Il vino, la vigna, l’uva 

nei

PAESI – CITTÀ – LOCALITÀ

della Sardegna dell’Ottocento

(dalla A alla Z)

di Vittorio Angius

Vitis – VOCE SARDEGNA.
Genere appartenente alla famiglia delle Ampellidee.
Vitis vinifera. Frutice sarmentoso, con viticchi, selvaggia e coltivata, quella detto labrusca, lambrosca, questa vite.
Le uve ben mature della lambrusca possono esse pure servire alla vinificazione.
Plinio e Virgilio conobbero già che le varietà delle uve non si potean contare, ed ora dopo tanti secoli di coltivazione sono più moltiplicate.
La vite vinifera distinguesi in silvestre di acini rotondi, piccoli, acidi; e in sativa di acini rotondi, o allungati, e dolci.
Hanno acini rotondi rosseggianti o nereggianti le varietà seguenti:
– amabilis, di acini giallo-rossi, dolcissimi, un po’ moscati, ineguali. In vernacolo Nasco, come pure chiamasi il vino espresso da queste uve.
– abundans, di acini giallo-rossi, eguali, sugosi, aciduletti. In vernacolo Nuragus, vite comunemente coltivata.
– rubella, di acini rossi, grandi, tardi a maturare, acidulo-dolci, duri, di epicarpio crasso. In vern. Rosa.
– suavis, di acini nero-rossi, mediocri, duretti. In vernacolo Girò, come pure chiamasi il suo vino soavissimo.
– neetarea, di acini neri, mediocri, molli, dolcissimi. In vernacolo Monica, come pure appellasi il suo vino, che ha del nettare.
– affinis, di acini neri, molli, dolcissimi. In vernacolo Bovali. Simile come credesi alla varietà precedente somministra un ottimo vino.

Una sua sotto-varietà è più sarmentosa, meno fruttifera, e però men coltivata, dicesi Bovali mannu, dagli acini maggiori, i quali per il sapore più si avvicinano alla varietà precedente.
– nigra mollis, di acini neri, mollissimi, dolcissimi e molto sugosi. In vern. Niedda moddi.
– praestans, di acini neri, mediocri, dolcissimi. In vernacolo Cannonau. Esso somministra uno de’ più lodati vini che ha lo stesso nome.
– nigra-vera, di acini neri, mediocri, eguali, sapidi, molli, sugosissimi. In vern. Niedda vera.
– infectiva, di acini neri, mediocri, un po’ molli, sugosissimi, aspretti. In vern. Sinzillosu. Quest’uva tinge di nero i vini, ai quali dà con la sua acerbità un po’ d’aspro, che piace a molti.
– coacervata, di acini neri, mediocri, duri, sapidi, de pressi in punto od ombelicati. In vern. Merdulinu. Hanno acini oblunghi rossi o neri queste varietà:
– trifera, di acini neri molto grossi e polposi, che sanno della susina. In vern. Axina de tres bias, Axina de tres bortas. Vite pergolana.
– jucunda, di acini neri, grandi, assai polposi, dolci, di epicarpio crasso. In vern. Apesorgia niedda.
– hyerosolomitana, di acini rossi, duretti, assottigliati d’arabo i capi, curvati, dolcigni. In vernacolo Axina de Gerusalèm. Hanno acini oblunghi biancastri queste varietà:
– cucumerina, di acini verde-giallognoli, dolci, lunghi, incurvati, assottigliati d’ambe parti ecc. In vernacolo Corniola. Vite da pergole.
– mammillaris, di acini bianco-giallognoli, eguali, sapidi, di grandi grappoli ecc. In vernacolo Titta de Bacca. Vite da pergole.
– serotino, di acini bianco-giallognoli, grandi, duretti, dolcigni, di epicarpio denso, tardi a maturare.
In vernacolo Axina de angiulus. Vite da pergole.
– latifolia. di acini bianco-giallognoli, duretti, di grandi grappoli ecc. In vern. Galoppa.
– laxissima, di acini bianco-giallognoli, inegualmente spesso ovali, depressi nella punta, duretti, dolci, di grandi grappoli ecc. In vern. Apesorgia bianca.
– Isidori, di acini bianco-giallognoli, un po’ ovali, grandi, molto polposi, dolci, moscati. Nel vernacolo Muscatello, Muscateglio. Vite da pergole. Hanno gli acini rotondi e biancastri le seguenti varietà:
– generosa, di acini verde-giallognoli, mediocri, dolcissimi, moscati. In vern. Muscadeddu. Il suo vino dicesi Muscau, ed è dolcissimo e generosissimo.

Vitis malvatica, di acini bianco-giallognoli, piccoli, disuguali, sapidi. In vern. Malvasia. L’egregio vino del suo nome è piacevolmente amaretto.
– austera, di acini bianco-giallognoli, mediocri, eguali, molto succosi, dolci e quasi moscati. In vern. Vernaccia. Il vino di questo nome giocondamente austero ed amaro è però meno alcolico del precedente.
– laeta, di acini bianco-giallognoli, piccoli, eguali, sugosissimi, dolcissimi, un po’ moscati.
In vern. Semidano.
– acidula, di acini bianco-giallognoli, ineguali, duri, aciduli ecc. In vern. Manzesu.
– speciosa, di acini bianco-giallognoli, grandi, austeramente dolci. In vern. Remungiau, o
Arremungiau.
– inaequalis, di acini bianco-giallognoli, duretti, sapidi, molto disuguali e sugosi ecc. In vern. Sarravisa. Il suo vino ha lo stesso nome.
– robusta, di acini biancastri, grandi, rotondi, duretti, dolcigni, precoci. In vern. Albu mannu.
– decolor, di acini biancastri, molli, succosissimi, sapidi, leggermente moscati. In vern. Biancheddu.
– pellucens, di acini biancastri, molli, trasparenti, sugosi, dolcigni, di epicarpio tenuissimo. In vern. Retallau, o Arretallau.

La vite vinifera, indigena dell’Asia, credesi portata da’ Fenici nelle isole del mare mediterraneo. E coltivata da per tutto principalmente nelle regioni marittime e nelle isole di s. Pietro e di s. Antioco. La varietà silvestre nasce spontanea nelle siepi e nelle boscaglie.
Le varietà che sono più stimate per mangiare sono l’Apesorgia niedda, l’Axina de tres bias, l’Axina de Gerusalèm, il Merdulinu, Rosa, Galoppu, Apesorgia bianca, Muscadeddu, Muscatellò, Arrettallau, Albu-mannu e la Barriadorja de’ sassaresi.
I vini sardi gareggiano con quei di Spagna, e sono di grande eccellenza il Cannonao, Monica, Girò, Nascu, Muscau, Malvasia, Varnaccia.
La vite apiana, d’acino mediocre, rotondetto, nereggiante, moscato, che dicesi Muscadeddu nieddu, è coltivata da pochissimi.

Abbasanta
Nella parte meridionale del territorio frondeggia il vigneto, e produce in abbondanza; però i vini, sebbene potabili nell’inverno e nella primavera, facilmente s’inacidiscono ai calori estivi, il che nasce dalla pessima maniera di farli: ciò non ostante se ne vende non poco ai paesi vicini.
Coltivansi nelle vigne molte specie di alberi fruttiferi […].
Ai lati delle medesime coltivansi la rosa e la maggiorana, dei quali fiori i giovani vignajuoli amano nella primavera ornarsi, e fare omaggio alle belle.

Aggius
Le vigne a preferenza di molte altre regioni della Gallura vi prosperano, ma sono poche e piccole.
Le uve per lo più sono bianche, e di rado maturano bene.
Il vino, siccome colto con molta sapa, sembra assai robusto; se ne brucia gran parte per acquavite.

Ales
La vite alligna da per tutto, e perciò si coltiva da molti.
Le vigne sono bene ordinate, composte di uve di varie e delicate qualità; il vino, sì nero, che bianco, riesce generoso, grato al palato, e confacente allo stomaco; quindi si suol vendere ad alto prezzo.

Ardali
Le vigne possono dare circa 10 mila quartieri di vin generoso.

Ardara
La vigna vi prospera; le uve sono di poche ma buone qualità; quindi il vino riesce buono, e se ne raccoglie all’anno pinte o litri 12,500.

Aritzo
La vigna è più felice, quindi sovrabbonda il mosto, e se ne vende assai al vicino paese di Sèdilo.

Arixi
È una bella collina quella che il paese tiene al levante tutta coltivata a vigne, dalla sommità della quale osservasi ad occhio nudo tutta la Tregenta.

Armungia
Abbonda il vigneto delle più belle qualità di uve, onde spremesi un vino, che, meglio manifatturato, potrebbe gareggiare coi più celebrati del regno, di cui fa spaccio nei paesi della Tregenta.

Arzachena
Il territorio d’Arzachena è per la maggior parte coltivato a campi ed a vigne.

Arzana
La vigna vi prospera maravigliosamente: varie sono le qualità delle uve, però è dal cannonàu e dal nuràgus che si fanno i vini.
La qualità lo fa assai pregiare, e, se la vendemmia fosse più abbondante, il contadino avrebbe maggior lucro.
Sebbene di poco si oltrepassi il numero di 100 carrattelli (contiene ciascuno litr.
500), se ne può vendere una buona porzione ai genovesi, agli isolani della Maddalena e dell’Elba; oltre che se ne bruciano 4 o 5 carrattelli per acquavite, e 8 o 10 si cuociono a sapa.

Assemini
La principal cultura è intorno alle viti.
Il vigneto non occuperà meno di starelli di terreno 1100 (ari 73,846).
Poche sono le varietà delle uve; rendono però assai, ed era questa la principal risorsa di questi paesani, quando i prezzi non erano così avviliti.
Se ne vende a Cagliari e ad altri paesi.
Maggiore certamente sarebbe di 60,000 quartieri (litr. 300,000) la somma, se non si vendesse gran quantità d’uve.
È molto celebrato il moscatello per la sua leggerezza e soavità.
Il metodo della vinificazione non è molto peccante, ma vorrebbe essere ancora perfezionato.

Assolo
Il vigneto è competentemente esteso; molte sono le varietà delle uve: i vini neri e bianchi; però questi, che sono in quantità maggiore, non si stimano molto buoni.
Non se ne fa smercio, anzi qualche volta se ne dee comprare.

Asuni
Le vigne han poche varietà di uve, e pare che la regione non convenga a questa cultura, mentre le viti e rendon poco frutto, ed i vini non sono molto pregevoli.

Austis
Le vigne non prosperano che in alcuni luoghi aprichi esposti a venti caldi.
Poche sono le varietà delle uve, il vino sente un po’ d’acerbo.
Se ne fa smercio con Teti, Gavoi ed Orotelli, ed una piccola quantità distillasi.
I vigneti dell’augustese e tianese producono oltre il bisogno, e questo superfluo vendesi ai popoli della montagna ed a Teti: siccome però le uve non bene maturano, perciò i vini hanno un po’ d’acerbo.

Atzara
Le uve quasi tutte sono nere: non si sa se il vino sia tanto buono, quanto si vanta; ma è certo che grandissima è la sua quantità, la quale non solo basta al consumo prodigioso, che se ne fa nel paese, ma ancora a provvedere ai villaggi circonvicini, Dèsulo, Belvì, Aritzo, Tonara, Ortuèri, Samughèo, Busàchi, Allài, Fordongiànos, ed a molti altri villaggi del Màrghine e del Campidano, nei quali luoghi non occorre festa, in cui non vadano cinque o più azzaresi con altrettante botti di vino, senza far conto di quelli che vel trasportano in mezzine sul dorso dei cavalli.
Dopo tanta quantità che si vende, ne resta ancora per bruciarlo ad acquavite per la provvista del paese.
La particolare industria di questi paesani in cotal ramo trae ancora vantaggio dalle uve, e ne fa del buono zibibbo per se stessi, e per darne ad altri.

Ballao
Le pendici del colle, al cui piè giace il paese, veggonsi nell’estate ed autunno verdeggiare dei pampini delle molte vigne ivi formate.
Frondeggiano lungo i viali delle medesime mandorle, fichi, ciliegi, pomi e peri di molte varietà, de’ cui frutti è grandissima copia.
Come per le dette piante fruttifere, ed altre, così per le viti fu bene scelta questa terra, delle quali se poche sono in numero le varietà, sono però le solite a dare miglior mosto.
La quantità della raccolta che va oltre le 50,000 pinte o litri di vin nero, consente se ne faccia parte ad altri, e principalmente a Paùli-Gerrèi.
I vini bianchi non sono da calcolarsi né per bontà, né per quantità.

Banari (di Meilògu)
Il vigneto è in terreno felice.
Sebbene poco esteso, tuttavia si ha più del necessario, e se ne può vendere ad altri paesi e bruciarne per acquavite in due lambicchi.
I vini bianchi sono in maggior quantità; ma i neri superano in bontà.
Banari (di Parte-Useddus), villaggio del regno di Sardegna, nella provincia di Busàchi, distretto di Ales, tappa di Masùllas.
Nelle vigne sono mescolate più di 16 varietà d’uve, e se ne hanno vini assai preziosi, principalmente la malvasia, la vernaccia, il moscatello, il giròne, il semidano, e mara: essendone però piccola la quantità, non se ne ha che ben tenue guadagno.

Baratili (del campidano di Siamaggiore).
Le terre sono molto adattate all’agricoltura, e specialmente alla vigna.
[…] La vite fruttifica assai.
Le uve bianche son grosse, e assai gustose, se si mangino fresche, ottime se siano appassite. I vini sono di tre qualità: bianco comune, vernaccia, e vino nero.
La quantità del nero e bianco comune suol essere di 400 botti (litri 200,000), della vernaccia botti 20 (litr. 20,000).
Se ne fa commercio con Oristano, e coi paesi d’intorno: non più d’un decimo si brucia per acquavite.
Baratili (di Marmilla) Nelle vigne si veggono sette varietà di uve tra bianche, nere, e rosse. La qualità dei vini è pochissimo pregiata per la pessima manipolazione del mosto, e per non scernersi l’uve secondo che usano i più esperti.

BARBAGIA
Vigne. Molte sono le varietà delle uve, ma il clima generalmente non è adattato, perché prima che le medesime maturino, sopraggiungono i freddi.
I vini sogliono peccare d’agro, e facilmente inacidirsi; quindi per correggerli e conservarli vi si mischia certa quantità di sappa.
Nella parte più bassa del Mandrolisai i vigneti sono assai estesi; e le uve potendo ben maturare, danno vini migliori.
La quantità del vino in anni di molta produzione può sommare a botti 6000, che conterrebbero pinte, o litri 3 milioni.
E dividerassi così, che tocchino alla Barbagia superiore pinte 775,000; alla Barbagia centrale, per lo Mandrolisai, pinte 1,600,000; per la Barbagia Belvì 500,000; alla Barbagia inferiore 130,000.
Due decimi del totale suddetto vendonsi fuori della Barbagia, ed uno bruciasi per acquavite, che suol riuscir ottima.
Generalmente poca è la cura che si ha dei vigneti, e questi vanno ognora deteriorando da che scemato il commercio della Ogliastra e di Terralba con gli esteri, una porzione dei loro vini venne ad essere annualmente introdotta in questi dipartimenti.
Da allora sviluppossi il gusto per li vini stranieri, e si aprirono in molti luoghi delle bettole.
Introducesi acquavite anche da Villa-Cidro.

Barìsardo
Nessun’altra terra e clima pare più a proposito di questo per le viti.
Le varietà delle uve bianche, rosse, e nere sono molte, che si distinguono coi nomi volgari di moscatello, cannonau, sinzillosu, bovali, vernaccia, semidàno, merdolino, rosa, argumannu, apesorgia bianca e nera, detta ancora triga, corniola, galoppu, manzèsu, nieddèra, monica, giròne, moscatellone.
Del moscatello, vernaccia e giròne si fanno vini dilicatissimi, che passano col nome di vini bianchi.
Il galoppu ed argumannu si secca per uve passe.
L’apesorgia, ossia triga, si conserva fresca per la maggior parte dell’anno.
Le altre uve servono pel vino nero, che gode nel commercio di molta riputazione.
Si vende quasi tutti gli anni ai genovesi, che lo trasportano in vari porti.
Se ne brucia ordinariamente poco per acquavite.

Barrali
Poche sono le vigne, poche le varietà delle uve, il vino di mediocre bontà, che non sempre basta alla consumazione.

Barumini
Le viti vi prosperano, e se ne annoverano circa dodici varietà, dalle quali ottienesi del vin nero gagliardo, e insieme assai soave, e quattro sorta di vini bianchi, cioè malvasìa, semidàno, moscatello, barbarajìna molto potenti e sulfurei.
La quantità che imbottasi, si calcola a quartieri (misura eguale a litri 5) 640,000.
Un ventesimo al più si potrà bruciare per acquavite.
[…] l’area occupata dalle vigne di 1000 star. di capacità (ari 39,860), cui sembra eguale quella che occupano le chiudende.

Bauladu
Mancavano prima del 1828 le vigne.
Ora non sono che cinque; ma senza dubbio in breve cresceranno a maggior numero, mentre già si conosce che il terreno ama questa specie.
È da esser ammirato il vigore della vegetazione, vedendovisi dei tralci usciti da piante novelle, protendersi oltre quattro metri

I vini non sono di minor bontà di quei che producon l’uve dei paesi a ponente, celebri per questo genere; e se procedasi con metodi migliori, essendo la natura del suolo, senza contrasto, più idonea a questa coltivazione, potranno allora vincere nella concorrenza.

Baunei
Nella felice posizione, in cui sono di rincontro al meriggio, vengon molto prosperamente le vigne.
I vini non scapitano nella comparazione con gli altri di questa provincia, che ha il vanto di vinifera.
Il cannonàto è assai soave, e molto pregiasi.
Si vende per due settimi del ricolto: uno si brucia ad acquavite, e la quantità totale si può calcolare a 35,000 quartieri.
(N.B. Ragguaglia il quartiere a litri cinque, che sono altrettante pinte sarde antiche senza alcun più o meno).

Belvì
Molto è rigogliosa la vigna, ma poche volte matura i grappoli, onde i vini non godono alcuna riputazione.

Benetutti
Le vigne sono molte, tuttavia corrispondon poco.
Il vino è bianco, e nulla pregiato.
Quanto sopravanza dalla consumazione distillasi in acquavite.

Berchidda
Le vigne sono alla parte verso Oschiri non meno di 150.
… Il vino è poco pregievole, e si mescola con la sapa.
Una porzione se ne brucia per acquavite, altra vendesi agli Oschiresi.

Bessude
Le vigne sono 85, la maggior parte divise e suddivise, onde anche i poveri hanno la piccola loro proprietà.

Bidonì
Vi prospera la vigna massimamente nel colle, che sta a cavaliere dell’abitato verso greco, e si hanno molte varietà d’uve, ma in maggior numero bianche, delle quali conservasi non poca quantità insino al maggio.
I vini sarebbero migliori senza la mescolanza del cotto, e con metodi migliori.
Se ne fa a sufficienza per la consumazione.

Birori
Le vigne prosperano mirabilmente.
Le uve distinguonsi in molte varietà; il vino però riesce mediocre per la male intesa maniera di manipolarlo.
La quantità si calcola a circa 450 cariche: basta appena alla consumazione, e non si brucia che il viziato.

Bitti
Le vigne prosperano mirabilmente, e copiosi ne sono i frutti, comeché non siano molto da pregiare i vini; il che proviene sì dalla non ben intesa arte di manipolar le uve, come da ciò che non si scelgano i siti ben adatti a questo vegetabile, stante che formano tutti le vigne in prossimità del paese, per impedire che altri le vendemmii prima di loro.
La quantità che si ripone nei vasi è poco ragguardevole, e gran parte di questa bruciasi in acquavite, molto lodata per tutta la provincia.

Bolotana
Le vigne sono provvedute di forse tutte le varietà d’uve conosciute nell’isola.
Nel secolo scorso gran lucro ritraevano questi popolani dal vino, che in gran quantità vendevano agli uomini delle terre limitrofe; ma introdotta in seguito tra quelli la coltivazione delle viti, intristiva questo ramo di frutto.

Bonarcado
La vite vi prospera, ma per ciò che il vigneto è nella montagna, accade spesso che i grappoli non possano ben maturare.
Quindi i vini son deboli, e nell’estate inacidiscono.
Se ne fa più del bisogno, e se ne può vendere ai lussurgiesi, che ne estraggono buona acquavite.

Bono
Il vigneto è delizioso: le uve vi sono svariatissime, ed i vini sono molto pregiati.
Bonorcili [zona dipartimento antico di Arborèa in Sardegna
Intorno vi sono buone vigne appartenenti a Mogoresi, e sono in numero più di 200.

Bonorva
Le vigne vi prosperano: hannovi uve di molte varietà, sì di color bianco, che rosso o nero: dei vini, che se ne fanno, la bontà è mediocre, grande la quantità.
Da alcuni le viti si levano un poco, che essi dicono coltivare a cannittu; da altri si tengono basse,
che dicono coltivare a curtu.
Si vende il vino ai vicini paesi, in maggior misura ai cossainesi.
Se ne brucia poco per acquavite, della quale amano meglio provvedersi da s. Lussurgiu.
[…] Le vigne sono più di 300, contenendo forse rasieri 1300.
Ragguaglia il rasiere ad ari 139,53.

Bonnanaro
Nelle pendici e prominenze alle falde del Pèlao vegeta prosperamente la vigna, dove distinguonsi circa dodici varietà d’uve; abbonda il mosto, nel generale di buona qualità, se ne vende ai villaggi limitrofi, e traesene pure acquavite.

Boroneddu
Le vigne vi prosperano, ma non in maggior numero di 30.
Il vino è bianchiccio e di buon gusto, però facilmente inacidisce nella estate.
Vendesi quindi porzione del mosto ai ghilarzesi, dai quali si compra acquavite, rosolii ecc.

Borore
Le vigne vegetano bene, ma i vini sono ordinarii, e degenerano.

Bortigiadas
Il terreno che si può coltivare è atto alle vigne, e ad altre piante fruttifere. […]
Poche sono le qualità delle uve, tenue il ricolto, e si dee supplire con molto comprato da Tempio, e da Luras.

Borutta
Qualche volta vendesi vino ai toralbesi, più spesso però se ne compra dai tiesini.

Bosa
La vigna non meglio prospera altrove, e produce vini lodatissimi, che sono il bianco, la malvagìa, e il miscellaneo volgarmente sèberu che imita la malvagìa, e in poca quantità moscato e vin nero.
La malvagìa è famosa in tutta l’isola, e se cede a quella del contado di Cagliari in potenza la sorpassa in soavità.
Essa sostiene il paragone coi più famosi vini dell’Europa meridionale, e se abbia quell’aumento di bontà, che suol dare il tempo, resta superiore a tutti.
La quantità del mosto che s’invasa ordinariamente nell’autunno si computa di botti 6,300 eguale a pinte o litri 3,150,000, una di cui non piccola frazione vendesi all’estero.
Le vigne son circa 1000.
Ricavasi acquavite da 10 lambicchi.

Bottidda
Si coltiva con molto studio la vigna; e si ottiene una gran quantità di vino bianco, e nero, che si vuol pareggiare ai vini del Campidano di Cagliari.

Buddusò
le uve non maturano perfettamente, onde riesce il vino di poca bontà.

Bultei
Le uve sono di molte varietà, e soglion dare circa 700 cariche (litri 5040) di mosto.
Il vino è di qualche bontà, quando i grappoli giungono a perfetta maturazione.
Né se ne brucia, né se ne vende, anzi non bastando se ne compra da altri paesi, e si vanno piantando altre vigne.

Bulzi
Le vigne tra grandi e piccole sono 60.
Quando le uve maturano, il vino riesce di pregio.
In anni ubertosi si ottiene di mosto litri circa 15,000.

Burcei
Le viti vi prosperano, se non che sopraggiungendo la stagione fredda prima della maturità perfetta delle uve, il vino riesce leggiero, e facilmente inacidisce.
Consumasi tutto nel paese.

Busachi
Le vigne sono assai prospere nelle terre di ponente, e senza molt’arte si fanno dei vini squisiti.
Tra i quali ha maggior fama la vernaccia, di cui, come si è già accennato, mentre si consuma una quantità prodigiosa, altra non piccola si mette in commercio in tutte le parti dell’isola.
Quanta sia ordinariamente la quantità dei vini ti apparirà dalla Tavola II.
Per le misure vedi Tavola I, Equazione metrica.
Vino litri 40,000 litri 1,772,100
La vigna prospera mirabilmente: fassi vino nero assai pregiato, che tutto si consuma nel paese.
L’acquavite comprasi dai vicini villaggi di Ortueri e di Ardaùle, e di rado se ne distilla nel paese.

Cabras
Il suolo è opportunissimo alle viti, onde vengono con molta felicità, e maturano i grappoli prima, che altrove, onde ne’ più anni s’anticipano nel giorno di s. Bartolommeo le allegrezze del Sanmartino; negli altri non si lascia andare la prima domenica di settembre.
Tanta accelerazione egli è da ciò, che per la difettosissima manipolazione del mosto i vini sentendo il calore si esacerbano, e questo rinforzando ogni dì più ancora si inforzano sino ad una acidità troppo pungente.
Grande è il consumo di questo prodotto, e quando accada che se ne esponga in vendita di tal gusto che lusinghi, allora una moltitudine (e i pescatori sono sempre la massima parte dei concorrenti) questi tra motteggi, quelli tra discorsi che serio il tono vuotano in brev’ora una botte.
I vini inaciditi si passano sul fuoco, e la quantità può ragguagliarsi ad una ottava del mosto.
Questo vigneto tiene una certa varietà da cui sono quelle uve passe, che si paragonano alle migliori del commercio.

Cagliari
Vigne. Le terre della circostanza ed a levante e ponente di Cagliari, l’isoletta dello Stagno, e le regioni sur esso o il mare mentre comparativamente alle altre sono men felici per le biade, si lodarono mai sempre siccome appropiatissime alle viti.
Ed a questa specie distinta in molte varietà (62) è specialmente rivolta la cura degli uomini del contado cagliaritano.
Spesso si fanno copiosissime vendemmie, sì che i minori proprietari in mancanza di botti, ed in bisogno di denari devono offrire il mosto a vilissimo prezzo.
A concepire quanta sia in qualche anno la fruttificazione delle vigne basti sapere che nel territorio di Carbonàra da un tralcio destinato a propaggine per tre fondi, che erasi allungato a 28 palmi entro i mesi della vegetazione, si portarono, senza connumerarvi i racimoletti, centoventidue grappoli.
La quantità del mosto che suole ottenersi in tutta la provincia, se niente sia avvenuto d’infausto alle vigne, non si calcola in meno di quartieri 80,000,000.
La vendemmiazione comincia solitamente dopo il 4 ottobre, e dura sino alla metà di novembre.
Il vino è distinto di due sorta; il comune, che volgarmente cognominano nero, comeché, non abbia un color molto carico; ed il gentile che dicono bianco, sebbene siane qualche specie assai colorata.
Il primo è assai generoso, e conviene beversi con molto rispetto.
Il metodo di sua manipolazione è semplice.
Raccolgonsi le uve in grandi botti (is cuppus) con un fondo, e vi si lasciano a fermentare più o meno di otto giorni, però che variasi nel tempo seconda la qualità delle uve e la condizione atmosferica.
Il momento della pigiatura arriva, e non si può indugiare, quando il mosto rende un odore aggredevole, sentesi in certo moderato grado di temperatura, ed ha un gusto tra il dolce e l’amaro.
Il vino gentile, che si sperimenta generosissimo, non è manipolato in modo eguale.
Le uve non si lasciano fermentare, e tosto come sien poste nel tino vengono spremute.
Questi vini distinguonsi in tre specie: i semplici che derivano da una stessa qualità di uve; is genìas, che sono da diverse uve; e i vini de passadùra, o conciati, i quali mentre provengono da una certa uva si fan passare per la vinaccia d’un’altra diversa.
I semplici sono: la malvagìa, la varnàccia, il nàscolo, la mònica, il nuràghus, il cannonào, il moscato, il giròne, prese le denominazioni dalle uve.
Se ne potrebbero annoverare altre specie, se si usasse farne da altre uve gentili senza mistura di mosti.
Le genìe non sono distinte in più varietà; ma non pertanto queste sono tante, quante le variabili combinazioni delle diverse uve, sì per lo numero e le qualità diverse, come per le disuguali proporzioni.
I vini di passatùra sono di due sorte, essendo o passatùra nel giròne, o passatùra nel moscatello.
Il primo è dal mosto della mònica, il secondo dal semidàno, tenuti per circa dodici ore nella vinaccia, quello del giròne, questo del moscatello.
Ottime nei semplici e nelle genìe sono le essenze: queste sono i liquori di colatura spontanea.
Alcuni, come il moscatello, il giròne ecc., si temprano per un gusto dolce, e ciò si ottiene o torcendo sulla vite il picciuolo del raspo alcuni giorni prima, o se i grappoli vendemmiati si espongano ad alcuni soli.
Dei nominati, la malvagìa è principalmente pregiata, massime ove abbia il merito del tempo, il quale, a giudizio degli intendenti, non è una qualità che si imagina, ma che benissimo si sente per la purezza, finezza, e per certo qual gusto, che dicono di catrame.
Confrontati coi più riputati vini dell’Europa meridionale hanno avuto, così giudicando dilicatissimi palati, l’onore della preferenza, e presentono i medesimi che, se accada meglio sieno conosciuti nel continente, i famigerati ungarici vini del Tokai non si possano sostener nell’alto luogo, dove sono, e il colle di Mizàomale debba cedere al cagliaritano.
I campidanesi pongono molt’opera ad assicurare i vini.
Consiste questa operazione nel travasarli, e separarli dalla feccia, o dal sedimento.
Siffatte trasfusioni dopo la prima, che si suole eseguire nel gennajo, si ripetono nel marzo, nel maggio, da alcuni anche nel luglio, da più pochi pure una quinta volta nel settembre.
Così si diffecciano, e acquistano maggior liquidità e chiarezza.
La quantità che si fabbrica dei vini gentili è circa un decimo del comune.
Sono celebrate nella provincia la vernaccia di s. Sperate; la malvagia, ed il moscato di Samassi e di Uta.
Né sono in minor pregio i vini d’Orri e di Capoterra.
Si pubblicò trovato da un intelligente proprietario il modo di fabbricare il vin di Malaga, e fu annunciata tanto perfetta l’imitazione che non se ne addarebbe un malaghese.
Ma è meglio far conto dei nostri, né è necessità dare al mònica nazionale un nome straniero per conciliargli estimazione.
Dalla distillazione dei vini producesi per ogni quartiere (vedi Busachi prov., Equaz. metrica) tre libbre di alchool poco più o meno per la maggiore o minor loro bontà.
I Samatzaesi bruciano gran quantità di mosto, e provvedon d’acquavite i paesi d’intorno.
È comune l’arte di far dei rosoli, e di confezionar variamente li spiriti men rettificati.
Altra porzione di mosto si acidifica, ed a questo ora suole usarsi quello che viene dalle uve che si tolgono dal superiore strato del tino, le quali ne han già concetto un principio.
Gioverebbe alla economia domestica, quando l’abbondanza è maggiore dell’ordinario, né si sa che uso farsi del mosto, se conoscessero i contadini come ottenerne dello zucchero.
La facilità del processo permette che possa questa manipolazione raccomandarsi alle donne (vedi Elem.
di chimica generale applicata, nella traduzione italiana per G.L. Cantù).
Che se questo per lo gusto rinfrescante e dolce sia inferiore al comune, non pertanto sarà cagione di grandi risparmi.

Calangianus
Le vigne prosperano, e da molta copia e varietà di uve cola tanto vino a poterne somministrare ad alcuni paesi d’intorno, dell’Anglona pure e del Montacuto; se ne distilla eziandio dell’acquavite, e questa pure in quantità maggiore del solito consumo interno.

Calasetta
Le vigne sono 150, ed in esse sono piantate 1,500,000 viti, che all’anno producono quartieri 200,000, pari a litri 1,000,000 di vino eccellente.
I zibibbi delicati e l’acquavite spiritosa ottengonsi dalle uve migliori di Spagna e di Francia, che si hanno in gran copia.
I vini gentili, moscatello, girone, monica, cannonao ecc., sostengonsi in paragone con li migliori del Campidano.

Capoterra
Il vigneto occupa d’un giorno in altro nuovi spazi.
I vini sono per forza e delicatezza non inferiori a quelli, che vengono dalle terre più vantate in Sardegna per questo prodotto.

Carbonara
Nel vigneto sono in piena vegetazione viti 500000, ed il loro prodotto è triplo di quello ottengasi
nel restante del campidano.
Un giuàli (ordine di 125 viti) dà i 60 quartieri.
Conosciuta nel terreno cotanta attitudine a questa specie amano tutti di piantar vigne, e provvedere
in copia al bisogno e al piacere.
Si fabbrica vini ordinari e gentili.
Le specie de’ secondi sono state notate nell’articolo Cagliari provincia.
Gli ordinari sono buoni a pasto (per istomachi forti) e sarà maggiore lor bontà come più maturino le vigne.
Traesi dai medesimi acquavite eccellente, ed in copia; ché mentre altrove da 10 quartieri di mosto di forza mediocre non ricavasi che una sola cotal misura di spirito; e non più di due ove ottimo sia; in questo se ne ottengono due e mezzo comecché il vino che bruciasi non sia scelto.

Cargeghe
Le vigne producon bene, e vi prosperano gli alberi fruttiferi.

Castelsardo (agro).
Nelle vigne sono sparse moltissime specie di fruttiferi, meli, peri, aranci, limoni, fichi, peschi, meli cotogni, in breve quasi quante si coltivano nel contado di Sassari.

Chiaramonti
Le vigne sono felicissime sulla falda, e nelle vallette del monte contro austro e levante.
Le viti dell’uva bianca sono distinte in diciassette varietà, della nera in 12, della rossa in 2.
I vini hanno fama di bontà; ed è tanto la loro quantità che se ne può e suole somministrare ai vicini villaggi.
Cuocesi assai di mosto per sappa, e se ne brucia non poco per acquavite.

Cheremule
Il vigneto è piuttosto esteso perché occupa un’area di circa 800 starelli; ma bisogna dire che una gran porzione delle medesime sono di proprietà de’ tiesini.
Il clima è ottimo per le viti, e potrebbesi avere molta copia di buoni vini.

Coderra.
Boddèu di più di 20 furriadorgius sparsi in gran spazio.
Trovasi presso il fiume del suo nome e non lungi dal Terrazzu, di cui si fe’ già parola, e in principio del gran piano del Sulci.
Vi sono alcune vigne di notevole estensione

Codrongianus
Le vigne sono prosperose, e i vini ordinari i assai pregiati.
Poca quantità bruciasene per acquavite.

Collinas
Le vigne occupano una superficie estesa.
Le uve sono di molte varietà, il vino comune è bianco e consumasi tutto nel paese.

Cossoine
La vigna vi prospera, le viti sono distinte di circa venti maniere, e danno quartieri presso a 20,000.
La qual quantità non soddisfacendo alla sete degli uomini e delle femmine deve esser cresciuta col prodotto delle altrui vigne a contanti o a baratto.

Costavalle [territorio corrispondente ad un’area del Logudoro]
Le vigne producono quartieri circa 200,000.

Cuglieri
Il vigneto non ne occupa più di 15,000.
Le varietà delle uve sono moltissime in alcune campagne, e se ne potria o vorria discernere non meno d’un centinajo.
Le viti penso non essere in numero minore di 20 millioni.
De’ loro vini comuni nessuno meritò special vanto; de’ gentili è celebratissima la malvagia di Tresnuràghes, che dicono di Bosa, perché dai bosinchi solita vendersi e offrirsi in dono.
Quando essa acquista maggior purezza dal tempo può mettersi a confronto di qual che esso sia il miglior vino che vantino le più suntuose mense dell’Europa.
Dalle vigne distanti dal mare si ha tal vino, che riesce poco gradevole, e poco resiste ai calori.
Accade frequentemente che si calpestino i grappoli non ben maturi, e questo usasi fare da molti in certi luoghi poco cupi sotto il cielo comeché talvolta piovoso; quindi senza altra cura d’arte e precauzione che di meschiarvi alquanto di sappa a che non venga in acidità, tostamente si imbotta.
Con meno di fretta, e più di metodo nella manipolazione potriasi averne dell’ottimo anche nel Marghine e in s. Lussurgiu.
Acquavite.
Bruciasi nella provincia grandissima quantità di mosto della quale tre quarti devonsi cedere ai Lussurgiesi.
Contenendo principalmente i vini del loro vigneto molta copia di alchool, ed essi adoperandosi nelle operazioni con più intelligenza succede che la loro acquavite sia in più alto pregio, che quella dei villacidresi, e con più riputazione di questi si venda per tutto il regno.
Seminagione Vino star.
grano orzo fave legumi lino Alb. frutt. quartari

INSERIRE TABELLA

Curcuris
Sono coltivati alcuni orti e un mediocre vigneto; ed essendo il clima fausto alle viti, ottengonsi ottimi vini, e in copia, di cui però a niuno si fa parte.

Decimo (circondario)
La vigna produrrebbe nientemeno che nelle finitime regioni del Campidano e del Nuorese; ove e fosse piantata in una decente esposizione e migliore il processo della manipolazione.
Mentre in Uta e in San Sperate spremesi buonissimo mosto a vini e comuni e gentili per ciò che sono i grappoli da siti ben scelti; dovea per altra ragione aversi poco o niente buono dalle vigne prossime al monte sotto le correnti aeree dal borea.
Ivi la vite deve e non poco patire anche dal gelo.
Questa coltivazione non è molto estesa, come può apparire, da che il prodotto complessivo non ha molta quantità ridondante da una misura di quartieri 50,000; che però alla sufficienza dell’annual provvista devesene comperare dai dipartimenti finitimi.
Generalmente pochi e poco studiano alla coltura ortense.

Decimomannu
Le vigne sono poche, e i prodotti di poca bontà, né la quantità sopravanza le 10 mila quartare.

Desulo
Non sono più di dieci vigne, ed esse di piccola estensione, sebbene alla parte occidentale sianvi delle piagge al proposito.
I vini sono poco beverecci, e questo principalmente per farsi la vendemmia ai primi di settembre.
Per ciò, e pure perché pochissima la quantità devesi tutto l’anno prenderne dagli altri luoghi del dipartimento, dove i vigneti sono più felici, e dalla Ogliastra.

Dolia (dipartimento)
La vinificazione non è eseguita con quello studio che sogliono i vicini campidanesi. Le vigne sono con molta cura coltivate in quello di Sicci e di S. Pantaleo, che danno alla capitale uve e mosto.

Domusnovas
Delle vigne che molte si aveano nell’addietro non rimase che una sola, e da’ frutti di questa noi possiamo argomentare che non erano senza bontà i vini. […] il vino comprasi da Iglesias e S. Antioco.
Rispettasi la sobrietà.

Donigala Fenughedu
La vigna è ubertosa, e hannosi buoni vini e in copia, dei quali la quinta parte si brucia per acquavite.

Donori
Le vigne occupano 300 star. di superficie.
Vi sono le solite varietà d’uve, e danno circa seimila quartare di mosto.
I vini riescono di buona qualità, e con più arte potrebbero esser migliori; essi si consumano nel paese.

Doris (curatoria del Logudoro)
Area territoriale.
Sarebbe coltivabile nel dipartimento una superficie di star.20,500; ma non sono coltivati più di star. 8200 a cereali, 950 a vigne, 1530 sono chiusi a tanche per pascolo e seminerio alternativo, 190 a orti Dalle vigne si hanno 340 botti (di 75 quartara) di mosto bianco e 7 di mosto nero.

Dorgali
Le viti producono assai.
Il cannonào è la specie più comune.
Il vino è d’una bontà non ordinaria, e se ne vende in copia ai nuoresi ed orgolesi.
Lodasi soprattutto la malvagia, e v’ha chi pregi più i vini di Dorgali che quelli di Oliena.
Una parte del mosto si brucia per sappa ed acquavite.
Delle uve una metà si fa appassire.
Esse sono pregiate, e si vendono, o si cambiano per altre cose.
Dualchi Sonovi più di 300 vigne, ma tutte di piccola area e poco fruttifere.
Il vino è soave, ma di poca forza, e la sua annuale quantità non sopravanzerà li 18,000 litri, che consumasi tutta nel villaggio; e siccome non basta, ne devon comprare non piccola quantità da altri paesi.

Elini
La vigna prospera a maraviglia, ed è principalmente da’ suoi frutti che guadagnano alcuna cosa questi paesani.

Elmas
La vigna prospera, e i vini neri e bianchi di varie qualità stimansi eccellenti.
Si raccoglieranno annualmente da 50 mila quartare di vino, di cui la quarta parte consumasi nel paese, l’altro vendesi alla capitale ed a’ villaggi del dipartimento.
Se ne brucia per acquavite quanto è sufficiente al bisogno.

Escalaplano
Le viti vi prosperano, ed annualmente si raccolgono circa 20 mila quartare di mosto.
Il vino lodasi come ottimo.
Se ne brucia poco per acquavite.
Le piante fruttifere di diverse specie sommano a circa 15 mila individui.

Escolca
Le vigne occupano l’area di starelli 150, dalle quali non si suole avere più di 600 brocche di mosto, che sono una misura minore del loro bisogno.
Quindi ne devon comprare da quelli a’ quali in altro tempo davano il loro superfluo.

Escovedu
Le vigne danno del vin bianco che sentesi crudo per difetto d’arte nel manifatturarlo.
Pochissimi alberi fruttiferi son coltivati ne’ predii.
Tutto il territorio di questo villaggio non sopravanza li 900 starelli, de’ quali 50 non sono coltivabili, 40 sono occupati dal vigneto, e 200 si lasciano incolti per prato comunale.

Esporlatu
La vite viene assai prospera, e dà gran copia di mosto.
Il vino perché non bene manipolato non è di quella bontà che esser dovrebbe per il favor del clima.
Sino al gennajo molti conservan ne’ fondi alcuni grappoli, e posson presentare agli ospiti bellissime uve anche nella primavera.
Queste tengonsi appese dopo averle asciugate al sole per uno o due giorni.

Esterzili
Le vigne sono poche, e il vino di nessuna bontà; però debbono comprarne dalla vicina Ogliastra.

Florinas
Il vigneto estendesi in 200 starelli di superficie.
Le uve non sono di molte varietà.
Si fa vin bianco e in tanta copia che se ne ha per vendere e per nutrire tre lambicchi.

