SARDEGNA POCO CONOSCIUTA

di HELEN DUNSTAN WRIGHT

[Con molte fotografie in bianco e nero di Charles Will Wright]

THE NATIONAL GEOGRAPHIC MAGAZINE

Vol. XXX, N. 2 – agosto, 1916

Traduzione di Gallura Tour

HELEN BREE DUNSTAN WRIGHT nacque l’11 aprile 1882 a Pontiac (contea di Oakland, Michigan, USA) – Morì il 25 luglio 1975 (93 anni) a Washington (distretto della Columbia)
Helen Dunstan Wright era originaria di Pontiac, Michigan, figlia di un luogotenente governatore del Michigan. Nel 1905 si laureò al Vassar College. Nel 1909 sposò Charles Will Wright, un ingegnere minerario.
All’inizio visse in Sardegna, dove il marito aveva un contratto di 10 anni per gestire le miniere per una compagnia britannica. Convinse i proprietari della miniera a costruire una chiesa cattolica romana per uno dei piccoli villaggi.
Lavorò per la Croce Rossa americana, raccogliendo 50.000 dollari da familiari e amici negli Stati Uniti per costruire un ospedale a Cagliari per i soldati della Prima Guerra Mondiale.
Per il suo servizio ricevette dal re d’Italia il titolo di Gran Dama della Regina.

Nel 1919 la famiglia si trasferì per solo un anno nel Distretto della Columbia. Infatti nel 1920 tornò di nuovo in Italia dove suo marito gestiva le miniere acquistate in Alto Adige. Vivendo a Merano, formò un’associazione di donne americane per aiutare le donne inglesi indigenti e i rifugiati russi.
Nel 1927, quando Mussolini iniziò a confiscare le proprietà degli stranieri, la famiglia tornò nel Distretto della Columbia dove suo marito divenne capo della Divisione Mineraria dell’Ufficio Miniere. Successivamente divenne consulente del Dipartimento di Stato contribuendo a stabilire addetti minerari presso le ambasciate degli Stati Uniti in Europa e Sud America.
La famiglia visse a Kenwood per molti anni, poi nel 1947 si trasferì in Massachusetts Avenue Northwest vicino al Cosmos Club.
Helen Dunstan Wright fu presidente del Washington Vassar Club e della Women of St. Thomas Episcopal Church. Fu un membro del Washington Club, del Friday Morning Music Club, del Twentieth Century Club, del Chevy Chase Club e del Kenwood Club, del consiglio della YWCA, della Juvenile Protective Association e dell’organizzazione Family and Child Services.
Morì all’età di 93 anni venerdì 25 luglio 1975 presso la Washington Home for Incurables.
Morì dopo il marito, deceduto nel 1968.
Avevano due figli: Frederick D. Wright e Thomas WD Wright (1919-2006); e due figlie: Janet W. (Allan B.) e Beatrice W. (Robert B.) McKellar; 15 nipoti e 13 pronipoti.
Le funzioni funebri si svolsero nella Cappella di Bethleham della Cattedrale di Washington. Furono suggeriti contributi commemorative alla parrocchia di St. Thomas al 1772 di Church Street Northwest, o al Vassar College di Poughkeepsie, New York.

Capo Ferro

UNA VISTA DELLA COSTA ROCCIOSA VICINO ALL’ESTREMITÀ NORD DELL’ISOLA
Capo Ferro si trova vicino alla base navale di La Maddalena, nell’angolo nord-orientale della Sardegna. Alcune miglia a sud di questo punto aspro si trovano i ben protetti Golfo di Terranova e Golfo degli Aranci, dove il viaggiatore approda sull’isola dopo un viaggio notturno da Civitavecchia, il porto di Roma.

Coloro che hanno intrapreso la rotta del Mediterraneo hanno almeno potuto intravedere la Sardegna dal loro piroscafo una volta partiti da Napoli. L’isola è visibile per alcune ore e, se il piroscafo passa sufficientemente vicino, si può scorgere una ardita costa rocciosa su cui permangono torri di avvistamento spagnole [sic. corretto «romane»] simili a quelle disseminate lungo le coste meridionali della Spagna. Il turista raramente include la Sardegna nei suoi viaggi, poiché nessuna delle sue guide di viaggio, Thomas Cook o Baedeker, gliela raccomanda. Tuttavia, è uno dei pochi luoghi stranieri che non è stato invaso e sovrafollato dal turista, e in molti villaggi il viaggiatore è ancora considerato un ospite e non una preda da catturare.

