: starebbe a  significare infatti accultu (cioè vicino alla chiesa).

Foto

Dell’Autore: Mario Piga

© Tutti i diritti riservati

Condividi Articolo su: