MANUALE PER I VIAGGIATORI IN SARDEGNA

Londra, John Murray

1858/1868
[Le due edizioni sono praticamente uguali. Di volta in volta segnalaremo le più importanti differenze].

INDICE

PERCORSI

PERCORSO I. DA PORTO TORRES A CAGLIARI

I.1. PORTO TORRES – SASSARI

Escursione da Sassari: Osilo

Escursione da Sassari: Ploaghe

I.2. SASSARI – Codrongianus – Bonnanaro – Borutta – Torralba – Giave – Bonorva – MACOMER

I.3. MACOMER – Abbasanta – Paulilatino – Bauladu – ORISTANO

Escursioni da Oristano: Oristano – Milis – Bonarcado – Cuglieri – Oristano

Escursioni da Oristano: Oristano – Cabras – San Giovanni di Sinis – Fordongianus – Oristano

I.4. ORISTANO – Uras – Sardara – Sanluri – Serrenti – Monastir – CAGLIARI

Escursioni da Cagliari: Orri e Pula

1. Geografia fisica dell’isola

 La Sardegna è situata tra 38° 52′ e 41° 16′ di latitudine N., e 8° 10′ e 9° 50′ di longitudine Est da Greenwich; la sua lunghezza massima è di 147 miglia geografiche e la sua larghezza è di 70 miglia geografiche; comprende un’area di quasi 7000 miglia quadrate (29.250 kil. carrés), di cui nove decimi sono costituiti da quartieri montuosi, il restante decimo dalla grande pianura situata tra i golfi di Cagliari e Oristano, e dai quartieri alluvionali al confine foci dei fiumi più grandi.

L’isola è inoltre circondata dalle numerose isole minori di Sant’Antioco, San Pietro, Asinara, La Maddalena, Caprera, Tavolara, ecc., che possono comprendere un’area di circa 80 miglia quadrate. I quattro corsi d’acqua principali, designati come fiumi perché mai prosciugati, sono il Tirso, il Flumendosa, il Coghinas e il Fiume Bosa; il primo ed ultimo corre verso la costa occidentale, il secondo verso est ed il terzo verso nord. Vi sono inoltre una moltitudine di ruscelli minori che hanno solo acqua durante la stagione delle piogge.

Le montagne della parte settentrionale della Sardegna sono formate principalmente da granito. Quelle del centro, e soprattutto la vetta più elevata, il Gennargentu, appartengono alle formazioni paleozoiche, che si estendono in direzione sud fino a Capo Carbonara, che formano anche le montagne a sud-ovest dell’Isola, parte compresa tra i golfi di Oristano e Capo Teulada. È soprattutto sulle rocce di questa serie che poggiano le estese colline supercretacee o terziarie, poiché attraverso di esse sono sorte le varie rocce vulcaniche di diverse età, che offrono un campo così interessante alle ricerche del geologo in Sardegna.

I giacimenti minerari sono alcune miniere di piombo, ormai poco sfruttate; notevoli giacimenti di carbone antracite, a sud del Monte Gennargentu, negli strati paleozoici; e alcuni depositi di lignite negli strati terziari inferiori. Le rocce granitiche del nord-est sono state lavorate alle estremità dai Romani, e nel medioevo dai Pisani, per scopi architettonici.

2. Storia della Sardegna

Non si sa quasi nulla della Sardegna prima che fosse invasa dai Cartaginesi a.C. 508. Alcuni autori greci, parlandone sotto il nome di Ichnusa, alludono a colonie greche, pelasgiche e iberiche che vi si erano stabilite, e aggiungono che sotto di loro aveva raggiunto una condizione fiorente, quando fu invasa da alcune tribù libiche, i quali, dopo aver devastato le regioni confinanti con la costa, costrinsero gli abitanti a rifugiarsi nelle zone di alta montagna del nord e del centro dell’isola, dove continuarono a lungo a difendersi.

Dopo l’invasione libica arrivarono i Cartaginesi, a.C. 512, che tenne la Sardegna per 270 anni, ovvero fino a a.C. 259, quando i Romani vi formarono il primo insediamento sotto L. Cornelio Scipione. Ma i Sardi mantennero una guerra continuata con i loro invasori fino al secolo a.C. 176, quando Tib. Sempronio Gracco li ridusse alla definitiva sottomissione.

Da quel periodo la Sardegna seguì le fortune e le vicissitudini del mondo romano, di cui era divenuta uno dei principali granai. Alla caduta dell’Impero fu invasa dai Vandali, dai Goti e dai Saraceni. Verso l’inizio del VII secolo, dopo aver abbracciato il Cristianesimo, i Papi intervennero per proteggerne gli abitanti, arrivando addirittura a rivendicare per sé la sovranità dell’isola. I Saraceni e gli Arabi continuarono a tormentare l’isola a tal punto che Giovanni XVIII. predicò una crociata contro di loro nel 1004, promettendo la sovranità a chi avesse scacciato gli infedeli.

Le repubbliche di Genova e Pisa accettarono l’offerta, cacciarono i Mori, e poi cominciarono a disputare tra loro sulla spartizione del bottino. I Pisani però nel 1025 rimasero padroni della Sardegna, dividendo l’isola in quattro giudicature – Cagliari, Logudoro, Arborea e Gallura – il cui governo fu affidato a giudici inviati da Pisa, che presto tentarono di costituirsi piccoli patrizi ereditari e sovranità indipendenti che riconoscono solo l’autorità della metropoli; i Papi però, continuando ancora a mantenere la loro sovranità, ed avendo occasione di litigare con Pisa, la trasferirono nel 1320 ai Re d’Aragona.

La conseguenza fu una lunga e sanguinosa contesa tra Pisani e Aragonesi. Fu solo con il regno di Ferdinando il Cattolico nel 1481 che la Sardegna poté finalmente essere considerata una dipendenza della Corona d’Aragona e della Spagna. Durante la guerra di successione, dopo la morte di Carlo II, la Sardegna fu spesso teatro di operazioni ostili tra Austria e Spagna, finché con i trattati di Utrecht del 1714 e di Londra del 1720 la prima di queste potenze divenne investito della sovranità. In quest’ultimo anno l’imperatore Carlo VI. lo scambiò con la Sicilia con Vittorio Amedeo II. di Savoia, che assunse il titolo di Re di Sardegna, poi portato dai suoi successori.

La Sardegna era stata governata come colonia dai romani, dagli imperatori greci e dai pisani. È solo sotto l’ultimo dei governatori o giudici pisani che si intravede un accenno ad un governo nazionale nello statuto concesso dalla Giudichessa Eleonora d’Arborea, e che fu successivamente esteso a tutta l’isola nel 1421 da Alfonso d’Aragona. Nel 1355 Don Pedro d’Aragona aveva convocato una Cortes, o Assemblea nazionale, composta da tre Stamenti, o ordini: del clero, dei militari o nobili, e dei rappresentanti delle città.

Questi Stamenti votavano le tasse, che venivano considerate alla luce di una donazione (Donativa) al Sovrano, in cambio dei favori da lui elargiti. I Re di Spagna, nel ratificare le istituzioni di Don Pedro, convocarono periodicamente le Cortes fino al 1699.

I Sovrani di casa Savoia si limitavano a convocare queste Assemblee Nazionali a chiedere a ciascuno degli Stamenti un aumento della propria Donativa. Lo Stamento dei nobili scomparve necessariamente con l’abolizione del sistema feudale; gli ecclesiastici non potevano più conciliare la fedeltà a Roma con l’indipendenza della patria; e siccome lo Stamento Reale, cioè quello dei cittadini, era composto soltanto dai deputati delle città, senza che la popolazione delle campagne vi prendesse parte, le Cortes cessarono di essere una vera rappresentazione dell’isola, e caddero in disuso.

Dal passaggio dell’isola ai Savoia si può ritenere che sia stata governata come colonia, paterna sì, ma necessariamente nell’interesse dei possedimenti continentali, fino al 1848, quando il defunto Re promulgò lo Statuto o Statuto, da cui la Sardegna viene assimilata, nel governo e sotto ogni aspetto, al resto del regno, mandando 24 rappresentanti alla Camera dei Deputati, ed avendo diversi suoi cittadini al Senato.

Tutte le norme doganali separate sono state abolite. I porti dell’isola nei loro scambi con quelli della terraferma sono considerati alla stregua dei porti dei possedimenti continentali. Questo tardivo ritorno a un sistema migliore ha già mostrato i suoi vantaggi. Le strade pubbliche stanno progredendo rapidamente in ogni parte dell’isola, l’istruzione si sta estendendo, l’agricoltura è già molto migliorata, e dai progressi già compiuti ci sono tutte le ragioni per credere che tra non molti anni la Sardegna occuperà l’importante posizione commerciale nel Mediterraneo che merita, poiché situata tra la Spagna, la Francia e l’Africa, e quasi in vista delle coste dell’Italia.

La Sardegna è oggi divisa in 11 province, che portano gli stessi nomi dei capoluoghi: Cagliari, Iglesias, Isili, Oristano, Sassari, Alghero, Ozieri, Tempio, Nuoro, Cuglieri e Lanusei. (Possiamo affermare, una volta per tutte, che abbiamo sempre adottato la grafia delle diverse località riportata sulla grande mappa dell’isola del Generale La Marmora). La popolazione, secondo l’ultimo censimento (1863), era di 588.065 abitanti. L’autorità militare principale, il Comandante Militare, risiede a Cagliari e ha ai suoi ordini tra i 2000 ei 3000 soldati.

Tutte le religioni sono tollerate, anche se gli abitanti sono esclusivamente cattolici romani. L’italiano è la lingua delle classi colte; quello delle classi inferiori, anzi della grande massa del popolo, è un misto di latino, spagnolo e italiano.

Quest’ultima, tuttavia, è generalmente intesa e, essendo ormai quella ufficiale, lo diventa ogni giorno di più; ma se il viaggiatore dovesse deviare dalle strade più frequentate, dovrà portare con sé una guida, o Viandante, che capisca i dialetti colloquiali del paese. I costumi, soprattutto quelli femminili, sono particolari e spesso pittoreschi; verranno notati più diffusamente nella descrizione dei vari Itinerari.

Il carattere sardo è il risultato delle condizioni storiche e delle circostanze fisiche del paese. Intelligente e appassionato come tutti gli abitanti del Sud, onesto e semplice nei modi, il Sardo è tassato da pigrizia e antipatia per gli stranieri, sentimenti facilmente riconducibili alla facilità che ha di provvedere alla propria sussistenza dalla fertilità dei del suolo, e al sistema che precedette il nuovo ordine delle cose, che non gli lasciò il libero possesso del suo lavoro.

La sua indole vendicativa può spiegarsi con l’incapacità in passato di ottenere con mezzi legali la riparazione dei torti subiti; anzi sotto quest’ultimo aspetto si nota già un miglioramento del carattere sardo; ma in ogni tempo il Sardo è essenzialmente generoso e generoso, e l’ospitalità più cordiale è stata uno dei tratti distintivi del suo carattere. Non è quasi senza esempio che si sappia che un sardo si sia sbarazzato di un nemico con mezzi nascosti o sleali, e a questo proposito non possiamo far altro che citare quanto detto dal generale della Marmora, il quale ha viaggiato per trent’anni attraverso il paese, visitando i distretti più selvaggi, incivili e sperduti, nel corso delle sue importanti ricerche topografiche e geologiche.

“Le mie escursioni e i miei parenti nel loro paese (i sardi) mi hanno convinto che nessun popolo, posto per così tanto tempo in circostanze così sfavorevoli e negative, avrebbe potuto sopportare con tanta pazienza. Giustizia imparziale verso tutti, esercitata con fermezza e severità quando necessario, rispetto della proprietà e della sicurezza personale, garanzie contro l’oppressione delle autorità subalterne, sono quanto auspicano i contadini sardi dal governo, per la cui autorità nutrono il massimo rispetto, soprattutto se esercitata in nome del re, il cui nome è per loro una specie di talismano.” (Voyage en Sardaigne, tom. I. p. 195).

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3. Agricoltura

La Sardegna, che era una delle principali fonti da cui Roma traeva le sue forniture di grano, è oggi lungi dall’essere così produttiva. Sarebbe difficile stabilire le diverse cause di questa caduta; dal 1820 il Governo si è ripreso la materia, e ha già rimosso molti di quelli derivanti da una legislazione feroce, ha incoraggiato le migrazioni degli abitanti delle montagne, ad abbandonare la vita pastorale per quella coltivata in pianura, e ha introdotto la moderna

miglioramenti negli attrezzi agricoli, che stanno sostituendo quelli utilizzati fin dai tempi dei romani. I carri e gli aratri sono della natura più primitiva; gli unici animali impiegati sono i bovini; il bestiame è di una specie miserabile, per la mancanza di prati e per la mancanza di foraggio invernale e di stalle per proteggere gli animali dalle intemperie del tempo. L’isola, con la dovuta cura, tornerà senza dubbio presto a quello che era un paese produttore di grano ai tempi dell’Impero Romano; già diversi grandi proprietari hanno introdotto nei loro possedimenti i moderni miglioramenti dell’agricoltura, mentre Genova, sempre pronta a ricevere le produzioni dell’isola, fornirà i capitali necessari per allevarle.

Le principali produzioni della Sardegna sono grano, orzo, fagioli, vino, olio d’oliva, mandorle, limoni e arance, legno di sughero, ecc. Il valore degli articoli esportati è notevolmente aumentato da quando i porti del continente hanno aperto loro senza restrizioni. Quanto alle manifatture, esse sono lungi dal soddisfare le necessità più comuni degli abitanti e sono della descrizione più grossolana e primitiva.

4. Clima – Intemperie, o Malaria

Nonostante la sua posizione meridionale, la Sardegna, godendo di un clima insulare, non è soggetta al caldo eccessivo che si riscontra in estate sulle vicine coste italiane, sebbene la vegetazione sia pressoché simile. L’inverno è molto mite, e la neve è un’eccezione, tranne che in montagna e sull’altopiano elevato di Macomer.

I mesi di dicembre e gennaio sono secchi, con una deliziosa atmosfera trasparente. Febbraio è spesso piovoso e, come in Sicilia, forse il più spiacevole dell’anno; la primavera si manifesta in tutto il suo rigoglio verso la fine di marzo; l’estate è malsana nelle parti basse dell’isola; infatti sotto questo aspetto somigliano alla Campagna di Roma e alla Maremma toscana.

L’Intemperie, come viene chiamata la malaria in Sardegna, sembra essere prodotta dallo straripamento primaverile dei torrenti, i quali, portando con sé grandi masse di sostanze vegetali, danno origine, per fermentazione o decomposizione, a queste esalazioni deleterie, e che sono particolarmente nocivi nei delta prossimi alle foci dei fiumi, i cui quartieri confinanti risultano così inabitabili da giugno a ottobre. È una circostanza curiosa che, mentre gli adulti abituati a questi distretti insalubri possono rimanere impunemente durante l’estate, i bambini e i nuovi arrivati sono invariabilmente vittime dell’Intemperie.

In Sardegna, come lungo le coste occidentali dell’Italia, la malaria scompare con le prime piogge autunnali, che arrivano con grande regolarità, o all’Apertura delle terre, quando iniziano i lavori agricoli. Il drenaggio delle zone paludose e il miglioramento dei letti di molti fiumi e torrenti hanno già attirato gran parte dell’attenzione del governo e dei grandi proprietari terrieri e, se perseguiti vigorosamente, probabilmente riporteranno alla situazione attuale la situazione attuale. all’isola la sua antica reputazione di uno dei grandi paesi produttori di grano dell’Europa meridionale.

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5. Selvaggina, caccia, pesca

La selvaggina è molto abbondante in tutta l’isola; mentre le specie più piccole, pernici, lepri, ecc., sono lasciate ai cittadini, i Sardi si prendono cura solo delle specie più grandi, o Caccia grossa come viene chiamata. Le montagne ricoperte di boschi abbondano di cervi e cinghiali.

Il muflone (Ovis Ammon) sta gradualmente scomparendo, ed ora lo si incontra soprattutto nei gruppi montuosi del Gennargentu e della Nurra, dove i suoi branchi sono ancora numerosi. Per i viaggiatori che visitano la Sardegna a scopo fotografico, le località migliori, in quanto più facilmente raggiungibili, saranno le montagne della Nurra, a ovest di Porto Torres; il Monte Ferru, a sud di Bosa; il Monte Arci, a est di Oristano; le foreste di Antas, a nord di Iglesias; e le montagne dell’Ogliastra, a ovest di Tortolì.

La caccia agli animali più grandi, o Caccia grossa, si pratica come segue: in un giorno prestabilito un certo numero di cacciatori, spesso fino a un centinaio, si incontrano ad un appuntamento prestabilito; il più esperto viene eletto capo o, come viene chiamato, “generale”; è lui che fissa le diverse battute della giornata, e che posiziona i cacciatori, e comanda i battitori e gli attendenti; è anche il “generale” che decide, in caso di controversia, chi ha colpito per primo l’animale, poiché a lui appartengono la testa e la pelle.

Durante il tempo della caccia possono prendervi parte tutte le persone munite di arma da fuoco, autorizzate o meno dalla legge a portare armi; così accade che durante il pasto pomeridiano che ha luogo presso qualche pittoresca sorgente, il pastore, il contrabbandiere, e talvolta anche il fuorilegge, si vedono seduti accanto ai nobili e ricchi proprietari del quartiere.

Le signore, che spesso prendono parte al divertimento, sono l’oggetto speciale dell’attenzione del capocaccia; durante la battuta sono appostate alle spalle dei cacciatori più esperti, e al “repas champêtre” il capocaccia improvvisa spesso versi in loro onore. La sera l’allegra comitiva ritorna al villaggio, seguita dai carri trainati da buoi, che trasportano il bottino della giornata. La mattina seguente se ne fa una giusta distribuzione tra tutti i presenti, perché al banchetto all’aperto le uniche parti mangiate erano quelle che non potevano essere conservate: in genere una di queste spedizioni produce 10 teste di cervi, cinghiali, o mufloni; e una buona giornata fino a 15 o 20.

Queste feste di caccia si svolgono in tutte le stagioni, anche se ce ne sono alcune in periodi fissi dell’anno in tutta l’isola, come ad esempio nella settimana dopo Pasqua, i cui frutti sono riservati al sacerdote che ha predicato i sermoni della Quaresima. nella località. Si fanno ottime riprese sulle Lagune o Stagni di Cagliari durante la stagione invernale, essendo la selvaggina numerosa, composta da uccelli acquatici di ogni tipo e in grande profusione le squadre di tiro presentano una scena molto animata, composta da parecchie barche, la maggior parte riempite con le signore.

Pesca. Dal punto di vista nazionale e commerciale, la pesca è molto più importante, anche se meno poetica, della caccia. La pesca del tonno (tonnare) sulla costa occidentale, la pesca nei laghi salati del cagliaritano e dell’oristanese, sono di proprietà di privati.

Queste attività di pesca stanno diventando ogni giorno più importanti, grazie alle strutture che la navigazione a vapore offre per trasportare rapidamente i prodotti sulla terraferma. I torrenti montani abbondano di ottime trote, che offriranno ampio sport al pescatore che si discosterà dalla strada maestra, e specialmente all’est della grande pianura del Campidano.

I comprensori più favorevoli per la pesca a mosca sono nei monti della Gallura, della Barbagia e dell’Ogliastra, in tutti i torrenti dei quali sono abbondanti ed ottime le trote.

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6. Antichità

La Sardegna offre pochi resti greci o romani che possano essere paragonati a quelli dell’Italia, o della vicina isola di Sicilia; consistono in alcune poche rovine di ponti, templi e anfiteatri, e di diverse miliaria o pietre miliari. Le antichità più interessanti risalgono ad un periodo molto più remoto della dominazione romana, e di cui è difficile fissare la data. I più notevoli di questi monumenti, chiamati Nur-hags, Nuragghi o Noraghe, sono peculiari della Sardegna e delle Isole Baleari (dove sono conosciuti sotto il nome di Talayots); hanno qualche analogia con certe antiche torri delle Isole Orcadi e Shetland (case dei Pitti) e con le Torri Rotonde dell’Irlanda. Più di 3000 di queste nuraghi esistono ancora sull’isola, nonostante la loro distruzione quotidiana per il bene dei materiali da costruzione.

Il viaggiatore antiquario che voglia addentrarsi in un esame più minuzioso di queste curiose costruzioni troverà ogni informazione nel secondo volume del Generale della Marmora, al quale rimandiamo i nostri lettori, limitandoci qui ad un loro resoconto molto generale e breve.

I nuraghi sono sempre costruiti con pietre grezze, disposte in corsi orizzontali, e senza alcun tipo di cemento o malta; le pietre nelle parti inferiori sono spesso colossali, alcune misurano 100 piedi cubi; diminuiscono di dimensioni verso la sommità. Nei distretti montuosi sono generalmente situati (su rilievi isolati, e nella pianura su collinette artificiali; la loro forma è quella di un tronco di cono; la loro altezza varia da 30 a 60 piedi, e il loro diametro alla base da 35 a 100; l’interno è diviso in 2 o 3 camere di forma conica, sovrapposte le une alle altre, con nicchie nelle pareti. L’apertura nella camera inferiore è così piccola che si può entrare solo a quattro zampe, e nel maggior numero di esempi rivolti da est/sud-est., e a sud da ovest; da questo un passaggio a spirale, ricavato nello spessore del muro, conduce alle camere superiori; quanto a finestre, non ce ne sono nelle camere, sebbene vi siano aperture che danno luce nelle camere passaggi che conducono dall’uno all’altro. La torre centrale, la parte più evidente dei nuraghi attualmente, era in molti casi circondata da mura circolari, e in altri con piccole torri. Spesso sono posizionati due nuraghi di uguali dimensioni uno accanto all’altro, o collegati da un muro, sul quale appaiono come i bastioni di certi castelli medievali.

Sarebbe oltre i nostri limiti descrivere le differenze che offrono questi monumenti; il viaggiatore che voglia visitarle deve ricordarsi che, essendo generalmente lontane dalle abitazioni umane, sarà necessario che sia munito di luci per penetrare all’interno.

Si incontra spesso anche un’altra descrizione molto diversa di costruzioni molto antiche, costituite da due serie parallele di pietre piatte, che formano una specie di muro e racchiudono uno spazio quadrilatero lungo da 15 a 36 piedi e largo da 3 a 6. Le pietre che lo circondano, all’incirca alla stessa altezza dal suolo, sembrano essere state ricoperte da pietre piatte sovrapposte.

La direzione di questi monumenti è invariabilmente da nord-ovest a sud-est.: a quest’ultima estremità si trova generalmente una stele o lapide prismatica o ellittica, alta 10 o 15 piedi, con altre di forma simile che racchiudono uno spazio semicircolare di 20 o 30 piedi di diametro: i Sardi considerano queste monumenti che fungevano da sepolcri; da qui il nome loro attribuito di Tombe dei Giganti, Sepolturas de is Gigantes; ma gli archeologi sono ancora all’oscuro riguardo alla loro destinazione e a quella dei nuraghi, sebbene oggi si creda generalmente che entrambi siano di origine fenicia.

Esiste in tutta l’isola una terza classe di monumenti antichissimi, probabilmente di periodo remoto quanto i due precedenti, che sono conosciuti con gli appellativi locali di Perdas fittas, Perdas lungas, ecc., avendo una notevole analogia con i Menhir e i Dolmen dei paesi celtici: non si incontrano così frequentemente come i nuraghi e le Tombe dei Giganti. 

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7. Soldi, pesi, misure

La moneta è la stessa della Francia, sul sistema decimale, 1 franco = 100 centesimi = 9 pence. Inglese. Quella che può essere definita la moneta locale è la lira divisa in 4 real, ogni real in 5 sol, corrispondenti a 1 franco e 92 centesimi, Of. 48c., e Of. 09.6c. della valuta decimale. Si possono ancora incontrare alcune monete da 2 lire sarde, dette Scudi.

Il viaggiatore, nell’effettuare acquisti o pagamenti, farà bene ad accertarsi di che razza di lira si intende; in tutta quest’opera i prezzi indicati sono in lire italiane o franchi. Il metro, con le sue divisioni, è la misura della lunghezza; anche il chilometro per le strade. In questo volume, parlando di misure di lunghezza o distanza,

I piedi e le miglia inglesi sono sempre da intendersi.

8. Ospitalità sarda

In Sardegna fanno eccezione le locande, perché non si possono nobilitare con tale appellativo le case senza porte e finestre, e senza altro ristoro che del cattivo vino, che il viandante troverà nei principali villaggi. Chi pertanto intraprende un giro per l’isola deve ricorrere all’ospitalità degli abitanti, che è sempre offerta con la massima cordialità a coloro che si presentano con lettere di presentazione. Senza essere conosciuto, se obbligato a alloggiare in un luogo per il quale non ha lettere, la famiglia principale o il curato riceveranno cordialmente il turista: anche nelle zone più remote e fuori mano, sarà ospitale curato dal Comandante della Gendarmeria.

L’ospitalità nativa non è tuttavia esente da inconvenienti per il viaggiatore, il quale, dopo una dura giornata di viaggio, preferirebbe un pasto leggero e un sonno presto all’accoglienza formale che generalmente si aspetta dal suo ospite, nonostante le ore trascorse in conversazione in sospeso l’allestimento del banchetto che gli sarà offerto gli permetterà di acquisire molte informazioni sugli usi e costumi del paese circostante, sulle sue curiosità, sui luoghi, ecc.; e possiamo tranquillamente affermare che, grazie a questo vantaggio dell’ospitalità sarda, può tornare dopo aver trascorso tre o quattro settimane, conoscendo l’isola più di quanto i viaggiatori in genere acquisiscono di Francia, Italia e Germania frequentando alberghi, tavole-d ‘hôte, club, ecc., per altrettanti mesi. È appena necessario aggiungere che una piccola mancia alla servitù, da due a cinque franchi al giorno, sarà ben concessa e accettata con gratitudine.

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9. Stagione per i programmi di viaggio dei tour, ecc.

In conseguenza dell’insalubrità del clima, è impossibile viaggiare per più di sei mesi all’anno, dalla fine di novembre fino all’inizio di giugno, e notevoli difficoltà lo si presenterebbero in inverno a causa delle piogge, essendo i torrenti spesso impercorribili: è quindi solo tra i mesi di marzo e luglio che gli spostamenti possono essere effettuati piacevolmente. Consigliamo pertanto ai nostri connazionali diretti in Sardegna di recarsi entro l’ultima settimana di marzo a Torino, dove potranno procurarsi lettere di presentazione tramite il ministro britannico, o i signori sardi residenti nella capitale durante la sessione legislativa, e di imbarcarsi da Genova verso il 25, scegliendo tra i seguenti itinerari, che abbracciano tutti i punti più interessanti dell’isola, quelli più adatti ai propri gusti e interessi.

PRIMO TOUR. In carrozza – numero di giorni da impiegare.

Imbarcarsi a Genova per Porto Torres: 1

• Sassari e dintorni: 3
• Sassari – Alghero: 1
• Fermata e dintorni: 1
– Molte interessanti escursioni possono essere fatte anche da Alghero alla Grotta di Nettuno, ecc.

• da Alghero a Ozieri e dintorni: 3
• da Ozieri a Macomer e dintorni: 2
– Escursione da Macomer a Bosa: 2
– Escursione da Macomer a Silanus: 2
– [Escursione a Nuoro]. Ora che la carrozzabile è aperta fino a Nuoro, si può fare in quella direzione un’interessantissima escursione di 4 giorni.

• da Macomer a Milis: 1
• da Milis ad Oristano ed escursioni nei dintorni 3
• da Oristano a Cagliari 1
– Escursioni da Cagliari 8
– da Cagliari a Iglesias, le isole di Sant’Antioco 5
• San Pietro e ritorno 5
• Cagliari-Laconi e ritorno 5

Totale giorni del primo tour: 38

SECONDO TOUR. Parte in carrozza, parte a cavallo:
Aggiungendo i seguenti percorsi a quelli del tour precedente:

• da Sassari a Tempio, passando per Castel Sardo e Castel Doria, ritorno di Martis (a cavallo) – giorni 4
• da Silanus a Nuoro e ritorno (in carrozza): 3
• da Milis a Cuglieri, ritorno da Santa Caterina de’ Pittinuri a Oristano: 3
• da Iglesias a Flumini Maggiore X
• al rientro da Guspini, Gonnos Fanadiga e Decimo Mannu, a Cagliari: 3
Escursione da Laconi attraverso i monti del Gennargentu, della Barbagia, dell’Ogliastra, ecc., 5

Totale giorni del secondo tour: 18

TERZO TOURParte in carrozza, parte a cavallo:

Sbarcando all’isola della Maddalena, dove in certi giorni fa scalo il piroscafo genovese, il viaggiatore può proseguire fino a Palau, da dove dovrà mandare a Tempio i cavalli.

• da Palau a Tempio (a cavallo): 2
– Dintorni di Tempio: 2
• da Tempio a Sassari, da Castel Doria e Castel Sardo: 2
– Dintorni di Sassari: 8
• da Sassari ad Alghero per i monti della Nurra: 2
– Dintorni di Alghero: 1
• da Alghero a Bosa attraverso il Monte Leone: 2
• da Bosa a Macomer (in carrozza): 1
– Escursione da Macomer a Nuoro (passando per di Silanus, Bolotana, il Castello del Goceano) e ritorno (in carrozza): 7
– Escursione da Macomer a Oristano, da Santu Lussurgiu, la foresta del Monte Ferru, Cuglieri, e Santa Caterina de’ Pittinuri, il sito di Cornus: 3
– Dintorni di Oristano: 2
– Escursione da Oristano a Iglesias, da Guspini, Flumini Maggiore e la foresta di Antas: 3
– Escursione a Porto Scuso, Isole di San Pietro e Sant’Antioco e Golfo di Palmas (in carrozza): 2
– Escursione da Iglesias a Cagliari (in carrozza): 1
– Dintorni di Cagliari, come nel Tour I.: 8
– Escursione da Cagliari a Muravera, Tertenia, Tortolì e Lanusei (a cavallo): 4
– Escursione a Laconi, attorno al Gennargentu e attraverso la regione montuosa della Barbagia (a cavallo): 7
– Escursione da Laconi a Cagliari (in carrozza): 2

Totale giorni del terzo tour: 55

Il primo tour può essere effettuato con ogni comodità, anche dall’infermo che magari ha scelto la Sardegna e il suo clima incantevole come residenza invernale.

Il secondo non presenta la minima difficoltà alle persone abituate a cavalcare: si può qui osservare che l’andatura dei cavalli sardi è particolarmente agevole, e sono così sicuri che una giornata di cavalcata è una vera “promenade de plaisir”. Consigliamo il secondo tour a persone interessate alle ricerche geologiche e antiquarie.
I primi avrebbero modo di esaminare le rocce di Osilo, il vulcano di Ploaghe, gli strati di Grypheæ in riva al mare presso Alghero, i vulcani di Keremule e di Giave, il grande cratere in elevazione di Monte Ferru, le marne fossilifere di San Giovanni da Sinis, le miniere di piombo di Monte Vecchio e Monte Poni, i calcari con ortoceratiti di Flumini Maggiore, le ligniti di Gonnesa, le rupi quaternarie di Cagliari, i calcari neri paleozoici ricchi di graptoliti di Goni (9 miglia est/nord-est di Senorbì), le antraciti di Seui e Seulo, i calcari oolitici, ricchi di fossili, di Perdaliana, ed il vulcano di fango, 3 miglia a sud di Seulo.
L’archeologo troverà nella descrizione dei vari percorsi l’indicazione dei principali ruderi durante il percorso.

Il terzo tour può soddisfare solo il viaggiatore in cerca di sport o l’artista. Entrambi troveranno sotto questo riguardo ampio compenso alle fatiche e alle privazioni che dovranno sopportare percorrendo le contrade più selvagge e ritirate dell’isola.
In un paese che offre così grande interesse al naturalista e all’artista, molti turisti potrebbero essere tentati di adottare il metodo svizzero di viaggiare a piedi, ma noi li sconsigliamo vivamente di farlo per i seguenti motivi. I fiumi sono frequenti e, poiché ci sono pochissimi ponti, sarebbe difficile e pericoloso guadarli.
Le zone paludose non si attraversano se non a cavallo. Poiché il Sardo non viaggia mai a piedi, guarderà con sospetto e diffiderà tutti gli estranei che lo fanno; inoltre il naturalista, passando per i villaggi, veniva assalito da offerte di cavalli che non poteva rifiutare; e l’autore di queste pagine, il cui esercizio preferito è la passeggiata, ha ritenuto necessario durante le sue escursioni farsi seguire da una guida con cavallo al guinzaglio per evitare questi segni di civiltà sarda.
Per quanto riguarda i pasti, l’ora generale della cena fuori dalle grandi città è mezzogiorno; il pasto anticipato è generalmente molto frugale, e fuori dai sentieri battuti il viaggiatore dovrà generalmente provvederlo da solo. Per quanto riguarda le provviste, è così difficile procurarsele nelle regioni più remote, che consigliamo a chi sta per intraprendere un giro in Sardegna di portare con sé da Genova una piccola fornitura dei seguenti articoli: carne salata, cioccolato in tavolette, zuppa portatile, biscotti di mare, tè e, per gli inglesi, soprattutto, una teiera. In questo modo potranno spesso fare un pasto molto gradevole vicino a qualche sorgente limpida, e molto più che nelle città e nei villaggi più piccoli.

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10. LIBRI E MAPPE

ALBERTO DELLA MARMORA: Voyage en Sardaigne, ou Descrizione statistique, physique, et politique de cette Isle: Paris et Torino, 1839, 1840, 1860; 5 voll. 8 v. Questa è di gran lunga l’opera più utile e precisa sulla Sardegna che sia mai apparsa. Il primo volume contiene la descrizione storica, geografica e statistica dell’isola; il secondo quello archeologico; il terzo comprende quello fisico e geologico; il quarto, intitolato Itinéraire de l’Isle de Sardaigne, pour faire suite au Voyage dans cette contrée – 2 voll. 8 v. Torino, 1860 si rivelerà forse la più utile al viaggiatore, essendo una guida dettagliata e aggiornata all’ultimo momento, e divisa in itinerari attraverso le diverse parti dell’Isola; oltre ai dettagli su topografia, archeologia e storia naturale, l’autore ha intervallato molti dettagli curiosi di aneddoti personali, avventure locali, ecc.

MANNO: Storia della Sardegna: Torino, 1825. Contiene la migliore storia dell’isola, del barone Manno, membro del Senato sardo.

Capitano W. H. SMYTH: Uno schizzo dello stato attuale dell’Isola di Sardegna: 1 vol. 8 v. 1828. Molto accurato nella descrizione delle coste, da lui rilevate durante la guerra, ma inferiore a La Marmora nei dettagli fisici e archeologici.

  1. WARRE TYNDALE: L’Isola di Sardegna, in 3 volumi: Londra, 1849. Molti dei dettagli che interessano il turista derivano dalle ricerche di La Marmora, accompagnate da molte informazioni interessanti e utili, raccolte durante il soggiorno dell’autore a e viaggia attraverso l’isola; dopo l’opera del La Marmora è di gran lunga la migliore che il viaggiatore troverà in Sardegna, e, ad eccezione di quest’ultima, incomparabilmente superiore a ogni altra.

VALERY: Voyages en Corse et en Sardaigne: 2 voll. in 8v., Parigi, 1837. Composto, come la maggior parte dei libri di questo autore, da informazioni derivate da altre fonti; più divertente come opera di uno scrittore gradevole e credulo che accurato come opera di osservazione.

Un’opera sulle antichità della Sardegna fu pubblicata nel 1853 dal generale della Marmora, Sopra alcune Antichità Sarde: 1 vol. 4to., Torino, 1853.

Mappe. Carta dell’Isola e Regno di Sardegna, del Generale Alberto Ferrero della Marmora: Parigi e Torino, 1845; 2 fogli. Questa mappa splendidamente realizzata sarà indispensabile per il viaggiatore in Sardegna. È principalmente, anzi quasi interamente, il risultato delle indagini effettuate durante diversi anni dal compianto nobile di cui porta il nome, ed eseguite in gran parte a sue spese. Una comoda riduzione alla scala di un quarto è inserita nell’Itinerarie dell’autore, e può essere procurata separatamente a Torino; e uno più piccolo se ne troverà nell’opera notata all’inizio di questo articolo e nel libro del signor Tyndale.

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11. VIAGGI DA GENOVA A CAGLIARI E PORTO TORRES

I piroscafi partono da Genova quattro volte a settimana per la Sardegna: il lunedì e il giovedì per Cagliari alle 21:00, e il mercoledì e il sabato, sempre alle 21:00, per Porto Torres, tutti con scalo a Livorno. Le navi dirette per Cagliari percorrono la costa orientale della Corsica, raggiungono l’isola di La Tavolara, invasa dalle capre selvatiche, e arrivano al largo di Tortolì la seconda mattina; qui la barca del primo e del terzo sabato di ogni mese sbarca i passeggeri.

Tortolì è a 2 miglia dal mare, in una zona molto malsana, che ha costretto le autorità a trasferirsi a Lanusei, più nell’entroterra. Tortolì ha 1700 abitanti, ed è celebre per le sue arance.

Nei dintorni sono state rinvenute alcune iscrizioni romane. Da qui i viaggiatori possono procedere verso l’entroterra, ma incontreranno difficoltà nel procurarsi i cavalli. Partendo da Tortolì, il piroscafo costeggia Capo Bellavista, a sud del quale si vedono lungo la costa numerose torri, erette contro le incursioni dei pirati barbareschi. Uno di quelli a San Giovanni di Sarralà [or Tertenia], a 20 miglia a sud di Tortolì, fu teatro di una eroica difesa contro questi predoni già nel 1812, quando un individuo il cui nome merita di essere tramandato, Seb. Melis, l’Alcalde, attaccato da un numero considerevole di turchi, si difese per 10 ore, dopo aver perso il figlio e l’unico soldato nella torre, finché non fu sollevato da una levée in massa dalla campagna circostante. Al di là di questo si passa la foce del Flumendosa (l’antico Sæprus), il più grande corso d’acqua sul lato orientale dell’isola, e 20 miglia più lontano Capo Carbonara, il promontorio orientale del grande golfo di Cagliari. Il piroscafo del secondo sabato di ogni mese fa scalo all’isola di Capraja. I piroscafi fanno la spola tra Genova e Porto Torres, partendo dalla prima ogni mercoledì e sabato sera, passando per Livorno e facendo scalo a Bastia e all’isola della Maddalena. Ci sono anche traghetti da Cagliari per Palermo e Tunisi il giovedì alle 21.00.

Poiché tutti i piroscafi partono da Genova, e con giorni e orari che variano a seconda delle stagioni, solo lì si possono avere informazioni precise.

Sbarcato a Cagliari il viaggiatore non sarà sottoposto né a visite di dogana né di polizia: prima di sbarcare i bagagli farà bene a procurarsi un alloggio, poiché dalla piccola sistemazione negli alberghi potrebbe non trovare posto, ed essere costretto a vagabondare le strade ripide molto prima di trovare un posto dove depositarlo.

I piroscafi che partiranno da Genova per Porto Torres martedì alle ore 9.00. costeggiamo la costa occidentale della Corsica, entrando nel Golfo dell’Asinara, lasciando sulla destra l’omonima isola, ormai quasi deserta. Circa 24-26 ore dopo la partenza da Genova, i passeggeri sbarcano a Porto Torres. Un piroscafo ogni venerdì alle 20:00; scalo a Livorno sabato mattina, arrivo a Bastia alle 17. lo stesso giorno, all’isola della Maddalena e Porto Torres la mattina successiva alle 11. C’è una linea settimanale di piroscafi tra Cagliari e l’isola della Maddalena, con scalo a Muravera la domenica mattina; lunedì a Tortolì, Orosei, Siniscola e Terranova; arrivo a La Maddalena martedì mattina; rientro per lo stesso itinerario da La Maddalena mercoledì alle ore 11.00. L’isola della Maddalena, l’Ilva dei romani, è un immenso ammasso granitico con alcune coltivazioni. La città principale sulla riva del mare ha 2000 abitanti, e vista dal mare presenta un aspetto di prosperità.

La popolazione è interamente dedita alle attività marittime; gli uomini esclusivamente alla vita marinara; le donne, che sono molto belle, durante l’assenza dei mariti si occupano delle faccende domestiche, una delle loro occupazioni principali è quella di macinare il grano con macine a mano, non esistendo nell’isola nessun altro tipo di mulino.

Sbarcando il viaggiatore vedrà una granata posta su un piedistallo di marmo, che si conserva come sparata contro la città nel 1793 dal giovane Napoleone, quando era tenente di artiglieria, durante un fallito attacco dei francesi contro di essa. Fu sulle strade della Maddalena che Lord Nelson stabilì il suo principale appuntamento quando comandò la flotta del Mediterraneo nel 1803-4. A sud della Maddalena, la costa orientale della Sardegna, che è granitica, presenta un singolare incidente in decomposizione, notato da Tolomeo: una roccia che, vista dal mare, offre la forma di un orso seduto, da cui il promontorio su cui sorge è chiamato Capo dell’Orso.

Il viaggiatore che desidera esaminare il nord-est dall’estremità della Sardegna si può proseguire in barca (2 miglia) fino a Palau, e di lì a Tempio (vedi Itinerario 2), ma prima di intraprendere questo viaggio sarà necessario aver ordinato i cavalli da quest’ultimo luogo.

Nel viaggio da La Maddalena a Porto Torres il piroscafo passa sotto i Capi del Falcone e della Testa, tra i quali si trova il porto di Longone Sardo o Santa Teresa, sopra il quale sorge un castello Aragonese. Sul Capo della Testa si trovano alcuni resti di edifici romani, mosaici e canali sotterranei. Su di esso sono le cave di granito di Santa Reparata, donde venne portata una grande quantità di quella roccia, che vediamo nei monumenti dell’antica Roma; e in tempi più moderni le colonne della cattedrale e del battistero di Pisa.

Il viaggio da La Maddalena a Porto Torres dura dalle 4 alle 5 ore. Il piroscafo da Porto Torres per Genova parte ogni venerdì alle 8.00, quello che fa scalo a La Maddalena, Bastia e Livorno il martedì alle 8.00.

Nessuna ancora completata, ma diverse decretate con legge promulgata il 4 gennaio 1863, ed in corso, essendo il tronco principale quello da Porto Torres a Cagliari, passando per Sassari, Macomer e Oristano, con diramazioni da Torralba a Ozieri e Terranuova, sul Golfo degli Aranci; e da Assemini a Iglesias; queste numerose linee seguiranno molto quasi le attuali strade maestre descritte nei seguenti Percorsi.

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12. FERROVIE

Nessuna ancora completata, ma diverse decretate con legge promulgata il 4 gennaio 1863, ed in corso, essendo il tronco principale quello da Porto Torres a Cagliari, passando per Sassari, Macomer e Oristano, con diramazioni da Torralba a Ozieri e Terranuova, sul Golfo degli Aranci; e da Assimino [Assemini] a Iglesias; queste varie linee seguiranno molto vicino alle attuali strade maestre descritte nei seguenti Itinerari.

PERCORSO I.

DA PORTO TORRES A CAGLIARI

146 miglia

I.1 PORTO TORRES – SASSARI

Porto Torres, costruita sul sito della romana Turris Libsonis, e un tempo sede di un arcivescovo, con 2140 abitanti, fu ridotta allo stato di un povero villaggio nel Medioevo; da quando sono stati istituiti i pacchi a vapore tra il continente e la Sardegna ha riacquistato una certa importanza come punto da cui si mantengono comunicazioni regolari con Genova, i pacchi arrivano ogni venerdì e lunedì e ritornano domenica e mercoledì.

Esiste anche un battello a vapore settimanale da e per Bastia, corrispondente alla linea di pacchetti tra quest’ultimo porto e Marsiglia. Più volte al giorno parte un autobus per Sassari, tariffa 2 franchi.

All’arrivo dei piroscafi si troveranno delle carrozze per trasportare le comitive a Sassari per 18 franchi, compreso il pour boire del conducente.

Il porticciolo è comodo; il ruscello che vi sfocia è attraversato da un ponte romano a più arcate, dietro il quale si trovano paludi, causa dell’insalubrità del luogo.

Tra il porto e il ponte si trovano i ruderi di un grande tempio dedicato alla Fortuna, accanto al quale sorgeva una basilica, come testimonia un’iscrizione relativa ai suoi restauri durante il regno di Filippo, nel 247 d.C., rinvenuta tra le macerie. A questo edificio è stato dato il nome di Il Palazzo del Re Barbaro, probabilmente da Barbarus, governatore romano nei primi anni del IV secolo. Il tetto è crollato, ma si possono vedere resti di scale, colonne, ecc. Le iscrizioni, le sculture e le ceramiche qui rinvenute sono state trasportate a Sassari. Un acquedotto di epoca romana fornisce ancora acqua al paese.

C’è una bella locanda a Porto Torres, dove, nel caso che il piroscafo arrivi a tarda ora, il viaggiatore può passare la notte senza inconvenienti.

Dato che le barche arrivano generalmente prima delle 14, un paio d’ore gli permetteranno di visitare le vicine rovine, e di raggiungere Sassari la sera stessa.

A Porto Torres comincia la grande Strada Centrale, o Reale, che la collega con Cagliari: iniziata nel 1822, fu terminata 7 anni dopo, con una spesa di 158.4801. sterlina, la sua lunghezza totale è di 146 miglia (234.821 metri). Fu la prima strada carrozzabile realizzata nell’isola, ed è ancora oggi la maggiore arteria di comunicazione.

La ferrovia è in corso di realizzazione e segue quasi la stessa linea dell’attuale strada carrozzabile.

A circa 10 minuti dal porto la strada passa davanti alla chiesa di San Gavino, del XI sec., costruita con materiali provenienti dai vicini edifici romani; nelle pareti è un antico sarcofago, con un bassorilievo di Apollo e le Muse; nella cripta un’urna sepolcrale. Questa cripta è circondata da statue di santi, in uno stile molto bello per l’epoca.

La campagna intorno a Porto Torres è brulla, con qualche pianta sparsa di lentisco, rosmarino, ginepro e qualche palma, che dimostrano che siamo già arrivati entro il 40° grado di latitudine.

La strada per Sassari si snoda su una campagna ondulata, con alcuni recinti circondati da muri in pietra; difficilmente si incontra un essere umano, tranne qualche Sardo a cavallo, armato del suo lungo moschetto e avvolto nel suo cappuccio da cappuccino, spesso con una donna vestita di una sottoveste rossa seduta dietro di lui.

3 miglia dopo Porto Torres c’è la prima Cantoniera, sulla Strada Centrale, e che incontreremo a distanze regolari fino al capoluogo, una specie di casa di rifugio o caravanserraglio, ma dove il viaggiatore troverà poco più che una copertura durante il viaggio. tempesta. Quando venne realizzata la strada si era pensato di istituire lungo di essa luoghi di ristoro; ma il sardo, lui stesso così ospitale, si aspettava di incontrare un trattamento simile negli stabilimenti del Governo; per questo i cantonieri non potevano tenere aperte le loro case a tali condizioni, e ora non ce n’è quasi nessuno che possa fornire un letto al viandante.

5 miglia più oltre è la cantoniera di Ottava, nei pressi della quale passiamo il torrente omonimo, sul quale, nel medioevo, sorgeva il villaggio di Ottava, o ad Octavam da Turris. La campagna a destra, che si estende fino al Castello della Crucca, è meglio coltivata, essendo stata colonizzata da un gentiluomo piemontese di nome Maffei. Al di là di questo si trovano alcuni ruderi di un acquedotto romano che convogliava l’acqua a Sassari, e un piccolo nuragico molto diroccato. La campagna in poi è meglio coltivata.

A 12 miglia da Porto Torres raggiungiamo

SASSARI. (Locande: Albergo del Progresso, aperto nel 1854. abbastanza discreto, con table-d’hôte a 3 lire; un altro, tenuto da un piemontese chiamato Giovannino, è anche molto tollerabile: c’è un caffè nella Grande Rue, con i giornali locali e piemontesi).

Questa città, con una popolazione di 22.000 abitanti prima dello scoppio del colera nell’agosto 1855, ne conta appena 15.000: è costruita su un leggero declivio a 650 piedi sopra il livello del mare, ed è attraversata in tutta la sua lunghezza da una strada principale, che termina presso l’antico castello aragonese. Le mura risalgono al periodo genovese, e una delle loro torri porta ancora il nome di Torre Doria: sono state in gran parte demolite per far posto a costruzioni moderne. Molto pittoresco è il castello, eretto nel 1330, oggi trasformato in caserma; sulla facciata sono ancora visibili gli stemmi aragonesi.

La cattedrale, con una bella ma pesante facciata moderna, contiene un bel quadro della scuola dei Caracci, e la tomba del conte di Moriana, fratello di Vittorio Emanuele I, che morì a Sassari nel 1802, durante l’emigrazione della famiglia reale. Nella chiesa della Trinità si conserva una Deposizione, dipinta nel XV secolo; la chiesa di [Santa Maria di] Betlem è in stile bizantino. L’Università, fondata nel XVII sec., conta oggi quasi 150 studenti; la sua biblioteca contiene circa 10.000 volumi, principalmente di giurisprudenza e teologia, con alcuni manoscritti. di interesse locale. Sassari è sede di un arcivescovo e capoluogo di provincia.

La Municipalità e il teatro sono di buon gusto: un nuovo ospedale è in costruzione.

I palazzi Vallombrosa Saturnino e San Sebastiano sono sullo stile di quelli genovesi del secolo scorso.

In paese c’è una sola fontana, Il Rosello, con sopra la statua equestre di San Gavino. Sebbene un’abbondante fornitura di buona acqua potesse essere distribuita per la città dalle colline vicine, ora viene trasportata dagli asini dalla fontana. Ad eccezione della via principale, detta Piazza, il resto del paese è costituito da strade strette; ma in periferia, e lungo la linea delle vecchie mura, sono stati eretti dei bei camminamenti, con costruzioni più moderne.

Sassari fu devastata dal colera nell’agosto del 1855, essendo stato portato via più di un terzo della popolazione pop in 20 giorni, una visita di cui occorrerà molto tempo per riparare le conseguenze. Il comune di Ozieri soffrì in misura quasi uguale. Il viaggiatore farà bene a salire al convento dei Cappuccini, su un’altura a sud E. della città: la vista da essa è molto estesa.

Il giardino del Duca di Vallombrosa a San Pietro è notevole per i suoi mirti giganteschi, i cui tronchi hanno una circonferenza di 4 piedi. Altri giardini nella valle di Logulentu offrono una miscela di piante semitropicali con quelle dell’isola, la valle stessa è ricoperta di pini domestici, mandorli e aranci, intervallati da palme.

Sulla strada per Cagliari si vede un mulino a vento abbandonato, l’unico del genere mai eretto in Sardegna, e che non è mai stato utilizzato, di conseguenza, alla vigilia della sua macinazione, è stato sparato un colpo da una mano sconosciuta contro la porta: un avvertimento comprensibile in questo paese al proprietario di sospendere le operazioni, inviato probabilmente dai numerosi proprietari di mulini ad acqua dei dintorni. Questo tipo di avvisi, e le conseguenze più gravi che derivano dal trascurarli, sono notevolmente diminuiti e ora sono quasi interamente limitati alle rivalità amorose.

Una delle scene curiose di Sassari è il ritorno serale dei braccianti. Il viaggiatore avrà già notato lo strano costume degli uomini; tutti i contadini vanno e tornano dal lavoro nei campi a cavallo e armati di lunghe carabine; il loro abbigliamento consiste, secondo la stagione, di diversi paramenti di rozzo panno nero, detti furresi, di manifattura contadina; la parte principale è costituita da un ampio cappotto, sotto il quale è un panciotto di cuoio (collettu), che scende fino alle ginocchia; attorno al collettu è allacciata una cintura; le gambe sono ricoperte da ghette nere (borzaghinos), sopra le quali si trovano ampi pantaloni fluenti di tela, unica parte del costume non di lugubre nero; nero anche il berretto (beretta). È solo nelle zone montuose che il contadino sardo si lascia crescere la barba.

– Escursione da Sassari: Osilo.

Il viaggiatore non a corto di tempo può impiegare due giorni per visitare i dintorni di Sassari.

Osilo, grande borgo a 6 miglia, è raggiungibile solo a cavallo. L’escursione non può essere compiuta in meno di 6 ore, passando prima per campi coltivati ad ulivi, separati da siepi, e poi per un tratto secco e calcareo, nei cui anfratti si trovano degli scavi che evidentemente sono serviti da sepolcri in un’epoca molto remota.

A 3 miglia da Sassari arriviamo sull’orlo di una scarpata sopra la valle che circonda Osilo, situata su una protuberanza vulcanica a 2132 piedi sopra il mare, e al centro di una cavità craterica. Ai margini di questa si trova il castello in rovina dei Malaspina, che si erge sopra il paese, le cui antiche torri poggiano su una roccia a struttura prismatica. Il panorama da queste rovine abbraccia tutta la parte settentrionale dell’isola, il Golfo dell’Asinara, e la parte meridionale della Corsica, la maggior parte dello Stretto di Bonifacio e la città omonima.

Il villaggio di Osilo, con 4750 abitanti, è di costruzione irregolare; le strade sono così ripide da essere difficilmente percorribili a cavallo, ma pulite, poiché tutta la sporcizia viene rimossa all’esterno del villaggio, dove viene ammucchiata in tumuli circolari, che altrove sarebbero fonte di ricchezza per l’agricoltore.

Osilo è progredita negli ultimi anni; vi troviamo un casinò e una sala lettura; gli antiquati telai sono stati sostituiti da quelli à la Jacquard; ed in nessuna parte della Sardegna il costume delle femmine è più pittoresco. L’abito superiore è di stoffa scarlatta, con pizzo d’oro e bottoni d’argento; le maniche, larghe, fluenti e aperte, si mostrano sotto una camicia di lino bianco fine, accuratamente intrecciato; un velo bianco avvolge la testa e la parte inferiore del viso, un lembo di stoffa rossa copre la parte superiore della testa e delle spalle.

Mezz’ora oltre Osilo si trova la cappella di Bonaria, a 2400 piedi sopra il mare, e dalla quale la vista è ancora più estesa che dal castello dei Malaspina.

Un’escursione ancora più interessante, anche se più lunga, può essere fatta a cavallo da Sassari a Ploaghe in 3 ore, oppure metà della distanza può essere fatta in carrozza, dopo di che la salita al villaggio deve essere fatta a piedi.

Partendo da Sassari per la Strada Centrale per Cagliari, arriviamo, dopo 2 minuti, in cima ad una scarpata chiamata Scala di Giocca, che è la continuazione di quella sulla via per Osilo; da qui la strada scende nella romantica valle della Giocca, che segue fino alla Cantoniera di Can e Chervu.

Qui bisogna abbandonare la strada maestra, imboccando un sentiero sulla 1. che segue il fondovalle fino alla chiesa della Madonna di Saccargia, curioso edificio a file alternate di marmo bianco e nero, simile alle chiese di Genova e di Pisa, con 3 arcate in fronte, e campanile staccato; risale all’anno 1116 e contiene alcuni dipinti del XIV secolo. Dietro questa abbazia la strada diventa sempre più romantica.

Una passeggiata di un’ora ci porta sulla sommità di un pianoro, dove è situata la cappella isolata di Salvenero, curioso edificio, a strati alternati di marmo bianco e nero, del XII secolo; con mezz’ora in più raggiungiamo Ploaghe, un villaggio di 2870 abitanti.

Recentemente è stata aperta una nuova strada per Ploaghe dalla Cantoniera di Figuiruja, la distanza 34 miglia

– Escursione da Sassari: Ploaghe

Ploaghe fu sede vescovile fino al XVI sec., quando fu unita alla Sede di Torres. La casa del curato conserva alcune tracce della sua antica importanza. A nord del villaggio si erge un picco arrotondato, o mammellone, interamente composto di ceneri vulcaniche, risalendo il quale scopriamo dalla sua sommità un flusso di lava, che, partendo dal villaggio, corre, formando una stretta fascia, verso Ovest.

Il burrone attraverso il quale siamo passati dall’abbazia di Saccargia per arrivare a Ploaghe corre lungo il lato sud di questa corrente, mentre nel ritorno ne seguiremo il lato nord presso il Nuraghe Nieddu, costruito con materiali vulcanici, e che trae il suo nome dal colore nero, nieddu in sardo è l’equivalente di nero. Questo Nuraghe ha i suoi due piani ben conservati e di facile accesso: e sebbene l’ingresso sia basso, alto appena 2 piedi, il viaggiatore farà bene ad entrare, poiché gli darà una buona idea di questa curiosa classe di edifici; più a valle è la sorgente acidula di San Martino, presso la quale si trova un insignificante stabilimento balneare; dopo di che, aggirando l’estremità della corrente lavica di Ploaghe, si raggiunge in breve la Cantoniera di Cane Chervu, sulla strada maestra per Sassari.

I PERCORSI

I.2. 

SASSARI – Codrongianus – Bonnanaro – Borutta – Torralba – Giave – Bonorva – MACOMER

Una diligenza parte ogni giorno da Sassari per Cagliari, effettuando il viaggio in 30 ore, tariffa 35 lire; e sono stati stabiliti omnibus per Ozieri via Torralba in 6 o 7 ore, e per Alghero. A Sassari si possono noleggiare carrozze per Cagliari, con le quali il viaggiatore può fermarsi quando e dove vuole: la tariffa ordinaria è di 5 franchi al giorno per ogni cavallo, e il buonamano al cocchiere alla fine del viaggio di 1 o 2 franchi; sarà inoltre necessario pagare il viaggio di ritorno, se non diversamente concordato.

Il turista che preferisce effettuare il viaggio a cavallo troverà i cavalli a Sassari, pagando 5 franchi al giorno per il proprio cavallo e altrettanti per quello del suo viandante o guida, che porterà anche il suo bagaglio leggero. Il viandante va rifocillato per strada.

La strada maestra da Sassari a Cagliari ricalca quasi per intero il tracciato di una strada romana, lungo la quale si trovavano molte pietre miliari che furono scoperte durante la realizzazione della nuova Strada Centrale.

Uscendo dal paese si arriva alla Scala di Ciocca e alla Cantoniera di Cane e Chervu, sopra descritta, dalla quale una salita di un quarto d’ora ci porta a Codrongianus, 12 miglia da Sassari.

Nella chiesa [di Codrongianus] sono alcuni brutti quadri attribuiti a Guido e ad altri grandi maestri. Partendo di qui attraversiamo in linea retta la piana coltivata del Campo Lazaro fino alla Cantoniera di Figuruia, e poi, presso la sua sorgente, il Rio de las Perdas Alvas, che sfocia nel mare a Porto Torres. Da qui la strada segue la base del Monte Santo, che si eleva precipitosamente fino a un’altezza di 2500 piedi sopra il mare; la sommità è ricoperta da un bosco di querce da sughero. Anche il Monte Pelao a ovest è ricoperto da una foresta che si dice contenga 250.000 alberi.

Il pittoresco burrone che separa queste due montagne è stato a lungo il terrore dei viaggiatori, ma dall’apertura della nuova strada è cessato ogni pericolo di ladri o banditi.

Nei dintorni sono stati rinvenuti resti di costruzioni romane.