Un giorno, quando i turisti saranno stanchi di fare i tour organizzati dalle guide turistiche, forse si staccheranno dal continente e salperanno per la Sardegna, soprattutto se non viaggieranno solo per godere dei comfort alberghieri. A Cagliari si può noleggiare una buona automobile e una settimana trascorsa in giro per l’isola lascerebbe probabilmente il più piacevole dei ricordi e un’esperienza da ricordare a lungo.

La Sardegna può essere raggiunta con un viaggio notturno di otto ore da Civitavecchia, il porto di Roma, fino all’estremità settentrionale dell’isola. La traversata sul piroscafo postale è abbastanza confortevole, ma la consapevolezza di doversi alzare alle cinque del mattino successivo è piuttosto disagevole.

La bellezza dell’alba sulle scogliere a picco e sulle rocce scoscese e isolate del Golfo degli Aranci compensa però questo inconveniente insieme con una tazza di caffè nero amaro che costituisce la colazione.

Appena sbarcati, si avverte nell’aria una fragranza rinfrescante, un profumo caratteristico della Sardegna, non certo dovuto agli aranci, come suggerisce il nome del porto, non essendoci in questa zona, ma alle numerose erbe e arbusti selvatici presenti in tutta l’isola.

Le prime due ore di viaggio lungo l’isola si snodano su un territorio aspro e ondulato, fatto di granito e simile a parti dell’Arizona o del Montana. Questa apparente terra desolata è utilizzata per il pascolo delle capre, che si nutrono degli arbusti. Qui, come nella maggior parte dell’isola, si trovano il cisto a fiore bianco, la ginestra giallo brillante, il rosmarino, una massa di blu quando è in fiore, e l’erica rosa; anche il corbezzolo con bacche gialle e rosse, il timo, il ginepro e altri arbusti. [QUI PER LA FLORA IN SARDEGNA]

LA SVIZZERA DI SARDEGNA

A parte gli eucalipti e i pini piantati vicino alle stazioni, si nota una notevole mancanza di alberi lungo i percorsi ferroviari. Tra le montagne, invece, che occupano la metà orientale dell’isola e in parte anche lungo la costa occidentale, si trovano importanti foreste di querce, lecci, sugheri e olivi selvatici, oltre a zone rimboschite con pini e castagni. Nelle zone montuose dell’isola si trovano molte valli fertili.

Il paesaggio qui è paragonabile in grandezza a quello di molti paesi del mondo. Il paesaggio più bello si trova tra i monti del Gennargentu, nella catena della Barbargia, la cui cima più alta è di 6.233 piedi sul livello del mare; su di essa di solito c’è neve da novembre ad aprile. Questa regione è chiamata la Svizzera della Sardegna. Nelle altre catene si trovano molte cime pittoresche, come ad esempio il Monte Albo, un gruppo di montagne calcaree praticamente prive di vegetazione sulle loro pendici, così che le montagne bianche e il blu del Mediterraneo ai loro piedi offrono contrasti sorprendenti.

Ma per tornare al percorso ferroviario, a Chilivani, a un terzo del percorso dell’isola, si trova l’incrocio della linea che va a ovest verso Sassari, capoluogo della provincia settentrionale della Sardegna. Questa città è situata in mezzo a una zona ben coltivata, con uliveti, mandorli, aranci e limoni e frutteti di mele, pesche, ciliegie e altri frutti. La ferrovia prosegue fino alla costa di Alghero, un interessante antico porto spagnolo, un tempo circondato da un’alta cinta muraria. È qui che l’ammiraglio von Tirpitz possiede una grande azienda agricola e una villa, dove, all’inizio della guerra, si sospettava che i tedeschi avessero una base per rifornire i sottomarini.