Fluminaria – Nurra – Romandia
Le vigne sono in felicissimo clima e danno annualmente circa 4 milioni di pinte o litri di mosto.
Della qual somma almeno il decimo si brucia per acquavite in sedici lambicchi.
I vini de’ luoghi aprici hanno gran sostanza e forza, non così quelli de’ luoghi bassi e delle vallate.
La manifazione n’è generalmente poco curata.
Nel commercio estero sono rifiutati perché nella traduzione se siano riposti in vasi di legno perdon subito la limpidezza e quindi passano alla corruzione; non però così se in vasi di vetro.
I vini gentili rare volte possono lodarsi di qualche bontà.
[…] Romandia.
Delle 35 miglia quadrate che abbiamo assegnate a questo dipartimento sole 16 sono lavorate.
La parte occidentale è granifera, l’orientale ottima per i fruttiferi e le vigne.
Seminagione. Si computa che i coloni di questo dipartimento seminano annualmente starelli di grano 3800, d’orzo 1000, di legumi 300.
Generalmente si ha l’ottuplo della semenza.
Le vigne vi son lietissime e la malvagìa di Sorso è meritatamente riputata.

Fluminimaggiore
Le vigne sono quaranta, il prodotto consumandosi dentro quattro mesi debbon però i Fluminesi comprare da Carloforte e dai paesi limitrofi quel che sia necessario per completar la provvista.

Flussio
La vigna vi prospera: le uve sono di quelle tali varietà che dicono muristèllu, trobbàdu, albaranzella, redagliàdu.
Il mosto lodasi per la sua bontà: la quantità non eccede le 200 cariche, della quale una piccola parte
cuocesi in sappa.

Foghesu
Il terreno come è atto a’ cereali, così lo è pure alle viti ed agli alberi fruttiferi: ma si sdegna la fatica, e devesi comprare il vino e le frutta da’ paesi vicini.

Fonni
Le vigne vegetan bene; ma sia perché le uve non sono mature quando ritorna la mala stagione, sia ancora per il difetto della manipolazione, i vini non hanno alcuna bontà.
Forse maturerebbero se i fondi non si levassero troppo dal suolo, e non si volessero pampinosi.
Il sistema delle viti alte e fogliose (pastinu incannizzadu) che può tenersi in luoghi calorosi e dove l’estate è assai lunga, nuoce in regioni dove anticipa l’inverno.
Se esse sian men pampinose la pianta e il grappolo sente più il sole, e se siano basse, il calore di riflessione essendo maggiore, giova ad una più pronta cozione de’ sughi.
Per il sunnotato difetto de’ vini la cultura delle vigne è così negletta, che mentre in altri tempi aveasi la sufficienza per la popolazione, ora devesi nell’autunno mandare nella Ogliastra per più di due terzi della provvista.
E forse non andrà molto che la comprino intera essendo ingrato il vino delle loro viti, gratissimo l’altro.
Veramente il mosto della Ogliastra dopo che il freddo abbialo depurato ha una singolare soavità nelle Barbagie.

Fordongianus
Le vigne pure prosperano e fruttificano assai, massimamente le disposte alla sponda del fiume.
Sono usate uve di circa otto varietà, tra le quali è comunissimo il nuràgus.
Abbondano queste di mosto, tuttavolta non se ne ha abbastanza per tutto l’anno, e però devesi comprarne in quantità dai paesi vicini.
La gran cura di vincere con tal medicina la nociva umidità del clima, generò la consuetudine di bere assai e di propinare agli ospiti e ai passeggieri, sino alla nausea: per la detta ragione di sanità anche le donne bevono spesso.

Furtei
Le vigne occupano starelli 50, e sono poco curate.
Il vino è insufficiente, e molti devono provvedersi da Villacidro, Uras e Terralba.

Gadoni
Le vigne fruttifican poco, onde i gadonesi, così come gli altri barbaracini del dipartimento Belvì, devonsi provvedere da Atzàra.
I vini comunemente sono bianchi.
Del mosto una parte si bolle a fare il cotto, con cui condire il rimanente, e per la provvista della sappa a impastar la farina de’ pani di sappa, ed a confettare la scorza dell’arancia e del limone disseccata al sole.
Moltissime sono le varietà delle uve, le quali in regioni ben esposte maturano perfettamente.
Se ne appende in gran quantità e si conserva bene per più di sei mesi.
Un’altra porzione si confeziona con l’aceto.
Si distilla un poco di acquavite.

Gairo
Questo clima è felicissimo alle viti.
I vini sono pregievoli per la sostanza, per un gusto soave, e per altre ragioni di bontà, principalmente quelli che traggonsi dalle due specie che dicono cannonau e vernaccia.
Nella gradazione del valore istituita da’ negozianti hanno il secondo luogo, e però sono stimati nel commercio di poco inferiori nel prezzo ai vini di Ilbono e Lanusei, e molto superiore a quelli di Jersu di Ulàssai, e di Osini.
Gairo vende un dieci o quindici per cento meno di Ilbono e Lanusei, mentre gli altri devon ribassare al 40 e anche al 50.
I mercanti genovesi vi si portano a contrattare o mandano de’ commessi.
Le compre si fanno tra il maggio ed il settembre.
La estensione del vigneto gairese può esser intesa da questo, che mentre nel paese se ne consuma in gran quantità, e molto se ne vende ai genovesi, ne rimane ancora per darne a’ dipartimenti delle Barbagie, del Logudoro, e della Gallura, e per distillarne in acquavite, senza far ragione del mosto che cuocesi per la provvista della sappa.
Due sorta di vini si usano fra’ gairesi, e la ragione della distinzione è nel sapore, o dolce o amarognolo.
Quindi una della prime domande che si fanno all’ospite è se voglia esser servito di vin dolce o amaro.
Nelle vigne sono frequentissimi gli alberi fruttiferi. […]
Dopo i predii compresi nel vigneto non è chiusa alcun’altra terra.
V’ha un buon numero di vetturali di vino, i quali vanno in carovana alla spiaggia di Tortolì e ne’ villaggi della provincia di Nuoro, portandolo su cavalli in grandi otri, alcune delle quali sono capaci di dieci quartara.
Commercio. L’articolo principale è il vino.

Gerrei
Le vigne occupano circa 1330 starelli di terreno nella seguente ripartizione, 200 in Paùli, altrettanto in Silius, 230 in Ballao, 400 in Villasalto, 300 in Armungia, e producono annualmente circa 80 mila quartare!! Un vigneto di cotanta estensione è capace di circa fondi cinquemilioni e dovrebbe dare 500 mila se fossero in buon terreno, o la metà o il terzo, se in condizioni men fauste.
A dar ragione perché la cifra sia meno anche d’un terzo, credo valga l’uso dei galilesi di educar alte le viti e lasciar troppe gemme, mentre la sostanza viene così a dissiparsi nella nutrizione di inutili pampini.
Nella regione di Villasalto si fa un vino assai lodato: è di qualche pregio quello che si fa nel territorio di Armungia e di Ballao; ma di nessuna bontà quel che manifatturano i Siliesi e Paulesi.
Mentre i metodi son gli stessi conviene attribuire la differenza alla natura dei terreni e forse più veramente alla esposizione dei medesimi.
Infatti mentre nel gran vigneto paùlese posto nella regione s’Arruargiu poco soleggiata le uve non posson giungere a perfetta maturità, e marciscono prima che acquistino dolcezza i loro umori; nelle poche vigne, che sono nella regione s’Arromu ben esposta al sole e nelle apriche collinette di Marrada i frutti vengono all’intiera perfezione.

GALLURA
Vigne. La vite viene felicemente, ma in poche regioni può maturare i grappoli, ondeché rende meno di mosto che si aspettava, e i vini non reggono nel paragone con quelli che provengono da terre più calde.
Non tacerò tuttavia che di questa loro poca bontà si deve in parte accagionare la poco saggia manifattura.
Generalmente il mosto si condisce col cotto, e questo or vi entra per una metà, ora per un terzo, ora per un quarto, secondo che esiga il diverso grado della immaturezza delle uve.
Il cotto è dal mosto ridotto pel fuoco a un terzo della sua quantità.
I vini così confezionati non inacidiscono, però sentonsi troppo gravi allo stomaco.
I frutti delle vigne marittime sono, come si può supporre, assai migliori; ma per i metodi non buoni non sono tali che abbiano riputazione.
Il prodotto di circa 25 milioni di viti si può calcolare in 10 milioni di litri.
Pel consumo della provincia bastano 4,760,000 litri, cioè 3,173,333 di mosto e 1,586,666 di cotto: della restante quantità di 2,066,669 parte si vende, parte si brucia per acquavite.
In Tempio, Luras e Calangianos si avranno lambicchi 25.
I tempiesi brucian per lo meno un terzo del loro mosto.
I lurisinchi viaggiano a vendere i loro vini, e ne vendon pure i nuchesi e calangianesi.
Coloro che negoziano in questo genere comprano soventi in sul luogo della vendemmia, e se siavi abbondanza non danno più che ss. 7 1/2 per carica (litri 50).
Commercio de’ galluresi.
Vendono pure i galluresi pelli e cuoje conciate, lardo, presciutto ed altri salami, cera grezza e lavorata, tele, albagio, vino e acquavite, sugheri, erbalana, ecc.
Lucrano dai capi vivi scudi sardi 39000, dai formaggi 30000, dalle pelli e cuoje 1600, dalla cera 600, dal grano 2000, dal vino ed acquavite 10000, dai sugheri 10000, dall’erbalana 2000, e circa 8000 dalle tele e dai panni.
Pertanto il lucro che percevono i galluresi nel commercio cogli esteri, computando con i generi suddetti il guadagno di alcuni altri articoli, non si può creder maggiore di scudi sardi 110,000.
Viandanti galluresi.
Circa 200 tempiesi sogliono girare pel regno a cavallo con some di vino, acquavite, pannilani e lini, cera, miele, pelli, ecc.
Nella vendita del vino e dell’acquavite nei prossimi dipartimenti sono pure occupati i lurisinchi; e le loro donne viaggiano spesso a Tempio per vendere le loro derrate, donne laboriosissime, che van filando per via e nelle contrade mentre portano sulla testa il peso delle cose da vendere […].
L’agricoltura è più avanzata, i fruttiferi più numerosi, una vigna… Entravi a riposare, e non ti sentirai molto disagiato.

Galtellì
Le viti sono in un clima felicissimo, e i loro vini così generosi che da molti si eguagliano alle migliori qualità che provengono da vigneti marittimi delle regioni più celebrate.
Se ne fa in copia, ma perché mancano compratori consumasi tutto nel paese.

Gavoi
Vigne. Dopo che gli ogliastrini fecero gustare agli uomini di Gavoi i loro blandissimi vini, questi non si poterono più persuadere a coltivarle, accortisi che qualunque cura adoperassero, non mai potrebbero avere vini di egual bontà.
Nel loro vigneto le uve di rado giungono a maturità per la sopravvenienza del freddo sin dai primi di settembre; la qual ragione con l’altra della poca perizia nella manifattura fa che i vini non debbano essere di pregio e grati.
Comunemente sono bianchi e conditi col cotto, perché durino alla estate.
Se le viti si fossero piantate in Meriddè e in Samatta forse i prodotti sarebbero stati migliori.
I gavoini se bevono il vino straniero non gittano il proprio, ma lo bruciano per averne un’acquavite che pare a essi una delizia, e che come la miglior co- sa presentano agli ospiti ed agli amici.
Si fa questa operazione in circa 8 lambicchi.

Genoni
Le viti prosperano e producono copiosamente: le uve sono di molte varietà, i vini, sebbene mal manifatturati, hanno della bontà, li gentili una lusinghiera soavità.
Forse si vorrà presto ampliare il vigneto, perché le botti che si hanno non propinando più dopo gli otto mesi, bisogna comprare il sufficiente per gli altri quattro.

Genuri
Le vigne sono 30 e comprendono un’area di circa 45 starelli.
Si fa vino nero (comune) e bianco (gentile) di mediocre bontà.
Le specie più frequenti sono le uve volgarmente appellate bovalì, malvagia, sazzaborus.

Gergei
Il vigneto occupa circa la quarta parte del territorio, e produce vini comuni e gentili di molta bontà.

Gesico
Circa 150 starelli di terreno sono occupati dal vigneto.
Il prodotto sopravanza spesso le 20 mila quartare.
Le uve più comuni sono le così dette mostài, nuràgus, mònica, malvasia.
I vini sono di molta bontà.

Gesturi
La vigna vi è prosperissima, e ottienesi una copiosissima quantità di vino (circa 180 mila quartare), di cui si fa smercio nella capitale, e nelle feste popolari.
Quello che sopravanza bruciasi in acquavite, la quale si vende ne’ paesi circostanti.

Ghilarza
I ghilarzesi vendon molto vino a’ sedilesi che poco curano le vigne e mandan acquavite ne’ paesi circostanti.

Giave
Le vigne sono prospere.
Il vino suol essere bianco e di bontà mediocre: il superfluo vendesi in Cossoine e in Pozzomaggiore.

Girasole
Le vigne daranno circa 5000 quartare di mosto, del quale i due terzi sono venduti ai negozianti di Tortolì. I vini sono ottimi e di durata, ma niente dolci, perché le uve migliori si fanno appassire.

Goceano
Le vigne danno ottimi vini se siano ben esposte.

Goni
Le vigne sono poche, e il prodotto di nessuna bontà, perché mal scelti i luoghi.
Il mosto che fanno non basta al consumo, e devesi supplire comprandone da altri paesi.

Gonnoscodina
Le vigne sono piantate alla sinistra del fiume, e occuperanno circa 90 starelli, ma non somministrando il sufficiente, devono questi gonnesi comprarne.
Ora sono un po’ sobrii; prima vedeansi tali bevitori, che poteano dopo aver bevuto in tavola ingozzarsi una quartara di vino senza restarne offesi.

Gonnosnò
È piantata a vigna una estensione di starelli 60.
Il vino è oltre al bisogno, e se ne brucia una piccola quantità.

Gonnostramatza
Le vigne non sono molto curate; e non pertanto producono abbondantemente.
Le uve sono bianche, e la più comune è quella che dicono nuràgus; però anche i vini sono bianchi.
L’estensione piantata a viti sarà circa di 110 starelli.

Guamaggiore
Dalle vigne ottiensi mosto abbondante, e si fa vino bianco e nero.
Le uve bianche sono il moscatello, la malvagia, il semidano, l’erbaposada, l’uva d’un grano, l’occhio di rana, il galoppo, il nuragus, l’apasorgia bianca: le nere sono il mustello o bovàli, la zaccarredda, la monica, il girò, la merdulina, il cannonao, la apasorgia nera, la nieddera, il rosanera.

Guasila
La vigna è prospera, le uve comunemente sono nere, onde anche il vino è nero, e in una quantità non minore di quartare 25000.
Le uve bianche possono complessivamente dare 1000 quartare.
Sebbene non si faccia distillazione, appena si ha la sufficienza al bisogno della popolazione.

GUILCIERI
Prodotto delle vigne quartare 202000.

Guspini
Le vigne prosperano poco per essere i terreni di poca sostanza.
Le più comuni varietà delle uve sono il moscatello e il nuragus.
Il vino non essendo molto gradevole al gusto, viene versato nei lambicchi.
Il totale del mosto, che raccogliesi, è circa 4000 brocche (ciascuna di 10 quartare).

Iglesias
Le vigne prosperano mirabilmente, e in nessun’altra regione sarda sono più belle e fruttifere, che nel territorio degli antiocheni e dei carolini.
I vini sono di tutta bontà.
La vendemmia non dà ai primi meno di 200 mila quartare di vini, e poco meno ai secondi; onde quelli ne possono vendere circa la metà (1000 botti), e questi i due quinti.
Il prezzo è assai basso, perché rare le richieste; e però i coltivatori devono dolersi che le loro fatiche
siano mal compensate.
Il vigneto d’Iglesias è esteso e ben coltivato.
Le viti di tutte le conosciute allignanti nella Sardegna vi lussureggiano in una vivissima vegetazione.
La potatura è corta come usasi nelle regioni settentrionali, la cultura non diversa da quella che usano i campidanesi, la quantità del mosto di circa 1,440,000 litri.
I vini non si travasano, come fanno più volte i vignajuoli del territorio di Cagliari, e non pertanto durano più anni.
Quelli che sieno ben manipolati dopo i tre anni acquistano il gusto del malaga.
Le vigne erano non molti anni addietro il principale articolo del commercio degli ecclesiensi per le molte botti che si mandavano fuori nel Ciserro e nel Sulcis, e si vendeano con gran riputazione.
Ma poi che si piantarono innumerevoli viti in s. Antioco, in Calaseta, in Carloforte e in Connesa, luoghi sabbiosi, dove la specie è impareggiabilmente più generativa, e sono i vini più leggieri, spiritosi e delicati, cessò in gran parte il lucro, non estraendosi che poche migliaja di brocche per Villamassargia e Domus-novas.
L’appalto civico dell’acquavite accresce il danno de’ proprietarii delle vigne, i quali non possono bruciare più di vino che basti alla rispettiva provvista.
Le vigne prosperano poco per essere i terreni di poca sostanza.
Le più comuni varietà delle uve sono il moscatello e il nuragus.
Il vino non essendo molto gradevole al gusto, viene versato nei lambicchi.
Il totale del mosto, che raccogliesi, è circa 4000 brocche (ciascuna di 10 quartare).

Irgoli
Il vigneto è molto esteso e prospero, e sono comuni le uve vernaccia, cannonau, nieddu-mannu, calabresa, e retagliu.
La vendemmia dà per la provvista e per il commercio.
Una porzione bruciasi per acquavite

Isili (circondario)
Le vigne occupano complessivamente un’area di circa 4000 starelli, e la produzione si approssima a un milione e mezzo di quartare, un quinto della qual quantità si cuoce, o si brucia per acquavite.
I vini nelle regioni calde sono di una gran bontà; in quelle dove le uve non giungono a maturità poco pregiati e graditi.

Isili (paese)
Le vigne occupano complessivamente un’area di circa 4000 starelli, e la produzione si approssima a un milione e mezzo di quartare, un quinto della qual quantità si cuoce, o si brucia per acquavite.
I vini nelle regioni calde sono di una gran bontà; in quelle dove le uve non giungono a maturità poco pregiati e graditi.

Ittiri
I terreni chiusi del vigneto avranno un’area di circa 7000 starelli. […] Nella grande estensione che abbiam notata per il vigneto sono circa dieci varietà di uve.
Si suol vendemmiare prima che i grappoli abbiano maturato, e da ciò nasce che una metà del mosto sia di mediocre bontà, l’altra di nessun pregio.
Quelli però che usano miglior arte hanno vini ottimi, e tra’ gentili sono molto stimati il moscatello, e il turbato o cuscusedda.
In anni di ubertà si raccolgono poco più o meno di diecimila cariche: e di questa quantità or la metà ed ora un terzo distillasi in acquavite in circa 15 lambicchi.

Itireddu
ha di terreno chiuso starelli 2400, aperto 3200 e nel vigneto 147 […]. Le vigne prosperano: i vini sono bianchi e neri, e i più di molta bontà.
La vendemmia è abbondante; non pertanto né vendono, e né pur distillano alcuna parte del mosto; e con esso usano molti supplire al difetto delle acque.
L’acquavite, che credono una bevanda salutare in clima così umido, comprasi da Pattada.

Jerzu
Vi sono terre buone per i cereali e ottime per le vigne. […]
La vigna prospera come ne’ luoghi più favorevoli.
Si coltivano tutte le viti, però le più comuni sono il cannonau e la vernaccia.
I vini riescono di ottima qualità e però se ne fa gran commercio co’ genovesi.
Quel che non si possa vendere si versa ne’ lambicchi e dà l’acquavite, della quale vendesi molto nel Sarrabus, nella Barbagia e in altri dipartimenti.
Dalla vendemmia si hanno circa 60 mila quartare, della qual quantità passano nel commercio almeno i tre settimi.
Laconi pochi luoghi.
La vigna vi prospera bene, e nelle uve non si distinguono più di dodici varietà.
Il vino è piuttosto un po’ leggero e buono per il pasto.
In altri tempi Laconi era nobile per il suo vino greco.
La vendemmia produrrà circa 25 mila quartare, le quali appena bastano per i due terzi dell’anno.
Le uve si conservano sino al giugno.

La Maddalena
La vigna prospera, e nelle uve bianche ha più comuni le varietà che dicono brustiana, vermentina,
moscatello: nelle nere le nominate girò, muristellu, cardarellu, carcangiola.
La vendemmia suol soventi produrre più di 100 botti di 500 pinte: il vino formato dalla mescolanza di tante uve lodasi per gran bontà.
Siccome questa quantità è molto minore del bisogno, quindi non se ne può bruciare per ottenerne acquavite.