Si lasciano sulla destra i paesi di Bonnanaro e di Borutta (i cui vini somigliano al Lacrima del Vesuvio, essendo anche il terreno vulcanico), e dopo averlo superato dove si dirama sulla sinistra la nuova strada per Ozieri, arriviamo dopo 13 miglia a Torralba, paese di 1120 abitanti [la ferrovia per Ozieri e Terranuova si dirama da qui].

Sul colle sovrastante è la chiesa di San Pietro di Torres, già sede vescovile, oggi in rovina senza più traccia dell’abitato vescovile che circondava la cattedrale; la chiesa, come quella di Saccargia, costruita a corsi alternati di marmo bianco e nero, è lunga 115 piedi e larga 50, e offre alcuni curiosi esemplari di scultura medievale. Per accedervi bisogna far portare la chiave al sagrestano di Borutta.

Due miglia oltre Torralba si dirama a destra la strada per Alghero: di fronte c’è la cappella di Cabu-Abbas, ed una fontana, che sorge all’estremità di una corrente di lava che scende dal cratere vulcanico di Cheremule a destra. Poco oltre, al 1 miglio, sono due dei nuraghi più notevoli di tutta la Sardegna; quello di Santu Antine ha tutte le camere centrali che si elevano in 3 piani, una sopra l’altra, e, sebbene l’ingresso sia ingombro di immondizie, non vi è difficoltà a penetrarvi: da questo passaggio si accede alla scala a chiocciola che comunica con le varie camere.

Questo nuraghe è posto su un basamento triangolare, a ciascuno degli angoli del quale si trovano camere coniche, comunicanti tramite un corridoio sotterraneo. Il Nuraghe Oes è separato dal primo da un rivolo. Il cono principale è affiancato sui lati E e S da tre più piccoli collegati ad esso, da una sorta di terrazzo, conferendo all’insieme l’aspetto di una roccaforte medievale.

A 5 miglia da Torralba si trova la Cantoniera di Giave, sull’altura sopra la quale, al 1., si trova il paese di Giave, costruito sull’orlo di un cratere vulcanico spento e ben conservato.

Un miglio oltre questo la strada attraversa un ruscello, vicino al quale c’è una collina di pietra calcarea forata da diverse aperture quadrate che danno accesso a caverne divise in camere regolari, che potrebbero essere servite sia come abitazioni che come luoghi di sepoltura. Questa serie di grotte continua per una notevole distanza, come si vede dalla strada maestra fino a Bonorva, e nello stesso letto quasi orizzontale di calcare. Si chiamano in paese Domus de Gianas e, secondo la tradizione locale, servirono come luoghi di rifugio ai primitivi cristiani dell’isola. Diverse grotte simili si estendono in direzione di Padora (l’antica Gurulis Vetus), a 10 miglia a ovest di Giave, dove sono state rinvenute monete e idoli fenici e romani, nonché alcune costruzioni ciclopiche o poligonali. Sei miglia oltre la Cantoniera di Giave c’è quella di Bonorva, dove, contrariamente alla regola generale, il viaggiatore può trovare un letto non troppo pulito.

Bonorva, cittadina di buone dimensioni, per questo paese, di 5000 abitanti, e a circa un miglio dalla strada maestra sulla 1. La popolazione, interamente pastorale e agricola, ha conservato più che altrove l’antico carattere rissoso del Sardi. La chiesa, edificata nel 1612, non ha nulla di notevole. Il clima è freddo in inverno, sebbene sia appena a 1500 piedi la scala a chiocciola che comunica al di sopra del mare, in conseguenza dell’altopiano che lo sovrasta a sud, impedendo l’influenza dei venti da quella parte. Talvolta la neve cade qui in grande abbondanza, e fino al mese di marzo.

Oltre la Cantoniera di Bonorva la strada comincia a salire al pianoro o altopiano di Campeda, 2145 piedi sopra il mare, che separa le acque che scorrono nel golfo dell’Asinara a nord, e al fiume Tirso a sud, la vista dalla cappella di San Simeone è molto estesa sulla pianura e sulle montagne all’estremità nord dell’isola. Nei pressi di questa cappella si trovano i resti di due torri quadrate in muratura poligonale e alcuni ruderi di abitazioni.

Il valico di Campeda durante l’inverno è spesso intasato dalla neve, tanto da trattenere la diligenza per tre o quattro giorni alla volta a Bonorva o Macomer. L’altopiano era anticamente ricoperto da un fitto bosco, che sta gradualmente scomparendo, il legname veniva trasportato a Bosa per essere spedito a Genova per uso della marina militare. Verso il centro dell’altopiano, sulla sinistra della Cantoniera di Campeda, in quella parte del bosco chiamata La Selva di Sauccu, sono stati scoperti alcuni monumenti sepolcrali, ora depositati nella casa del conte Pinna a Macomer: l’origine di questi monumenti è ancora indeciso. Presso il ponte di Perda Manna è in situ una pietra miliare romana, la strada attuale sembra seguire esattamente il tracciato di quella antica.

Da Monte Muradu ha inizio la scarpata sud dell’altipiano di Campeda; oltre il quale si dirama a dx la strada per Bosa in costa marittima; e dopo una discesa di un’ora, e a 9 miglia da Bonorva arriviamo a

Macomer, paese del 2000 abitanti, sul sito della Macopsisa di Tolomeo, offre alcune tracce della sua origine romana. Davanti alla chiesa sono state rinvenute nei dintorni 3 pietre miliari antiche, due del regno di Vespasiano, che segnano la LV. e LVI. miglia da Turris, e la terza di quella di Sett. Severo, segnando anche la LVI. M. Fino all’apertura della nuova strada Macomer era una località di scarsa importanza; la sua posizione centrale, vicino all’incrocio delle nuove linee di comunicazione per Nuoro e Bosa con la grande direttrice centrale dell’isola, rischia oggi di aggiungere molto alla sua prosperità.

Situata sul declivio dell’altopiano La Campeda, Macomer domina la valle del Tirso, e verso sud-ovest la pianura di Oristano, mentre domina sulla direttrice est-sud-est le alte vette del Gennargentu. Anche se si trova a 1890 piedi sul livello del mare, l’aria a Macomer è malsana durante l’estate. In nessuna parte della Sardegna si vede un maggior numero di nuraghi che in questo luogo; quello di Santa Barbara, circa un miglio a nord del paese, e vicino alla strada maestra, merita una visita, per il suo buono stato di conservazione. È notevole per la sua forma quasi quadrilatera e per i quattro coni più piccoli da cui è circondato.

Altra località, a circa 5 miglia di Macomer, è interessante per i suoi ruderi di origine ancora più problematica rispetto ai nuraghi: questi sono chiamati Tamuli, probabile corruzione di Tumuli (?). Alla base di un Nuraghe ben conservato, nel quale furono scoperti alcuni curiosi idoli, supposti da La Marmora fenici, sono poste sei pietre coniche, ciascuna alta 44 piedi, tre delle quali hanno scolpite su di esse rappresentazioni dei seni di un femmina. Sembrano appartenere a uno di quei monumenti che i Sardi chiamano Tombe dei Giganti. Circa 100 iarde. più lontano c’è un’altra di queste Tombe dei Giganti, in mezzo al sottobosco.

I PERCORSI

I.3.

MACOMER – Abbasanta – Paulilatino – Bauladu – ORISTANO

Lasciando Macomer, la strada scende per quasi 600 piedi in direzione sud, lasciando sulla 1. quella per Silanus e Nuoro; al 3° miglio è la cappella di San Lussorio, e a sud il diroccato Nuraghe Imberti, presso il villaggio di Borore, con una Sepoltura de is Gigantes ancora meglio conservata di quelle di Tamuli. Esiste un recinto simile chiamato Perda di San Baingiu a 2 miglia a nord-est della chiesa di San Baingiu, ed una terza, la Perda di Sant’Altare, nello stesso quartiere.

Le montagne viste a destra sono il gruppo vulcanico di Santu Lussurgiu, Monte Ferru e Cuglieri. 3 miglia oltre San Lussorio si trova la Cantoniera de Ponte Marquis, da cui si può visitare la 1. la Tanca Regia, ovvero allevamento di cavalli dei Re d’Aragona, circondato da piccolissime querce da sughero. Da qui la vegetazione comincia ad assumere un aspetto più meridionale.

La strada si ricongiunge al grande percorso all’altezza di Abba Santa; 3 m, oltre il quale, a destra, si trova il Nuraghe Losa, il cui passaggio a spirale è ben conservato. 1 miglio più avanti è

Paulilatino (Pauli da Palus), 2700 abitanti, che deriva il nome da una palude che si trovava nelle vicinanze, bonificata circa un secolo fa. Nelle vicinanze si trovano diversi monumenti simili a quelli di Macomer e Borore; per esempio, sul monticciolo di Goronna. Circa 1 miglio a ovest della città c’è un Nuraghe con una tomba di giganti; a poca distanza più lontano, a Perdu Pes, ce ne sono diverse con tre colonne coniche, ma, invece dei seni femminili su di esse come a Tamuli, hanno tre e sei cavità ellittiche, che penetrano fino all’asse dei coni.

Da Paulilatino la strada scende in una valle, che prosegue per 8 miglia, nella quale la vegetazione è più lussureggiante: le colline su entrambi i lati hanno ciascuna il suo Nuraghe appollaiato su di essa.

Bauladu, piccolo borgo dove la strada sbocca da quest’ultima valle nel Campidano Maggiore, dove il caldo estivo è eccessivo. Qui lasciamo la zona collinare per entrare nella parte più fertile e civilizzata di tutta la Sardegna.

Man mano che ci avviciniamo ad Oristano i campanili dei villaggi si vedono in maggior numero; i campi, meglio coltivati, sono circondati da siepi di giganteschi cactus; e dopo aver attraversato un boschetto di ulivi e palme, giungiamo a quota 9 miglia da Bauladu la chiesa di Nostra Signora del Rimedio, grande località di pellegrinaggio della provincia di Oristano.

Subito dopo si attraversa il Tirso. Questo fiume, che nasce nei monti granitici di Buddusò, ha un corso di 70 miglia prima che raggiunga il mare, ed è di conseguenza il fiume più lungo dell’isola. La costruzione del ponte su di esso è attribuita al diavolo dalle classi basse.

1 miglio dopo Nostra Signor del Rimedio arriviamo a

ORISTANO, fondata nel 1070 dagli abitanti di Tharros (troppo esposta alle incursioni dei pirati barbareschi), e da sempre una delle città più importanti dell’isola; è il capoluogo della provincia e sede di un arcivescovo.

Ha però l’aspetto desolato di un luogo devastato da una pestilenza; le vecchie mura fiancheggiate da torri, il palazzo degli antichi giudici d’Arborea, le case con balconi circondati da ringhiere in ferro recanti gli stemmi dei nobili aragonesi che un tempo le abitavano, purtroppo non sono in linea con l’attuale aspetto abbandonato del luogo. Ciò si spiega solo supponendo che le saline che circondano la città siano aumentate di estensione e che alle acque del Tirso non sia stato permesso di straripare nell’XI secolo. come attualmente, o certamente i suoi fondatori non avrebbero scelto una posizione così sfavorevole come quella occupata da Oristano.

Qui non c’è alcuna locanda, a parte un sudicio alloggio vicino all’ufficio di diligenza. In paese c’è un bar dove si possono procurare gli amaretti, per i quali Oristano è celebre. Il pane di Oristano è considerato il più buono della Sardegna.

La cattedrale, di data recente, conserva alcuni bei quadri di un artista sardo, il Marghinotti, ancora vivente. Evitate di visitare il carcere di Torre di Mare, uno spaventoso esempio di ciò che erano le carceri del XVIII secolo, sotto il peggior sistema. Qui vengono prodotte alcune ceramiche; si può aggiungere che nelle tombe attorno a Tharros si rinvengono non pochi vasi antichi.

Il costume degli abitanti qui è cambiato rispetto a quello che abbiamo visto nella parte settentrionale dell’isola; il cappotto, invece che nero, è marron, ed un cappello di tela cerata, e a tesa larga, distingue l’uomo del Sud da quelli del Capo Settentrionale.

Le femmine portano un’ampia sciarpa o fazzoletto, che arriva fino a terra, fasciata attorno al viso in modo da lasciar vedere solo gli occhi; ha qualche somiglianza con la mantiglia spagnola, che indossano gli andalusi di Tarifa; sotto questo fazzoletto c’è una sottoveste rossa; la maggior parte delle femmine va a piedi nudi.

Escursione da Oristano: Oristano – Milis – Bonarcado – Cuglieri – Oristano

L’interno di Oristano ha poco da interessare al viaggiatore; ben diverso per quanto riguarda i dintorni: vi si possono fare diverse escursioni, tra le quali le più interessanti saranno a Milis e al Monte Ferru; a Cabras e alle rovine di Tharros.

La prima di queste escursioni occuperà 2 giorni, ma più vantaggiosamente 3; le prime 8 miglia possono essere percorse in carrozza, fino al paese di Tramazza, sulla Strada Centrale, da cui parte una strada di 3 miglia attraversa una campagna che produce grano in coltivazione (perché è spesso incolto), avendo davanti a noi il Monte Ferru, le cui pendici sono ricoperte di aranci.

Superata la cappella di San Paolo si raggiunge il villaggio di Milis, al centro del quale si trova la magnifica villa del marchese Boyl, che contrasta stranamente con l’aspetto miserabile dei casolari circostanti. Milis contiene 1600 abitanti; l’aria non è delle migliori; i contadini dei piselli sono impiegati nel trasporto delle arance sia nell’interno, sia ad Oristano per la spedizione.

Il bosco di Milis è di quasi 3 miglia di lunghezza e 4 miglia di ampiezza, suddiviso in più proprietà, le due maggiori appartenenti al Marchese Boyl e al Capitolo di Oristano. Il numero di alberi di arancio che danno frutti è stimato a 300.000, ciascuno dei quali fornisce in media 300 arance all’anno; alcuni alberi misurano 6 piedi di circonferenza: il più magnifico, essendo uno di proprietà del marchese Boyl, reca un’iscrizione in onore della visita del defunto re di Sardegna alla foresta nel maggio 1829.

Né gli aranceti di Hyères né quelli del Portogallo possono dare un’idea di queste piantagioni: qui non c’è apparenza di coltivazione; il terreno sottostante è ricoperto di erba rigogliosa, il cui verde scuro contrasta singolarmente con i frutti color oro e i fiori bianchi sparsi su di esso dagli alberi sovrastanti. In realtà l’uomo qui appare solo chiamato a cogliere il frutto così generosamente elargito dalla natura.

Da Milis, per una strada poco impegnativa, il turista può proseguire fino a Bonarcado, ameno villaggio sulle pendici del Monte Ferru, e di lì attraverso un profondo e selvaggio burrone fino a Santu Lussurgiu. Questo villaggio, di 4800 abitanti, 1600 piedi sopra il mare, e 4 ore distante da Milis, è situato sul fondo di un cratere vulcanico, il cui labbro a nord forma una sorta di anfiteatro il cui punto più alto è il Monte Urticu (3440 piedi sopra il mare). Il posto migliore da cui osservare questo curioso quartiere sarà la chiesetta di San Giuseppe, su una collina ad est del paese.

La strada per Cuglieri sale sopra la parete del cratere, attraverso un bosco di castagni, non dissimili da quelli sulle pendici dell’Etna, passando vicino al punto più alto della cresta, il Monte Urticu, discendendo da lì verso nord-ovest attraverso un bosco di querce e lecci secolari, il terreno sottostante ricoperto di peonie (Pœonia corallina, Dec.). Questi boschi sono ricchi di cervi e cinghiali e le battute di caccia che vi si riuniscono a Pasqua sono tra le più frequentate della Sardegna. Ai piedi della discesa si trova l’antico castello di Monte Ferru, che risale al 1160; accanto ad essa si trova l’antro detto La Spelonca di Nonna, costituito da diverse camere scavate artificialmente nel tufo vulcanico, attorno alle quali si trovano celle che sembra servissero da luoghi di sepoltura.

CUGLIERI, paese di 4200 anime, 4 ore, distante da Santu Lussurgiu, che si suppone occupasse il sito dell’antica Gurulis Nova, offre alcune tracce di edifici romani; è il capoluogo della provincia, e ciò lo deve in gran parte alla sua salubrità. La vista, di fronte alla chiesa principale, è molto ampia sulla piana di Bosa (La Planargia), e su tutto il tratto di costa da Capo Marargiu a Capo Mannu: in primavera il panorama è particolarmente allietato dalle numerose imbarcazioni dedite alla pesca del corallo al largo.

Un’ottima carrozzabile conduce da Cuglieri alla cappella di Santa Caterina Pittinnuri (8 miglia), luogo di grande venerazione tra le genti della campagna circostante.

A breve distanza, a sud di Santa Caterina, è il sito della città romana di Cornus, di cui restano tracce su una collina vicino alla riva del mare; tra queste rovine sono state spesso scoperte iscrizioni romane, vasi di forma elegante, medaglie e bronzi fenici.

A breve distanza dalle rovine di questa cittadella, e verso est, si trovano una miniera di ferro abbandonata e alcune tracce di antiche fornaci.

Da qui seguiamo per 5 miglia la base occidentale del Monte Ferru, per raggiungere il Campidano di Milis e, passando per i ricchi ma malsani paesi di Riola, Nurachi e Solanas, ritornare ad Oristano attraverso la Madonna del Rimedio.

Escursione da Oristano: Oristano – Cabras – San Giovanni di Sinis – Fordongianus – Oristano

L’escursione alle rovine di Tharros occuperà una lunga giornata da Oristano; passando dalla Madonna del Rimedio a Cabras (4 miglia), grazioso paesino di 3720 abitanti, sul lago salato di Mar e Pontis. Cabras è celebrata per la bellezza dei suoi abitanti, in contrasto con l’insalubrità del suo clima; sarebbe difficile immaginare qualcosa di più bello ed elegante delle fanciulle di Cabras riunite insieme durante la festa paesana al ballo nazionale del Ballo Tondo; i pescatori della costa vicina potrebbero servire allo stesso tempo come i migliori modelli per l’artista. È una circostanza singolare che, con un clima a volte così pestilenziale, – tanto che gli abitanti dei dintorni, pur vivendo lontani dal mare, lo considerano così pericoloso da evitare di rimanervi per una notte -, ci siano persone di più di 100 anni anni di età tra la sua popolazione: anche questi non sono rari.

La situazione di Cabras, nel delta del Tirso, che forma paludi d’estate, spiega questo stato sanitario sfavorevole, al quale non sarebbe difficile rimediare se non interferisse con la pesca estensiva. È giusto osservare che, con questa grande apparenza di buona salute tra la popolazione adulta, la mortalità in tenera età è eccessiva.

Le strade di Cabras sono diritte e larghe, le case generalmente ad un piano, alle quali non fa eccezione quella dell’antico feudatario, il marchese Arcais; l’unica differenza visibile tra le abitazioni delle diverse classi è che quelle dei proprietari (principales) e del clero hanno finestre di vetro, un privilegio che è stato spesso fonte di risentimento negli ordini inferiori che hanno reagito distruggendo quelle delle persone che non consideravano migliori di loro.

La chiesa parrocchiale è dedicata alla Madonna dell’Assunta: presso di essa è il rudere di un castello dei giudici d’Arborea, chiamato Palazzo di Eleonora, dal nome di quella donna straordinaria, la Giudichessa Arborea, che concesse ai suoi sudditi la CARTA DI LOGU, cioè la MAGNA CHARTA dei Sardi nel Medioevo.