A sud, a circa metà dell’isola, all’altezza di Macomer, si trova un’altra diramazione per Nuoro, distante 35 miglia e centro di un distretto montuoso, la Barbargia, che un tempo si diceva fosse la patria dei famosi briganti sardi. Oggi questi sono praticamente “estinti”, anche se ogni tanto si sente parlare di un uomo che ha ucciso un vicino o un membro della sua famiglia per qualche torto personale e, per sfuggire ai carabinieri, o alla polizia nazionale, fugge sulle montagne e vive come può, a volte rubando un agnello o una capra a un pastore o fermando un viaggiatore solitario per chiedere cibo o qualche soldo. Purtroppo, l’impressione generale al di fuori della Sardegna, anche in Italia, è che l’isola sia più o meno invasa dai banditi; non è così, e un viaggiatore sull’isola oggi è ancora più sicuro di quanto lo sarebbe nell’Italia meridionale o in Sicilia.

TORRI MEDIEVALI CORONANO LE COLLINE DI CAGLIARI

Macomer è il centro della regione dove vengono allevati molti cavalli pregiati per l’esercito, così come i piccoli pony utilizzati a Napoli. Dopo aver superato questa città, la ferrovia scende a Oristano, sulla costa occidentale, nota per le sue ceramiche e soprattutto per i suoi deliziosi dolci di pasta e mandorle. La strada attraversa poi in diagonale una valle, larga da 10 a 15 miglia, che si estende fino a Cagliari, all’estremità sud-orientale dell’isola.

Cagliari è il porto principale della Sardegna ed è spesso visitata per qualche ora dai turisti che prendono il piroscafo settimanale da Genova e Livorno per Tunisi. La baia di Cagliari è molto suggestiva. A destra e a sinistra dell’ingresso ci sono colline, con montagne in lontananza, mentre dalla pianura, proprio di fronte all’ingresso, si erge la città, su una collina rocciosa alta 400 metri. La cima di questa collina è circondata da una massiccia muraglia, costruita dai pisani nel XIII secolo. A due dei suoi angoli si ergono le torri del Leone e dell’Elefante, ma della torre dell’Aquila, che completava il triangolo, rimane solo la base. Al centro di queste fortificazioni si trovano la città vecchia e la cattedrale. Sulle pendici del colle fuori dalle mura è stata costruita la città moderna.

Intorno a Cagliari ci sono baie poco profonde, che si estendono nell’entroterra per molte miglia, e sono interessanti per i recuperi governativi di sale, dove enormi cumuli di sale, alti da 20 a 40 piedi, possono essere visti sulle pianure. In primavera, stormi di fenicotteri e altri uccelli si radunano su queste pianure e aggiungono bellezza al paesaggio.

La terra intorno alle lagune è particolarmente fertile e ben coltivata con orti e vigneti, da cui si ricava una grande quantità di vino. Cagliari, la città più grande dell’isola e capoluogo della provincia meridionale, conta circa 53.000 abitanti. L’intera popolazione dell’isola è stimata in 796.000 abitanti, con una densità di popolazione di 85 abitanti per chilometro quadrato; si tratta di una cifra molto più bassa rispetto a qualsiasi altra parte d’Italia. Tra gli oggetti di interesse storico di Cagliari ci sono le tombe scavate nella roccia sulla collina sotto il Castello. Queste sono probabilmente dello stesso periodo dei “nuraghi”, i famosi resti preistorici della Sardegna, e alcune potrebbero essere state ampliate dai Romani nelle tombe che ancora esistono, ben conservate e con iscrizioni latine sulle pareti.

Cagliari

UN PANORAMA DI CAGLIARI DAL PORTO
La principale città della Sardegna è questa cittadina di 53.000 abitanti. Fu fondata dai Fenici ed è stata teatro di tanti episodi suggestivi nella storia dell’isola. Nell’anno IC00 fu roccaforte del capo saraceno Musat, il quale, dopo molti anni di guerra, fu infine scacciato dai Pisani, a questi ultimi era stata promessa l’isola da Papa Giovanni XVIII a condizione che avessero sfrattato i maomettani.