Lanusei
Vigne. Sono queste la principal sorgente del lucro di questi provinciali.
Il sole opera sugli aprichi lorpoggi con tutta sua virtù a maturare i succhi de’ grandi grappoli che incurvano i pampini; ed una semplicissima operazione dà i vini più pregievoli al commercio. Le viti delle uve bianche sono nelle seguenti varietà; malvasia, arista, retagliau, vernaccia, farnaccina, moscatello, moscatellone, nuràgus, uva d’angeli, coierbei, albacanna, albicella, albumannu, albaparadu, corniola, culpunto, calabresa, bisini, molle, titiaca, altrimenti triga, o apesorgia, galopo: quelle dell’uve nere son dette, cannonao, girò, muristello, altrimenti merdolino, amantosu, occhio di bue, bonengia, nieddamanna, nieddacarta, borgio, rosa, titiaca nera, e alcune altre maniere meno frequenti.
Il cannonao e il nuragus sono le predominanti.
Mangiasi il galopo, il girò, la nieddacarta, la calabresa, il muristello, la triga bianca e nera, l’albicella che è leggierissima, la rosa che è la più comune delle uve pensili, o di pergola, l’amantosu che è molto gradita e leggera.
La triga si conserva fresca tutto l’anno, il galopo, e l’albumannu si fa appassire.
Il vino comune si fa generalmente col cannonao, la vernaccia, la farnaccina, il nuragus e le uve moscatelle.
Tra i vini dell’Ogliastra pregievoli per la sostanza, per la soavità, e per altre ragioni di bontà, quei di Lanusei e di Ilbono si stimano di superior bontà; quindi quei di Gairo, sotto essi quei di Jerzu, Ulassai e Osini, in ultimo gli altri.
Nel commercio i gairesi ribassano il 15 per 100 in paragone con i vini di Lanusei e Ilbono, gli altri il 40 e il 50.
L’ordinaria quantità della vendemmia è di carratelli 5680, che contengono quartare 1,704,000, risultanti dalle parziali di carratelli 1850, o quartara 555,000, nel distretto di Lanusei; di carr. 1500, o quart. 450,000, nel distretto di Barì; di carr. 550, o quart. 465,000, nel distretto di Villapuzzo; e di carr. 780, o quart. 234,000, nel distretto di Trièi.
Di tutto questo mosto la metà si beve nel paese, un decimo si cuoce nelle caldaje per farne la sappa, che è un articolo necessario di provvista nelle famiglie, un altro decimo si brucia ne’ lambicchi per acquavite, e il rimanente si pone in commercio, e vendesi o agli altri dipartimenti del regno, o all’estero, come poi si dirà.
Il terreno occupato da’ vigneti è eguale a starelli 15,009 nel seguente ripartimento, pel distretto di Lanusei starelli 4,950; per quello di Barì 4,110; per quello di Villapuzzo 4,140; e per quello di Trièi 1,709.
Comuni Seminagione Superf. quadr.
Dot. de’ monti in grano orzo legumi lino vigne orti grano ll. sarde LANUSEI star.

INSERIRE TABELLA

Lanusei (paese).
Vedrai nel territorio di questo comune il vigneto assai considerevole, prosperissima la vite, e i grappoli abbondantissimi d’un mosto molto pregiato.
Per tutto il vigneto, che estendesi in là del paese ben più d’un’ora, sono molti magazzini, ne’ quali lasciasi il vino fino all’epoca che si vende.
La porta, che serve solo per impedir l’ingresso agli animali, non osta all’uomo che voglia entrare; e non pertanto pochi padroni si lamentano di bevitori furtivi.
I ladronecci soliti sono di qualche capo di bestiame minuto, e il consiglio a commetterli è dal bisogno del cibo, non da avarizia.
Egli è in quest’aspetto che devonsi generalmente riguardare le sottrazioni che i padroni patiscono fatte alle loro robe.
Pe’ vini comuni sono molte varietà di uve che si mescolano ne’ tini: i vini gentili esprimonsi dal girò, dal moscatello, dalla vernaccia e dalla monica, de’ quali, perché mancano i compratori, non se ne fa che quanto basta per la famiglia, e per propinare agli ospiti ed amici.
Quando queste preziose qualità sian conosciute meglio nel continente e richieste dal commercio, i proprietarii studieranno a produrne in quell’abbondanza, che è permesso dalla moltitudine dei frutti.
Quanto i vini di Lanusei siano stimati nel commercio fu già notato nell’articolo Lanusei provincia sotto il titolo Agricoltura.
Essi ottengon un prezzo maggiore che quelli di altri vigneti.
I genovesi danno tutti gli anni somme considerevoli.

Las Plassas
La vigna occupa più di 120 giornate, ha molte varietà di uve, e produce in copia.
Si fanno senza molta arte vini comuni e fini.
Tra’ secondi è la malvagia, che talvolta pareggia la migliore che produce Sini e Setzu.

Lei
Sono nelle vigne circa 16 varietà di uve: il vino è molto riputato, e se ne fa gran commercio.

Loculi
La vigna produce ottimi grappoli, e questi darebbero ottimo mosto, se con più studio si attendesse alla vinificazione.

Lodè
Le viti vengono bene e vedesi molta varietà ne’ frutti; tuttavolta non si fa che una sola qualità di vino.
Questo suol essere di qualche bontà e vendersi in parte a Buddusò, Siniscola, Posada e Torpè e agli stazi di Montenero, e in minima parte bruciarsi per acquavite.
Il territorio del vigneto avrà una superficie di circa 180 starelli.

Lodine
In altro tempo le vigne erano prospere; ora per la mancata cultura sono deperite.
I lodinesi vollero aver bisogno del vino della Ogliastra, che molto più del proprio è soave al gusto.

Lodudoro
Il consiglio civico d’Alghero porgeva al Re una supplica per aver confermate le concessioni secolari, che godea sopra la esclusiva introduzione de’ vini del proprio vigneto, rappresentando che fidati in quei privilegi aveano applicato vistosi capitali nella ampliazione del vigneto, che da questa coltivazione una ragguardevole parte della popolazione ritraeva i mezzi di sussistenza, e che i metodi usati in Alghero per il vinificio erano più dispendiosi, che in altri distretti.
E il Re considerate tali ragioni, e veduti i diplomi di D. Pietro e D.
Alfonso re d’Aragona e di Sardegna (8 dicembre 1361 – 25 settembre 1444) confermava la concessione, che potesse il consiglio vietare l’introduzione de’ vini estraterritoriali e commerciali da novembre a maggio; ma volle che la facoltà data a’ consoli dal secondo de’ diplomi citati, per cui poteano rigettare i vini estranei da giugno a ottobre, dipendesse in avvenire dal suo luogotenente.
Lotzorai
Le vigne sono così prospere come in tutte l’altre regioni vinifere dell’Ogliastra, la quale mentre in Sardegna sono molte regioni celebri per la coltivazione delle viti, pare superiore in alcuni riguardi alle altre.
I vini sono buoni e si vendono al continente con più lucro che venga a’ paesi più distanti dal mare.

Lunamatrona
La vigna prospera, i vini sono ottimi, ed è molto riputata la malvagia.

Luras
Il circondario apparisce amenissimo principalmente nella parte dove verdeggia il suo vastissimo vigneto presso a quello di Calangianus. […]
Il Lurese in generale è più atto alle viti e all’orzo, che al frumento […] La vigna prospera maravigliosamente in molte varietà di uve.
Il vino bianco riesce in generale dolce e vigoroso, ma grave agli stomachi usati a meglio, perché il vino si mescola quasi per metà con la sappa.
Comeché nel cuocere il mosto per farne sappa la quantità del liquido riducasi a meno della sua metà, tuttavolta tanta è l’abbondanza de’ vini, che si possono di continuo nutrire molti lambicchi per l’acquavite, e se ne può fare tutto l’anno un grande smercio con Aggius, Bortigiadas, Terranova, La Maddalena, Longone, Oschiri, Ozieri, Tula e i paesi dell’Anglona, perché si reputa migliore di quello che producesi negli altri vigneti di Gallura.

Mamoiada
Si vede una certa incuria per le vigne, e n’è ragione la poca bontà del frutto.
La negligenza porta che la vendemmia dia sempre minori prodotti.
I vini si soglion conciare con la sappa; e perché facilmente inacidiscono, alcuni lo bruciano per acquavite.

Mandas
Vigne. Queste occupano poco men che il decimo dell’area territoriale.
Si coltivano tutte le uve più comuni, e alcune delle più pregiate, quali sono la galetta, la colombana, la malvagia, la canajuola, la vernaccia, il moscatellone.
Il prodotto della vendemmia in vini ordinarii o neri, come soglion dire, non è minore di quartieri cagliaritani 85 mila, in vini gentili non minore di quartieri 2000.
Di mosto cuocesi quella quantità che è necessaria per la provvista della sappa, e non se ne brucia per acquavite che quanto vuolsi dal consumo del paese e di alcuni luoghi vicini.

Mara Calagonis
Le vigne danno una vendemmia abbondantissima, e da quello che sopravanza i bisogni della consumazione interna e vendesi al Campidano, ed alla capitale, si ottiene un guadagno.

Mara di Cabuabbas
Il vigneto è ristretto, sebbene le viti prosperino e fruttifichino bene.
La vendemmia può dare 250 cariche, che sarebbero pinte o litri 7500.
I vini sono di mediocre bontà.

Marghine
INSERIRE TABELLA
Le vigne, dove ben situate, prosperano e danno un mosto di molta bontà.
Vi maturano grappoli di quasi tutte le varietà comuni.

Marmilla
INSERIRE TABELLA

Marrubiu
Vigne. La vite è coltivata su una considerevole estensione di terreno, e la vendemmia produce ben molto più che basta alla consumazione che si fa nel paese di vini, sebbene notevolissima, come accade in tutti i siti di malaria, principalmente marittimi.
Il molto superfluo vendesi nel porto di Marceddì, a Oristano e ad altri paesi de’ vicini dipartimenti.

Martis
Le vigne sono prospere, e danno molto frutto e mosto.
Il vino sorpasserà i 50 mila quartieri: stimasi per la bontà, ma non dà guadagno, perché non vi sono ricerche, e i galluresi vi frequentano a vender il loro.

Massama
Il vigneto è assai ristretto, e non si ha né pure per la sufficienza.
I vini sono di molta bontà, come sogliono esser quelli di tutti i vigneti arboresi, se le uve sieno ben manipolate.

Masullas
La vigna prospera come ne’ luoghi migliori.
La vite più comune è il nuragus, quindi le altre varietà, malvagia, moscato, monica ecc.
La vendemmia suol essere abbondantissima sì che resti molto superfluo per metterlo in commercio, venderne nelle feste e bruciarne per acquavite.
Lo spazio piantato a viti non è minore di starelli 320, il mosto di circa 80 mila quartieri.

Meana
La vigna vegeta con molto lusso, e matura tutte le varietà d’uve che sogliono essere non meno di 20.
Il vino lodasi di buona qualità, ma non si raccoglie quella quantità che pare dovesse dare la estensione del vigneto; il che devesi attribuire a due cause, ed alla imperfetta coltivazione, ed a’ guasti che fanno ne’ fondi le bestie domite e rudi, che vi si introducono per pascolarvi.
La poca cura che da qualche tempo i meanesi danno alle loro vigne è stata causata dalla cessazione del commercio, che prima faceano de’ loro vini in alcuni paesi di Parte-Valenza, ne’ quali furono poco stimati dopo che vi si portarono i vini di Terralba e degli altri paesi littorali, e più non si comprarono che a prezzo vilissimo.
Alcuni proprietarii presero allora a bruciarne per acquavite; ma né pur in questo profittarono perché i villacidresi e gesturesi poteano venderla a miglior mercato.

Milis
Vigne. Le prossime regioni sono celebri per le viti, e la milese non ha minor idoneità a quella specie; tuttavolta non piacciono i lavori necessari per la cultura e per la vendemmia, e non si hanno però che poche viti per mangiarne il frutto, e la sola vigna del marchese Boyl.

Modolo
Le vigne sono in ottimo terreno, e la vendemmia suol dare di vin comune 400 cariche, di vini gentili 60.
I vini sono di gran bontà, così ancora le uve passe che si fanno dal galoppo.
Questi, come quelli di altre regioni planargiesi, se nel commercio sono contro il vero riputati come prodotti delle vigne bosane, ne hanno per altro rispetto tutta la bontà.

Monastir
Le vigne vi sono prospere, ma in questa parte bisogna dire che i moristenesi non hanno buoni metodi, e poco ci badano.

Monserrato
Vigne. Hanno esse non meno di 17 mila ordini, le più aperte e solo separate per alcune strisce di terra arativa, che dal colle di Cagliari veggonsi a uno sguardo non disgiunte le une dalle altre in una estensione di circa 600 starelli di terreno.
Le viti che si coltivano sono il galoppo, nuragus, semidano, moscatello, bovali, la monica, malvasia e vernaccia.
I vini sono tutti di pregio.
I più stimati sono i fini e gentili, il moscato, la malvasia e la vernaccia.
Nella vendemmia non si riempiono meno di botti 1600, che potranno contenere circa 256,000
quartare, cioè litri 1,280,000.
Così ponendo per media che le botti contengan quartare 160: perché se pongasi, che le medesime abbian la capacità di quartare 250, allora le quartare della totale vendemmia sarebbero 400,000, e i litri 2,000,000.
Della detta quantità di mosto si bolle intorno a 3000 quartare per far la sapa, della quale si servono per vari usi, e per quel pane dolce che dicon pan di sapa, soventi usato nelle feste nelle famiglie, e portato in vendita anche a Cagliari.
Molti obbligandosi a qualche santo promettono dei pani di sapa, i quali sono offerti al medesimo nel giorno della festa, e appesi nella loro figura di cerchio alle braccia della barella, su cui portasi l’effigie del santo.
Alcuni devoti li fanno così grandi, che talvolta quattro pesano due cantara.
La parte del medesimo che bruciasi per acquavite è niente notevole.
Del frutto di certe viti che non è buono per mosto, si fanno uve passe per provvista della famiglia e per averne lucro.
Il galoppo e il moscatellone sono quelle che danno migliori uve passe, che sarebbero ancora più pregievoli, se si facessero con più intelligenza.

Monteacuto
INSERIRE TABELLA
La vite vegeta rigogliosa in tutte parti, ma i grappoli non maturano nella montagna, come ne’ vigneti del Campo.
Il freddo li sorprende prima che l’umore sia ben cotto all’ardore del sole.
Nasce da questo che il vino sia troppo crudo e ingrato, e tal difetto fa che le vigne siano poco curate, e che si debba pagare a’ galluresi considerevoli somme per aver quello che manca alla provvista, o per aver vino migliore del proprio.
Al mosto si mescola la sappa che è dallo stesso mosto ridotto col fuoco a un quarto della sua quantità.
Per una botte di venti cariche ne sono necessarie trenta.
Ne’ paesi occidentali di clima più caldo, dove le uve giungono a buona maturità si fanno vini generosi.
Ne’ luoghi di montagna i vini fannosi dall’uva che dicono tunisi.
Il moscatello, il retagliadu, il nieddu-porchinu, la barriadorgia si conservano.
Dove si ottiene abbastanza di mosto, una considerevole parte di questo si distilla per acquavite, della quale si fa gran consumo, nelle regioni alte per il freddo, nelle basse per l’umido.
I pattadesi impiegano molti lambicchi, e vendono i copiosi prodotti in Buddusò, Nule, Alà, Osidda, Benetutti, Oschiri, Chiaramonti, Nulvi, Orgosolo e in altri paesi.
Se nelle regioni della montagna si piantassero a viti i luoghi ben esposti, e nella manifattura si adoperasse miglior arte, i montacutesi non sarebbero tributari di altri dipartimenti per quest’articolo.

Montalbo
Le vigne maturano bene le uve, e queste danno buoni vini, nominatamente la vernaccia.
La cultura delle viti occupa poco terreno, e molti devonsi provvedere da altri dipartimenti.

Monteleone Rocca Doria
Mediocre è il frutto delle vigne e la qualità de’ vini.

Montes, regione della Sardegna, uno degli antichi dipartimenti del regno di Logudoro.
INSERIRE TABELLA
È trascurata anche la vigna, sì che la vendemmia dà appena la provvista, e un vino di poca bontà comeché l’uva maturi bene.
Si distilla poca acquavite.

Montiferru
Le vigne fruttificano bene: ma non è in tutti i luoghi che diano buoni vini, comeché in questo debbasi spesso riconoscere il difetto dell’arte.

Montresta
INSERIRE TABELLA p. 905
Comeché il suolo sia ottimo per le viti, non vi sono che sole tre vigne; e questo accadde perché il consiglio civico, signor utile di Bosa, non concedeva terreni che pel solo seminerio, e perché nella non ferma proprietà nessuno volea spender denari e fatiche sopra un terreno che dovrebbe ritornare a’ baroni senza alcun compenso alla famiglia pe’ fatti miglioramenti.

Mores
Il vigneto è esteso sopra una superficie di circa 200 starelli.
Le viti danno generalmente uve bianche, e sono le appellate nel dialetto muscadellu, muscadellone, barriadorgia, nieddu-mannu, pansale-nieddu e biancu, cuscusedda, alvusignadu, bervechina, alvara azzesa, pianu, muristellu, trija bianca e niedda, redagliadu biancu e nieddu, nieddu-prunischedda, zirone, alvuastianu, nieddu-alzu, coddiloina, palmija, cannonau.
I vini sono di poco colore, e di poca bontà per quanto comunemente si pecca nella operazione della vendemmia.
La quantità ordinaria è di circa 2500 cariche, spesso non sufficiente alla consumazione interna, sebbene se ne bruci pochissimo per acquavite.

Mulargia
Il vigneto è assai ristretto, i grappoli non maturano bene, e siccome non si sa ben manipolare il mosto, però si ha un vino di poca forza e che bevesi impunemente anche in copia.
Se ne distilla per acquavite.

Muravera
Le vigne occupano una superficie di circa 400 starelli; ma perché sono in esposizione infelice, però la vendemmia dà poco mosto; e perché la manifattura è poco saggia, però i vini non sono di bontà, e a’ primi calori inacidiscono.
È quindi necessità di supplire al difetto co’ vini di Jerzu.

Muros
Il vigneto è ristrettissimo quanto appena dia la sufficienza al paese.
La vendemmia suol produrre circa 30000 litri.

Musei
Anche sulle viti si usa pochissima diligenza, e le vigne, mentre di giorno in giorno deperiscono, dan poco prodotto nella vendemmia.
Consumato quel poco bisogna bever dai pozzi, e molti né pur ne’ giorni solenni possono aver il piacere di gustarne, mancando di mezzi a procurarsene.

Narbolia
Vigne. Vuolsi che non sia in questo terreno quella idoneità alle viti che ammirasi nelle regioni vicine.
Ma se il frutto è poco, esso è parimenti buono che ne’ luoghi che sono per ciò più vantati.
Sarà così, ma parrebbe il contrario a chi conoscesse i luoghi.
La vernaccia e canajuola di Narbolia è meritamente vantata.

Narcào.
Uno de’ maggiori boddèus, e degno di essere annoverato tra i villaggi.
Nel suo territorio coltivansi orti, verzieri e vigne

Narcao
Qui si coltivano orti, verzieri e vigne.
Vigneto. La viticoltura è la parte principale dell’agraria che i tresnuraghesi sanno esercitare, ed è giusto di dire che esercitano bene, come provasi dalla bontà de’ prodotti, senza però negare che questi, che sono eccellentissimi, riescirebbero ancora di maggior bontà, se si adoperasse un po’ più di diligenza.
È grandissima la superficie occupata dalle viti, ed è copiosa la vendemmia de’ vini comuni, e degli scelti, o fini.
Tra questi la malvasia ha i primi onori, ed il suo pregio è tanto, che quasi non v’ha altro vigneto nell’isola che dia un prodotto di pari bontà.
Un poco annosa la malvasia di Tresnuraghes, e dirò più largamente della Planargia, primeggia su tutti i vini più celebri per semplicità d’arte, per soavità di Tresnuraghes, gusto, per salubrità.
Ed in quest’ultimo rispetto si può dire che essa è un liquore medicinale, e grandemente vantaggioso a stomachi deboli ed a facoltà digestive poco attive.
Si lamentavano in addietro i tresnuraghesi che non poteano aver guadagno da questi vini; ma presentemente che un piroscafo costeggia spesso il littorale di ponente per favorire il commercio possono averne assai pro, come lo hanno i viticoltori dell’Ogliastra, di Cagliari, di Oristano ecc.
Le varietà più comuni delle uve sono le così dette Albaranzella, Retagliadu, Trobadu, Albangeniadu, Tidocco, Panzali-nieddu, Malvasia, Nieddu mannu, Muristellu, Muscatellu, Barriadorja, Girò sardu, Girò de Spagna, Erbighina o Berbeghina, Nieddu-argiu ecc.
ecc.
In media si ottiene dalla vendemmia seicento cariche di vino, nelle quali vi comprendono circa 60 cariche di malvasia.
Cuocesi un po’ di mosto per la provvista della sapa, di cui si fa frequente uso.
Il vino che perdesi si vende per i lambicchi di s. Lussurgiu, onde si compra l’acquavite, che molti agricoltori sono soliti di bevere nel mattino, massime ne’ tempi freddi per riscaldare, essi dicono, lo stomaco, che sarebbe meglio riscaldato con la malvasia, più innocente dell’acquavite.

Neoneli
Vigne. La vite è coltivata in un’area complessiva di circa 180 starelli, vi prospera assai bene, e dà non scarso mosto bianco e nero.
Il vinificio, se fosse operato con miglior arte, darebbe prodotti di maggior bontà.
Se ne brucia una parte per acquavite.

Nora (circondario)
Le vigne danno copiosa vendemmia, e se la manifattura sia ben intesa il mosto riesce di grata bontà, come potea presumersi conosciuta la soggiacenza de’ luoghi ad un sole vigoroso.
I vini di Orri contendono di valore con i migliori del Campidano.
Ma perché gran parte delle uve è di quelle specie che son più gustose, come frutto, che buono a farne mosto; però in generale i noresi han bisogno de’ vini campidanesi.
INSERIRE TABELLA

Norbello
Nel vigneto sono quasi tutte le varietà d’uve spesso notate ne’ vicini dipartimenti, ma le nere più frequenti.
I vini son buoni, ma non quanto potrebbero essere se meglio manifatturati.
Solitamente le vendemmie danno circa 1300 cariche, ossiano quartare cagliaritane 39000.