La campagna intorno a Cabras è ricoperta di piantagioni di ulivi giganteschi, in mezzo ai quali alcune palme da dattero le danno un aspetto orientale. La pesca dei laghi salati è stata venduta negli ultimi anni per 48.000 sterline, ed è probabile che venga portata avanti su scala molto più estesa, grazie alla facilità offerta dai battelli a vapore di inviare i prodotti, soprattutto durante l’inverno, alle città del continente. I pesci più abbondanti sono i cefali (muggini); la pesca viene esercitata per mezzo di canali che partono dal mare, attraverso i quali i pesci possono entrare nei laghi, in cui sono allestite varie camere costruite con canne, nelle quali si raccolgono e da cui vengono spinti in una più lontana, detta Camera della Morte, dove i pescatori entrano nudi, pigliano i pesci e li uccidono colpendoli sulla testa.

Il turista può arrivare da Oristano fino a Cabras in carrozza, ma oltre deve viaggiare a cavallo, seguendo la riva, e attraversando alcuni canali che comunicano tra il lago salato e il mare; l’estremità nord-occidentale della baia è chiusa da uno stretto promontorio, il Capo di San Marco, ai piedi del quale è un’antica chiesa isolata, che da sola segna il sito della città di Tharros, residenza dei giudici d’Arborea fino all’XI secolo. Questa chiesa è ancora un’abbazia, con la denominazione di San Giovanni di Sinis, essendo Sinis il nome della striscia di terra compresa tra la Laguna di Mare Pontis e il mare.

L’escursione da Cabras a San Giovanni richiederà 2 ore. Durante la sua passeggiata il turista potrà ammirare numerosi fenicotteri rossi sul lago salato e sul golfo. La chiesa di San Giovanni non ha nulla di interessante, tranne il suo aspetto desolato, in mezzo a colline di sabbia, che hanno coperto interamente le rovine dell’antica città; attraversandole in direzione sud fino ad una torre, si arriva alla Necropoli, che si estende fino alla riva del mare; è qui che vengono spesso scoperti sepolcri scavati nella roccia calcarea, contenenti, accanto agli scheletri umani, anelli d’oro, orecchini e collane, grandi vasi di vetro di forme etrusche, scarabei, amuleti egiziani, ecc. Esemplari di queste antichità possono essere acquistati a Cabras, gli abitanti considerano il sito come proprietà del loro villaggio; gli stranieri potranno facilmente intraprendere essi stessi gli scavi, sotto la protezione di qualche persona influente di quella città.

Sul promontorio del Sinis vi sono più di venti Nuraghi, tutti posti su punti dominanti; la punta meridionale del promontorio è frequentata da una peculiare specie di falco, il Falco Eleonora, così chiamato dal generale La Marmora in onore della Legislatrice, che nella Carta di Logu proibì di disturbarne i nidi, pena la prigione e la sanzione.

Meritano di essere visitate anche le Terme di Fordongianus; questa occuperà una giornata da Oristano: seguendo la 1. sponda del Tirso, attraverso una campagna ben coltivata a viti, olivi e cactus, i villaggi di Sili, Simaxis, Ollastra, San Vero Congius, e Villanova di Truscheddu, vengono successivamente attraversati.

Una salita ci porta all’arido colle di Balargianus, da cui si gode una bella vista sulla pianura del Tirso, e sul Monte Ghirghini a sud, luogo d’incontro degli sportivi oristanesi.

Di qui, scendendo attraverso un sottobosco di corbezzoli, mirti e lentischi, si raggiunge il villaggio di Fordongianus, l’antica Forum Trajani, dove esistono ancora resti di un bel ponte romano sul Tirso, e notevoli ruderi di terme circondano le terme ormai abbandonate. sorgenti, le persone che ora vi ricorrono sono costrette a costruirsi capanne di canne per proteggersi dal freddo e dal sole. La temperatura delle sorgenti è di 155° Fahr.; contengono solfati di soda, calce e magnesia. Attualmente ci sono 1045 abitanti in questo villaggio, le loro povere casette circondate da piantagioni di magnifici melograni. Un ponte moderno, anche se già semidistrutto, sul Tirso comunica tramite una strada con Paulilatino. L’aria di Fordongianus è insana d’estate. Tra i resti del Foro Traiano si trovano un acquedotto, tracce di una strada romana, tre pietre miliari (recentemente rimosse al museo di Cagliari); sono presenti anche resti di un muro costruito nel medioevo, come protezione contro i montanari della Barbagia.

I PERCORSI

I.4.

ORISTANO – Uras – Sardara – Sanluri – Serrenti – Monastir – CAGLIARI

Uscendo da Oristano la Strada Centrale procede in direzione sud/sud-est, poi sulla destra verso i laghi salati di Santa Giusta e Sassu, fino a Uras, e oltre. attraverso una depressione tra le montagne di Linas sulla destra, e Monte Arci a 1,15 miglia da Oristano si trova Uras, paese di 2050 abitanti, al centro di un’estesa pianura, il distretto maiscolo più ricco dell’Isola. Uras è famosa per la vittoria riportata da un figlio del re d’Aragona, su Brancaleone Doria, marito della Giudichessa Eleonora d’Arborea, nella contrada in cui, 4 miglia a sud-ovest di Sanluri, nel 1470, il marchese di Oristano si impose sul viceré spagnolo.

A 8 miglia a nord-est di Uras è Ales, ai piedi del Monte Arci (1120 abitanti), sede vescovile, con una cattedrale costruita nel 1636, a imitazione della chiesa di Santa Maria di Carignano a Genova.

Il tratto compreso tra la vetta vulcanica dell’Arci e l’altopiano basaltico della Giara è chiamato Marmilla, una delle zone più fertili della Sardegna; al centro si trova Ales.

Sardara, 8 mt. da Uras, con 2340 abitanti, sul declivio inferiore del Monte Melas, e nelle vicinanze di alcune sorgenti termali note ai romani come Aqua Neapolitana; salgono ad una temperatura di 140° Fahr., e contengono acido carbonico e gas di idrogeno solforato, con solfati di soda e magnesia in soluzione.

I bagnanti ricorrono ad alcune grotte vicine, oppure fanno portare le acque alla laguna. Il castello di Monreale, residenza dei giudici d’Arborea, a sud delle sorgenti, è uno dei monumenti medievali meglio conservati dell’Isola.

Come la maggior parte dei paesi del Campidano, Campidano, Sardara ha una specie di locanda, dove il viaggiatore può procurarsi vino e altri rinfreschi, e anche un letto, tale è. Grandi quantità di zafferano vengono coltivate intorno a Sardara, così come nei dintorni Sanluri, 6 mt. più in là, un grande villaggio di 3930 abitanti, con un castello in rovina e alcune chiese.

Consigliamo al viaggiatore di visitare una delle case dei contadini a Sanluri, o in qualche altro paese del Campidano: la disposizione è tutta la stessa. Un mulino girato da un pony in un angolo dell’abitazione forma una costante appendice al l’istituzione.

Vi è a Sanluri una razza particolare di polli, notevole per la loro mole; si dice che siano stati introdotti dall’Africa. Le donne qui indossano un costume molto pittoresco, non dissimile da quello delle donne della Campagna di Roma. Questo luogo è celebrato anche nella storia della Sardegna, per una vittoria riportata nel 1409, da parte di San Garino, è l’azienda agricola di Vittorio Emmanuele, concessa nel 1838 ad una società francese, che si impegnò a bonificare la palude di Sanluri, e a restituire alla coltivazione i terreni così bonificati; questa associazione dovette lottare dapprima con molte difficoltà, e soprattutto contro la natura deleteria del clima, ulteriormente accresciuto dalle crescenti esalazioni mefitiche, prima del loro completo essiccamento. La manodopera impiegata era esclusivamente sarda, capace di resistere agli effetti della malaria. L’operazione si è rivelata una speculazione fallita. La proprietà appartiene oggi al marchese Pallavicini, milionario genovese.

A 4 miglia da Sanluri, dopo aver attraversato il fiume Mara, si trova la Cantoniera di Perda Lunga, nome dato in altre parti del Paese ad una specie di Menhir celtici. La pietra di questa località, a forma di rozzo obelisco, è però la naturale terminazione di un dicco basaltico, attorno al quale è stato dilavato il tufo vulcanico.

2 miglia più avanti è Serrenti, sulla sponda di un lago prosciugato negli ultimi anni.

4 miglia oltre Serrenti c’è Nuraminis; e 4 miglia più lontano, ai piedi di alcune colline vulcaniche, Monastir, così chiamata da un vicino monastero di monaci camaldolesi. Monastir è un fiorente borgo nei pressi della biforcazione della strada maestra per Nuoro, e in prossimità delle sponde dei torrenti Mannu e Flumineddu, attraversati da buoni ponti.

Le 13 miglia che intervengono tra Monastir e Cagliari si trovano su una pianura dolcemente ondulata, ora molto fertile e ben coltivata. Avvicinandoci alla capitale passiamo davanti alle case circondate da recinti circondati da siepi di cactus.

Dopo aver lasciato a destra il Lago Salato, o lo Stagno, e la strada per Iglesias, entriamo in Cagliari per il sobborgo di Santa Tenera, e la Contrada di Yenne, in cui è situato l’ufficio diligenza, e dove fermano i vetturini: infatti gli autisti rifiuteranno decisamente andare più lontano, a causa della tipologia collinare delle strade della città alta. I viaggiatori, se vi si recano, devono procurarsi un carro trainato da buoi, che costa 3 lire, per trasportare i bagagli; o facchini, ciascuno dei quali difficilmente si accontenterà di 1 franco per trasportare un baule o una borsa.

I PERCORSI

CAGLIARI (la Karalis dei romani).

Locande: ci sono due locande molto discrete, entrambe nel quartiere della Marina: potrebbero non sembrare troppo invitanti per chi viene dagli alberghi di Genova; mentre il viaggiatore arrivato da Porto Torres li troverà abbastanza comodi. Il prezzo delle camere varia da 1 a 3 lire; cena dalle 2 alle 3; colazione a base di carne e caffè, 2 franchi.

C’è un’altra locanda all’ingresso di Villa Nuova; mentre i viaggiatori che intendono prolungare il soggiorno possono usufruire delle camere arredate presso lo stabilimento balneare sul lungomare.

I piroscafi arrivano da Genova ogni giovedì e domenica mattina e ritornano il giovedì e il lunedì. Un altro parte la domenica per Tunisi e arriva a Cagliari da Genova lo stesso giorno. Tariffe da e per Genova 70 e 45, da Cagliari a Tunisi 45 e 30 franchi. Ogni giovedì sera è attiva anche una linea di piroscafi per l’isola della Maddalena, che fanno scalo a Muravera, Tortolì, Orosei, Siniscola e Terranova. Altre linee di piroscafi partono da Cagliari per Napoli il 6 di ogni mese, durata 20 ore; e per Palermo, ogni secondo giovedì, alle ore 18, impiegando 24 ore.

Cagliari conta 30.960 abitanti Sebbene non possa essere paragonata a molte delle grandi città del Mediterraneo, è notevole per la sua bella posizione, la purezza dell’aria, l’estensione del suo golfo e il colore delle rocce su cui è costruita la città alta, che producono un effetto gradevole sul viaggiatore che abbia visitato anche Napoli, Lisbona o Costantinopoli, soprattutto se vista da est, in direzione di Bonaria.

La roccia scoscesa su cui è situato il quartiere del Castello presenta circa a metà altezza una zona verde, sede della passeggiata pubblica; alla base è il quartiere di Villanova, circondato dalle palme di San Lucifero.

L’interno della città ha un aspetto molto più spagnolo che italiano, e i volti, soprattutto gli occhi delle donne, contribuiscono a questa illusione.

La città è divisa in quattro quartieri, ognuno dei quali ha le sue caratteristiche peculiari.

Quello del Castello (Casteddu) occupa la sommità del colle, alto 300 piedi sul livello del mare: è circondato dalle sue mura ben conservate, costruite dai Pisani, e contiene i palazzi del Viceré e dell’Arcivescovo, e delle principali famiglie dell’isola, che risiedono a Cagliari; due dei più notevoli sono P. Boyl e P. Villa Marina.

Questo quartiere comunica con gli altri per mezzo di quattro porte; quelle dell’Elefante e di San Pancrazio sono difese da torri, recanti ciascuna una lunga iscrizione relativa alla loro erezione da parte dei Pisani nel 1305 e 1307.

Il quartiere di Stampace si estende dalla prima di queste porte fino al Campidano a N.: è sede della parte mercantile e industriale della popolazione; vi sono qui alcuni buoni negozi, soprattutto quelli dei gioiellieri, per la fornitura dei ricchi ornamenti indossati dalle donne della parte meridionale dell’isola.

Il quartiere della Marina è quello del commercio marittimo e della popolazione, nonché degli uffici consolari e doganali.

Quello di Villanova, infine, a est del colle-castello, è abitato prevalentemente dagli agricoltori della ricca pianura che si estende in direzione di Quartu e Pirri.

Le strade del quartiere del Castello sono strette e tortuose; quelli di La Marina e Villanova più larghi, ma esecrabilmente lastricati, e talvolta per niente.

Non notevole la piazza di S. Carlo, all’estremità della Strada di Yenne; la strada di San Michele, parallela a quest’ultima, è la più bella della città, e dove si svolgono le corse (Pareggie) queste sono peculiari, costituite da una fila da 3 a 6 uomini a cavallo, che corrono a tutta velocità da uno all’altro, tenendosi per le braccia, la grande fatica è arrivare insieme, sempre abbracciati.

Gli antichi bastioni pisani e aragonesi sono stati trasformati in viali o passeggiate. Molto bella la vista da quello di Santa Caterina sul porto, sul golfo e sui laghi salati, e verso i capi Carbonara e Pola. Altre passeggiate pubbliche sono state recentemente tracciate ad est della Porta di San Pancrazio, seguendo il declivio del colle del Castello, su cui è stata collocata una statua romana, trasformata in La Giudichessa Eleonora, che tiene in mano la Carta di Logu.

La Cattedrale, dedicata a Santa Cecilia, è un vasto edificio irregolare, iniziato nel 1312 dai Pisani, e completato nel 1331 dai re Aragonesi: fu restaurato nel XVII secolo: l’altare maggiore è d’argento massiccio, con statuette dello stesso, di buon gusto: ai piedi della scala che vi accede sono due leoni che schiacciano serpenti, che sostengono la balaustra, specie di allegoria molto generale in tutte le chiese sarde. Gli antichi amboni sono stati spostati in prossimità dell’ingresso principale. Le immagini sono in genere copie della scuola dei Caracci. Un piatto d’argento, con sculture del Trionfo di Galatea, nella sagrestia, è attribuito a Benvenuto Cellini.

In una delle cappelle è il grande monumento a Martino re di Sicilia, vincitore a Sanluri; era figlio di Martino re d’Aragona, e fu portato via dalla febbre pochi giorni dopo la vittoria; i suoi resti furono successivamente trasferiti a Poblet in Catalogna.

Sotto l’altare maggiore si trova la cripta, divisa in 3 cappelle; quello di San Lucifero contiene la tomba della moglie di Luigi XVIII di Francia, principessa di Savoia, morta in Inghilterra nel 1810; e quella di San Saturnino, dell’unico figlio del Duca d’Aosta, poi protettore di Vittorio Emanuele I, per la cui morte la corona passò al ramo regnante dei Savoia Carignano; nelle nicchie sono collocate varie reliquie di santi e martiri. Alcuni bassorilievi pagani sono del tutto fuori posto in questo sancta sanctorum.

Tra le altre chiese di Cagliari, le più degne di nota sono San Francesco, nei pressi della piazza San Carlo, eretta nel 1974, con una notevole facciata, e alcuni dipinti antichi del XIV secolo; Santa Anna, in strada San Michele, con la statua di Sant’Amedeo di Savoia, di Galassi, artista sardo, e un quadro del Santissimo Sacramento del Marghinotti; San Michele, già dei Gesuiti, nel solito stile molto decorato delle chiese di quell’ordine; nella sagrestia è un quadro d’Adamo ed Eva, della scuola di Guido, i quali per cagione di falsa delicatezza hanno fatto dare alle figure nude il costume sardo; la Madonna del Carmine, con alcuni dipinti su tavola di scuola umbra. Nelle pareti della cappella di Sant’Efisio sono state costruite le palle di cannone sparate contro la città dai francesi nel 1793, durante il loro fallito attacco, comandati dall’ammiraglio Truguet e da Latouche Treville. Un attiguo serbatoio di costruzione romana è raffigurato come la prigione del santo prima del suo martirio a Pola. Ogni primo maggio la statua di Sant’Efisio viene trasportata sul luogo della sua decapitazione su un carro utilizzato solo in quell’occasione.

L’ospedale civile necessita di molti lavori di miglioramento: presto ne verrà completato uno nuovo nei pressi della passeggiata detta Buon Cammino.

Due sono gli istituti scolastici a Cagliari per gli orfani: quello per le ragazze nell’ex collegio dei nobili; per i ragazzi a San Lucifero, ai piedi di Monreale, presso il quale è il nuovo cimitero, circondato da giardini, nei quali si possono vedere le più belle palme da dattero di tutta la Sardegna. Il Lazzaretto, a circa 14 m, fuori dal paese, verso Capo Sant’Elia, ha un’alta torre, stazione di segnalazione per le navi che arrivano a Cagliari.

Il palazzo abitato dalla famiglia reale nei primi 14 anni del nostro secolo, già residenza dei Viceré, è oggi quello del comandante militare dell’isola; si tratta di un vasto edificio, avente da un lato la residenza dell’arcivescovo e dall’altro il convento.

Il Palazzo Municipale, accanto alla cattedrale, reca sulla facciata una lunga iscrizione commemorativa della visita di Carlo V nella sua spedizione a Tunisi, nel 1535; in una sala è esposto un grande quadro moderno del Marghinotti, in onore del re Carlo Felice.

Tra Castello e Stampace c’è un buon teatro, generalmente molto frequentato; un casino o club nel Palazzo Villamarina, le camere sono grandi: qui vengono distribuiti i palloni durante l’inverno. In tutta la città ci sono diversi caffè, dove si prendono i giornali italiani e francesi; il migliore è quello vicino al Bastione di Sta. Caterina.

L’Università ha sede in un bell’edificio, ben adatto allo scopo, fondato nel 1596 da Filippo III. di Spagna, e riorganizzato nel 1764 dal re Carlo Emanuele; conta attualmente 26 professori e circa 200 studenti. I Musei di Antichità e Storia Naturale occupano una parte considerevole dell’edificio. La prima contiene la maggior parte delle statue, iscrizioni, medaglie, monete, vasi, intagli, armi, ecc., di origine romana e fenicia, che sono state scoperte in Sardegna, e specialmente di quei piccoli idoli così peculiari della Sardegna, di che se ne contano più di 500, e di soggetti rinvenuti nelle tombe dell’antica Tharros. Le collezioni di storia naturale sono particolarmente interessanti per la serie di rocce e fossili dell’isola realizzata dal generale La Marmora. La Biblioteca contiene 19.000 volumi; una parte è dedicata alle opere dell’isola, di cui esiste un buon catalogo a cura del Sig. Martini; gli altri libri sono principalmente di giurisprudenza e di teologia: tra i manoscritti è una curiosa copia incompleta della Divina Commedia, e diverse di interesse locale, tra cui la notevole più è la raccolta dei diplomi dei Giudici di Arborea (Codici Cartacei d’Arborea), ricca di interesse per la storia dei Sardi nel Medioevo.

Il Porto di Cagliari, anche se piccolo, è più che sufficiente per il commercio del luogo; situato all’estremità della rada, è protetto da Capo Sant’Elia verso sud-est. Nel Medioevo le navi potevano ancora entrare nei Laghi Salati a ovest della città, come sappiamo fecero le galee nel 1296, durante l’assedio di Santa Gilia, un luogo ora a 1 miglio dal mare.