STRANE RELIQUIE DELL’ETÀ DEL BRONZO

Del periodo romano rimane un anfiteatro. Si trova sulla collina laterale rispetto alla fotografia di C. W. Wright a ovest della città ed è abbastanza ben conservata, con i passaggi sotto le gradinate. I lavori dei Pisani nella cattedrale furono iniziati nel 1312 d.C. e terminati dagli Aragonesi nel 1331, ma successivamente in parte ricostruiti dagli Spagnoli nel 1669. Tra gli edifici moderni si segnala il bellissimo municipio, recentemente ultimato; un’università con la sua biblioteca, che conserva una pregevole raccolta di manoscritti, tra cui un codice di leggi redatto da Eleonora d’Arborea, che era governatrice di una parte della Sardegna quando questa era divisa in quattro province sotto gli Spagnoli. L’angolo sud-orientale delle antiche fortificazioni è stato rimaneggiato per formare una “piazza” sopra la città. Qui si tengono concerti la domenica a mezzogiorno nei mesi invernali e le sere d’estate. È il lungomare alla moda, come lo è anche la Via Roma, un viale lungo il bordo della baia.

In tutta la Sardegna sono prominenti monumenti preistorici a forma di tronco di cono di circa 30 piedi di diametro alla base e costruiti con grandi blocchi di pietra grezza alti circa 2 piedi e di varia lunghezza.

Queste torri sono i “nuraghi” dell’età del bronzo e dimostrano che l’isola doveva essere ben popolata nei secoli precedenti l’era cristiana. L’ingresso dei nuraghi era solitamente rivolto a sud e serviva a illuminare la stanza circolare all’interno, così come una porta che si apriva su una scala a chiocciola costruita nelle pareti e che conduceva a una camera sopra il piano terra. Pochi nuraghi hanno conservato interamente la copertura, per cui non li vediamo più in tutta la loro altezza o nella loro forma conica originale. Alcuni hanno due o tre camere al piano terra con nicchie nelle pareti, probabilmente per le divinità domestiche. Queste torri erano senza dubbio abitazioni fortificate.

RESTI DI ANFITEATRO, VICINO A CAGLIARI
Questa vasta rovina, con le sue panchine scavate nella roccia, è una reliquia dell’occupazione romana. La Sardegna fornì più vittime umane per i giochi della grande capitale del mondo antico che sport per la sua stessa gente. Si racconta che Sempronio Gracco, dopo aver sedato due insurrezioni di tribù montane, portò a Roma 80.000 schiavi sardi.

NURAGHE, A NORD DI MACOMER, SARDEGNA
Numerosi monumenti preistorici come questa reliquia dell’età del bronzo costellano la Sardegna. La disposizione interna di queste strutture è tale da indicare che fossero utilizzate come abitazioni fortificate e non come tombe o templi. Il diametro di questi tronchi di cono varia da 30 a 100 piedi alla base e sono alti da 30 a 60 piedi. Gli ingressi, alti circa 6 piedi e larghi 2 piedi, quasi invariabilmente sono rivolti a sud.

LA LINGUA RIFLETTE MOLTE RAZZE

L’insediamento fenicio è il più antico di cui si abbia notizia accurata. Si diceva che la Sardegna fosse il centro di produzione del grano dei Cartaginesi intorno al 500 a.C. I Romani la conquistarono nel 238 a.C., e allora era nota per la sua fornitura di mais. I romani costruirono molte città e strade e i resti dei loro monumenti, templi e sepolcri sono ancora conservati.

I Bizantini strapparono la Sardegna ai Romani e la mantennero fino al X secolo, quando ne presero possesso i Saraceni, che furono a loro volta scacciati dai Pisani. Ci sono tracce dell’influenza pisana nelle belle chiese romaniche ancora ben conservate. In alcune chiese lo stile architettonico tardo gotico risente dell’influenza spagnola, avvenuta dopo la resa dei Pisani a Genova, e poi a Giacomo II d’Aragona. Nel 1708 Cagliari si arrese agli inglesi, ma nella guerra di successione spagnola l’isola passò sotto il dominio dell’Austria. Infine, dopo ulteriori permute, venne ceduta al Duca di Savoia, che acquisì con essa il titolo di Re di Sardegna.

Non è strano che la lingua del popolo contenga elementi delle lingue di tutte le razze che hanno occupato l’isola. I dialetti, cinque o sei, sono un misto di latino, spagnolo e italiano, con un po’ di fenicio e tracce di altre lingue antiche. Ad Alghero, sulla costa occidentale, si parla catalano puro; in alcuni villaggi il latino quasi puro; e a Carloforte, sulla costa sud-occidentale, prevale il dialetto genovese. Adesso però l’italiano viene insegnato ai bambini nelle scuole, mentre gli uomini lo imparano durante il servizio militare obbligatorio.