Nuchis
La vite vi prospera, e la vendemmia dà la sufficienza al paese, e di più una grande quantità di mosto, che vendesi in Tempio per bruciarlo ad acquavite, e in Monti, Oscheri e ne’ paesi d’Anglona per beverlo.
Si condisce bene di sappa o vin cotto.
Nughedu di S. Nicolò
Le vigne son poche, e forse l’area complessiva non darà starelli 80: le uve di poche varietà, i vini bianchi di qualità mediocre e poca quantità, alla quale devesi supplire dalla vendemmia ozierese.

Nughedu Santa Vittoria
Le vigne in certe situazioni prosperano assai bene e rendono con abbondanza.
Le varietà delle uve sono molte; il vino di color o bianco o rossigno, che tutto consumasi nelle famiglie e ne’ reciproci inviti.

Nule
La vite non prospera bene, e non matura i grappoli, e pare per la situazione infelice.
Il vino o è crudo, o condito colla sappa, e in uno ed altro modo poco grato e salubre.
Quindi la maggior parte bruciasi ne’ lambicchi, per acquavite, e comprasi da altri vigneti quello che manca alla necessaria provvista.
I Pattadesi hanno da ciò gran guadagno.

Nulvi
Le vigne occupano un’area notevole ed il loro frutto è di riguardo.
La vendemmia suol dare circa 32 cariche di mosto, del quale un quarto si brucia per acquavite, e in massima parte si cuoce, già che costumano mescolare il cotto al mosto perché non inacidisca.
Egli è vero che generalmente i grappoli non maturano bene; ma questo è perché i luoghi sono male scelti.
E restando le cose nello stato che sono se i nulvesi conoscessero migliori metodi avrebbero migliori prodotti.

Nuoro
INSERIRE TABELLA
Sono pochi i luoghi, ne’ quali non alligni la vite; ma dove nell’autunno si abbassa presto e di troppo la temperatura, i grappoli non possono maturar bene, e il mosto de’ medesimi è infinitamente distante da quello che danno le uve di Oliena, di Dorgali e di Orosei.
I vini di questi vigneti godono, e meritamente, d’altissima riputazione fra’ vini sardi, vuoi per la soavità, vuoi per la forza; e i vini gentili principalmente, che i sardi dicono bianchi, sebbene di color assai carico, sono deliziosissimi; ma perfidamente tra le più dolci lusinghe offendono gli incauti.
Del mosto una porzione si cuoce per sappa, un’altra si brucia per acquavite, il resto va nelle botti per uso delle famiglie, o per il commercio. […]
I vignajuoli nuoresi nell’anzidetta felicissima regione non hanno da invidiare a’ be’ predi di Oliena, e i vini sono così eccellenti come quelli di cotesto paese, giustamente famoso in Sardegna per il prodotto delle sue viti.
Ma la vendemmia non dà ancora il sufficiente a’ popolani, che bevono molto volentieri i buoni vini, come bevono i liquori e il caffè.
Le vigne, gli orti, i chiusi e le tanche occupano poco men che la metà di tutto il territorio.

Nuragugume
Il vigneto è assai ristretto, e la vendemmia non suol essere molto copiosa.
Le varietà comuni delle uve sono il Nuragus, Rettaliadu, Girone e Moristello; il vino è sì di buon gusto, ma assai leggero.

Nuragus
Il vigneto vedesi assai prospero con grappoli assai variati.
Il frutto suol essere copioso, il mosto in gran parte nero, e il vino di bontà più che mediocre, del cui superfluo la maggior parte si vende ne’ circostanti paesi, il resto si versa ne’ lambicchi.

Nurallao
La vigna trovasi in ottimo clima, e le molte varietà di viti danno buon frutto; ma la vendemmia è così scarsa, che non si ha la sufficienza per il paese.
Del mosto una piccola porzione si cuoce per la sappa della provvista delle famiglie.

Nuraminis
Il vigneto occuperà non meno di 300 starelli di territorio, in cui si avranno non meno di 1,400,000 fondi, ed è di una notevole prosperità.
Le viti che si coltivano sono quelle dalle quali si hanno le uve, nominate corniola, apresorgia bianca e nera, merdolino, bragiu-mannu, axina de’ s. Salbadori, sparedda, tita de bacca, le quali si mangiano; l’alopo che pur si mangia e si fa appassire; il nuragus, il semidano, la bianchedda, l’arramungianu, e l’ogu-e rana, da’ quali si fa vino bianco dolce; il bovali da cui si fa vino nero gagliardo; il manzesu che si fa appassire e dà ancora vino nero; la nieddera da cui hassi egual prodotto; quindi quelle più conosciute, moscatello bianco, girone, cannonao, monica, malvasìa, vernaccia, dalle quali sono prodotti celebri vini; il moscatello nero che si mescola nel vino, ecc.
Un moggio di terreno piantato a viti vinifere può dare per ogni filare (giuali) di 60 fondi una mariga, cioè quartare 8; però tutto il vigneto si può computare che produca marigas 20,000.
Il vino comune è di molta bontà, il moscatello poi è il più pregiato tra’ vini gentili, da quelli massimamente che amano il dolce e dalle donne.
Del mosto una piccolissima parte cuocesi a sappa per la provvista, quello che non è molto buono al gusto si brucia in quattro o cinque lambicchi, e la parte che sopravanza al consumo si vende a’ paesi vicini, a Samatzai e Villagreca.

Nureci
Il vigneto è piccolo, e il mosto di bontà minore, che si riconosce in quello de’ paesi vicini, e così non solo per la mala scelta del terreno, ma ancora per la poca intelligenza de’ manifattori.
Il prodotto della vendemmia non suole sopravanzare le ducentoquaranta marigas, anfore, che tutte si consumano nel paese senza bruciarne alcuna parte per acquavite.
Si hanno otto varietà di uve.

Nurri
Vigneto. Comprendesi nel medesimo una superficie di più centinaja di starelli; e sono i particolari predi cinti di mura alte più che potesse parer necessario, e coronate di fasci di acutissime spine.
Le varietà delle uve sono molte, e i grappoli di quella che si mangia, e dell’altra che si calca nel tino, grossi e pieni.
Fra’ primi nomineremo l’uva che dicono tita-e bacca (mammella di vacca) dalla sua forma e grossezza; l’ollastrinu a grandi acini rossi; la zaccaredda bianca e rossa, d’acido simile a una susina; il moscatellone, ed altre che si sogliono far appassire.
L’arte di conservarle nell’inverno non è conosciuta.
Nelle pergole (is trigas) vedonsi spesso tra i pampini cangianti di colore i varii colori de’ diversi grappoli maturanti.
I fondi non sono sostenuti da pali o canne, come usasi da’ campidanesi, e i più grappoli toccano il suolo, senza che però patiscano se non sopravengono forti pioggie nella loro maturità.
La produzione de’ medesimi è copiosissima.
Sono de’ fondi e non pochi che possono riempire una misura di due starelli.
Da quindici fondi è ordinario che diasi una mariga (mis. di 8 quartare) di mosto.
La quantità superando la misura enorme della consumazione, il superfluo vendesi ai paesi vicini.
I vini comuni sono lodati per bontà, e tra’ gentili è più amato il moscatello, del quale quanti possono si empiono alcune botticine per versarlo nelle feste ed agli ospiti.
I benestanti poi vogliono fornita la cantina delle altre qualità gentili che si usano, malvagia, girone, cannonao, vernaccia, semidano, monica ecc.

Olbia
La vigna vegeta con lusso, e produce abbondantemente per la vendemmia, maturando bene i frutti.
Saranno occupati dalle viti circa 190 starelli.
I vini non sono molto stimati.

Oliena
Vigne. Nella Sardegna settentrionale non v’ha altra regione che più dell’olianese si possa vantare atta alle viti, e dove la vendemmia dia vini più vigorosi e soavi al gusto. Se alla benignità della natura si aggiungesse l’intelligenza dell’arte, Oliana avrebbe una fama più estesa e un maggior guadagno da’ suoi vini gentili.
L’area complessiva del vigneto olianese non è meno di starelli 220.

Ollastra Simaxis
Le vigne sono in due diverse regioni, e occupano poco terreno in uno ed altro.
Il prodotto è proporzionatamente alla quantità de’ fondi non piccolo, ed è pure di gran bontà, principalmente quello che si ha dalle vigne che dicono de jossu.
La vernaccia ollastrina non è meno stimata che sia quella di altri vigneti campidanesi.
La vendemmia può dare le 1200 anfore (màrigas), delle quali né una piccolissima parte si vende o si brucia per acquavite, perché sono insufficienti al bisogno.

Ollolai
Le vigne comprendono poco terreno, poco producono, e non sempre maturano il frutto: quindi il vino è di poca bontà e devesi comprarne dagli ogliastrini.

Olzai
Le vigne occupano una grand’area, e prima erano molto meglio coltivate per il guadagno che aveasi dalle medesime quando vendevasi gran copia di mosto a’ paesi vicini.
L’introduzione del vino rosso della Ogliastra, che è molto lusinghiero al gusto, ha fatto cadere il commercio di quest’articolo, che forse era superiore al prodotto che ottenevasi pe’ frutti pastorali.
Il vino gentile è però ancora pregiato, e quando sia attempato di tre o quattro anni può scangiarsi in qualche vino forestiero de’ più riputati.
Una parte del mosto bruciasi per l’acquavite.

Onanì
Le viti prosperano, le uve sono di molta varietà, i vini possono esser buoni se ben manifatturati, ma se ne ottiene poco profitto.
La superficie del vigneto è di starelli 20.

Onifai
Le vigne prosperano a maraviglia e producono mosto in abbondanza; ma quanto i vini sono gustosi tanto sono leggieri.

Oniferi
Il vigneto non sorpassa un’area di star. 20.
Le viti producono molto, ma le uve sono tutte comuni, né si fa alcun vino particolare.

Oppia. (Antica curatoria del regno di Logudoro)
Anche sul vigneto studiasi poco, e comecché il clima sia propizio la vendemmia non dà buon mosto, né in quella quantità che domandasi per la sufficienza.

Orani
Vigne. Le viti più comuni sono il moscatello, la barriadorja, il loconari, il tunis, l’erbinera e sopra le altre il muristello.
Nelle vigne novelle coltivasi pure il girone, il cannonao, la vernaccia.
La vendemmia è copiosa, ma i frutti non in ogni situazione maturi, per questo che molti scelsero poco saggiamente il luogo.
I vini neri, che dicono, sono più stimati degli altri; ma e questi e gli altri sarebbero migliori se si avesse miglior arte nel farli.
L’annuo medio prodotto suol essere di circa 6000 cariche di mosto, o di 1500 botti da 380 pinte ciascuna.
Del mosto se ne bolle per sappa circa 100 cariche di 30 mezzette (la mezzetta è di tre pinte); se ne brucia circa 60 cariche.
Alcune varietà di uve si fanno appassire, ma il prodotto è di ben mediocre bontà. […] Le vigne, gli orti, le tanche e il prato comunale possono avere in area star. 4200.

Orgosolo
Abbiamo notata l’area delle vigne di circa starelli 55, e ora dobbiam dire che pochissima è la cura che si usa sopra le medesime.
E della piccola estensione e poca cura la ragione è nel tenuissimo frutto che se ne perceve non perché la vite non vi prosperi, ma perché il bestiame penetrandovi ora spontaneo, ora immessovi, fa grandi guasti.
Il quale inconveniente se si potesse togliere, io non dubito che i coloni faticherebbero volentieri e il vigneto si estenderebbe a tanto che potesse produrre per la sufficienza della popolazione.
Le varietà che sono in queste poche vigne sono in gran numero, mancando ben poche di quelle che sono coltivate nelle regioni vinifere.
La massima parte del vigneto essendo in esposizione male scelta le uve non maturano così bene, come nelle terre della prossima Oliena, e l’arte essendo imperfettissima i vini sono di pochissima bontà.
Nelle parti più favorevoli dove i grappoli potrebbero maturare, non si lasciano il tempo necessario, volendosi prevenire i ladri e salvarli dal bestiame.
La prepotenza dei pastori vorrebbe che restassero in aperto e comuni tutti i salti.
Di vere tanche, cioè di larghi chiusi, non se ne può indicare che una sola, che fu formata non ha molti anni; gli altri predi per cultura e pastura alterna sono assai ristretti.

Oristano
Vigne. Gli oristanesi coltivano la vite in una notevole parte del proprio territorio, e più largamente ancora in quello di s. Giusta, di Silì, di Simagis, di Solanas, di Donigala, di Solorussa, di Nuracabra, di Fenugheda ecc.
La varietà più comune è quella da cui ottienesi la vernaccia, vino salutarissimo e meritamente riputato dentro e fuori il regno.
Esso sarebbe assai migliore e più ricercato se nella manifattura fosse maggior intelligenza.
Il vino nero, come si usa dire quello di color carico, è pregiato poco men della vernaccia, e bevesi tra il pasto nelle mense dei benestanti; il vino comune che si produce da molte varietà di uve bianche serve al popolo.
La consumazione del vino nella città e ne’ sobborghi non si computa meno di redali 2,000,000!!! Uve passe e pensili.
Le prime sono di tanta bontà, quanta lodasi in quelle di Cabras; le seconde sono gratissime al gusto, ma non durano fino alla primavera.
Misure oristanesi pel vino. Il redale è metà della pinta; la pinta, o mezzetta eguale al litro; il quartiere a pinte 5; la brocca a quartieri 2; la mariga a brocche 2.
Distillazione. Una parte del vino, e quello che patisce difetto, è bruciato per acquavite in 15 lambicchi.
Gran parte del prodotto smerciasi fuor del paese.

Orosei
La vigna occupa un gran tratto della superficie coltivata, e le viti, che si distinguono di circa ventuna varietà, prosperano, come ne’ climi più felici, e producono copiosi e ottimi frutti, onde si ha un vario mosto, il vino comune, e i vini gentili, de’ quali gran parte si consuma nel paese, vendesi il resto a’ negozianti di altri paesi e agli stranieri.

Orotelli
Le vigne sono poche e mal tenute, sebbene questi paesani amino tanto il mosto.
Essi però devon spendere una parte de’ loro tenui guadagni a fornirsene dai luoghi circonvicini.

Ortacesus
La vigna non è in luogo assai favorevole perché i grossi grappoli delle viti dieno un mosto, da cui si depuri un vino di molta bontà.

Ortueri
La vigna vi è prospera; i filari sono variati di viti diverse, e nelle felici esposizioni, dove i grappoli maturano bene, si ottiene un vino che vantasi per la bontà, e che certamente sarebbe migliore, se nella manipolazione fosse maggior intelligenza. […]
Usasi ancora di introdurre a pascolo nelle vigne e nei verzieri le bestie domite senza stimar quanto è giusto il guasto che vi oprano, principalmente sopra gli olivi.

Orune
Le viti hanno in questo territorio de’ luoghi ottimi per la esposizione, principalmente nella parte meridionale del territorio nella vasta pendice dell’altipiano; tuttavolta sono neglette, piantate spesso in siti poco convenienti, malcurate, e così poche che tutto complessivamente il vigneto appena produrrà cento cinquanta cariche di vino, che sarebbero bastevoli a tre o quattro mesi, se tutto il mosto si bevesse e non se ne bruciasse il terzo ad acquavite.
Vedesi da questo quanto gli orunesi devono ogni anno sborsare agli olianesi, dorgalesi, e ogliastrini per aver al bisogno di tutto l’anno.
Questi paesani sono bevitori più che altri del pianoro, e per questo il numero delle taverne aperte è superiore a quello che è in Bitti; amano parimente i liquori, non pertanto accade di rado, che vedesi un ubbriaco.

Oschiri
Il vigneto è posto in una regione distante dal paese non meno di un’ora.
La vite era negli altri tempi poco curata, e sebbene la sua cultura sia andata poi sempre crescendo, non pertanto è vero che il prodotto non è ancora alla sufficienza, perché devesi ogni anno spendere per un supplemento e comprare gran quantità di mosto dai galluresi e dai sassaresi.
Si spera che a pochi anni non si avrà più bisogno dell’altrui vendemmia, perché molte vigne novelle promettono frutto abbondevole.

Osidda
La vigna è assai ristretta, mal curata e poco variata nelle viti; però la quantità del mosto è minor del bisogno, e devesi comprarne per supplemento, la qualità non è gran fatto buona, e però non si
studia ad accrescerne il prodotto.

Osilo
Gli osilesi sono parimenti negligenti in rispetto alle vigne, contentandosi di aver la quantità necessaria al bisogno, e accade questo per consimil ragione, perché quest’articolo abbonda assai in Sassari ed è di maggior bontà.
Potrebbero essi fare il vino migliore che sia, giacché molte vigne sono in ottima esposizione, ma vi badano poco essendo, come abbiam notato, assai sobrii.

Osini
La vigna e gli alberi fruttiferi vi sono ben coltivati.
Il vigneto posto nella pendice incontro al levante non occuperà meno di 130 starelli di superficie.
La vite prospera mirabilmente nell’osinese e più che altrove presso il fiume, nelle regioni dette su Carragiu, sa Lalla, Corti-Boy, Figu Sasca, Preugheddu, su Perdigiu.
Le viti più comuni sono, la farnacina, il cannonau, il muristello, la niedda-manna, il moscatello, il girone, la rosa ecc.
I prodotti sono copiosi, il mosto eccellente, i vini pregiati, principalmente tra’ gentili il cannonau e il moscatello.
Si fa gran quantità di uve passe.
Il mosto che si coce per sapa a provvista particolare non è meno di quartare 600.
Quello che si brucia per acquavite non meno di quartare 1000.
Gli osinesi misurano il mosto della vendemmia a tinas, quantità di 30 quartare.
Si empiono ordinariamente circa 300 botti variamente capaci, alcune contenendo sette tinas, altre più sino a 10, sì che la somma della vendemmia ordinaria si può computare di circa tinas 2550, eguale a quartare 76500, a litri 382,500.

Ossi
Il vigneto è diviso in circa 300 porzioni variamente diseguali, e comprende circa 500 starelli.
La vendemmia suol produrre da 800 in 1000 cariche di mosto.
Il vino è generalmente di molta bontà e durata, e pareggia il miglior di Sassari, ove sia manifatturato con diligenza.
Sono nelle vigne molti alberi fruttiferi di diverse specie e non poche varietà; olivi, peri, meli, ficaje, peschi, mandorli, ecc.
Il numero complessivo de’ medesimi si può stimare di circa 20000 individui.

Ovodda
Le vigne hanno un’area ristretta, producono poco, e il mosto dà un vino poco gradito al gusto.
Una porzione si brucia per acquavite.

Ozieri
Vigne. Occupano queste i terreni prossimi alla città e in qualche parte si distendono a circa due miglia, alcune, ma fortuitamente, nella conveniente esposizione, altre in situazioni poco felici, perché gli antichi volendo piantare una vigna non riguardavano per niente alla natura del luogo, ma faceano col solo proprio arbitrio.
Le viti sono qui coltivate, come in Piemonte, alte sul suolo, però in paralelle più prossime, tanto che vi si possa passare il giogo con l’aratro.
La vendemmia dà copiosi frutti, ma non tutti ben maturi.
Nella precitata nota statistica sopra la provincia di Ozieri furono notate, come prodotto di quell’anno, cariche di mosto 4150.
Nella medesima si vede determinato lo spazio del vigneto a starelli 659.
La manipolazione del mosto è molto difettosa, e per questo è poca la sua bontà.
Quelli che han cominciato a metter nelle operazioni del vinificio più di attenzione hanno avuto buoni risultamenti.
Il vino comune è bianco, come dicon, e condito con vin cotto, o sapa, perché possa esser conservato nella estate.
Esso è pesante a stomachi non avvezzi, e niente gradito nelle buone mense, ondeché se ne introduce in molta copia da Sassari e da altri luoghi.
Cuocesi dagli ozieresi una porzione del mosto per la sapa e bruciasi gran quantità di vino per acquavite.

Pabillonis
Le vigne comprendono un’area di circa 400 starelli, dove, non compresi gli spazi alberati e vacui, potrebbe essere un milione di fondi, e tuttavolta appena ce ne saranno 600000, il frutto dei quali devesi calcolare a circa 3500 marigas o brocche, che equivarrebbero a quartieri 35000.
Fra le varie sorta di uve predomina la vernaccia e il nuragus, le altre sono molto più rare, e in molto minor numero il bovali e il cannonàu. […] Le vigne comprendono un’area di circa 400 starelli.

Padria
Le vigne occupano una estensione di circa 300 starelli, hanno forse diciotto varietà di uve, abbondano nella vendemmia, e danno comunemente circa quartare 90000.

Palmas
Le vigne sono molto prospere, e il vero bisogno che essi hanno di buon vino in questo clima ardente e umido diede loro intelligenza.
È il vino generoso che sostiene ne’ più quella robusta sanità di cui godono in un luogo, dove uno straniero non può nel tempo estivo ed autunnale fermarsi senza esporsi a malattia mortale.