Questa Laguna, o Stagno di Cagliari, 18 o 20 miglia di circonferenza, è separato dal mare da una stretta striscia di terra, lungo 6 miglia, chiamato la Plaia, attraverso il quale sono stati tagliati numerosi canali, per accogliere i pesci, come a Cabras; è ricoperto d’inverno da uccelli acquatici, soprattutto da fenicotteri, che arrivano dall’Africa per passare la stagione fredda; con cigni selvatici, oche, anatre e altri uccelli acquatici del nord, che forniscono abbondanti riprese allo sportivo. Queste feste di caccia durante i mesi invernali sono molto pittoresche, numerose barche piene di donne vi prendono parte e aggiungono molto alla vivacità della scena. Il valore della pesca è stimato in 150.000 lire; è costituito principalmente da anguille e triglie (muggini).

A est di Cagliari sono due laghi simili, lo Stagno di Molentargiu, ed il Mare Stagno, e i quali, quantunque non comunichino col mare, eccetto quando soffia forte da S., sono egualmente salati. Sulle sponde di entrambi questi Stagni sono state costituite estese vasche evaporanti, dalle quali si ottengono grandi quantità di sale per evaporazione naturale.

Cagliari è rimasta finora indenne dalla malaria; la sua posizione elevata all’estremità della grande depressione del Campidano, attraverso la quale soffiano i forti venti di nord-ovest, venti (maestrale), sembra preservarlo da questa inflizione, che ci si aspetterebbe esistesse, circondato com’è da laghi salati e paludi. Quando non soffia vento di nord-ovest, ogni mattina verso le 10 soffia una leggera brezza da sud, conosciuta con il nome di Imbattu, e che durante l’estate rende il caldo sopportabile, anche se quest’ultimo raggiunge talvolta i 104° Fahr., e spinge i miasmi prima di cio.

L’aria di Bonaria, quasi periferia di Cagliari, è diventata negli ultimi anni inquinata, cosa che è stata attribuita ad un molo eretto per l’imbarco del sale. L’acqua delle sorgenti di Cagliari è fortemente impregnata di sali di calce e di magnesia, tanto che gli abitanti generalmente bevono solo quella raccolta dalla pioggia nelle cisterne. Nel complesso l’acqua è indifferente, e le navi sono obbligate a mandarla a prendere a Pula, a 16 miglia spento. Al tempo dei Romani fu portato qui dai monti di Domusnovas, a 25 miglia di distanza, per mezzo di un acquedotto; ultimamente è stato proposto di convogliare l’acqua da Sinnai, località a 8 miglia a Nord-Est.

Il costume degli abitanti di Cagliari differisce poco, tranne che nel colore, da quello delle altre parti dell’isola. Gli accessori sono più ricchi; il collettu è sostituito da una sorta di juste au corps, dai colori sgargianti. I rigattieri (mercanti di vestiti) sono notevoli per la ricchezza del loro abbigliamento nei giorni festivi, indossano una specie di giacca blu, con le maniche ricamate di bianco, ornate di grandi bottoni d’argento; sotto c’è un panciotto di stoffa scarlatta: i pantaloni bianchi arrivano appena alle ginocchia, sotto le quali ci sono le universali ghette nere dei Sardi; un berretto rosso, al posto del fez turco, copre il capo. I pescatori indossano pantaloni rossi, una giacca blu e un berretto rosso. Le femmine mostrano nei loro abiti una dose di eleganza e raffinatezza ancora maggiore rispetto agli uomini, per il numero di bottoni, spille, ecc. d’oro e d’argento, con cui ne decorano ogni parte.

Cagliari è situata quasi sul sito di Karalis, Municipium romano, di cui si possono ancora vedere molti resti, il principale dei quali è l’anfiteatro scavato nella roccia calcarea sotto la passeggiata del Buon Cammino, i cui sedili sono in parte conservati; le sue dimensioni sono di quasi 153 piedi per 98 nei due diametri. Delle antiche sepolture sono ancora visibili numerose; una, all’ingresso del borgo di Santa Tenera, è detta Sa Grutta de sa Pibera (Grotta della Vipera), dai serpenti scolpiti sopra l’ingresso; ha sofferto i tagli della nuova strada, che passa lì vicino. In esso si trovano numerose iscrizioni in greco e latino, pubblicate dal Muratori e dal La Marmora. Numerose grotte simili, ma meno decorate, esistono sulle rupi calcaree nei pressi della Grutta de sa Pibera, nonché sul colle di Monreale. Nei pressi della città sono stati scoperti anche resti di un acquedotto in mattoni, con impressi nomi romani.

Le colline che circondano la città tra la linea nord-est ed est. sono ricoperti di castelli medievali, che aggiungono molto alla bellezza del paesaggio; il maggior numero in rovina. Al di là di queste colline si estende la pianura chiamata Il Campidano di Cagliari, ricoperto di popolosi villaggi, ciascuno dei quali fornirà allo straniero un piacevole oggetto di passeggiata. Si possono raggiungere tutti in carrozza, se si riesce a procurarsi una tale comodità, perché nel 1854 c’era solo una persona nella capitale che teneva a noleggio tali veicoli, e quando il tempo era bello non era facile trovarli anche a prezzi esorbitanti. Un omnibus va ogni giorno a Quartu, il più importante dei villaggi del Campidano di Cagliari, che contiene 6300 abitanti.

Il viaggiatore che si trovi a Cagliari nel mese di maggio dovrebbe visitare le città del Campidano durante le loro feste, per farsi un’idea della ricchezza e della bellezza dei costumi dei contadini. Queste feste consistono, tra le altre cerimonie, in una lunga processione di buoi aggiogati a due a due, con le corna decorate con mazzi di fiori; seguono le diverse confraternite del paese, seguite dalla statua del santo patrono della località, preceduta dal suo gonfalone portato da un cavaliere, con il volto rivolto verso la statua, e il cui cavallo cammina all’indietro, per non mancare di rispetto alla divinità.

Terminato il corteo, seguono le corse, i cavalli montati dai ragazzi dai 10 ai 12 anni, senza briglie né staffe. A tutte le ore del giorno si possono vedere gruppi che ballano il ballo tondo sotto gli alberi. È qui che si possono vedere le giovani donne del Campidano in tutta la loro bellezza e splendore del costume, che generalmente consiste in un juste au corps di satiu, ricamato d’oro e d’argento, aperto davanti, le maniche con ricchi merletti d’oro, e una quantità di bottoni d’oro e d’argento; sopra questo juste au corps c’è un gilet di velluto nero con tasche ricamate, fasciato da un’ampia cintura di pizzo dorato; la sottoveste è scarlatta, con un grembiule di raso bianco: una collana d’oro, con abbondanza di catenelle d’oro e di anelli ad ogni dito, completa questa pittoresca e ricca toilette. È singolare che tali riunioni non diano mai luogo a disordini, essendo gli unici oggetti di ristoro le arance e i torroni (una specie di torta di mandorle). Un gioco al quale si può assistere alle feste di Quartu e Selargius è il Tirai di pei, ovvero una partita di calci, più curiosa che piacevole da assistere.

I PERCORSI

Escursione da Cagliari: Orri e Pula

Questa escursione richiederà una giornata. Pula è di circa 20 miglia da Cagliari: La modalità migliore per percorrerla sarà a cavallo.

Seguendo lo stretto passaggio della Plaia che separa lo Stagno dal mare, si arriva ad Orri, 9 miglia, dominio dei Marchesi di Villa Hermosa, creato dal padre dell’attuale possessore in un deserto rifiuti, che è riuscito a trasformare in una vera e propria azienda agricola modello, dove le piantagioni di vite, ulivo, mandorlo e gelso sono riuscite alla perfezione. Il giardino, che si estende dalla villa marchesale fino alla riva, contiene una pregevole collezione di piante esotiche. Seguendo la costa, 11 miglia da Orri c’è Pula, circondata da estese piantagioni di aranci, ulivi e ciliegi, con alcune palme da dattero. «Il clima non è molto salubre, ma negli ultimi anni le intemperie sono state attenuate dal miglioramento del drenaggio; e; Lord Nelson ha dato la sua testimonianza della salubrità di Pula in una delle sue lettere indirizzate al Console Magnon: -“Posso assicurarvi che abbiamo trovato Pula il luogo più salubre in cui la flotta sia mai stata; così lontano da un uomo malato , delle migliaia che sono scesi a terra, tutti hanno tratto il massimo beneficio dalla salubrità dell’aria.” 1 miglio dalla città, sul Capo di Pula, si trova la chiesa di Sant’Efisio, sul luogo dove subì il martirio Efisio, generale di Diocleziano, e segna il sito della città di Nora.

La strada che vi arriva da Pula passa vicino a un Nuraghe in rovina, sul quale sorge un acquedotto che portava l’acqua alla città romana, una sovrapposizione interessante dal punto di vista archeologico. Su ciascun lato del promontorio sono presenti tracce di banchine e di un molo con alcuni mosaici grossolani. Nelle pareti della cappella si possono vedere diversi frammenti romani; ma il rudere più curioso è quello detto La Leoniera, un teatrino: i sedili sono quasi perfetti, ma restano solo le fondamenta del proscenio. Qui furono scoperte molte delle iscrizioni romane conservate nel Museo di Cagliari e le due fenicie, forse le più grandi curiosità di quella collezione. Vasi di vetro dalle forme eleganti, simili a quelli di Tharros, si trovano di tanto in tanto anche tra le rovine di Nora.

Pula durante la guerra era spesso il punto d’incontro della flotta britannica e, essendo uno dei posti migliori per procurarsi acqua in grandi quantità nel Mediterraneo, viene ancora utilizzata dalle navi da guerra.

PERCORSO II.

DA SASSARI A ΤΕΜΡIO E PALAU

Questo itinerario deve essere effettuato a cavallo: la prima parte, fino a Tempio, sarà una lunga giornata di viaggio.

Uscendo da Sassari si segue la strada per Osilo, lasciando quest’ultima sulla destra, si scende nel burrone di Maniscalco, e dopo un giro di 3 ore si raggiunge il villaggio di Nulvi, contenente 2800 abitanti, il capoluogo del distretto di Anglona.

Nei dintorni vi sono parecchi nuraghi, tra i quali quello di Alvu è notevole per avere uno dei suoi lati perfettamente verticale, caso unico in questi curiosi edifici, che, come già detto, sono più o meno inclinati. Accanto ad essa si trova la Tomba de su Paladino, una comune Tomba dei Giganti.

Alcuni chilometri a nord di Nulvi, sulla strada per Castel Sardo, si trova il borgo di Sedini, noto per il carattere selvaggio e vendicativo dei suoi abitanti.

Tra Nulvi e Martis la strada costeggia il Monte Orsa Manna, ai lati del quale si trovano diverse grotte sepolcrali.

Da Martis, paese di mille anime, la strada scende tra olivi selvatici e sughere fino al fiume Coghinas, che si attraversa alla Scaffa con un traghetto.

Se il turista ha più tempo a disposizione per arrivare a Tempio, c’è una strada molto più gradevole per la Scaffa da Castelsardo; da Sassari a Sorso, 2 ore, città di 4200 abitanti, circondata da piantagioni di tabacco, e di là seguendo la costa per 4 ore fino a

Castelsardo, che, pur classificandosi come città e sede vescovile, contiene appena 1950 abitanti.

Situata su uno scoglio isolato, fu fondata dai Doria nel XII sec., quando venne chiamata Castel Genovese, e successivamente Castel Aragonese, e Castelsardo quando l’isola fu ceduta ai Savoia; ora è un luogo povero e sporco, con strade strette, e il suo porto un piccolo approdo esposto, da cui si svolge un certo commercio con la provincia della Gallura.

Oltre Castelsardo la strada corre lungo la riva del mare, e poi lungo il piano paludoso del fiume Coghinas, dove sono alcune sorgenti termali frequentate dagli infermi della provincia, ma dove non vi è alcun tipo di alloggio per la balneazione o per la cura. bagnanti.

Non lontano da queste sorgenti si trova Castel Doria, dello stesso periodo di Castel Sardo, ora ridotto a un pittoresco ammasso di rovine che circondano una torre alta 100 piedi.

Da Castel Doria la strada corre verso sud lungo la prima sponda del Coghinas, attraversando il Rio di Perfugas presso il loro bivio, dopo 2 ore.

Durante il viaggio raggiungiamo La Scaffa, dove ci uniamo alla strada diretta a Tempio da Martis.

Il fiume Coghinas, il Termous di Tolomeo, il principale corso d’acqua della Sardegna settentrionale, è molto soggetto alle inondazioni, che hanno distrutto tutti i ponti costruiti su di esso nel suo intero percorso di 40 miglia; in effetti il traghetto alla Scaffa è l’unico modo sicuro per attraversarlo attualmente, sebbene un buon ponte sia ora in costruzione (dicembre 1855), essendo la maggior parte dei guadi pericolosi.

Da destra, lungo la sponda della strada per Tempio, si risale un romantico burrone, ricoperto da un sottobosco di corbezzoli, mirti, ecc., con sparsi lecci e querce da sughero, e che prosegue fino alle porte della città.

TEMPIO, città di 9500 abitanti, capoluogo della provincia di Gallura, sede di un vescovo, e ad un’altitudine di 1880 piedi sopra il mare.

Le sue strade sono larghe, le case basse e costruite in granito grigio.

La cattedrale e le altre chiese hanno poco degno di nota.

A nord-est dell’abitato, sulla strada per Nuchis, si trova un Nuraghe, talmente colossale da essere chiamato Nuracu Majori.

Tempio, anticamente, era celebre per la fabbricazione di armi da fuoco, le canne dei fucili venivano portate da Brescia; i moschetti sono lunghi 5 o 6 piedi, somigliano a quelli portati dagli Albanesi, il loro prezzo varia da 50 a 300 franchi.

Qui è stata recentemente impiantata una manifattura di tappi, ma la maggior parte della popolazione maschile esercita il mestiere dei mulattieri, Cavallanti e Viandanti, sia come guide e accompagnatori dei viaggiatori, sia nel trasportare merci da un luogo all’altro dell’isola; passano per gli uomini più forti della Sardegna, e lo devono alla salubrità del clima. Assomigliano sotto molti aspetti ai Gallego di Spagna, dei quali possiedono la grande forza muscolare e tutte le buone qualità.

Tempio, pur essendo città nel nome, ha conservato tutte le caratteristiche di paese di comunità pastorale.

La tosatura delle pecore è qui il grande evento dell’anno, e dà luogo a quelle assemblee o feste chiamate Graminatorgiu o raccolta della lana (da graminare, in Sardo, raccogliere), dove si riuniscono tutte le femmine della località, e, dopo aver svolto il loro lavoro, finiscono con intrattenimenti, balli, ecc. La lana serve soltanto a realizzare grossolane stoffe detti furresi, che vengono fabbricate dalle diverse famiglie; nessuna viene esportata.

La Gallura è essenzialmente una provincia pastorale, anche se negli ultimi anni si nota una certa estensione di terreni coltivati attorno alle case dei pastori (ovili), un passo avanti verso un cambiamento di sistema in meglio.

Tempio è ai piedi nord-[est] della catena granitica del Monte Limbara, alcune delle cui cime raggiungono i 4000 piedi. La Punta Balistreri costituirà un’interessante escursione dal paese; può essere facilmente realizzata in un giorno. La vista dalla vetta, che abbraccia la regione montuosa del Nord Sardegna, è molto ampia.

C’è una specie di strada tra Tempio e l’isola della Maddalena, che attraversa la piana di Gemini, molto frequentata da Viandanti, contrabbandieri e pellegrini diretti a Monte Santo, il più celebre Santuario della Gallura, che si dice contenga reliquie dei SS. Nicola e Trano, ma con dispiacere consiglieremmo al turista di rinunciare ai due giorni necessari per percorrerla, se non è disposto ad affrontarli per tutto il tempo previsto.

Il paesaggio tra le montagne granitiche però è molto bello, la vegetazione di querce, lecci e sugheri, in mezzo ad un perpetuo sottobosco di mirti e corbezzoli, magnifica. Se fosse indotto a intraprendere il viaggio, deve prima di tutto avere una guida sicura e affidabile e portare con sé tutto sotto forma di provviste e biancheria da letto, poiché deve dormire all’aperto.

La strada da Tempio all’Isola della Maddalena, dopo essere arrivata al fiume Carana, attraversa la catena granitica, su una delle cui sommità è Monte Santo o Luogosanto, in cui si trova una cappella del 13° sec.

Da qui, seguendo il torrente Liscia, in mezzo agli oleandri, e uscendo dalla sua foce sulla sinistra, raggiungiamo la stazione disabitata di Palau sulla spiaggia, dove non sempre si è sicuri di trovare una barca per raggiungere l’isola, distante 24 miglia; ma, tempo permettendo, arriverà uno al segnale di un falò.

I PERCORSI

PERCORSO III.

DA SASSARI AD ALGHERO

Le 25 miglia fra questi paesi le si può ora percorrere in carrozza lungo il nuovo tracciato, unico impedimento il fiume di Porto Torres durante la stagione delle piogge, sul quale il ponte non è ancora terminato.

Lasciando Sassari la strada prende una direzione verso ovest, attraverso una depressione ai piedi delle colline di Santa Natolia, passando sulla destra, a circa un miglio da Sassari, una casa, nel cui muro è stato costruito un sarcofago romano di buona scultura: 3 miglia più avanti scendiamo attraverso una romantica valle fino al mulino di Mulafa, dal quale attraversiamo un paese ondulato fino al torrente di Perdas Alvas, e un altopiano con un secondo torrente, dal quale è una rapida salita a Scala Cavallo, 14 miglia da Sassari: ecco la strada che da Cagliari porta ad Alghero.

Il viaggiatore noterà in questa parte del paese come gli alberi, soprattutto gli olivi selvatici, abbiano le cime piegate verso terra e verso sud-est, per effetto del Maestrale, o vento di nord-ovest, che soffia durante gran parte dell’anno, e con violenza su tutta la parte settentrionale della Sardegna.

Da Scala Cavallo ad Alghero c’è una discesa continua di 11 miglia attraverso un paese che offre poca coltivazione, con rifiuti, su cui crescono il lentisco, il chamærops, ecc. &C.

ALGHERO è capoluogo di provincia e di vescovado: è ben costruita, appena una dozzina di piedi sopra il livello del mare, che la circonda su tre lati; ha molto l’aspetto delle città della riviera genovese e della Catalogna, circondate da mura medievali; le strade sono strette, le case alte: la popolazione raggiunge appena gli 8000 abitanti.

Alghero ha pochi commerci e, essendo raramente meta di stranieri, non ha alcun tipo di locanda, così che, se il viaggiatore non ha preso la precauzione di ottenere lettere di presentazione, potrebbe trovarsi in una posizione scomoda; munito di lettere, sperimenterà ogni genere di ospitalità.

Fondata nel 1102 dai Doria, Alghero fu per due secoli la principale stazione della Sardegna per i traffici marittimi con Genova. Nel 1238 cadde nelle mani dei Pisani, ma tornò ai genovesi, che la persero nuovamente nel 1354, quando, dopo un memorabile assedio, fu presa dal re d’Aragona, al che, abbandonandola gli abitanti, furono sostituiti da una colonia catalana, di cui qui si parla ancora la lingua: conservò una certa importanza come porto più vicino i possedimenti continentali dei suoi nuovi padroni. Qui Carlo V sbarcò durante una delle sue spedizioni in Africa nel 1541, e le fece il complimento che si ripete ancora oggi, “bello e ben posizionato” (“bonita y bien asentada”). La visita dell’Imperatore fu segnata da grandi disordini, che difficilmente sarebbero stati scusabili in una città presa d’assalto. Il porto è ormai di poca importanza, e il commercio con Genova insignificante; è principalmente la località di ritrovo delle barche impiegate nella pesca del corallo e di alcuni costieri genovesi, maltesi e francesi, che trasportano i prodotti della zona: uva passa (zibibo), lana, formaggio, corteccia di sughero, sardegna, ecc.

La cattedrale risale al 1510; l’altare del Santissimo Sacramento e il monumento del Duca di Monferrato (ob. 1799) sono gli unici oggetti degni di nota al suo interno. La chiesa di San Michele ha alcuni bei quadri, fra gli altri una copia d’una Sacra Famiglia di Raffaello, oggi a Madrid.