Per conoscere la vita degli abitanti di quest’isola isolata, è necessario visitare i suoi villaggi. È in tutta la parte orientale, con le sue valli montuose e i suoi villaggi, che vivono i veri Sardi. Qui li si trova di bell’aspetto e in buona salute, generosi, ospitali, onorevoli e piuttosto poveri. La povertà è portata quasi all’estremo. Spesso, quando si attraversa un piccolo villaggio, le donne, i bambini e gli anziani seduti sulla soglia di casa si alzano e augurano “buon viaggio”; oppure, se è mezzogiorno, alcuni augurano “buon appetito”. Persino ai ragazzi viene insegnato a togliersi il cappello quando passano degli estranei; e se uno è in automobile e si ferma per tirare fuori la sua kodak, sembra che intorno all’auto si crei una folla di giovani, tutti ansiosi di partecipare alla foto. Rifiutare una tazza di caffè o di liquore quando si visita la casa di un abitante di un villaggio è un atto di grande scortesia, e anche i più poveri hanno qualche bevanda da offrire.

SOTTO LE TOMBE DEGLI ANTICHI – Fotografia di C. W. Wright
Visti da lontano, questi buchi nel fianco della montagna assomigliano a grotte naturali, ma sono i mausolei scavati nella roccia dei “nuraghi” e sono conosciuti come “domus de gianas”, o case degli spiriti. In contrasto con questi luoghi di sepoltura ci sono le “tombe dei giganti”, rozzi sarcofagi degli abitanti preistorici della Sardegna, lunghi da 30 a 40 piedi e larghi e alti 32 piedi.

UN PASTORE SARDO E IL SUO GREGGE – Fotografia di C. W. Wright
Gli asini dell’isola sono straordinariamente piccoli, come dimostra questa tipica cavalcatura del pastore. Le pecore sono apprezzate non solo per la loro lana, ma anche per il loro latte, che viene trasformato in formaggio e venduto nel continente come prodotto romano.

TRASPORTO A DUE RUOTE IN SARDEGNA
Durante l’epoca dell’occupazione romana sull’isola furono costruite quasi 1.600 miglia di strade, alcune di queste sono ancora ben conservate. Anche se piccoli, i buoi sardi sono ottimi animali da tiro.

PASTORI DELLA SARDEGNA ATTANAGLIATA DALLA POVERTÀ – Fotografia di C. W. Wright
Uno sguardo a questo trio basterebbe a mandare un brivido lungo la schiena di uno straniero che ha banchettato con le storie antiquate della Sardegna infestata dai banditi, ma questi tre amici sono innocui nativi, che, nonostante la loro amarezza lottano contro le tasse pesanti e il costo della vita relativamente alto, non infastidiscono mai i turisti chiedendo l’elemosina, come fanno moltissimi abitanti del Sud Italia.

RAGAZZE A DORGALI
Da notare gli strani cappelli indossati, fatti di seta multicolore

LA VASCA PER LAVANDERIA DELLA COMUNITÀ – Fotografia di C. W. Wright
Ogni giorno in Sardegna è giorno di bucato, e la fontana pubblica prende il posto del pozzo dei villaggi d’Oriente e del circolo del cucito d’Occidente come centro sociale.

UNA SCENA DOMESTICA IN SARDEGNA
Molti abitanti dell’isola sono vittime della povertà assoluta, ma la loro condizione non è dovuta alla mancanza di industria. Gli stili non cambiano mai tra le donne, che indossano il costume indigeno; quindi ripaga la sarta, il tessitore e l’esperto di ricamo per realizzare capi che dureranno tutta la vita e potranno poi essere tramandati come cimeli di famiglia per le generazioni future.

UNA FANCIULLA SARDA
Non solo nelle loro caratteristiche, ma nella loro lingua, gli indigeni conservano tracce delle numerose razze che hanno occupato l’isola nel corso dei secoli: Fenici, Cartaginesi, Romani, Saraceni, Italiani e Spagnoli. Si parlano molti dialetti, ma ormai nelle scuole si insegna l’italiano, e gli uomini acquisiscono la lingua ufficiale durante il periodo del servizio militare obbligatorio.