Pattada
Vigne. Questa cultura è assai estesa, come si è potuto intendere dalla superficie compresa nel vigneto, che è forse maggiore, ch’io l’ho notata. La specie comune delle uve è quella che dicono tunisi, che è bianca e serve per il mosto, le altre sorta sono moscatello, retalladu, nieddu-porchinu, barriadorja che si mangiano e si conservano appese.
Se l’area del vigneto, scemata dagli spazi che occupano gli alberi, le case, e sono lasciate sode, fosse ben coltivata e supplita ne’ vacui, io penso potrebbe tutti gli anni la vendemmia produrre più di venti mila cariche di mosto; ma la quantità che si raccoglie è di gran lunga inferiore, sebbene sia considerevole, e di molto superiore a’ bisogni della popolazione come si vedrà.
Notisi che la carica de’ pattadesi è di pinte sassaresi 72, e ripeto che le pinte di Sassari sonosi trovate fortuitamente eguali al litro della misura decimale.
Ho accennato il vino che bevono i pattadesi condito con la sapa, e ora determinerò la quantità che si adopera nella medesima, ed è un terzo del mosto.
Così se uno raccoglie 30 cariche suole bollirne 10 fino sien ridotte al quarto.
Quanto sopravanza di vino tutto si brucia per acquavite, ed è tanta la quantità di questo liquore, che se ne fa un esteso commercio vendendone a Buddusò, Osidda, Alà, Nule, Benetutti, Nughedu, Orotelli, Oschiri, Chiaramonte, Nulvi e fino ad Orgosolo.
Sono per lo meno 30 acquavitari, che fanno questo negozio.
Ai detti paesi vendesi pure del mosto.

Pau
Le vigne son prospere, le viti di dodici varietà, il vino di vario pregio, secondo l’arte dei manipolatori.
L’area che le comprende non supera li starelli 80.

Pauli Arbarei
Le vigne sono poche, la vendemmia scarsa, debole il vino di color bianco e insufficiente alla quantità della consumazione.
Le viti sono state piantate in sito mal proprio.
L’area occupata dal vigneto non è maggiore di starelli 75.

Pauli Gerrei
Il vigneto di Pauli è poco esteso e non produce quanto è necessario alla consumazione del paese e de’ passeggieri che vanno nell’Ogliastra; però si va distendendo.
Il vino del medesimo piace al gusto, ma è inferiore in bontà a quello che si manipola in Villasalto, Armungia e Ballao.
I luoghi scelti per la cultura delle viti non sono i meglio adattati.

Paulilatino
La vigna si coltiva come nel campidano, la vite vegeta prosperamente, la vendemmia è abbondante e la quantità del mosto prossima alle centomila quartare, o litri 500,000, una parte del quale si consuma nel paese, un’altra si brucia per acquavite, il restante vendesi a’ lussurgiesi.
L’uva che dà questo mosto è il solo muristello, le altre sorta si mangiano e quel che sopravanza si appassisce o si conserva all’inverno.

Perfugas
Vigne. Il terreno occupato dalle viti forse è meno di 100 starelli, e forse in gran parte male scelto per questa specie.
Sieno o no le terre intorno a’ paesi idonee, in queste deve fruttificar la vigna, lasciando inoperose quelle che avrebbero facilmente prodotto.
Le viti di uva bianca sono più comuni di quelle di uva nera; la vendemmia non fa soventi più di 200 cariche di mosto.
Per la pessima manipolazione e per la mala scelta delle uve il mosto non produce buon vino e devono però questi paesani comprar vino di Gallura, quel vino così grave allo stomaco e mal sapido.

Pimentel
Le vigne danno buoni vini se le uve sono manipolate con qualche intelligenza.

Pirri
Vigneto. La parte più notevole dell’agricoltura de’ pirresi sono le vigne, le quali hanno per sé due terzi di tutto il territorio.
Si lavorano con diligenza e danno copiosi ed ottimi frutti.
La manipolazione del mosto è fatta con metodo semplice, ma ben inteso; perché il vino di Pirri è meritamente vantato per la soavità e per la forza, la quale dispiace però ad alcuni.
Il principale articolo del commercio de’ pirresi è il vino, ma non si potrebbe fissare la quantità, della quale si empiono i molti magazzini che sono nel paese e ne’ maggiori vicini poderi.
Oltre il vino comune si fa il vino bianco, come sono nominati i vini delle uve gentili, il canonao, il girò, la malvagia, il moscatello, la monica, il nasco ecc.
La quantità de’ vini gentili verso quella del vino comune è nella ragione di uno a trenta.

Ploaghe
Vigne. Una grande estensione di terreno è occupata dal vigneto; ma molte sono mal situate, e quasi tutte mal curate e scarse di quelle tante varietà che sono nel vigneto di Sassari.
Le vigne sono quasi tutte piccole, perché quasi tutti hanno la propria e i principali più di una.
Ora se ne formano alcune grandi.
Le regioni dove le viti prosperano meglio sono Sos Pianos e Piretu.
Il mosto che ottiensi da queste, sebbene non manipolato con metodo saggio, dà un vino che è molto stimato.
La quantità del vino che raccogliesi è più che sufficiente alla popolazione, cioè alla popolazione maschile, perché le donne non bevono, e se alcune lo assaggino ciò fanno in tutta segretezza.
Siccome il vino è superiore alla consumazione, così una parte si distilla in acquavite e in alcool e si fanno di rosoli e altre bibite piacevolissime ai dilettanti de’ liquori, che fortunatamente sono pochi.
In generale i ploaghesi sono sobri e non mancano gli astemi.

Pompu
Le vigne occupano poc’area, e sono piantate di uve bianche; le operazioni della vendemmia essendo fatte con poca arte i vini riescono mediocrissimi e la copia è appena sufficiente al bisogno delle famiglie.

Portotorres
Le vigne, e i fruttiferi sono ancora in piccol numero, ma da qui a venti anni si avrà sopra il sufficiente alla consumazione degli abitanti ed all’approvvigionamento delle navi che vengano in questo porto: il che sarà con danno dei produttori di Sassari che mandavano e mandano ancora una
parte delle loro derrate.

Posada
Per la vite poi sarebbero terreni molto idonei nelle pendici delle colline contro austro nella valle e nelle falde di Montalbo contro oriente; ma pochi si servono di tale comodità, e pertanto il vigneto è assai ristretto, molte sue parti mal situate, e per la negligenza e per la ignoranza la vendemmia è poco copiosa, e il mosto produce de’ vini di poco pregio.

Pozzomaggiore
Le vigne occupano una notevole superficie, le viti prosperano molto bene, la vendemmia è copiosa, e quelli che sanno ben manipolare il mosto ottengono de’ vini di pregio.
Se ne brucia pochissimo per acquavite.

Pula
Vigneto. Sono de’ luoghi attissimi alle viti, ed è grande il numero delle vigne; tuttavolta perché poche sono le uve da mosto, però la vendemmia non dà il necessario per la consumazione del paese, e devesi col prezzo delle uve vendute a’ cagliaritani comperare da’ campidanesi quanto manca di vino per le provviste particolari.

Putifigari
Le vigne non sono più di 26, piccole e mal coltivate, onde si ha poco mosto e vino cattivo.
Se quei terreni avessero altri coloni, i prodotti non sarebbero certamente niente inferiori a quelli del vigneto algherese, essendo le terre di non minore bontà.

Quartu
[…] troppa estensione del vigneto che domanda molte braccia nel tempo, in cui devonsi preparare le terre e seminarle, e dall’essere gran parte de’ medesimi a notevoli distanze dal paese.
Viticultura. Ecco il ramo principale della industria agraria de’ quartesi.
Il vigneto è molto esteso, come ho notato, e il suolo generalmente ottimo per le viti.
Le principali varietà che si coltivano sono le dette, Rosa, Appesorgia, Moscatello, Cannonao, Galoppo, Corniola, Monica, Moscatellone, Nasco, Malvagia, Girò, Bovali, Nuragus.
La vendemmia suol essere ordinariamente copiosissima.
La vinificazione è fatta con molta cura, e perché i frutti sono ottimi, però si ottiene un vino, che è molto riputato, così il fino, che sogliono dire vin bianco sebbene sia di altro colore, come il comune che serve al pasto.
È piccola la porzione di mosto che si cuoce per adoperarla nel pan di sapa, del quale fanno uso nelle feste solenni, e vendita in Cagliari.
Il superfluo del vino, o quello che riuscì men buono, si brucia per acquavite.
Delle uve di tavola una porzione si consuma nel paese, un’altra si porta nella anzidetta città.
Certe altre varietà si appassiscono, e si vendono parimente co’ fichi secchi e le susine e le mandorle.
Le regioni più adatte alle viti sono le già nominate di S. Laurenzu, Is amostus, Gannì, quindi le denominate Su fraigu, Sa tuerra, Sa tanchitta, Meriagu e Meriagheddu.

 

Riola Sardo
Il vigneto è assai vasto, e forse occupa uno spazio di circa 700 starelli; la vendemmia copiosa e il mosto buono.
La vernaccia è il vino che bevesi comunemente e in abbondanza.
È un supplemento dell’acqua.

Sadali
Il vigneto è poco esteso e però il suo prodotto è insufficiente alla consumazione.
Generalmente non si fa questa cultura ne’ luoghi idonei, dove le uva non maturano, e le operazioni del vinificio facendosi con poca intelligenza si ha un vino di cattiva qualità.

Sagama
La vigna prospera e produce ottimi frutti; ma perché è poco estesa, però il frutto è scarso.
L’intero prodotto di rado sopravanza le 350 cariche.

Samassi
Il vigneto ha un’area non minore di star. 1000 (ett. 500) e produce quartare di vino 200,000 in circa, o litri 1,000,000.
Di questa quantità solo una piccolissima parte si brucia per acquavite, l’altra si beve nel paese.

Samatzai
Il vigneto occupa una notevole superficie intorno al paese e produce molta copia di mosto e di buona qualità la cui vendemmia può produrre circa 200 mila litri.

San Basilio
La vigna è prospera; la vendemmia dà il sufficiente; la quantità de’ vini è mediocre perché la manipolazione è fatta con non buoni metodi d’arte.
Si ha appena il sufficiente per il consumo.

San Gavino Monreale
Le vigne comprendono un’area, che può computarsi di circa un miglio quadrato, cioè più di starelli 800. […] La vigna produce mediocremente, ed ha dalle 25 alle 30 varietà d’uve.
Si fa molto vino comune dalle uve nere.
Ne’ vini gentili, che per lo più si traggono dalle uve bianche, sono molto stimati la malvasìa, la vernaccia ed il moscato, perché di soave gusto e di durata.
La quantità di vino comune e fino che distillasi per acquavite, non è maggiore del ventesimo del mosto, e più spesso minore.
I Sangavinesi non pare che amino molto questo liquore, come potrebbe presumersi dall’umidità del clima.

San Sperate
La vigna prospera, come gli altri vegetali, dà prodotto copioso, e, se non sia ottimo, dipende questo dalla causa generale del non buon metodo nella manipolazione.
L’estensione occupata dalle viti non sarà meno di starelli 400.

Sant’Andrea Frius
La vigna vi trova conveniente il suolo ed il clima, escluse certe posizioni poco favorevoli.
La vendemmia suol essere copiosa e i vini riuscirebbero di maggior bontà se la manipolazione fosse fatta con maggior intelligenza.
Vigna. I terreni sabbiosi prossimi al paese sono adattatissimi alle viti, epperò i filari non solo vedonsi rigogliosi di pampini, ma carichi e spesso stracarichi di grossissimi grappoli.
L’ordinaria vendemmia dà tanto da riempire più di 2500 botti di cento quartara, o di litri 500; qualche volta bastano appena tutti i vasi, usati e nuovi, perché come accadde in uno degli anni prossimamente passati si ebbe di mosto circa 4000 botti, ossieno litri 2,000,000.
Si manipolano pochi vini gentili.
Il vino comune è di un nero carico, ma comparativamente agli altri vini della Sardegna è poco spiritoso; quindi offende poco il beverne assai come fanno gli antiochesi.
Una parte del vino superfluo, che non si possa vendere si distilla in acquavite.
Questa è pure una bevanda, di cui si fa gran consumazione nel paese e nel suo territorio.
Comunemente uno starello di terreno piantato a viti, che suole avere 5000 fondi, produce cinque o sei botti di vino; ma se la vigna sia lavorata con intelligenza produce anche al doppio, cioè litri 5 oppure 6000.
I grappoli che in cinque o sei pesino un rubbo non sono rari.

Santa Giusta
Le vigne occupano una notevole superficie, e producono; ma la manipolazione poco saggia cagiona che i vini non abbiano generalmente la bontà, che si loda in quello delle altre vigne arboresi.

Santa Teresa
[…] la vigna molto ristretta, e però non produce più che basti per sei mesi.
Quasi tutti gli abitanti sono agricoltori.

Santu Lussurgiu
Si coltivano tutte le viti che sono comuni ne’ piani arboresi, a eccezione della malvagia e della vernaccia.
Le vigne lussurgiesi sono una sorgente di lucro, non per il vino che mettasi in commercio, perché di molto inferiore a’ vini della pianura arborese, ma per la gran copia di acquavite che distillasi e vendesi in quei paesi, ne’ quali non è ancora cessato il gusto pe’ liquori.
Un gran numero di lambicchi è sempre occupato in questa chimica.
Il vino lussurgiese è leggiero, ed assai buono nell’inverno e primavera; poscia ne’ grandi calori suole inacidire.

San Vero Milis
Vigneto. L’estensione superficiaria, in cui si coltiva la vite forse sopravanza li starelli 220.
Le viti più comuni sono la vernaccia, la negravera ecc.
In minor quantità sono il moscatello, il girò, il galoppo, la rosa ecc.
La vendemmia suol essere copiosa, il vino ottimo.
Tra le vernaccie arboresi è molto reputata la vernaccia di Sanvero.
Si fa poca acquavite, e non si hanno in tutto il paese, che soli quattro lambicchi, tre per uso proprio, uno per il commercio.

San Vito
La quantità del terreno occupato dal vigneto non è minore di starelli 450.
Le viti sono di molte varietà, producono abbondantemente, e danno vini di buona qualità, comuni e gentili, se la manipolazione facciasi con qualche intelligenza.

Sardara
Il vigneto occupa forse più di 500 starelli di terreno, ed ha tutte le varietà d’uve, che si coltivano nelle regioni più vinifere.
I vini comuni sono buoni, sebbene non manipolati con buon metodo: i vini gentili di molte qualità e molto pregiati: i migliori sono il moscato, il cannonao, la monica e la malvagia.
Se ne vende ad altri paesi.
Anche del vino comune si ha un superfluo, che parte si vende, parte distillasi da tre lambicchi.
I sardaresi non bevono molto e amano poco i liquori.
Vendesi pur della sapa.

Sarroch
La vigna è poco estesa sebbene sieno luoghi comodissimi per la medesima nelle prossime colline.
Il vino ha qualche bontà, e l’avrebbe maggiore se la manipolazione fosse praticata con miglior arte.

Sarule
Nelle vigne, che sono ben situate, maturano facilmente i grappoli e si potrebbe fare ottimo vino; ma i metodi imperfetti fanno che sia di poca bontà.
La quantità del mosto è sufficiente alla consumazione del paese, e i sarulesi bevono volentieri come gli oranesi.
Vindemmie. Dalla metà di settembre a tutto ottobre scorrono a’ sassaresi giorni lietissimi, ed è questo un tempo di villeggiatura, di ricreazioni e di sollazzi.
Moltissimi proprietarii vanno allora nelle loro case di campagna con la famiglia, ricevono gran numero di visitatori, fanno conviti, danze e giuochi, e passano il tempo in grande allegria, o nelle sale, o nelle piazze delle case all’aria tepida, sotto un bel cielo allo splendore della luna, o a’ lumi de’ capannelli.
Il concorso è sempre maggiore e i festini più giojosi dove intervengano fanciulle.

Sassari
Vindemmie. Dalla metà di settembre a tutto ottobre scorrono a’ sassaresi giorni lietissimi, ed è questo un tempo di villeggiatura, di ricreazioni e di sollazzi.
Moltissimi proprietarii vanno allora nelle loro case di campagna con la famiglia, ricevono gran numero di visitatori, fanno conviti, danze e giuochi, e passano il tempo in grande allegria, o nelle sale, o nelle piazze delle case all’aria tepida, sotto un bel cielo allo splendore della luna, o a’ lumi de’ capannelli.
Il concorso è sempre maggiore e i festini più giojosi dove intervengano fanciulle.
Botteghe di vino. Non vi sono luoghi fissi, ma i proprietarii lo vendono dove hanno la loro cantina, in tutte le parti aprendo bottega gli uni dopo gli altri, e non pochi contemporaneamente.
Non si avvisa della aperta vendita altri che i facchini di piazza (li carriaggi), perché sieno banditori della bontà e del buon prezzo; e mettesi per insegna la pianta sacra a bacco, l’edera.
Non comprano soli quelli che non abbiano vigna, ma anche quelli che hanno le cantine piene, perché per timore che prendendosi da una botte a poco a poco, secondo il bisogno, possa il vino depravarsi, non l’aprono se non per vuotarla tutta di seguito.
I prezzi sono così bassi, che anche i poveri se ne possono empire fino alla gola; ma rare volte si vede un ubbriaco.
La vendita si fa da alcune donne per certo prezzo.
Liquorerie. V’hanno in molti punti botteghe di liquori, dove nel primo mattino è gran concorso di contadini e di tutti i generi di lavoratori, che bevono l’acquavite e l’anicetta per riscaldarsi lo stomaco, come essi dicono, prima di uscire in campagna, o di andare al lavoro.
La stessa frequenza ricorre nelle notti di veglia e nel carnevale.
Tra il giorno non mancano avventori per l’anicetta e per liquori più fini.
Vi sono circa 50 botteghe, e alcune parate con qualche eleganza.
Vigneto. In tutte le parti dell’agro sassarese, prossimamente e lungi dalla città, sui colli e nelle valli sono frequenti le vigne; ma la massima parte della medesima trovasi alla sinistra dello stradone, che va a Portotorres.
Alcune sono lontane circa di due ore.
Le regioni più favorevoli alla vite sono, Serrasecca, Barca, Bùnari, Scala di nalva, Scala di Gioca, Chiguizzu, Màscari, la Ladringa, Pilodiana, Bancali, la Diribba, s. Quirico, Gàbaru, Costapaloni, Segasiddu, Taniga ecc.
Sopra tutte però sono celebri Serrasecca e Taniga, sebbene ormai di molto vi sieno diminuite dopo esservi cresciuti gli olivi.
Le viti trovansi in molti luoghi mescolate agli olivi, massime quando questi sono ancora molto giovani, usando i sassaresi di piantar gli olivi e le viti, perché il prodotto di queste compensi i lavori, che si devono fare per quelli finché il loro frutto sia nullo o così scarso, che non possa coprire i dispendi.
Le varietà delle uve sono in gran numero, così di quelle che danno grappoli rossi e neri con acini rotondi od oblunghi, come di quelle che portano grappoli di color bianco con acini rotondi od oblunghi.
Se ne possono indicare non meno di 25, alcune delle quali hanno nomi diversi da quelli, con cui sono indicate in altre parti, come è la cagnolari, l’uva di s. Pietro, l’uva bella, il panzale bianco e nero, la trigia, l’agraxeda, la razzola, la cucusedda, la corruda, e la barriadorja.
Questa varietà, così chiamata probabilmente perché si carica di molti grappoli, è un’uva bianca, di buon gusto e leggerissima allo stomaco.
In altre regioni non si trova di egual bontà, salvo nel vigneto di Macomer.
La barriadorja fu riconosciuta identica all’uva, della quale si fa lo Champagne, e dicesi siasi fatto un esperimento felice dall’abate Derosas secondo le indicazioni d’un francese; come pure sono assicurato che sia parimente riuscita la stessa prova in Macomer al conte Pinna.
I moscatelli sono i primi a venire a maturità; ma solo ne’ luoghi meglio soleggiati hanno la loro nativa dolcezza prima del mezzagosto.
Alcune specie massime in siti poco solatii non maturano prima della metà di ottobre.
Uve passe (la gariga).
Non mancano tra tante varietà mangiabili quelle che appassite danno un buon zibibbo; ma sono rarissimi che vi pongano attenzione; epperò devesi provvedere dall’Alghiera chi ne desideri per la tavola.
La stessa negligenza osservasi nel disseccamento de’ fichi, delle prugne e ciriegie, delle quali frutta, copiosissime nei poderi, potrebbesi avere un notevole guadagno.
Vinificio. Il prodotto delle vigne di Sassari sopravanza, anche negli anni di mediocre fertilità, la consumazione; ma perché è quasi nulla l’esportazione, però devesi vendere a vilissimo prezzo e i proprietarii si curan poco di migliorare i metodi.
Non è raro che in annate di abbondanza tanto si avvilisca il prezzo del vino, che i poveri proprietari debbano lasciare invendemmiate le loro vigne, o perché non abbiano per le spese; o perché queste si presumano superiori al valore del prodotto.
Si manipolano alcuni vini gentili, ma in pochissima quantità, i quali non possono sostenere il confronto con quelli di Sorso, Alghero e della Planargia.
Le operazioni della vinificazione sono della massima semplicità, e si fa ora né più né meno di quanto si facea dai maggiori.
Dopo essere state calcate le uve e lasciate a fermentare nel gran tino, si comincia il trasporto del mosto, il quale si travasa in barili capaci di pinte o litri 25.
Quattro di siffatti barili si caricano sul basto di un cavallo e si trasportano nella città per empire le botti delle particolari cantine.
Sono pochi che si possano servire di carri, perché in poche parti le strade vicinali sono carreggiabili.
Il prezzo del trasporto de’ quattro barili, che formano una carica, varia secondo la lunghezza e difficoltà del viaggio, l’abbondanza del prodotto e l’urgenza della vendemmia, da ll. 1,50, a 2,50.
Nel tempo della vendemmia di Sassari guadagnano non solo i zappatori, ma anche i villici de’ paesi circostanti che concorrono co’ loro cavalli.
Anche alcuni acquaroli, invece di portar acqua alle famiglie, adattano sul basto dei loro asinelli due barili e ajutano a empire le cantine.
Dalla metà di settembre a tutto ottobre e parte di novembre il silenzio della città e il sonno de’ cittadini rompesi due o tre ore prima del giorno dalle squillette che agitano nella loro collana i cavalli da’ quali si fa il trasporto del mosto.
Quando le botti sono empite lasciasi aperto l’ampio cocchiume [foro della botte e relativo tappo] perché il mosto continui a bollire, e non si chiudono e sigillano prima che sia quetata l’ebullizione.
Nelle cantine sassaresi non si costumano quelle depurazioni, che si praticano nella Sardegna meridionale, travasandoli nell’inverno due o tre volte, e purgando le botti dalla feccia.
La ragione di questa omessione è nel timore che i vini si svigoriscano, come è accaduto tutte le volte che si è fatta cotesta operazione, che i coloni meridionali dicono assicurazione.
Essa però potrebbesi fare con vantaggio se si imitassero i meridionali anche nelle prime manipolazioni.
Il vino vendesi nelle case particolari nell’ingresso della cantina, or in una or in altra parte della città, e se ne avvisa il pubblico mettendo sulla porta un fascio di edera.
Siccome la massima parte delle famiglie si provvedono dal proprio podere; così non ne comprano se non quelli che manchino di questo prodotto, il resto vendesi in minuto e bevesi da’ lavorieri, facchini ed altri del popolaccio.
Si vuotano così molte botti, ma non si vedono ubbriachi.
Non sono nella città luoghi fissi, dove vendasi vino, né si trova alcuna bottiglieria.
Ho notato quasi nulla l’esportazione del vino, e veramente pochissimo se ne imbarca perché non reggono al passaggio.
Messo in botti si intorbida e si corrompe: messo in vetro sostiene meglio.
Distillerie. Esuberando solitamente la vendemmia deve per necessità restare gran copia di vino per i lambicchi.
Quasi tutti i proprietarii di grandi vigne hanno uno o più lambicchi, e tirano lo spirito a 20 gradi, o poco più.
Da poco tempo in qua si sono stabilite alcune grandi distillerie con molto profitto di quelli che prima non sapeano che fare del mosto superfluo o del vino, che non fosse potabile.
Queste distillerie maggiori: sono una nello stabilimento Lombardi, che resta tra porta Nuova ed Uceri; l’altra nello stabilimento Frazioli, presso s. Biagio a porta s. Antonio, e un’altra dentro la città presso il monistero di s. Elisabetta.
I distillatori comprano il vino a basso prezzo, e ricavano da ogni litro il terzo o il quarto di spirito secondo la maggiore o minore sua bontà e forza.
In queste distillerie tirasi lo spirito a 32 gradi, e sono adoperati istromenti di recente invenzione,
quali si usano ne’ consimili stabilimenti della Linguadocca.
Ciascuna di tali macchine può dare nelle 24 ore 1000 litri di spirito.
Si ha altra macchina per estrarre lo spirito dalle vinaccie.
L’acquavite è un articolo di gran consumazione in Sassari; perché generalmente i lavorieri e i zappatori prima di andare al lavoro si riscaldan lo stomaco, com’essi dicono, con quei liquori.
Vendesi all’ingrosso e al minuto, e costa il chilogramma da’ 50 agli 80 centesimi secondo il valor del vino.