Nel comune sono conservati alcuni documenti interessanti per la storia locale. La casa che Carlo V occupò nel 1541 appartiene oggi alla famiglia Maramaldo, ed è conosciuta come Casa Albis. È stata murata la finestra dalla quale l’Imperatore si compiaceva di assistere al massacro da parte dei suoi soldati del bestiame portato in città per rifornire la sua flotta. Ci sono delle belle case moderne, come quelle d’Italia, vicino al porto. Le fortificazioni sono state innalzate dalle diverse potenze che hanno governato la Sardegna.

La torre detta Lo Sperone, una delle più notevoli, ha ricevuto una certa celebrità per essere stata per 22 anni la prigione di Vincenzo Sulis, il leader del partito popolare a Cagliari nel 1794. La vista dai bastioni vicino allo Sperone è molto bella, soprattutto verso il tramonto del Monte Doglia, e le cime più lontane della Nurra, con la scarpata verticale di Capo Caccia (500 piedi di altezza), che appare all’orizzonte come tanti spettri giganteschi.

Oltre al corallo, le coste attorno ad Alghero producono la conchiglia bivalve detta Pinna Marina, i cui filamenti setosi o bisso costituiscono un ramo commerciale. Se ne fanno guanti a Cagliari (come a Taranto nel regno di Napoli), dove si vendono a 2 o 3 franchi al paio.

La campagna intorno produce arance, olio d’oliva e vino, la cui coltivazione si estende al sud fino alle alture di Scala-Picada; il santuario di Valverde è in una deliziosa situazione, a 6 miglia a est di Alghero, in una valle romantica ma malsana; i terreni a sud sono ricoperti di palme nane, le cui radici, sotto il nome di margallion, vengono mangiate in primavera dagli ordini inferiori.

A nord del paese la spiaggia è formata da sabbia e alghe (alguas), sollevate dalle onde, e da cui probabilmente deriva il nome Alghero; formano una sorta di lunga duna, che impedisce lo scorrimento dei torrenti in mare, contribuendo così all’insalubrità del quartiere. Possiamo seguire questa stretta striscia attorno alla baia fino al Lazzaretto, e lungo la base del Monte Doglia fino a Porto Conte, bella rada ben protetta, celebrata per la vittoria degli Aragonesi nel 1353 sui Genovesi di Antonio Grimaldi.

Se il tempo lo permette, possiamo prendere la barca qui e, doppiando il Capo della Caccia, visitare la celebre Grotta di Nettuno, vicino alla punta del promontorio sul lato ovest. Questa posizione della grotta, che la espone alle onde più forti di questi mari, fa sì che possa essere visitata solo con tempo calmo e per pochi giorni nei mesi estivi; e anche allora sarà più conveniente procedere direttamente da Alghero in barca, per evitare le malsane esalazioni delle paludi durante il viaggio via terra. La distanza è di circa 14 miglia dall’acqua, e sarà necessario trasportare materiali per l’illuminazione della grotta, per farsi un’idea della sua imponenza e bellezza. Entrandovi, la prima camera, o quello che può essere chiamato il vestibolo, offre poco di cui trattenerci.

La seconda deve essere attraversata in barca, poiché è piena d’acqua profonda circa 20 piedi; qui remiamo tra una foresta di stalattiti di circa 60 piedi di circonferenza, più lontano una vasta sala sembra poggiare su una grande stalagmite centrale, oltre la quale si apre la terza camera, dove il visitatore può atterrare e vagare intorno a gallerie lunghe 300 e 400 piedi, ed esaminare le strane forme che assumono le concrezioni calcaree.

Una seconda grotta, dell’Altare, è visitabile con qualsiasi tempo da Porto Conte, anche se l’ingresso è stretto e difficoltoso; è di gran lunga inferiore alla Grotta di Nettuno per grandezza e bellezze naturali.

In fondo alla baia, sulla riva, si possono vedere alcuni rozzi mosaici e rovine di edifici romani appartenenti al Nymphæus Portus, l’antico nome di Porto Conte.

I PERCORSI

PERCORSO IV.

DA ALGHERO A OZIERI A OLBIA [fino ai primi decenni del Novecento così si chiamava Olbia]

[1856: La prima parte di questo percorso può ora essere effettuata in carrozza, la seconda a cavallo. Una buona strada conduce da Alghero a Torralba sulla Strada Centrale, da cui ne è ora in corso una nuova fino a Terranova, sul versante orientale dell’isola; è stato aperto solo fino a Oschiri].

Tutto questo percorso è ora effettuabile in carrozza, attraverso la Strada Nazionale, distanza 91 miglia (1474 kil.) Questa strada porta da Alghero a Torralba sulla Strada Centrale, da cui ne è stata recentemente completata una nuova per Terranova sul lato orientale dell’isola.

(Realizzazione ferrovia in corso da Torralba a Terranova e al Golfo degli Aranci.)

Lasciando Alghero per la stessa strada per la quale siamo arrivati fino a Scala Cavallo (11 miglia), procediamo poi attraverso una valle ben coltivata fino a Ittiri (8 miglia), villaggio di 4120 abitanti, costruito su un calcare terziario roccia piena di grandi gusci di ostriche; da qui si raggiunge la romantica valle del Rio di Perdas Alvas, presso la cui testata è situata

Thiesi (14 miglia da Ittiri), paese di 2800 abitanti, antico feudo della famiglia dei Manca di Asinara, oggi Duchi di Vallombrosa, il cui capoluogo nel XVIII sec. eresse la ricca residenza signorile sul lato est del paese: la tradizione locale tramanda un ricordo così sfavorevole delle esigenze feudali di questo Gessler sardo, che il castello fu distrutto nel 1796 dagli abitanti; ora si vedono solo le sue rovine. [5 miglia a ovest di Thiesi, nel Monte Maggiore, è una grande grotta, curiosa per le sue stalattiti; ma il paese che dobbiamo attraversare per raggiungerlo non presenta alcun interesse, e l’ingresso della caverna è difficile.].

Mezz’ora a sud di Thiesi, il vulcano di Cheremule presenta al geologo un oggetto di molto maggiore interesse: un cono vulcanico perfetto, formato di scorie nere, che si innalza su una scarpata basaltica all’altezza di 2150 piedi, come il Vesuvio, sul versante del Monte Somma; il cono è rotto ad est, e da esso scende una corrente di lava scoriacea, la strada che segue il suo lato nord-est fino alla Strada Centrale presso la cappella di Cabu Abbas.

A 3 miglia da Thiesi ci ricongiungiamo alla Strada Centrale, alla Cantoniera di Cabu Abbas, a 2 miglia a Sud di Torralba, seguendo la quale fino alle alture di Borutta, si dirama la carrozzabile verso il centro dell’isola e il Golfo di Terranova, passando dapprima tra il Monte Arana e il Monte Austidu, anch’esso cratere vulcanico.

A 7 miglia da Torralba, a destra, è il villaggio di Mores, alla base del Monte Lachesos, dominante la pianura, nei cui dintorni si trova una specie di tartufo chiamata tuvora, che si raccoglie in primavera, mediante sondaggio, con bacchette appuntite, attraverso il saud sovrastante, il tubero che emette un rumore particolare quando viene forato, come una fuga d’aria. La strada segue la piana del fiume Ozieri per 10 miglia, fino a San Pietro, dopodiché una leggera salita di 2 miglia ci porta a

OZIERI, capoluogo della sua provincia e sede vescovile, sulle pendici di una valle, all’estremità sud della piana detta Campo d’Ozieri, in mezzo a vigneti; le case, costruite in pietra calcarea scura, sono in generale buone; la via principale è lastricata, e percorsa da un corso d’acqua proveniente dalla fontana monumentale posta ad una delle sue estremità.

La cattedrale non offre nulla di notevole; nel battistero sono custoditi alcuni quadri moderni del Marghinotti; una delle celebrità del paese, la Madonna della Difesa. Nella chiesa della Madonna di Loreto è un antico quadro su tavola raffigurante episodi della vita della Vergine. Dalla cappella della Madonna di Monserrato si gode una bella vista sull’altura a ovest del paese.

Ozieri ha una popolazione di 7150 abitanti, in gran parte agricoltori o proprietari di allevamenti di ovini. Questa città è celebre per i suoi maccheroni e altre paste simili a quelle genovesi, e per una specie di pane o di biscotto in dolci di sapore insipido.

Da Ozieri si può fare un’escursione all’antica città di Ardara, antica capitale del Logudoro, e residenza della Giudichessa Adelasia, moglie del re Enzio, figlio naturale dell’imperatore Federico II, che morì prigioniera a Bologna. ormai ridotto ad un povero borgo di 277 abitanti. Le mura. della città medievale sono ancora in piedi, e la chiesa della Madonna del regno è, poiché fu eretto nel XI sec., un edificio rettangolare di 90 piedi per 30, diviso in tre navate; lo stile è semplice ed elegante.

In quella che sembra fosse adibita a sagrestia si conservano alcuni resti di dipinti, molto lodati da Valery. Sembra che siano stati dipinti nel 1515 da un artista locale, Johannes de Muru; lo stile è quello di certi antichi maestri della scuola tedesca. Ardara è a 12 mt. E. di Ozieri; nell’andarvi si attraversa il campo di quest’ultimo. 4 miglia prima di raggiungere Ardara, sulla destra, si trova la chiesa di Sant’Antioco, sul sito di Bisarcio, altro borgo medievale, anch’esso abbandonato a causa della crescente insalubrità della pianura; la sua chiesa, somigliante a quella della Madonna del Regno, risale al 1153; le sculture sopra la porta sono, invece, in migliore stato di conservazione. Bisarcio fu per molti anni sede vescovile prima di essere trasferito a Ozieri.

La strada da Ozieri a Terranuova è ormai completata. Il viandante segue una depressione longitudinale, in direzione nord-est, tra le catene montuose del Limbara a nord e del Goceano a sud, lasciando ad ovest il Nuraghe di Borghidu, su un’altura sopra il Campo di Ozieri; a 10 miglia di distanza, sulla sinistra, è una cappella dedicata a Nostra Signora di Castro, così chiamata da un’antica stazione romana, di cui si vedono alcuni resti: le mura, un acquedotto e alcune tombe; qui vengono spesso scoperte monete, bronzi e medaglie. 3 miglia oltre Castro arriviamo ad Oschiri, villaggio di 2150 abitanti, e 7 miglia dopo a Berchidda, ai piedi del Monte Giugantino, da cui parte un difficile sentiero che conduce in 9 ore a Tempio (Route 2), attraverso la catena del Limbara.

Sono presenti diversi nuraghi a sud di Berchidda. La campagna qui intorno è scarsamente coltivata, i prodotti consistono principalmente in formaggio e miele, che vengono inviati a Genova.

La strada segue l’alta valle della R. di Oschiri per 8 miglia attraverso una contrada disabitata, e, dopo aver attraversato per un certo tratto una specie di altopiano, scende verso Terranova, 18 miglia da Berchidda.

Terranova, un povero paese del 2000 abitanti, in mezzo ad una fertile pianura di 30 mq, oggi incolta, e ricoperta di paludi, che la rendono uno dei paesi più malsani di tutta l’Isola.

Le case sono costruite in granito; la chiesa parrocchiale è bella e ha un pulpito con alcune belle sculture in legno; ma la chiesa più curiosa è l’antica cattedrale, dedicata a San Simplicio, che si suppone risalga al VII sec.; è fuori dall’abitato, quasi del tutto abbandonata, in mezzo ad un panorama stupendo; contiene alcune colonne antiche probabilmente dell’Olbia romana, le cui mura si possono rintracciare attorno all’abitato moderno.

Degli altri ruderi si possono citare resti di un acquedotto e di un molo m. distante. Gli scavi qui effettuati a più riprese hanno portato alla luce iscrizioni, tombe, bronzetti, ecc.; e il turista troverà in possesso degli abitanti un’abbondanza di anelli, intagli e altri ornamenti romani.

Il porto di Terranova è quasi interamente intasato dalla sabbia; tanto che si propone di formarne un’altra nella baia degli Aranci (anche se lì non ci sono aranci), di circa 15 miglia a nord-nord-est, dove verrà portata la nuova strada, e davanti alla quale c’è una rada ben protetta con ottimo ancoraggio.

Il piroscafo settimanale tra Cagliari e La Maddalena fa scalo a Orosei e Terranova ogni lunedì in andata, mercoledì e giovedì in ritorno a Cagliari.

I PERCORSI

PERCORSO V.

DA MACOMER A BOSA

Questo percorso può essere effettuato in carrozza. Si separa dalla Strada Centrale tra Monte Muradu e Macomer (vedi Percorso 1), passando in direzione di Sindia, con 1500 abitanti, e scendendo attraverso Suni fino alla valle del Fiume di Bosa, il Temus dei Romani, che è attraversato da un ponte di 7 arcate, a 18 miglia da Macomer, prima di entrare

Bosa, fondata nel 1112 dai Malaspina; in una situazione deliziosa, ma, come nel caso della maggior parte degli altri paesi vicini alle foci dei fiumi in Sardegna, tanto malsana quanto pittoresca la sua posizione. Due cause sembrano produrre queste intemperie: il corso mal regolato delle acque del Temus, con la sporcizia che vi si accumula e si decompone durante l’estate, e la situazione della città, interamente protetta dalla brezza marina (imbattu), che potrebbe rinnovare l’aria durante i mesi caldi. I dintorni di Bosa sono estremamente fertili e produttivi di vino e olio.

La Malvasia (Malvoisia di Bosa) gode di una meritata celebrità.

La popolazione è di 6250 abitanti; non c’è nessun edificio in città degno di nota.

La banchina e la Strada del Fiume hanno un aspetto movimentato; ampia veduta dai ruderi del Castello di Serravalle, il primo degli edifici edificati dai Malaspina, attorno al quale sorsero le case del paese. La Bosa romana si trovava sulla prima sponda del Temus, a 2 miglia dalla città moderna, dove esiste ancora una chiesa del XI sec., dedicata a San Pietro. Qui si trovano spesso monete e iscrizioni romane.

Il fiume di Bosa è navigabile dalla città fino al mare; il principale commercio d’esportazione è costituito dal legname per costruzioni navali, proveniente dai boschi di Sauccu e del Monte Ferru.

PERCORSO VI.

DA MACOMER A SILANUS, NUORO E OROSEI (75 miglia).

 

Tutto questo percorso, ora, può essere effettuato in carrozza.

[ed. 1858: Solo la prima parte di questo percorso, fino a Silanus, può essere effettuata in carrozza, il resto a cavallo].

Lasciando Macomer, la strada per Nuoro corre verso est, e passa per Birori, frazione circondata da vigneti, in mezzo a un deserto di detriti vulcanici.

Bortigali, villaggio di 2650 abitanti, lo si lascia a sinistra; le case sono circondate da giganteschi cactus. 10 miglia da Macomer si arriva a

Silanus; lasciando il quale vi è un Nuraghe molto elevato; e passando per Lei, che ha una certa reputazione per i suoi vini, dopo 7 miglia si raggiunge Bolotana, paese di 2800 abitanti, con una bella chiesa moderna e un convento dei Cappuccini in una bella situazione.

[1856: La strada carrozzabile termina qui, e da qui si deve prendere il cavallo; lasciando la carrozzabile vi è un nuraghe molto alto; e passando per Lei, che ha una certa reputazione per i suoi vini, dopo 6 miglia si raggiunge Bolotana, un villaggio di 3000 ab.].

Ci sono più di 200 nuraghi nel distretto intorno a Bolotana; di qui una strada conduce, attraversando i magnifici boschi di querce del Monte Polai, a Illorai, e di là a Burgos, piccolo borgo, presso il quale, a sud del Monte Rasu, sono i ruderi del castello del Goceano, eretto nel 1127, e celebrata in Sardegna come prigione di Adelasia Giudichessa di Logudoro, dove fu rinchiusa nel 1245 dal marito, Enzio re di Sardegna, e figlio naturale di Federico Barbarossa.

(L’escursione da Bolotana al Goceano, compreso il viaggio di ritorno, si può ormai effettuare in poche ore percorrendo la strada recentemente inaugurata da Bono e Bauladu per Ozieri.

(1856: L’escursione da Bolotana al Goceano, compreso il viaggio di ritorno, occuperà un’intera giornata.

Da Bolotana la strada per Nuoro scende al fiume Tirso, oltrepassato il quale, presso il Ponte di 8. Luca, sale sopra una regione ondulata, sulla quale pascolano numerose greggi di pecore, e che si estende fino ad un altopiano, sul quale, verso est., a 24 miglia da Bolotana, è

 

NUORO, capoluogo di provincia e residenza vescovile, con una popolazione di 5100 abitanti. La città è situata sulla sommità e sul declivio di una collina a 1910 piedi sopra il mare. La vista da qui, sui monti dell’Oliena a sud-est, e del Gennargentu verso sud, è molto bella, soprattutto dal lato nord del paese.

Fatta eccezione per la sua bella posizione, una delle più pittoresche dell’isola, Nuoro di per sé offre poco di interessante al turista; l’antica cattedrale pisana è stata sostituita da una moderna, ed è stata ultimamente eretta una nuova prigione, tanto desiderata.

Le donne nuoresi indossano una sottoveste grigia di lana non tinta, una casacca rossa e un fazzoletto graziosamente sistemato sul capo.

A breve distanza dalla città si trova la Perda Ballarina, una notevole pietra a dondolo, molto più grande della nostra pietra Logan in Cornovaglia, con 46 piedi di circonferenza e 8 piedi di altezza. È di granito.

La carrozzabile che collega Nuoro a Macomer prosegue ora fino a Orosei, divenuta così la principale stazione marittima della provincia; la distanza da Nuoro a Orosei è di circa 24 miglia, scendendo al rio d’Isalle, di cui segue la triste valle fino al villaggio di Galtelli, lasciando sulla 1. Loculi e Irgoli, situati su un terreno in salita oltre il fiume, dove migliora l’aspetto del paese; tra Galtelli e Locali si trovano resti di Tombe dei Giganti, ovvero Tombe dei Giganti, dette Perda Latta e Perda Ebraica.

Orosei, sulla riva destra del fiume omonimo, l’antico Cedrinus, ha 1800 abitanti: tra esso e il mare è una palude lunga e stretta o lago salato, i miasmi da cui rendono il luogo inabitabile per gli stranieri durante i mesi caldi; la spiaggia è protetta dai venti settentrionali dalla Punta Nera. Ogni anno circa 50 navi fanno scalo a Orosei per portare via le sovrabbondanti produzioni della provincia, costituite principalmente da grano e formaggio.

I PERCORSI

PERCORSO VII.

DA ORISTANO A IGLESIAS

Questo tragitto può essere effettuato solo a cavallo, tranne che fino alla Cantoniera di Marrubiu (10 miglia), sulla Strada Centrale (da qui è in corso una nuova strada per Guspini, Villacidro e Decimo Mannu) [nella ed. 1858, la parentesi non c’è];

di là dobbiamo seguire in direzione sud-ovest, fino ad Arcidano (7 miglia), un po’ ad ovest del quale, all’estremità sud dello Stagno di Marceddu, sorgeva anticamente la città romana di Neapolis, il cui sito è contrassegnato dal cap isolato di Santa Maria di Nabui, evidentemente edificio pagano adattato al culto cristiano; nelle vicinanze si trovano i resti di un acquedotto e di una strada romana, che terminavano nella vicina laguna.

Oltre Arcidano la strada corre verso sud, lungo il Monte Linas, passando i Nuraghe Brancu, San Orcu e di Sarecci, che coronano piccoli monti ai piedi del Monte Arcuentu: il cono centrale di ciascuno di questi Nuraghe era circondato da un circuito esterno, occupando un’estensione maggiore del solito.

A 10 miglia da Arcidano è Guspini, ai piedi del Monte Vecchio, sul quale, a 1500 piedi d’altezza, sono alcune miniere di piombo; i minerali venivano anticamente ridotti a Villacidro, 9 miglia a sud-est, dove si trova il giardino e la casa del Vescovo di Ales.