IL PANE SARDO, FATTO NEI GIORNI FESTIVI
Il pane è di un bianco candido, di consistenza fine, e viene impastato per ore prima della cottura. I fornai della fiera indossano i loro costumi più elaborati, riservati alle feste e alle festività religiose.

NATIVI ESTREMAMENTE EDUCATI

In generale, i contadini sembrano un po’ oppressi e non si rendono conto dei loro giusti diritti. Ci sembrò molto insolito l’atteggiamento dell’uomo nel seguente episodio: mentre percorrevamo una delle strade diritte che scendono nella valle verso Cagliari, abbiamo visto un uomo a cavallo. Scese in fretta e furia dal cavallo e, tenendolo per le redini, si buttò nel profondo fossato a lato della strada. All’arrivo dell’auto, l’uomo era così interessato a quella che probabilmente era la prima automobile che avesse mai visto da dimenticare il suo cavallo che, inaspettatamente, fece un salto nel fossato quasi sopra l’uomo, facendolo rovesciare con le sue bisacce nel fango. Quando ci fermammo per esaminare il danno fatto e per aiutarlo a rialzarsi, l’uomo ne fu molto gratificato e si scusò molto per averci disturbato, dicendo: “Scusatemi, scusatemi; è stata tutta colpa mia”.

La musica dei Sardi è caratteristica: non è veloce e vivace come quella dei siciliani o di altri italiani del sud, ma monotona e lenta, molto simile alla musica dell’Africa settentrionale. Spesso una lunga canzone viene cantata su una sola frase di una melodia, come un canto doloroso. La fisarmonica [organetto] è uno degli strumenti preferiti e nei villaggi, la domenica o in altre feste, la maggior parte degli abitanti si riunisce nella piazza principale e balla al suo suono. Gli uomini e le donne formano un cerchio e ballano lentamente avanti e indietro, alcuni dei più giovani aggiungono passi più complicati, a volte si staccano dal cerchio e ballano con i loro partner; ma l’effetto complessivo è dignitoso e serio.

Ogni “paese” o villaggio ha la sua festa annuale per celebrare la ricorrenza di un particolare santo o qualche altra festa della chiesa. La più rinomata è la “festa” di Sant’Efisio, la festa nazionale dell’isola. La cerimonia si svolge in forma di processione da Cagliari a Pula, un villaggio a 9 miglia di distanza, con ritorno a Cagliari. Il santo era un ufficiale dell’esercito di Diocleziano e per la sua conversione al cristianesimo fu decapitato a Pula. La processione parte a mezzogiorno del 1° maggio e rientra la sera del 4 maggio. È composta da una cavalcata di cavalieri, tutti in costume delle antiche milizie sarde, che scortano l’immagine del santo, preceduta da musicisti che suonano le “launeddas”, uno strumento composto da tre o quattro canne di diversa lunghezza e simile al piffero dei tempi antichi.

Nella regione di Iglesias, dove si trovano le miniere, gli operai celebrano ogni anno la festa di Santa Barbara, “il dio del fuoco”, che di solito si traduce in un’abbondante bevuta di vino, seguita da qualche giorno di assenza dal lavoro, per recuperare.

CAVALCATA DI CAVALIERI E CAVALLERE CHE PARTONO IN PELLEGRINAGGIO VERSO UNA PICCOLA CAPPELLA IN CAMPAGNA
Gli striscioni portati dai leader ed i colori vivaci dei costumi creano un quadro suggestivo. Le bisacce sono solitamente ben riempite in preparazione alla festa.

UNA CANZONE D’AMORE SULLA LAUNEDDA
Questo strumento musicale sardo ha una sorprendente somiglianza con le pipe degli antichi greci. Il serenatore indossa un mantello di pelle di pecora che, oltre ad essere il suo “abito della domenica”, è il suo talismano contro la febbre.

IL GIOCO DELLA MORRA

I PITTORESCHI COSTUMI DEI SARDI

I costumi dei Sardi sono una delle loro maggiori attrazioni. Sono di colori ricchi e armoniosi, anche se brillanti, e ogni villaggio ha il suo tipo caratteristico, che non cambia di anno in anno; così gli uomini e le donne sono conosciuti dagli abiti che indossano. Purtroppo la generazione più giovane sta adottando il tipo di abbigliamento generale europeo e oggi è difficile trovare molti villaggi in cui l’abito nativo è usato da tutti gli abitanti.