Scano Montiferro
Le vigne vegetano maravigliosamente, e in esse si potranno distinguere diciotto varietà di uve.
Il vino non per tanto è di poca bontà per la pessima manifattura.
I più sogliono mettere i grappoli spesso non maturi entro vasche di pietra, ed ivi li calpestano anche a ciel piovoso; quindi versano il mosto entro le botti meschiandovi un po’ di sappa, perché non inacidisca.
Quelli che usano miglior arte ottengono un miglior prodotto.
Grande è la quantità del mosto che raccogliesi; nondimeno perché tutti, uomini e donne, ne bevono volentieri, è necessità che ne comprino da Cùglieri e da s. Lussurgiu, che hanno vigneti assai estesi.
Bevesi pure con molto gusto l’acquavite, e perché i due lambicchi che impiegansi nel villaggio non danno la sufficienza, però ne domandano a’ lussurgiesi e a’ villacidresi.

Sedilo
Le vigne sono ancora ristrette sì che la vendemmia non è ancora sufficiente alla consumazione.
Nel che non solo è prova di poca industria, ma di una inqualificabile spensieratezza, essendo tanto ampio il territorio ed essendo nel medesimo molte regioni accomodatissime a questa cultura.

Sedini
La vite prospera, e le uve maturano bene: in massima parte sono della varietà bianca e producono buon vino, il quale però è insufficiente alla consumazione interna.
Da ciò può dedursi che questa coltivazione è molto ristretta, se non manchino luoghi idonei alla medesima, manca l’industria.
Il numero delle vigne è di circa 150, le più fra le quali sono di brevissima area.
Le maggiori appena potranno produrre quaranta cariche.
Si distilla una porzione del vino, e questa acquavite serve a particolar provvista delle famiglie.

Selargius
La vigna vi è prosperissima e le vendemmie sono abbondantissime; i vini di bontà non inferiore a quei di Pirri, che però si vendono facilmente ad altri paesi e principalmente a Cagliari.
Si contano circa 40 mila filari di viti, che possono avere fondi 2,400,000.
Essi sogliono produr molto, circa 4,300,000 litri di mosto.
Non si comprendono in questo computo le viti delle specie mangiabili.
La quantità de’ vini gentili, moscato, cannonao, malvasia ecc.
si può stimare di litri 40,000.
Una parte del mosto, ma non molto notevole, si brucia per acquavite, della quale si vende e si compra secondo la quantità che si distilla; un’altra parte si cuoce per la sapa in quantità che basti per mescolarla alla farina e fare il pan dolce, che dicono pan di sapa.

Selegas
La vigna prospera nella conveniente esposizione che può avere, e la vendemmia produce assai per la consumazione del paese e per bruciarne ad acquavite.

Sanluri
Il vigneto essendo insufficiente per la consumazione si va distendendo, e nello stesso tempo si migliora il metodo del vinificio.

San Nicolò d’Arcidano
La vigna è la principale occupazione e risorsa del contadino arcidanese: vi prospera, essendo il terreno a questo principalmente adattato, riescono buoni i vini, e si vendono ai genovesi.

Semestene
Per la vigna sono ottime esposizioni, ma l’ignoranza fa che non poche sieno in luoghi disadatti.
Le varietà delle uve che si coltivano sono 25.
Generalmente la vite prospera, l’uva matura bene, la vendemmia è copiosa; e non pertanto il vino è di mediocre bontà, e serve solo per la consumazione del paese.
Si cuoce una piccola parte del medesimo per sapa.
Il vigneto trovasi nella regione detta La Costa, cioè in una parte delle dette ripe.

Seneghe
Favorevolissimo è il clima anche per la viticultura, ma per la poca perizia dell’arte e per la negligenza non è in quel grado che potrebbe essere, e i prodotti sono di bontà minore di quelli del prossimo vigneto di s. Vero Milis.
Le varietà delle uve sono non più di dodici, e la vendemmia non dà più di quello che sia sufficiente alla consumazione, che però non è poco.
Quello che può sopravanzare si brucia per acquavite; e perché il prodotto de’ loro lambicchi non basta se ne provvedono da altre parti.
Oltre il vigneto sono nel territorio altre terre chiuse, e i piccoli chiusi, cungiaus, co’ grandi, tancas, sommano forse a 1000, e comprendono la quarta parte di tutto il territorio.

Senis
La vigna ha essa pure i suoi lunghi convenienti e le viti lussureggiano di pampini e di grossi grappoli, che maturano perfettamente.
La varietà delle uve non sono meno di quattordici.
Il vino è solitamente dolcigno, probabilmente perché tale lo vuole il gusto de’ senesi.
Si consuma tutto nel paese e non se ne brucia nessuna parte per acquavite.

Sennariolo
La vigna vi è prospera; le varietà delle uve sono sette od otto della specie nera, e altrettanti della specie bianca.
Il vino sebbene non fatto con molta arte riesce buono, e spesso niente inferiore a quello di altre parti della Planargia; ma la sua quantità è meno che vogliasi della stessa consumazione interna, il che prova come questi paesani sieno negligenti in quello che appartiene alla sussistenza di prima necessità, perché avendo assai di terreno utile per la coltivazione della vite non la estendono all’uopo.

Sennori
I territori in molte regioni di Sennori sono feraci di cereali ottimi per le vigne, per gli orti e per i giardini.
La vigna, se non esposta al settentrione, prospera e dà ottimi frutti nell’abbondante vindemmia.
Si possono fare de’ vini gentili come in Sorso.

Senorbì
Il vigneto è assai esteso, le uve di molte varietà bene maturanti e abbondanti di mosto.
I vini hanno riputazione di buoni, e la malvasia è specialmente stimata.
Il buon vino è forse il miglior antidoto che abbian ne’ luoghi malsani contro l’azione venefica de’ miasmi che si bevono nella respirazione.
Una piccola porzione di mosto si cuoce per la provvista della sapa, un’altra si distilla per acquavite.

Serdiana
Anche la cultura della vigna è assai negletta, e sebbene sieno siti ottimi alla medesima nelle piccole colline che sono a ponente i serdianesi non se ne prevalgono.
O sia, o non sia buono il terreno che sta intorno al paese, in esso devono essere le vigne, e in esso continuano a tenersi.
Accade da questo che la vendemmia sia molto scarsa, e i vini di nessun pregio; quindi devono compire la provvista comprandone da s. Pantaleo e da Sicci.
Le uve più comuni sono le così dette, bovali, nuragus, semidanu, monica, girò, moscato, sinzillosu; le altre varietà bianche e rosse sono in menoma quantità.

Serramanna
Il vigneto occupa un’area di circa 200 ettari, e sarebbe molto fruttifero, se nella fioritura non fosse offeso dalla nebbia e se meno nuocesse la brina delle notti fredde.
La varietà delle uve rosse e bianche per vino e per mangiare sono molte.
I vini comuni e fini sono di mediocre bontà comparativamente a quello del Campidano orientale di Cagliari; tuttavolta se la manipolazione fosse meglio intesa potrebbero avere un pregio maggiore.
Sono pochi che traggan profitto dal prodotto delle vigne bastando a’ più se abbiano la sufficienza per la propria famiglia.
Del mosto una piccola quantità si cuoce per sapa, e del vino è pure pochissimo quello che si brucia per acquavite non avendosi nel paese più di tre lambicchi.

Serrenti
Le vigne parimente sono ristrette in un’area minore di quanto vorrebbe la consumazione del paese, non perché manchino le terre idonee alla vite, perché veramente sono idonee le pendici meridionali delle colline indicate; ma perché sono piantate in luoghi niente adattati a questa specie.
La manipolazione delle uve essendo fatta con poca intelligenza accade che il vino sia generalmente di cattiva qualità.
Il che certamente dipende dalla indicata ragione, se i proprietari che vi danno la debita attenzione ottengono vini migliori.

Sestu
Anche le vigne hanno nello stesso territorio siti di felicissima esposizione in un suolo di natura propizia a quella specie.
Si coltivano tutte le varietà di uve bianche e rosse, da vendemmia e mangiabili, che si trovano nelle vigne del restante Campidano, e i vini comuni e gentili, se ne sia curata la manipolazione, sono della stessa bontà de’ vini di Pirri e Quarto.
Il vigneto essendo esteso si vendono uve mangiabili e si fa gran quantità di mosto.
Una piccola parte di questo si cuoce per la sapa di provvista.

Settimo San Pietro
La vigna è prospera e matura bene i suoi frutti.
La vendemmia suol essere abbondante e il vino, se sia manipolato bene, riesce di molta bontà.

Seuni
La vigna è proporzionatamente estesa, e v’hanno siti così favorevoli, che il frutto vi abbonda e si hanno vini di gran bontà.
Potrebbe pure questo ramo estendersi molto piantando a viti le ripe del terrazzo, dove godono meglio del sole.

Siamaggiore
La vigna è molto ristretta, però la vendemmia è scarsa.
La quantità del vino è la comune in tutti i campidani, cioè la vernaccia, che non manca di bontà se la manipolazione sia un po’ curata.

Siamanna
Le vigne occupano pochissimo terreno, onde la vendemmia è molto scarsa; e siccome le uve sono delle qualità più comuni così non si ha che vino comune, il quale è insufficiente alla consumazione del paese.
Questo prova quanto i siamannesi sieno poco intelligenti del loro interesse, perché mentre hanno siti molto idonei a questa coltura e potrebbero in essi prosperare le migliori varietà delle uve rosse e bianche, lasciano inerti quelle terre e si privano de’ vini buoni, che importa molto di avere ne’ luoghi, dove l’aria è umida e poco salubre.

Siapiccia
La vite vi prospera quanto nelle migliori regioni del campidano, ma è piccolo il vigneto e molto scarsa la vendemmia per quanto si divorano gli uccelli, i conigli e le volpi che sono numerosissime.

Sicci San Biagio (località)
Le viti hanno suolo ottimo in diverse regioni, ma ivi non sono coltivate.
La vendemmia dà quello più di quanto sia necessario al paese.
I vini però sono di mediocre bontà.

Siddi
Il vigneto non è molto esteso, né ben coltivato.
Le più comuni varietà di uve sono le così dette, nuragus, vernaccia, malvagia, bovali, mora, cannonao, moscatello.
Sebbene la manipolazione non sia molto accurata, tuttavolta i vini sono pregiati, e massimamente la malvagia, che si riconosce ottima, e che si stima moltissimo in tutto il dipartimento, che fa ottimi questi vini.
Abbruciasi poca quantità di vino per l’acquavite, né pur quanto possa bastare alla consumazione del paese

Silanus
Il vigneto convenientemente esteso tiene quasi tutte le varietà delle uve che si coltivano nell’isola, e siccome è riparato da’ venti freddi ed esposto bene dà larghi ed ottimi frutti.
Se i vini non sono di pregio maggiore questo dipende dalla poca arte della manipolazione.
Una piccola porzione di mosto si cuoce per sapa, ma di vino niente si brucia per acquavite perché non si hanno gli istromenti e ignorasi il metodo.

Silì
Le vigne piantate in un terreno ghiajoso fruttifican poco, e quelli stupidi che lamentano questo non pensano mai a modificarlo.
Le specie più comuni d’uve sono il luconarju e cannonau, quindi la negravera, l’allopus, il ratellau.
Il vigneto occupa poco più di 100 giornate.
Il vino è di nessun pregio, e bevesi tutto nel paese senza sottrarne altra parte, che quella che cuocesi
er la provvista della sapa.

Siligo
La vigna matura bene i suoi frutti, se bene esposta, e dà una copiosa vendemmia.
I vini sono piuttosto buoni, sebbene i metodi non sieno molto acconci.
Si fanno vini gentili da viti particolari.
I vini comuni neri, come dicono, sono men comuni de’ bianchi.
I primi sono più pregiati.

Siliqua
Il vigneto è meno esteso, che voglia il bisogno della popolazione, sebbene i siti convenienti alla medesima sieno molti.
Generalmente le vigne sono in luoghi meno favorevoli nel piano e perché patiscono dalla nebbia fredda e dal gelo nelle notti serene producono poco, ond’è necessità di comprarne dal campidano.
La qualità del vino è nera, la bontà comunemente poca per grandi difetti nella manipolazione.

Simaxis
La vigna ha uve di moltissime varietà, e i vini riescono comunemente di buona qualità e di color bianco.
Se qualche parte si deprava mettesi nel lambicco per farne acquavite.

Simala
Il vigneto è prospero, ha molte varietà di uve e la vendemmia basta alla consumazione.
La manipolazione è poco curata e però non vi sono vini che sieno di pregio.

Sindia
La vigna generalmente prospera poco, sebbene in questa regione batta fortemente il sole, e ciò a causa, come credo, che sia stata male scelta la loro situazione.
Le uve più comuni tra rosse e nere sono le così dette trobadu, retagliadu, panzale, muscadellu, muristellu, murino, nieddu mannu, cannonau, albaranzellu, retagliadu nieddu.
I vini sono molto leggieri ed un poco aspri; ma questo dipende dal pessimo metodo della manipolazione.
Servono alla consumazione del paese, e ben poco se ne brucia per acquavite, e si usa a sapa per provvista della famiglia.

Sini
La vigna è parimenti estesa sopra tanto suolo, che possa la vendemmia essere sufficiente alla consumazione.
Essa superficie stimasi di giornate 200, ma non è tutta adattata a questa specie, come si verifica in tante altre parti.

Sinnai
Le vigne occupano uno spazio largo nel circondario del paese, e non poche dispersamente isolate si estendono sin presso a s. Basilio: hanno moltissime varietà di uve, e prosperano.
Ma la loro prosperità non sarebbe stata minore, i frutti si avrebbero forse più buoni, se fossero state piantate più in alto nelle pendici de’ colli vicini incontro al meriggio.
Sinnai è stata sempre lodata per la sua malvasia, e se fosse la manipolazione fatta con maggior intelligenza questo vino sarebbe anche di maggior pregio.
I vini comuni, che dicono neri, si van migliorando e possono sovente star in concorrenza con quelli di Pirri e di Quarto.
Sono nel paese aperte più di 30 cantine, dove si possono provvedere quelli che non hanno vigna.
Essendone superfluo alla consumazione del paese una notevole quantità si vende a Cagliari.
Una parte di questo superfluo si brucia ad acquavite in quattro o cinque lambicchi per provvedere il paese di siffatto liquore.
Se aggiungasi a questo computo quella parte di mosto, che si cuoce per la sapa, che ogni casa vuole per suo uso, si potrà calcolare quanto debba essere copiosa la vendemmia.

Siniscola
Le vigne sono mirabilmente prospere, e tanto estese, che forse non occupano meno di 700 giornate.
Per tre ore si va lungo le terre piantate a viti. Le varietà delle viti de’ grappoli rossi e neri non sono molte.
La più comune è quella che dicono niedda, quindi il cannonao, la vernaccia bianca e nera, il moscatello e moscatellone, il retallau, la corniola, ecc.
Comecché l’arte non sia lodevole in tutte le sue parti, tuttavolta i vini sono molto stimati, e se ne vende molto all’estero.
La quantità che rende la vendemmia si può computare di circa 210,000 quartare di litri 5.
Una porzione di vino si brucia per acquavite in circa dodici lambicchi per la consumazione del paese, e per venderne.

Siris
La vigna potrebbe essere per il favore del clima una coltivazione molto vistosa, ma quei paesani poco intendono il loro interesse.

Sisini
La parte occidentale è poco atta alla vigna perché essendo piana e la terra molto argillosa si indurisce nella siccità e si fende; ma nell’orientale dove il suolo si rileva in varie collinette vi prosperano pure le viti e danno vino buono, se il mosto sia ben manipolato.

Siurgus
La vigna è assai estesa, ma generalmente mal situata, onde avviene che le uve non maturino bene, o che i vini riescono di mediocrissima bontà.
Le varietà delle uve di grappoli bianchi e rossi sono poche, né forse furono scelte le migliori e le più acconce per i vini comuni.
Bruciasi una parte de’ vini per acquavite, e un po’ di mosto per la sapa.

Siurgus Donigala
Il vigneto è assai prospero, ma il vino è leggiero e di poca bontà per il troppo umore della terra, e più per il metodo perverso della manifattura: se ne raccoglierà circa 12 mila quartare, che si consumano nel luogo.

Soddi
La parte occidentale è poco atta alla vigna perché essendo piana e la terra molto argillosa si indurisce nella siccità e si fende; ma nell’orientale dove il suolo si rileva in varie collinette vi prosperano pure le viti e danno vino buono, se il mosto sia ben manipolato.

Solarussa
Si può raccogliere di vino circa 600 dozzine.
La vigna è ben coltivata e parimente l’oliveto, onde però si hanno buoni frutti.
Qui però si noti che de’ 1500 starelli la massima parte appartiene a’ proprietarii di Oristano.
Le varietà delle uve sono 25 circa.
I vini bianchi e rossi sono di buona qualità e riescono ottimi se bene manipolati.
[…] Devo notare che contro l’umidità del clima e la malignità dell’aria hanno un gran preservativo nel vino generoso che ottengono dalle loro vigne. […] I solarussesi forse primeggiano tra’ beoni.
Spesso si radunano nelle cantine (i magazzini che essi dicono), ed ivi passando intorno la misura, che appellasi redali, piena di quel nettare squisito, si infuocano nei discorsi, gestiscono gridando, delirano improvvisando spropositi, e cantano finché lo posson fare per la copia del vino che trangugiano. […] il vino però vendesi pure a’ vicini paesi di Milis, Siamanna, Sia piccia e Villa urbana, dove si hanno vigne poco estese.

Soleminis
La vigna, sebbene in massima parte non sia ben situata, non pertanto prospera, e dà frutti abbondanti.

Sorgono
La vigna è molto estesa e dove è riparata da’ venti freddi prospera ed è molto produttiva.
Si può dire che il prodotto di questa sia uno de’ più importanti articoli del commercio del paese, perché se ne fa vendita a’ vicini paesi di Desulo, Arizzo e Sorgono e nelle principali feste de’ paesi d’intorno, massime in quella di s. Mauro.
Il vino di Sorgono è veramente superiore in bontà a quello che si può fare in altri paesi di montagna.
La vendemmia si calcola in 4000 cariche, ciascuna delle quali è di quindici quartare, le quali si ragguagliano a litri 5.
Le uve più comuni in Sorgono sono il cannonao e il moscatello.