Seguendo le falde dei monti da Guspini per 5 miglia, giungiamo a Gonnosfanadiga, all’imbocco di una pittoresca vallata, attraverso la quale un sentiero in mezzo a magnifici boschi tra la Punta di Santa Vittoria e la Punta di Su Crabulazu conduce in 6 ore a Fluminimaggiore, un villaggio di 2140 abitanti, in una bella valle, circondato da aranceti, quasi eguali in estensione e rigoglio a quelli di Milis.

Dovunque nei dintorni ci sono tracce di minerali di piombo, e in questo villaggio c’è durante i mesi invernali una grande popolazione occupata in attività minerarie, poiché, essendo una delle località più malsane, solo le persone nate lì possono rimanere in estate.

Un viaggio di 2 ore in direzione sud porterà il viaggiatore nella romantica foresta di Antas, ricca di cervi e qualche muflone.

Procuratevi una guida che vi conduca alla Casa di Gregorio, nome qui omaggio dato al diavolo, e raggiungerete, in mezzo a un gruppo di lecci, i ruderi di un tempio romano di ordine ionico, ma delle dimensioni di cosa difficile da accertare a causa della rigogliosa vegetazione di cui è ricoperta; vi è un’iscrizione in onore di Marco Aurelio e il generale della Marmora lo ritiene appartenuto all’antica città di Metalla.

Un’ora oltre questi ruderi si trova la cappella di Sant’Angelo, da cui il sentiero scende attraverso la valle della Canonica per 2 ore, fino a 1 miglio di Iglesias, che si raggiunge dopo aver attraversato un crinale collinare a oltre 1500 metri sul livello del mare, sulla destra del torrente.

I PERCORSI

PERCORSO VIII.

DA CAGLIARI A IGLESIAS, PORTO SCUSO E IL GOLFO DI PALMAS (62 miglia).

Questo percorso fino a Gonnesa può essere effettuato in carrozza; da quest’ultima località a Porto Scuso solo momentaneamente a cavallo; ma una strada carrozzabile è quasi completata.

(1856: da quest’ultima località a Porto Scuso solo a cavallo).

La strada per il Golfo di Palmas, fino a Porto Botte, è interamente aperta. (Non è forse fuori luogo qui mettere in guardia il viaggiatore dalle esorbitanti pretese dei noleggiatori di veicoli a Cagliari, che chiederanno 10 franchi al giorno per quello che a Sassari ne pagherebbero solo 5).

La distanza da Cagliari a Iglesias è di 34 miglia; a Gonnesa 40 miglia. Partendo dalla frazione di Santa Tenera, la strada si dirama presto al 1. dalla Strada Centrale, passando per Elmas e Assemini, dove la ferrovia, da Cagliari a Iglesias, ormai in corso, si dirama verso Decimomannu (10 miglia), piccolo centro, ad Decimam sulla strada romana da Karalis al Sulcis, dove si produce una buona quantità di ceramica grossolana.

Da qui, attraversando i fiumi Mannu e Samassi su due buoni ponti, raggiungiamo, dopo 8 miglia, Siliqua, a sud della quale, su due monticcioli, sono i castelli in rovina di Acqua-fredda e Gioiosa-Guardia, che appartenevano ai Giudici d’Arborea.

8 miglia più lontano è Domusnovas, con una popolazione di 1660 abitanti, dove si coltivano ottime arance.

Nella collina a nord di Domusnovas si trova la curiosa caverna di San Giovanni, divisa in più ambienti con belle stalattiti ed incrostazioni; e poco distante dal fianco del monte sgorga l’abbondante sorgente dell’Uccherutta, dalla quale si suppone che Cagliari fosse rifornita d’acqua al tempo dei Romani.

Nelle vicinanze ci sono alcuni resti di un acquedotto, la cui costruzione i contadini attribuiscono al diavolo per fornire un passaggio segreto a un certo marchese di Oristano nei suoi attacchi a Cagliari. A ovest, e presso Domusnovas sono i ruderi dell’acquedotto Nuraghe Ortu, la cui base essendo ben conservata renderà bene l’idea di quelle che dovevano essere le grandi dimensioni del monumento. Da qui, attraversando il torrente Canonica, arriviamo, 7 miglia da Domusnovas, a

IGLESIAS, capoluogo di provincia; deriva il suo nome dal numero di chiese che conteneva in passato; è una sede vescovile.

La cattedrale, fondata nel 1215, presenta pochissime tracce dell’originaria architettura pisana. Le mura e l’antico castello a nord-est sono oggetti pittoreschi; su quest’ultimo si trova un’iscrizione del 1325 relativa al suo restauro da parte di uno dei re aragonesi.

Gli unici edifici moderni degni di nota a Iglesias sono il palazzo vescovile e alcune fontane. Gli abitanti (5450) hanno fama di essere i meno violenti nel carattere dei Sardi, che li chiamano Murreddos, ovvero discendenti dei Mori.

I costumi differiscono poco da quelli sassaresi, salvo che entrambi i sessi portano i capelli racchiusi in una specie di fascetta o rete rossa. L’affluenza di forestieri impegnati nell’attività mineraria ha portato alla fondazione di una locanda a Iglesias; è tenuto da un napoletano, ma è tutt’altro che buono.

Gli iglesiani chiamano la loro città i Flori di Mundu, appellativo pomposo, in qualche modo giustificato, però, dalla bellezza dei giardini che la circondano; da visitare particolarmente quella del convento domenicano. 1 miglio SW di Iglesias è il Monte Poni, sul fianco del quale, ad un’altitudine di 1095 piedi sopra il mare, c’è una miniera di piombo, la più ricca di tutta l’isola. È probabile che una nuova strada che lo collega al mare aumenti la sua prosperità facilitando l’esportazione dei minerali. È sotto la direzione del signor Keller, un ingegnere della scuola di Chemnitz.

A 6 minuti da Iglesias si giunge a Gonnesa, nei pressi della quale sono state fatte ultimamente alcune infruttuose ricerche di carbone; 8 miglia più avanti la nuova strada terminerà a Portoscuso, ora piccolo borgo di pescatori di fronte all’isola di San Pietro, da cui parte un braccio di mare di 4 miglia che lo separa. San Pietro e la vicina isola di Sant’Antioco, facilmente raggiungibili, sono di interesse sufficiente a trattenere il viaggiatore due o tre giorni.

San Pietro, l’Accipitrum dell’Insulto degli antichi, e dove sono state rinvenute tante monete romane e fenicie, si era spopolata nel medioevo. I suoi attuali abitanti sono i discendenti di una colonia genovese che, nel 1757, si stabilì qui dall’isola di Tabarca, sulla costa africana. Esposti alle incursioni dei pirati barbareschi, solo dopo la spedizione di Lord Exmouth contro Algeri hanno potuto godere di tranquillità e sviluppare la loro industria.

Il capoluogo, Carloforte, sul lato est, con 3400 abitanti, è ben costruito, simile a quelli della Riviera; gli abitanti parlano genovese. Gli uomini sono per lo più impiegati nella pesca del corallo e del tonno. Ad eccezione di alcune viti, la natura del terreno è poco adatta alla coltivazione. Sull’approdo di Carloforte si trova la statua colossale di Carlo Emanuele III, il quale non solo concesse loro quest’isola, ma nel 1744 riscattò dalla schiavitù i loro fratelli tabarchini, rapiti dai corsari tunisini.

L’isola di Sant’Antioco, che può essere visitata più comodamente da Porto Botte, nel Golfo di Palmas, alla quale da Gonnesa parte una strada carrozzabile di 11 miglia, è grande il doppio di quella di San Pietro, con solo 2850 abitanti nei due paesi di Calasetta e Sant’Antioco, il primo di origine genovese, il secondo di origine sarda.

Sant’Antioco si trova sul sito del Sulcis romano e molte delle sue case sono costruite con antichi detriti. Gran parte della popolazione vive in grotte sul fianco della collina, che un tempo probabilmente erano caverne sepolcrali.

L’isola è collegata alla Sardegna da un ponte romano e da una strada rialzata, poco a sud di Sant’Antioco, che, sebbene in rovina, serve ancora al suo scopo originario. Qui sono stati scoperti iscrizioni fenicie, bronzi e intagli, oltre ad altri di periodo romano. Gli intagli di quest’ultimo sono abbondanti, e in generale ben incisi; vengono indossati nei giorni festivi dalle contadine. Il monticello delle grotte era la necropoli del Sulcis. Tra il villaggio e l’antico porto si trova un forte medievale, costruito con materiali romani.

Le isole di San Pietro e Sant’Antioco, così come la contigua costa della Sardegna, sono i ritrovi preferiti del tonno del Mediterraneo. È qui che esistono le tonnare di Porto Paglia, Porto Scuso, Isola Piana, Cala di Vinagre e Cala Sapone, che sono state all’origine di alcune delle grandi fortune dell’isola. Le prime tre di queste tonnare sono ancora molto produttive, e il viaggiatore che visita l’isola a maggio farebbe bene ad assistere a questa straordinaria attività di pesca. A volte in un’unica retata vengono catturati fino a 400 pesci, ciascuno lungo 12 piedi e di peso compreso tra 1.200 e 1.500 libbre.

I PERCORSI

PERCORSO IX.

DA CAGLIARI A LACONI, CON ESCURSIONI NEI DISTRETTI MONTANI DELLA BARBAGIA, E DA QUI A NUORO (86 miglia).

Questo itinerario può essere effettuato in carrozza fino a Laconi; il resto solo a cavallo.

Della nuova carrozzabile tra Cagliari e Nuoro sono ormai ultimate 55 miglia fino a Laconi; la restante parte è in corso. Uscendo da Cagliari seguiamo la

Strada Centrale fino a Monastir, a 13 miglia, da cui una strada di 13 miglia, seguendo la 1. sponda del R. Mannu, conduce a Senorbì, villaggio di 1270 abitanti., all’estremità meridionale del paese collinare della Trexenta, uno dei migliori distretti di grano in l’isola.

A Senorbì e nei due paesi successivi si troverà una specie di locanda, dove in caso di necessità il turista potrà alloggiare. Da Senorbì a Suelli (3 miglia) e Mandas (7 miglia più lontano), un villaggio di 2000 abitanti, 1560 piedi sopra il livello del mare, ha diverse buone case. Uscendo da Mandas, dopo una salita di 5 miglia, lasciando sulla 1. l’abitato di Serri; da qui, a destra di Isili, si dirama una strada per Lanusei, il capoluogo della provincia, che conta appena 2450 abitanti. Il paese vicino è ricco di nuraghi. Il grande altopiano ovale della Giara, 6 miglia più a ovest, è un massiccio basaltico di 20 metri di circonferenza, con un’altitudine di 1940 piedi sopra il mare, i cui bordi sono irregolari, con nuraghi su molte delle sue scarpate sporgenti. Ce n’è uno ben conservato all’uscita da Isili lungo la strada per Laconi.

La strada scende attraverso una graziosa valle, superando la cappella di San Sebastiano e il villaggio di Nurallao, per arrivare dopo 12 miglia a Isili presso Laconi, comune di 2100 abitanti, e 1750 piedi sopra il mare, ai bordi a ovest delle scarpate dell’altopiano del Sarcidano, il torrente discendente dal quale forma una cascata nei giardini del Marchese di Laconi, vicino alle rovine di un antico castello.

Laconi è posta, rispetto alle alte montagne della Sardegna, quasi come Perth con riferimento ai Grampiani; costituirà il punto da cui dovrà partire il turista che vorrà visitare i monti della Barbagia (la parte più selvaggia dell’isola, i cui abitanti si vantano di non essere mai stati sottomessi né dai romani né dai cartaginesi). In 4 o 5 giorni potrà esplorare tutto intorno al Monte Gennargentu, passando per Aritzo, Fonni, il passo di Corr-e-boi, la roccia di Perduliana, ritornando a Laconi per Seulo e le foreste del Sarcidano. Per compiere questa escursione sarà assolutamente necessario procurarsi guide delle località, portare con sé le provviste necessarie ed essere disposti a dormire all’aperto. L’escursione può essere suddivisa in 5 giorni, come segue:

1° giorno. Arrivo ad Aritzo in 5 ore, passando per Meana. Aritzo è un villaggio di montagna del 1800 abitanti, a 2680 piedi sopra il mare, e ai piedi del monte di Fontana Congiuda, da cui Cagliari si rifornisce di ghiaccio in estate. I costumi delle donne qui sono pittoreschi. Dormire sulle pendici del Gennargentu, per poter raggiungere la vetta il giorno successivo di buon’ora.

2° giorno. La vetta (Punta Bruncu Spina) di questo punto più alto dell’isola (6.293 piedi) può essere raggiunta a cavallo. Vicino al punto più alto c’è una deliziosa sorgente dove si può fare colazione. Dopo essere scesi sul versante nord possiamo raggiungere Fonni, cittadina di 2900 abitanti, a 3276 m sul livello del mare, per dormire. Questo pittoresco borgo si trova sulle pendici del Monte Spada.

3° giorno. Seguire da Fonni le colline sulla prima sponda del Rio Gobbo fino all’Originario dal Col o passo di Corr-e-boi, 4180 piedi sopra il mare, da cui scendere nella valle del Rio di Perda Curdda, uno dei rami più alti del Flumendosa, e dormire nei pressi della Rocca di Perduliana.

4° giorno. Attraverso i boschi lungo la prima sponda del Flumendosa, fino alla chiesetta di San Sebastiano, presso Sini, dove si trovano giacimenti di carbone antracite; e di là, passando tra Monte Orru e Monte Perdedu, fino a Seulo.

5° giorno. Ci sono due strade da Seulo a Laconi:

il più breve a ovest, attraversando il Flumendosa con un guado che può essere superato solo con tempo asciutto, e salendo da lì all’altopiano del Sarcidano, e attraverso i boschi di querce fino a Laconi.

Il secondo percorso, più lungo, ma più pittoresco, da Seulo, in direzione sud, dal Nuraghe di San Cosimo, e (3 miglia da Seulo) da un piccolo vulcano di fango, simile a quelli di Maccaluba in Sicilia; da qui scendendo al Flumendosa, che sarà guadato per 2 miglia.

A nord di Villanova Tulo, salire per quel villaggio, e di lì attraversare diagonalmente l’altopiano del Sarcidano fino a Laconi, circa 18 miglia: è impossibile esagerare la bellezza delle rocce e dei boschi attraversati durante le escursioni precedenti, soprattutto intorno a Perdaliana. Non è raro imbattersi in branchi di cervi e mufloni.

Il Flumendosa e i suoi affluenti brulicano di pesci quanto i boschi che lo circondano di selvaggina; e se chiedi ospitalità a un curato del villaggio, puoi essere sicuro di trovare ottime trote per cena.

La strada da Laconi a Nuoro, 31 miglia, passa per Meana, Sorgono e Fonni. Di qui prosegue la carrozzabile, per Gavoi e Orani, per congiungersi con la statale da Macomer a Orosei, e tra Bolotana e Nuoro. Il viaggiatore appassionato di archeologia troverà a 3 miglia a ovest di Fonni 3 menhir o perdas fittas (pietre erette), di forma rozza conica, che sembrano facenti parte di una Tomba dei Giganti.

7 miglia a nord-est di Fonni si trova Mamoiada, paese del 1700 abitanti, sulla strada maestra da Nuoro a Lanusei, circondato da boschi di mandorli e noccioli, che forniscono gli ingredienti per i torroni, che, qui preparati, vengono venduti in tutta l’isola.

Mezz’ora oltre Mamoiada c’è la chiesetta della Madonna di Loreto, presso la quale si trovano altre Perdas fittas; quello centrale, buttato giù alcuni anni fa alla ricerca di un tesoro, è lungo 20 piedi e sembra essere stato lavorato con cura in superficie.

Da qui la strada prosegue lungo la riva destra del Rio d’Oliena, per salire poi all’altopiano su cui è situata Nuoro (9 miglia da Mamoiada).

I PERCORSI

PERCORSO X.

DA CAGLIARI A VILLANOVA TULO, LANUSEI E TORTOLÌ (75 miglia)

Tutto questo viaggio può ora essere compiuto in carrozza. La strada per Tortolì si stacca presso Serri da quella per Nuoro, scendendo poi verso il Flumendosa, che si supera 2 miglia sotto Villanova Tulo (52 miglia da Cagliari), che si trova sopra la sua riva destra; da qui si prosegue per Sadali (4 miglia) e Seui (5 miglia).

[1856: La prima parte di questo viaggio, fino a Villanova Tulo, può essere fatta in carrozza. La strada per Tortolì si stacca nei pressi di Serri da quella per Nuoro, scendendo poi verso il Flumendosa, che viene superato 2 miglia sotto Villanova Tulo (52 miglia da Cagliari), che si trova sopra la sua riva destra. Qui termina la strada carrozzabile (1855), da cui si prosegue a cavallo per Sadali (4 miglia) e Seui (5 miglia)].

Da quest’ultimo luogo a Lanusei si calcolano 16 miglia, durante i quali non c’è che una casa, la cappella di San Girolamo, all’ingresso della romantica valle di Tacquisara, i cui boschi sono ancora più belli di quelli di Perdaliana. Le acque del torrente in questa valle formano depositi calcarei di notevole spessore.

Il paese di Gairo, a sud, uscendo dalla valle di Tacquisara, è uno dei pochi luoghi dove gli abitanti mangiano ancora il pane fatto con le ghiande del leccio, anche se nelle province della Barbagia si comincia a coltivare la patata, e Ogliastra, escludendo le ghiande come cibo umano.

LANUSEI, capoluogo della provincia dell’Ogliastra, sede vescovile, con una popolazione di 2160 anime, alla grande altezza di 2060 piedi sul livello del mare. L’unico interesse che offre è la bella vista che domina sul mare e sulla piana di Tortolì. Alcune iscrizioni romane sono state ritrovate a Ilbono, 14 miglia a nord. Da Lanusei la strada scende quasi tutta (5 miglia) fino a Tortolì.

I PERCORSI

PERCORSO XI.

DA CAGLIARI A TORTOLÌ, SULLA COSTA ORIENTALE,

ATTRAVERSO MURAVERA E BARISARDO

È possibile viaggiare da Cagliari a Tortolì a cavallo, seguendo il tracciato dell’antica strada romana descritta nell’Itinerario Antonino, che passa per Quartu e Sant’Isidoro, e attraversa la catena che termina a Capo Carbonara, in prossimità della sommità del Sette Fratelli (3188 piedi di altezza), arrivando a Muravera, 42 miglia da Cagliari, in quest’ultimo tratto senza incontrare alcuna abitazione umana.

Muravera, con una popolazione di 2050 abitanti, è in un distretto fertile, e capoluogo del territorio del Sarrabus; è però malsano, essendo vicino al delta del Flumendosa, e a circa 3 miglia dal mare. La strada è spesso interrotta dall’innalzamento del fiume, quando il traghetto non può effettuare la navigazione.

Da Villaputzu, sulla sponda opposta del fiume, il sentiero segue una valle allontanandosi dal mare in direzione nord, per entrare poi in quella del Tertenia, che si risale alla sua origine. Successivamente si attraversa il Passo di Guadazzoni, che conduce sopra le montagne che separano la valle Tertenia dalla costa del mare, per scendere a Barì, da dove parte una strada che conduce a Tortolì.

22 miglia si contano tra Muravera e Tertenia, 11 tra Tertenia e Barì, e 8 da Barì a Tortolì.

Le difficoltà di questo percorso sono tali che non consigliamo a nessuno di intraprenderlo se non attratto verso il territorio del Sarrabus e la valle di Tertenia da attività metallurgiche e minerarie, due distretti che offrono frequenti indicazioni di vene metallifere e di giacimenti carboniferi.

Ogni domenica e lunedì un piroscafo fa scalo a Muravera e Tortolì nel tragitto da Cagliari all’isola della Maddalena, e nel viaggio di ritorno a Cagliari il giovedì.

I PERCORSI

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