Ci sono alcuni villaggi di questo tipo sulle montagne vicino a Nuoro, dove la ferrovia non è arrivata, e qui è molto interessante vedere le donne e le bambine vestite tutte allo stesso modo. Le gonne sono di solito molto ampie, in alcuni villaggi intrecciate a fisarmonica, con una guarnizione caratteristica; i fianchi bianchi con le maniche ampie, e sopra queste giacche corte, aperte sul davanti o allacciate intorno alla vita. Tutte in una città hanno la stessa combinazione di colori, magari una gonna rosso scuro e la giacca in rosso e blu acceso, una striscia diagonale di ciascun colore che si incontra nella parte posteriore, e con piccole cuffiette dei due colori vivaci. In alcuni paesi la caratteristica più distintiva è la copertura del capo: un fazzoletto colorato o un velo bianco ripiegato o tenuto fermo da una catena d’argento sotto il mento; negli altri centri il grembiule è caratteristico per il suo colore e la sua forma.

Gli abiti più elaborati sono, ovviamente, riservati per le feste, che sono ricamati a mano e spesso sono di sete e broccati molto pesanti, a volte con squisiti foulard di pizzo o veli ripiegati sulla testa. Anche i gioielli sono molto elaborati: grandi bottoni d’oro portati alla gola, grandi orecchini e pendenti. I costumi e i gioielli sono quasi sempre cimeli di famiglia.

I costumi maschili sono solitamente costituiti da gambali di lana, bianchi, pantaloni interi, lunghi o corti, un’intera balza di stoffa nera portata intorno alla vita; e anche questo differisce in lunghezza. Alcune giacche sono corte, altre lunghe, ma tutte hanno bottoni argentati sul davanti. Il pastore porta sulle spalle tutto l’anno, anche in piena estate, una pelle di pecora, sulla quale è stata lasciata la lana, e sostiene che tiene lontana la malaria. In alcune contrade gli uomini portano un berretto a punta, simile a un berretto frigio, lungo e stretto come una calza, che arriva quasi alla vita; la punta viene indossata sulle spalle o piegata sulla sommità della testa e può essere utilizzata come cuscino durante la notte. È adatto a contenere qualsiasi cosa, dal pane al tabacco da fiuto, indispensabile al Sardo più anziano. Una strana abitudine di alcuni degli uomini più giovani è quella di lasciare che i capelli sulla sommità della testa crescano spesso fino a 15 pollici di lunghezza, e poi arrotolarli in un ciuffo, che sembra un pompadour, sulla fronte.

Tra i prodotti caratteristici della Sardegna c’è il formaggio fatto con latte di capra e utilizzato molto generalmente dagli italiani. I vini sono noti per la loro forza. Un’interessante esportazione è il sughero, che viene prelevato dagli alberi ogni cinque anni, lasciando i tronchi nudi e rossi visibili in tutta l’isola. Molte pecore, capre, maiali, bovini e cavalli vengono allevati e venduti nel continente.

MINATORI SARDI IN CAMMINO, AL LAVORO – Fotografia di C. W. Wright
Quindicimila indigeni trovano lavoro nelle miniere dell’isola. Il centro di questa industria è nell’angolo sud-occidentale, nei pressi di Iglesias. Piombo e zinco sono i minerali principali, ma vengono prodotti anche argento, ferro, antimonio, carbone e rame. Durante l’occupazione spagnola dell’isola le miniere della Sardegna furono abbandonate, perché i soldati d’Aragona e di Castiglia avevano scoperto le favolose ricchezze dei Montezuma e degli Inca nel Nuovo Mondo.

I COSTUMI DI ARITZO, SARDEGNA CENTRALE – Fotografia di C. W. Wright
Come le ragazze delle varie città e province dell’Olanda si distinguono per la forma particolare dei loro caratteristici copricapi, così le ragazze dei villaggi sardi si distinguono per la combinazione dei colori dei loro costumi. Le donne e i bambini vestono allo stesso modo: gonne ampie, solitamente rosso scuro; fianchi bianchi con maniche ampie e giacche corte rosso vivo o blu brillante, aperte davanti o allacciate intorno alla vita. In alcuni quartieri il disegno del grembiule è il tratto distintivo.