Sorradile
Il vigneto si è voluto intorno al paese, e però moltissimi tratti del medesimo sono mal situati, dove male maturano i frutti.
La vindemmia suole essere copiosa, ma il vino non dura sino all’estate se non si condisca con la sapa, o vin cotto, oppure se non si rinforzi con lo spirito.

Sorso
La vigna prospera mirabilmente e produce uve di vino e mangiabili di ottima qualità.
Le varietà delle uve sono più di venti tra bianche e rosse e nere.
La vendemmia è copiosissima di vini neri e bianchi comuni e fini.
Tra questi ultimi è da notare la malvasia, la quale non cede a nessun’altra nell’isola, massime se vecchia di alcuni anni.
Sebbene facciasi una prodigiosa consumazione di vino nel paese restane ancora una gran quantità che si compera da’ Genovesi a tal prezzo, che ogni carica di 80 litri vendesi a soldi 50 (lire 2. 50), quando vendesi bene.
Si bruciano molte centinaja di cariche nei lambicchi, e l’acquavite vendesi a Sassari e a Portotorres.

Suelli
La vigna contienesi in circa 200 giornate ed ha molte varietà di uve.
La vindemmia è abbondante, ma i vini non sono di particolar bontà, si consuma tutto nel paese.

Suni
La vigna vi è molto prospera ed estesa con molte qualità di uve, le quali sono le così dette, moscatello, girò, panzali nieddu, trobadu, barriadorja, cannonao, malvasia, retalladu nieddu e biancu, muristellu, albaranzelu, ossia laconarju.
La vendemmia suol essere abbondante e produce ottimi vini comuni e gentili.
Il mosto della malvasia viene tutto incettato da’ bosinchi.
Da ciò si vede che la vantata malvasia di Bosa non è in massima parte vino del territorio di Bosa, sì bene della Planargia, già che i bosinchi, come da Suni, così comprano il mosto dagli altri vigneti.

Suergiu.
Intorno alla chiesa di s. Giovanni sono almeno venti furriadorgius tra grandi e piccoli, che si potrebbero riunire a’ lati d’una contrada, in uno de’ quali fosse la chiesa con una piazza conveniente.
Nel circonvicino territorio sono acque buone, orti, predii con olivi e altri fruttiferi, ed alcune vigne di una notevole superficie.

 

Tadasuni
La vigna vi prospera e dà buoni vini, se il mosto sia bene manipolato.
È pero poco estesa.

Talana
Si trova una sola vigna, la superficie della quale si può computare di circa 3 starelli.
Essendo la medesima posta in luogo elevato, freddo ed esposto alla tramontana, le uve non possono maturare. …
Vi sono siti ottimi per le vigne, quanto possono aversi nelle terre più meridionali di Gairo, e se ne piantò una sola nel luogo più improprio.

Tempio
Bevesi molto vino, ma sono rarissimi che ne abusino, e questi ne restano disonorati.
Si ha il vino nero e il bianco, e il primo comunemente comprasi a cent. 20 il litro, il secondo a 16.
Non vi sono cantine fisse, dove per tutto l’anno vendasi il vino; ma ogni proprietario di vigne ne apre la vendita nella sua cantina, e i più lo vendono tutto per provvedersi poi dagli altri.
Contemporaneamente restano aperte molte cantine. […]
Il vigneto di Tempio è diviso in 500 frazioni di aree disuguali, la più piccola delle quali non avrà meno di 10 mila ceppi.
Queste tante vigne appartengono per lo meno a 450 diverse famiglie, perché non sono molti quelli che possiedono due vigne. […]
Vigne. Abbiamo già indicato il numero delle medesime, e quanto vi sieno numerosi i ceppi, or diremo della maniera della cultura.
Le viti sono disposte in lunghi filari, dove i ceppi distano un dall’altro un metro circa.
Ciascun ceppo resta sotto due pali trasversali che reggono il ramo o i due rami che il potatore lasciò con quattro o cinque gemme per la produzione.
Alla metà di luglio si spampina perché i sughi nutritivi de’ frutti non si disperdano in una inutile vegetazione, alla fine d’agosto si recidono i tralci all’altezza de’ pali e si lascia libero il sole a’ grappoli.
È copiosa la produzione de’ grappoli, e qualche vite ne ha più di 15 e grossi, dove spesso gli acini gonfiandosi si schiacciano un contro l’altro.
Moltissime sono le specie di uve, quante sono coltivate in altre parti, compresa la barriadorja, che qui pure è supposta essere la vite dello sciampagna.
Credesi sia un’uva particolare e non coltivata in altre parti dell’isola l’uva detta niedda (nera), d’acino ovale, e nella polpa di color di granata, di cui si fa grand’uso a mangiare, e in massima parte si estrae il mosto.
Le due suddette specie, quindi il moscatello e la niedda manna, sono le più facili a maturare.
Quest’ultima ha grappoli così voluminosi, che alcuni pesan più di sette libbre.
Le altre specie non maturan bene.
Vendemmia. Quando vien l’ora di tagliar i grappoli i padroni delle vigne chiamano a vendemmiare le ragazze, e procuran di averne di quelle che per la loro beltà abbiano molti innamorati, perché questi soglion venire a vederle e si associano alle medesime nel lavoro.
Egli è però vero che non poche volte il lavoro è ritardato, e fatto negligentemente, perché si mescolano nel sovero [sic, “novezo”] anche i grappoli corrotti e le foglie.
Le uve sono gittate in una vasca, costrutta sopra la roccia e intonacata di smalto.
Ivi si pigiano e poi si lasciano per otto giorni, dopo il qual tempo credesi la fermentazione già compita, sebbene veramente sia ancora imperfetta.
Il mosto si trasporta dalle vigne alle cantine de’ particolari in barili composti sul basto de’ giumenti, così come notossi per Sassari.
Mentre il mosto si versa nelle botti vi si mescola in certa quantità il vino cotto, o la sapa.
Nel tempo passato si metteva il cotto per 1/3, ora per 1/6, e sono pochissimi che finora abbian dimesso quest’uso, sebbene i vini che si fecero senza quella mescolanza sieno riusciti molto migliori de’ vini accottati, siccome più leggeri allo stomaco.
Chi sa quanti anni passeranno ancora prima che i tempiesi perdano il gusto al loro vino pesante, e manipolino il mosto nel modo che è usato da’ campidanesi.
Ci sarebbe anche un altro tornaconto, perché risparmierebbero i due terzi del mosto, che ora perdono nella consumazione del medesimo, per cambiarlo in sapa.
La sapa serve per fare il pane che dicon di sapa, e per condire i legumi, e il sangue di majale, montone, agnello.
I vini comuni sono bianchi e neri, ma la massima quantità bianchi.
Tra questi il più pregiato è il moscatello.
Alcuni proprietarii fabbricano un poco di vini gentili per uso particolare della famiglia.
De’ prezzi si è già parlato altrove.
Distillazione.
In tanta abbondanza di mosto alla consumazione del paese ed a quello che si vende in diversi luoghi, sopravanza una quantità notevole, la quale si gitta ne’ lambicchi.
Questi saranno in Tempio non meno di 18.
L’acquavite parte si vende nella città, parte nelle cussorgie, parte nelle prossime contrade.

Terralba
La vigna è la cura primaria de’ terralbesi, e in questa parte meritano molta lode.
È grandissima l’estensione del terreno piantato a viti, ed è larghissima la produzione.
Per intender quanta sia, basta il dire, che dopo quanto consumasi nel paese, che è molto, come accade in luoghi di malaria, e umidi, dopo quello che si cuoce per sapa nelle caldaje e si brucia ne’ lambicchi per acquavite, dopo quello che vendesi a’ diversi luoghi de’ vicini dipartimenti, ne resta ancora tanto da poterne somministrare annualmente a Genova per più di sessantamila cariche, come dicesi quella quantità che un cavallo può portare sul basto.
Tanta esportazione da Terralba a preferenza di altri luoghi viniferi della Sardegna occidentale, prova che il vino è ottimo e che i prezzi sono moderatissimi.

Tertenia
Il terreno, come nelle altre parti della Ogliastra, è qui attissimo alle vigne, e vi prosperano mirabilmente tutte le varietà delle uve.
Ma a nuovo argomento della poca industria di questi paesani, diremo, che le terre vignate sono tanto ristrette, che appena si ha il sufficiente per la consumazione interna, sì che, mentre gli altri paesi dell’Ogliastra hanno nelle viti un ramo di produzione e di lucro, Tertenia non ne ha alcun lucro.
E in altro tempo le cose erano in peggior condizione, perché doveasi comperare gran parte del vino della provvista.

Teti
Le vigne non sono più di 25.
Le viti vegetano bene, ma i grappoli non vengono a maturità.
Le uve più comuni sono il muristello, il nieddumannu, il tunis, l’erbaliera, il semidano, e qualche po’ di moscatello.
La vendemmia può dare litri 10,000.
Se non fosse quella profonda ignoranza dell’arte agraria, che si deve riconoscere in questi, come in altri montanari, io credo che potrebbero avere maggiori e migliori prodotti.

Teulada
La vigna prospera, e dove è ben situata produce ottimi frutti.
Si hanno circa 20 varietà di uva, ed è impiegata in questa cultura un’area di circa 260 giornate.
La vendemmia è abbondante, ma i vini non riescono tutti ottimi, perché pochi tengono i metodi convenienti.
Si fa qualche poco di vin gentile.
Si cuoce di mosto per sapa quanto basti per la provvista della famiglia, e si brucia una notevole quantità di vino per acquavite.

Thiesi
Le vigne vegetano bene e con lusso e hanno circa venti uve diverse, le quali danno un vino che nel luogo vantasi molto come spiritoso e confortante.
La quantità che si ottiene nelle vendemmie è di circa 25 mila litri, i quali essendo più di quanto vuole la consumazione interna, però vendesi l’eccedente a Tonara e ad altri paesi circonvicini.
[…] Vigne. Il vigneto è estesissimo, e nella massima parte ben situato.
La sua vegetazione è vigorosa, e si ha gran copia di grappoli che maturano bene e danno ottimo mosto.
La quantità del mosto che raccogliesi in un anno basterebbe per la consumazione di tre, se si bevesse tutto nel paese, e non se ne facesse un grande smercio nei paesi d’intorno.
Si hanno più di 16 varietà di uve tra bianche e rosse, o nere.
Il vino comune è molto pregiato, e tra’ gentili più degli altri il moscato.
Una certa quantità del mosto si cuoce per sapa, ed una notevole quantità di vino si brucia nei lambicchi per acquavite, la quale i popolani prendono per conforto nel primo mattino, massime in stagioni fredde e umide.

Tissi
La vigna vi è estesa, e prospera a maraviglia, mostrando ne’ suoi grappoli più di 25 varietà di uve.
Essendo ben situata e ben maturando i frutti, si hanno vini bianchi, o gentili, e neri, o comuni, di molta bontà, onde i tissesi guadagnano vendendo il superfluo a’ paesi d’intorno, e massime agli usinesi, che non sono così sobri come i tissesi.
A più di quel che vendono una gran quantità si distilla, essendo alcuni lambicchi nel paese che sono in opera tutto l’anno.
Aggiungasi quello che si suol cuocere per sapa per provvista delle famiglie.

Torpè
Le vigne occupano non più forse di 30 giornate, ed hanno frammiste molte specie di fruttiferi, i cui individui non sorpassano complessivamente i 4000 ceppi

Torralba
La vigna vi prospera, ed i vini comuni e gentili sono di conosciuta bontà.
Una parte della vendemmia si consuma nel paese dando la provvista alle famiglie che ne abbisognano, e somministrando a’ molti passeggieri; un’altra, e notevole, si manda fuor del paese in altri villaggi; un’altra parte si mette ne’ lambicchi (poco meno di 10), se ne fa acquavite e spirito, che si cangia in rosolio, che si vende parimente a’ passeggieri.

Tortolì
Le vigne occupano un’amplissima superficie di circa 500 giornate, ed hanno molte varietà di uve.
I vini sono eccellenti, e vendonsi in gran parte ai genovesi ed agli isolani della Maddalena.
La quantità non par minore di carrettelli 800, che fanno quartare 80,000, o lit. 400,000.
I vini gentili sono il moscato, il girò, il cannonao e l’albomanno.

Tramatza
Il vigneto è in proporzione del numero degli abitanti assai esteso, e molto produce per la consumazione dei medesimi, la quale è notevole, perché bevono più volentieri il vino, che è ottimo e salutare, che l’acqua dei pozzi, che è grave e malsana.
Le principali specie e varietà delle uve sono la vernaccia e la nera vera; le altre sono, sebbene molte, di poca considerazione.
Quello che rimane del vino, o che non piace al gusto, si mette ne’ lambicchi per acquarzente, della quale si fa uso per antidoto all’umidità del mattino.

Triei
La vigna vi prospera mirabilmente, e si coltivano molte varietà di uve.
Nelle uve bianche indicheremo la malvasia, l’arista, il retagliau, la vernaccina, il moscatello, il moscatellone, il nuragus, l’uva d’angioli, coiberbèi, albacanna, albisedda, corniola, culpunto, calabresa, albomanno, bisini, moddi, tita de acca, o titiacca, o apersorgia, galopu, alba-pasada.
Nelle uve nere sono: cannonao, girò, moristellu, amantosu, ogu-e boi, niedda-manna, niedda-carta, bargiu, rosa, titiacca niedda.
I vini sono notissimi per la bontà, e volentieri si comprano dai genovesi e dai napoletani.
La quantità non sorpasserà di molto le 250 carratelle.
La sesta parte si brucia per acquavite ed una parte minore per la provvista del vino cotto, o sapa.

Tuili
Le vigne, che avranno una superficie di circa 90 ettari, producono eccellente malvagia, vino bianco comune, vino nero ed un po’ di cannonao, girò e monica.

Turri
La vigna vi prospera bene, e contiene circa 28 varietà di uve.
Il vino che si ricava dal girò, dalla monica bianca e nera, dal moscatello bianco e nero, dal canonao, dalla malvagia, dal semidano e dal così detto ogu-pussidu è fino, molto delicato, e dura assai.
Il totale annuo della vendemmia è di circa 8 mila quartare cagliaritane, ossia litri 40 mila.

 

Ulassai
Le vigne sono distese in una mite pendenza solcata in molte parti al levante del paese.
Le uve vi prosperano e producono abbondantemente.
La vindemmia dà circa 200 carratelli.
Il superfluo della consumazione si trasporta in Tortolì per venderlo ai genovesi e ad altri che frequentano quel porto.
Se ne suol vendere una parte ai paesi della Barbagia.
Il vino è stimato per la sua bontà come quello di Jerzu e di altri paesi dell’Ogliastra.

Uras
Il vigneto è piuttosto esteso, ma l’arte del vinificio è molto imperfetta.
Non si hanno che poche qualità di uve, e non si fa che vino comune nero di non molta bontà.
Anche in questo vedesi la negligenza de’ paesani di Uras, i quali potrebbero dalla coltivazione della vite e da una meglio intesa manipolazione ottenere il triplo e più di quello che ora guadagnano vendendo a Terralba quanto rimane ad essi dalla vindemmia dopo fatta la provvista.

Urzulei
I più mangiano senza vino, ed invece usano l’acqua, perché non hanno vigne; ma se abbian del vino bevono senza nessuna misura. […]
Il vigneto è ristretto ad una piccola area.
Ne’ primi tempi (dal 1831) quando io cominciava a raccogliere i fatti per la statistica, non si numeravano più che undici vigne, e vi si trovavano poche varietà d’uve, la vernaccia, il cannonao ed il muristello, da altri detto merdolino.
Il vino riesciva buono anche a dispetto de’ manipolatori; ma la quantità della vindemmia è tanto poca, che non so se sia sufficiente a’ due mesi.
Mancato il vino del paese ne comprano dai paesi vicini per le feste solenni, ed allora si ubbriacano.

Usellus
Le vigne sono molte, ma essendo il luogo stato male scelto le uve non possono maturare perfettamente.
E perché nella manipolazione non si usa un metodo che possa emendare questo difetto, il vino non ha quella bontà che potrebbe avere e che ha quello di siti migliori.

Usini
La vigna prospera e produce molto nella vindemmia.
Le uve sono di molte varietà.
Il vino però è di mediocre bontà per causa della manipolazione non bene ragionata.

Ussana
Le vigne occupano uno spazio minore di quello che parrebbe giusto per il solo approvvigionamento del paese, onde devono domandar ad altri paesi quello che manca.
Né questo dipende da che non vi sieno terreni buoni, giacché nelle piccole colline che sono prossime al fiume, ed in quella maggiore, che sorge a circa mezz’ora dal paese alla parte di greco si trovano le condizioni più felici, che domanda questa specie per la sua prosperità; ma perché non è molto idoneo il terreno circostante al paese, dove si sogliono piantar le viti.

Ussaramanna
Il vigneto non occupa grande spazio di terreno, sebbene vi sieno regioni che poco idonee a’ cereali, renderebbero assai se fossero piantate a viti.
Le varietà delle uve non sono più di 10; la vendemmia è abbondante, tenuto conto dell’area produttiva.
Il vino è pregiato e lo sarebbe di più se fosse fatto con miglior metodo.

Uta
La viticultura prende incremento, sebbene probabilmente la vendemmia non dia ancora quanto basta alla consumazione del paese.
In altri tempi era negletta e il vigneto assai ristretto non perché le varie specie non allignassero e producessero copiosamente; ma piuttosto, come pare, perché i lavori agrari erano occupazione di pochi.
Non ha più di 18 anni, che il mosto che raccoglievasi non bastava che a tre o quattro mesi.
I vini comuni riescono generosi e piacevoli al gusto come i migliori della regione orientale di Cagliari.
Tra’ vini gentili la malvasia ed il moscato stanno al paragone con i congeneri de’ vigneti più celebri.

 

Vallermosa
Sono pure per la vigna ottimi siti, come si può dedurre dalla nozione che abbiam data del territorio; non pertanto non basta alla provvista la vindemmia, e devono comprar mosto da altri paesi.
Gli stupidi domandati perché scarseggiassero di questo prodotto, rispondeano perché erano poveri; e certamente erano poveri perché non aveano copia di prodotti da mettere nel commercio, né l’aveano perché non lavoravano per averli.

Valverde
Molti vigneti si trovano in Valverde posseduti da particolari d’Alghero, oltre la gran vigna della regione Vesus; essi li tengono in enfiteusi dalla Marchesa, mediante l’annua corrisponsione di un tenue canone.
Tali vigneti vanno distruggendosi poco per volta, ed a misura che per mancanza di coltivazione vengono abbandonati, si riuniscono alle regioni di Bussolo e Val dell’Inferno cui sono adiacenti.
Questi vigneti cominciano dalla prima discesa che trovasi nella strada che da Alghero va a Valverde, a destra dopo finiti gli oliveti

Villacidro
Vigneto. È assai esteso e molto fertile.
Fino a questi ultimi tempi si coltivavano le sole viti delle uve bianche; ora sono in varii siti mescolate a quelle le viti delle uve nere.
Le vigne sono nel piano, nelle valli del Leni, di Villascema, di Narti, ne’ seni e nelle pendici di Genna-spiana.
In esse quando sono un po’ grandi è un magazzino ove fannosi le operazioni della vinificazione, e anche della distillazione.
Il vino bianco comune, essendo assai dolce mentr’è recente, procura ai cidresi alcun lucro vendendone nei dipartimenti vicini.
La quantità non è ben nota, ma è certamente assai grande.
Che se si dovesse dedurre da quella che raccogliesi dai decimatori, essendone ordinariamente la somma di marigas 1500 (la mariga equivale a quartieri sei e mezzo), si potrebbe tenere che il totale della vendemmia fosse di quartieri 97.500.
Ma siccome commettonsi in questa prestazione le più enormi fraudi; perciò può il prodotto delle vigne riputarsi di circa 200,000 quartieri.
Accadde alcuna volta che i preti rifiutassero di raccogliere l’offerte, che non sapeano dove versare dopo riempiti i vasi che aveano; e che molti proprietarii lasciassero invendemmiate le vigne più lontane.
Acquavite. Sono in Villacidro non meno di 100 lambicchi ordinarii, ed ora che si è sperimentato il risparmio dei grandi lambicchi di miglior costruzione, ne’ quali si possono distillare per volta cento e più quartieri di vino, alcuni hanno incominciato a usare di questi.
L’acquavite tirasi comunemente sotto il 20°.
Non se ne conosce finora la quantità.

Villanova
Non è gran tempo che in questa regione littorale sul bacino del porto di s.
Antioco, erano soli otto furriadorgius; e poi son cresciuti, e crescono così che fra non molto vedrassi un bel paesetto e ben situato.
Vi sono poche vigne, e alcuni fruttiferi

Villasalto
Le vigne occupano circa 400 starelli di terreno; ed i vini che se ne fanno sono assai riputati.

Villanova Sant’Antonio
La vigna è proporzionatamente estesa, le viti producono copiosi frutti, e i vini comunemente bianchi, se ben manipolati, sono di qualche pregio.

Villa San Pietro
La vigna, e i fruttiferi se non sono curati, come in Pula, non sono però negletti.
Potrebbesi trarre maggior profitto dal comodo che ha l’orticoltura.

 

Zeddiani
Le vigne prosperano mirabilmente, e sono molto pregiati i vini così ordinari, come gentili.
Il prodotto somma a 10000 quartieri, di cui una parte si brucia per acquavite.

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