Vendemmie

di Francesco De Rosa

Le vendemmie per i Galluresi, come lo erano per i Greci (Iliade, trad. Monti, XVIII, vv. 782 sgg.) sono una serie continuata di divertimenti; specialmente per i giovani e le fanciulle.

Ogni proprietario di vigna invita le ragazze del vicinato, parenti e amici; alla vendemmia accorrono liberamente pur senza esservi invitati i giovani, i quali aiutano, intessendo nel contempo ghirlande d’amore, le fanciulle nel taglio e nel trasporto dei grappoli d’uva al tino o alla vasca in cui devono essere pigiate. Bacco nel tempo delle vendemmie raggiunge la sua fuggitiva Venere, la prende, se l’abbraccia, se la bacia, e più del solito rubicondo in viso le sciorina, tra il timido e l’ardito, una corona interminabile d’amore.

La sera poi, finita la vendemmia, si suona, si canta, si balla e solitamente si fa qualche spuntino. Sul finir del giorno, tra felici chiacchierate, suoni e canti, si fa ritorno in paese dove l’allegra compagnia accompagna i proprietari fino a casa, quindi ognuno torna nelle proprie.

Le vendemmie ci ricordano pure le feste vinalie dei Romani.

A Terranova i proprietari delle vigne avvertivano i vendemmiatori di non tagliare i grappoli immaturi e i grappolini, per lasciarli cogliere ai poveri del paese a cui si dava, a vendemmia finita, libero accesso nei vigneti. I poveri avevano pure libero accesso negli orti di cucurbitacee, non appena venivano abbandonati dall’ortolano, lasciandovi i frutti non giunti a maturità perfetta.

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