IL COSTUME DI NUORO
Le larghe maniche bianche sotto le maniche tagliate della giacca; tipici sono la gonna ampia e corta e i pantaloni attillati. Si potrebbe pensare che l’uomo abbia lasciato il suo posto in uno spettacolo medievale invece di indossare questo costume consueto per i giorni di festa.

SALUTARE IL TURISTA CON UN SORRISO
La gentilezza è una delle caratteristiche che colpiscono i sardi. Mentre il viaggiatore attraversa un villaggio, le donne, i bambini e gli anziani seduti sulle porte si alzano e gridano allegramente “Buon viaggio”.

UNA GIOVANE COPPIA DI SPOSI DI IGLESIAS
I sardi hanno una grande stima per il genere femminile. Sono una razza di montagna vigorosa, ospitale, seria e decorosa, diffidente verso ogni innovazione. Tipici i bottoni argentati e i pantaloni voluminosi dello sposo.

IMPORTANTI OPERAZIONI MINERARIE

L’industria mineraria è probabilmente la più importante; i principali metalli prodotti sono il piombo e lo zinco. Iglesias, nell’angolo sud-occidentale, è il centro dell’attività mineraria. Le miniere impiegano circa 15.000 operai e la produzione circa 60.000 tonnellate di concentrati di piombo e 120.000 tonnellate di concentrati di zinco all’anno. Vengono prodotti anche argento, ferro, antimonio, rame e carbone.

Degna di nota è la pesca del tonno al largo dell’isola di San Pietro. In primavera banchi di questi pesci attraversano il Mediterraneo e un numero enorme viene catturato nelle reti e portato ai grandi conservifici di Carloforte.

C’è un’ottima caccia sull’isola. Il muflone, incrocio tra una pecora selvatica e un cervo, si trova in montagna ed è originario solo della Sardegna; sono presenti anche alcuni daini e cervi. Di gran lunga il più numeroso della grande selvaggina è il cinghiale. Lepri, pernici, beccacce, beccaccini, quaglie e anatre selvatiche si trovano in grandi quantità.

LA PESCA DEL TONNO A PORTO TORRES
Otteniamo la parola “sardina” dalla Sardegna, ma otteniamo poche sardine, perché praticamente tutto questo “pescato” viene consumato localmente. La pesca del tonno, invece, è importante e redditizia. I genovesi controllano quest’industria sull’isola, perché i sardi non sono un popolo marinaro.

UN’ISOLA DI FIORI SELVATICI

I fiori selvatici sono bellissimi e praticamente non c’è mese in cui non se ne trovi una grande varietà. Tra questi ci sono orchidee, narcisi, gigli, gladioli, iris, ciclamini, digitali, papaveri e piselli odorosi. Nei mesi estivi, solitamente da maggio a settembre, non vi sono precipitazioni. Durante l’inverno le piogge sono abbondanti e spesso accompagnate da forti venti. Nella parte settentrionale dell’isola cade molta neve, e spesso il terreno rimane coperto anche per un mese; ma nella parte meridionale dell’isola non c’è quasi mai neve e raramente gelate. Nei giardini fioriscono per tutto l’inverno rose, eliotropio, calle, nasturzi, edera, gerani, margherite e tanti altri fiori. È durante l’estate che smettono di fiorire.

Maggio, giugno e ottobre sono i mesi più piacevoli per viaggiare in Sardegna. Allora il Paese è nella sua forma migliore; i campi coltivati sono verdi, i fiori selvatici più profusi, il clima meno variabile, e le strade, che da dicembre a febbraio sono ricoperte di “ghiaia”, o rocce rotte, sono allora in perfette condizioni.

LA RACCOLTA DEL GRANO – Fotografia di C. W. Wright
In Sardegna i macchinari per la raccolta sono rari. I copricapi di questi due mietitori sono peculiari dell’isola. Questo tipo di berretto non solo fornisce una copertura per la testa di chi lo indossa, ma è un pranzo al sacco improvvisato, da cui estrarrà una pagnotta a mezzogiorno. Di notte gli serve da cuscino.

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